Anno XX, n. 219
aprile 2024
 
Un editore al mese
Rubbettino editore festeggia
i suoi primi 50 anni di attività
Ce ne parla l’editore Florindo:
le sfide per arrivare al successo
di Maria Chiara Paone e Mario Saccomanno  
Rubbettino editore è una casa editrice nata a Soveria Mannelli, in provincia di Catanzaro, nel 1972. Fondata da Rosario Rubbettino, sin dai primi momenti, questa realtà editoriale è stata capace di espandere i propri confini, al punto da diventare un vero e proprio riferimento per un numero corposo di studiosi e lettori.
Di sicuro, il bisogno di costruire con forza percorsi orientativi tramite diverse pubblicazioni non è venuto meno neanche dopo la morte prematura del fondatore, avvenuta nel 2000. Infatti, da quel momento, a condurre la casa editrice, che conserva la propria sede sempre a Soveria Mannelli, sono i figli Florindo e Marco.
La produzione di Rubbettino editore è stata sempre orientata in modo spiccato verso la saggistica. In particolare, l’attenzione è stata riposta su opere a tema storico, economico, politico, religioso o filosofico. Nel corso del tempo si è data forma anche a un’interessante produzione narrativa.
Sulla casa editrice ci siamo già soffermati in passato (cfr. http://www.bottegaeditoriale.it/uneditorealmese.asp?id=120) ma, per questo anniversario, abbiamo voluto soffermarci nuovamente sul loro lavoro e sul loro catalogo. Tra le iniziative che hanno segnato questa ricorrenza va annoverata la creazione di Carta, un parco d’arte contemporanea sorto proprio nel verde che circonda la sede della casa editrice. L’intento che ha portato alla creazione di questo spazio è la voglia di indagare l’intreccio che sussiste tra il mondo vegetale e quello materiale che regola la produzione editoriale e tipografica.
Inoltre, l’importante traguardo è stato celebrato anche, e soprattutto, con la pubblicazione del primo libro di una nuova Storia dell’Italia contemporanea. L’iniziativa editoriale – una vera e propria “grande opera” scandita tematicamente e temporalmente in quattro volumi – è stata presentata durante Più libri più liberi, svoltasi a Roma dal 7 all’11 dicembre.
Rubbettino editore ha appena festeggiato cinquant’anni di attività. Per questo abbiamo deciso di fare qualche domande all’editore, Florindo Rubbettino, che ha rievocato con noi il passato e il presente dell’azienda.

Per la prima domanda vogliamo tornare indietro, al 1972. Com’è partito il lavoro di suo padre, Rosario Rubbettino?
Mio padre era un dipendente pubblico con la passione per i libri. Ancora giovane, appena sposato, piuttosto che ritenersi “arrivato” e con “i remi in barca”, ha preferito lanciarsi in un’avventura imprenditoriale che aveva molti rischi e molte incognite. Ma il suo coraggio è stato decisamente ripagato.

Quali sono i primi ricordi legati alla tipografia prima e alla casa editrice in seguito? Come avete deciso di seguire la via paterna?
Sono cresciuto in mezzo ai libri e alla carta stampata. Mio padre non ha mai esercitato alcuna pressione perché seguissimo le sue ombre, è stato un processo naturale, forse accelerato, alla fine, dalle sue precarie condizioni di salute.

Quali sono state le sfide principali da superare e le decisioni più importanti da prendere che hanno portato Rubbettino a presentarsi attualmente come una delle realtà editoriali nazionali più apprezzate soprattutto nella saggistica politica ma anche nella narrativa?
Per citare James Bond, direi che «il rischio è il mio mestiere». Il rischio è parte della natura stessa dell’imprenditore. Non esistono rischi garantiti (altrimenti non sarebbero rischi). Il ruolo dell’imprenditore è, da sempre, quello di saper prendere decisioni difficili e di saper scommettere su se stesso, in primis, ma anche sugli altri e sulla realtà. Detto questo posso dire che abbiamo affrontato numerose sfide riuscendo a rimanere sempre a galla. Forse le più ardite sono state quelle della grande crisi economica del 2008 che dapprima sembrava aver risparmiato il settore editoriale per investirlo poi in pieno nei mesi successivi («La tempesta perfetta», l’ha definita qualcuno) e poi la grande sfida del Covid che ha riguardato certamente tutti i settori ma che in un settore da sempre fragile come quello dell’editoria ha fatto sentire i suoi effetti in maniera significativa.

Per celebrare il cinquantesimo anno dalla nascita della casa editrice avete optato per la pubblicazione di una grande opera dal titolo Storia dell’Italia contemporanea divisa in quattro volumi. Cosa vi ha spinti verso questa scelta?
Avevamo già fatto una scelta simile dieci anni fa, per festeggiare i nostri 40 anni. In quell’occasione pubblicammo I Gioielli una collana di grandi classici del pensiero liberale. Questa volta ci siamo regalati una grande opera andando a intercettare anche quella che era una domanda crescente del pubblico dei nostri lettori. Lo consideri un monumento. Uno splendido monumento di carta (e la cosa non le appaia affatto una diminutio. Quanti monumenti di carta hanno superato la sfida del tempo, meglio di quelli di pietra o di bronzo?)

Una domanda difficile data la varietà e l’ampiezza del vostro catalogo ma doverosa: quali sono i cinque libri a cui vi sentite più legati? È una domanda alla quale è impossibile rispondere. Tutti i nostri libri ci sono cari allo stesso modo. Provo tuttavia a non sottrarmi alla sua provocazione. Il primo libro che posso citare è Umanesimo e filosofia politica di Domenico Vircillo. È stato il primo libro uscito a marchio Rubbettino.
Un altro titolo che merita un posto in questa cinquina ideale è senza dubbio La mafia durante il fascismo di Christopher Duggan. Con questo libro Rubbettino venne immediatamente proiettato in una dimensione sovranazionale, non solo perché l’autore era un allievo del celebre storico Denis Mack Smith, ma anche perché il volume venne recensito da Leonardo Sciascia sul Corriere della Sera con il celebre articolo dal titolo I professionisti dell’antimafia che ha dato il via a un dibattito non ancora concluso sul contrasto alle mafie.
Il terzo è La società libera di Friedrich von Hayek. È probabilmente l’opera più nota del celebre filosofo ed economista austriaco, Premio Nobel per l’economia. Lo cito in rappresentanza di quel corposo filone di libri sul pensiero liberale che caratterizza da sempre la nostra casa editrice.
Il quarto è Gente che passa di Corrado Alvaro. È una raccolta di cinquantotto racconti del più grande scrittore calabrese. Cinquantotto racconti “perduti”. Credo sia un libro che ci rappresenta molto perché mette in evidenza quel lavoro di scavo culturale a cui ci dedichiamo ogni giorno.
Il quinto? È un libro che non ha titolo di uno scrittore esordiente, di incredibile talento, nato in un paesino sperduto in una valle dell’Aspromonte, o tra i pini monumentali della Sila, o forse vicino alle abetaie delle Serre, o a una spiaggia del Tirreno, o dello Ionio. Questo libro senza titolo l’ho scelto in rappresentanza dei tanti, tantissimi libri che pubblichiamo dando voce a scrittori che a causa della condizione di isolamento della regione e di distanza anche geografica dai grandi centri, sarebbero rimasti muti, o inascoltati. Qualcuno è diventato famoso, qualcuno è stato pescato dalla rete dei grandi colossi dell’editoria, qualcun altro ha avuto meno fortuna. Ma tutti, tutti, danno un senso al nostro essere e operare qui.

Com’è cambiata, secondo lei, la saggistica storica nel corso di questi decenni? In particolare, cosa chiede principalmente oggi un lettore rispetto al passato?
Credo che una delle caratteristiche attuali della saggistica in generale (non solo storica) sia quella di rivolgersi a pubblici ampi, non composti unicamente da specialisti. La saggistica storica in particolare conosce un periodo di grande fortuna. C’è molto interesse e c’è molta voglia di comprendere e di capire le cause di eventi e situazioni attuali che hanno spesso radici antiche. Questo fenomeno, molto positivo, ha portato alla popolarità di alcuni storici sul Web ed è alla base della domanda crescente di libri di argomento storico di carattere divulgativo.

Rubbettino presenta un sito Internet e spazi social curati e aggiornati con costanza, sintomo dell’attenzione e dell’apertura nei riguardi delle novità e delle esigenze attuali. Quali sono state le azioni che avete messo in pratica per fare in modo che, dalla fruizione di questi spazi digitali, l’interesse si sposti verso l’acquisto concreto di un libro, in una libreria o magari sul vostro sito?
Beh, diciamo che non è un meccanismo automatico. Si tratta da un lato di forme nuove di pubblicità, dall’altro è un modo per avere dei feedback immediati da una parte del pubblico (non si deve fare l’errore di pensare che il pubblico dei social coincida con il pubblico tout court).

Cosa pensate del mondo dell’editoria adesso, cosa avete cambiato nel corso di questi decenni per adattarvi? Che piani avete per il vostro futuro?
Possiamo dire di essere stati al passo con i tempi e di aver accolto e vinto la sfida del digitale. Abbiamo orecchie aperte e antenne ben puntate verso i segnali che provengono dal futuro. Quale sia questo futuro nessuno può dirlo con certezza. Il nostro piano più importante è quello di essere pronti a interpretare il ruolo che l’editoria rivestirà senza occupare inutili posizioni di retroguardia e senza stare a rimpiangere i bei vecchi tempi…

In un ipotetico capitolo dedicato all’editoria di un ipotetico manuale di marketing per fare un esempio di dove non fondare una casa editrice si evidenzierebbe di evitare i paesi dell’entroterra, i paesi di montagna, i paesi lontani dalle città importanti e, se vogliamo dirla tutta, i paesi del Sud. La Rubbettino ha fatto esattamente il contrario e ha vinto questa sfida, all’apparenza invincibile. Ci può dire come?
Non siamo gli unici. La storia del Made in Italy è costellata di situazioni simili. Forse dovremmo cominciare a capire che ritenere la provincia un luogo di arretratezza e di improduttività è un mito che non ha ragione di esistere.

Vero, ma far prosperare una casa editrice in un’epoca senza Internet, senza cellulari, senza corrieri o un efficace servizio postale (non c’erano nemmeno i fax, che oggi abbiamo abbandonato perché obsoleti), senza “veri” collegamenti stradali, senza università, senza un humus culturale diffuso, da un paese lontano da tutto e da tutti è stata una vittoria che vogliamo sottolineare.

Pur in un ambito di stretta collaborazione la premessa e le domande 3, 4, 6, 7 e 8 sono da attribuire a Mario Saccomanno; le domande 1, 2, 5 e 9 sono da attribuire a Maria Chiara Paone.

Maria Chiara Paone e Mario Saccomanno

(direfarescrivere, anno XIX, n. 204, gennaio 2023)
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