Anno XX, n. 220
maggio 2024
 
Questioni di editoria
Autore vs Correttore
un pacifico contrasto
Lo stile un bene da proteggere,
gli errori un male da perseguire
di Tiziana Selvaggi
«Per favore, non sparate sull’autore!» Le motivazioni sono molteplici. Prima di tutto l’autore, come la maggior parte della gente comune, tende a reagire molto male alle pallottole; poi si deve tenere in considerazione che si rischia di sparare su qualcuno che, forse, ha da dire qualcosa di importante, magari “glissando” sul canonico, adoperando, cioè, termini che nella logica comune mal si sposerebbero col discorso che sta facendo, ma che nella logica non comune si legano ad esso in un modo quasi magico e finiscono con l’avere un significato.
E se noi che leggiamo riusciamo a non irrigidirci, se ci concediamo un piccolo salto logico, uno scarto nella fantasia, e se, soprattutto, concediamo all’autore questo salto, potremmo scoprire un nuovo materiale, morbido, duttile e malleabile.
Una pasta molle, colorata e meravigliosa, che è la lingua.
Ci sono alcuni linguisti che sostengono che nella lingua “ci si capisce un po’”, essendo sempre implicito il fraintendimento, ma che l’importante in fondo è proprio riuscire a capirsi, veicolare il messaggio.
E se lo scrittore riuscisse a farsi comprendere usando una parola piuttosto che un’altra, distribuendo a caso la sua punteggiatura? Se malgrado questo arbitrio così libero il messaggio arrivasse lo stesso, sarebbe veramente giusto puntare la penna rossa?
Ma cerchiamo di non essere troppo riduttivi; la scrittura non può essere considerata solo come un veicolo, nelle sue mille sfaccettature è anche un fatto di gusto, e andando ad aggiungere o a togliere, si rischia di modificare il sapore di un testo, di cambiare irrimediabilmente e per sempre la meraviglia o lo schifo che avrebbe provocato. Serve un esempio chiarificatore? Eccolo. Esiste uno scrittore, Aldo Nove, noto a molti, sconosciuto per alcuni, il quale in un suo libro, Superwoobinda, edito da Einaudi, ha deciso bene di riprodurre l’effetto zapping. Il lettore che si trova a leggere il testo di Aldo Nove si ritroverà a saltare tra capitoli che con sforzo riuscirà a legare e tra parole che finiscono mozzate, vogliamo chiederci quale potrebbe essere la reazione di questo lettore? Possiamo tentare di fare delle ipotesi. La prima reazione, con ogni probabilità, sarà quella di pensare ad un errore di stampa, ma forse, se riuscirà a non farsi fermare da questo, se riuscirà a non liquidare con una diagnosi di errore di stampa il testo di Nove e a concedersi una lettura più attenta, giungerà a comprendere il gioco, e forse, sempre procedendo sulla strada delle ipotesi, sarà divertito da questa trovata che sovverte la logica del testo scritto, forse ne sarà solo infastidito, ma non è importante, la cosa veramente significativa è che sarà riuscito ad assaporare un gusto nuovo. È un po’ come assaggiare le fragole per la prima volta, non si può sapere prima se si è allergici, probabilmente il risultato sarà un poderoso attacco di orticaria, ma nella vita bisogna assaggiare le fragole e “non si correggono le fragole”. E soprattutto non si punta la penna rossa contro l’ortolano che ce le vende.
Sarebbe forse bene considerare la penna rossa, questo strumento solo all’apparenza innocuo, per quello che è: una vera e propria arma, un’arma bianca in grado di ferire, per primo l’autore, magari di produrgli solo ferite superficiali, che, però, sono pur sempre ferite. Ma forse potrebbe anche ferire un testo, cambiandone la fisionomia, il colore, deturpandolo per sempre.

Leggere/correggere: un’arte “necessaria” e pericolosa
Ora però bisogna mettere qualche peso anche sull’altro piatto della bilancia, perché, bisogna dirlo, se nessuno deve sparare sull’autore, è anche doveroso che il correttore sia fornito di un giubbotto antiproiettile. Perché se esiste un Aldo Nove con la fantasia o il delirio, al lettore l’ardua sentenza, di riprodurre lo zapping o chissà cos’altro nei suoi testi, ci sono una quantità imprecisata di scrittori tra le cui parole è difficile con tutta la buona volontà trovare anche una coerenza delirante come quella di Nove. Ci sono scrittori con idee meravigliose racchiuse in penne mediocri, o ancora scrittori favolosi con idee favolose racchiuse in penne favolose, che però ogni tanto, come sovente capita agli esseri umani, scrivono qualche sciocchezza qui e lì. Ci sono scrittori che scrivono senza troppi problemi, ma non usano la punteggiatura, e non si tratta di una scelta stilistica, che potrebbe essere giustificata anche con una qualche spiegazione traballante e malata, si tratta di mera pigrizia, e il povero lettore si troverebbe a dar la caccia a discorsi diretti o indiretti, incisi, quesiti, esclamazioni e così via.
Certo in mezzo a questa Babele, tra questo caos primordiale di idee, parole, punti, punti e virgola e virgolette di varie fogge, ci vuole proprio qualcuno che armato di penna rossa e protetto da una scintillante armatura almeno provi a riportare l’armonia. E ad un baldo cavaliere con una scintillante armatura possiamo volere male? Possiamo in tutta onestà considerarlo inutile?
Limitiamoci a pregarlo di usare con parsimonia la sua arma, che ci liberi dal drago dell’errore, stando bene attento a non far fuori anche la dama.

Che tutti cedano le armi al dominio della logica
Quale può essere la conclusione di questo incontro/scontro tra autore e correttore?
In un’epoca di guerre ben più gravi e violente, vogliamo optare per una pacifica soluzione.
Chiediamo all’autore il semplice sforzo di considerarsi umanamente fallibile, lo aiuti il sapere che è, questo, un esercizio praticato da grandi scrittori, serenamente e senza vergogna. Ciò che una penna produce non è perfetto, perché imperfetto è l’aggettivo che meglio si addice al genere umano.
Ceda al dominio della logica, scriva quello che vuole, crei pure, per il nostro e il suo piacere, i suoi mondi su pezzi di carta, ma lasci che nella sua creazione si intraveda l’ombra di una regola, di una coerenza che consenta quell’orientamento che impedisce di perdersi. Sia la sua arte come il jazz, una musica fatta di mille variazioni, mille stili, caratterizzata dal predominio dell’interprete sul compositore, da un forte ricorso all’improvvisazione, sulla quale però regna incontrastata l’armonia. Ricordi sempre che è inequivocabile, malgrado tutte le variabili il jazz è jazz, sempre riconoscibile.
Al correttore chiediamo di leggere, di assaporare il senso e la coerenza di uno scritto. Impari il rispetto, l’affetto, per quella creatura che è il testo scritto, gli regali pure la sua arte, fondamentale per farlo crescere sano e bello, ma non dimentichi mai che un testo ha una sua personalità, una sua vita propria, ha bisogno di aiuto, ma non merita di parlare con una voce che non sia quella dell’autore che l’ha voluto.

Tiziana Selvaggi

(direfarescrivere, anno IV, n. 36, dicembre 2008)
 
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