Nell’ultima inchiesta la Camorra
investe nei grattacieli di Dubai
Ivana Ferraro
IrpiMedia è un consorzio italiano di giornalismo investigativo che ha recentemente portato alla luce una delle inchieste più rilevanti e sorprendenti del panorama criminale internazionale: gli investimenti milionari della Camorra nei grattacieli di Dubai.
Di tale reportage (che si può leggere interamente visitando questo indirizzo: irpimedia.irpi.eu/dubaiunlocked-camorra) siamo venuti a conoscenza grazie a Rino Tripodi, direttore responsabile di LucidaMente 3000. Pensieri divergenti, un mensile telematico di cultura ed etica civile. I contenuti dell’inchiesta mettono in evidenza come la criminalità organizzata italiana stia espandendo le sue losche attività ben oltre i confini nazionali, utilizzando complessi e “infallibili” sistemi finanziari e immobiliari per riciclare denaro sporco, rafforzando e consolidando il proprio potere economico.
Prima, tuttavia, di addentrarci nella lettura consapevole dell’ultima inchiesta svolta egregiamente da questi degni giornalisti, addetti alla divulgazione di notizie vere e circoscritte, è indubbio spendere qualche parola introduttiva che possa mettere ben in luce il loro operato.
La nascita di IrpiMedia e le attività di cui si occupa
IrpiMedia è stato fondato da un gruppo di giornalisti determinati a colmare il vuoto esistente nel giornalismo investigativo italiano. La loro missione principale è di investigare su storie che hanno un forte impatto sociale e che spesso vengono trascurate dal mainstream. L’acronimo Irpi sta per Investigative reporting project Italy e riflette la natura collaborativa e orientata alla ricerca dell’organizzazione.
Sin dalla sua nascita, IrpiMedia ha focalizzato la propria attenzione su delle inchieste riguardanti la criminalità organizzata, la corruzione politica e le frodi economiche, lavorando spesso in collaborazione con altre organizzazioni giornalistiche internazionali.
Il suo approccio è caratterizzato da un rigoroso metodo di ricerca, un profondo impegno per la verità e un forte desiderio di responsabilizzare, laddove sia possibile, i potenti.
Uno dei primi grandi successi di IrpiMedia è stata l’inchiesta sulla ’Ndrangheta, una delle organizzazioni criminali più potenti e meno “conosciute” al mondo. Questo lavoro ha portato alla luce le complesse reti di traffico di droga e riciclaggio di denaro che la ’Ndrangheta gestiva e gestisce a livello globale, rivelando dettagli cruciali sulle operazioni dell’organizzazione in Europa e in America Latina. Le inchieste di IrpiMedia hanno spesso portato a conseguenze tangibili, come arresti e processi.
Un altro esempio significativo è l’indagine su “Mafia Capitale”, uno scandalo di corruzione che ha scosso la politica italiana nel 2014. IrpiMedia ha giocato un ruolo chiave nell’esporre la rete di corruzione che coinvolgeva politici, imprenditori e membri della criminalità organizzata, dimostrando come questi gruppi collaborassero per manipolare appalti pubblici e finanziamenti.
La metodologia di indagine investigativa che compie potrebbe essere così sintetizzata: IrpiMedia utilizza una combinazione di metodi investigativi tradizionali e tecnologie avanzate in cui gli addetti ai lavori riescono in maniera integerrima a coniugare una grande quantità di dati pubblici e privati. Non solo, poiché la collaborazione con testate internazionali come The Guardian, Le Monde e Süddeutsche Zeitung ne amplifica la portata e l’attendibilità delle informazioni rilevate. Va da sé che tutto ciò non è esente da ripercussioni. Esaminando il caso ultimo di cui si sono resi noti i territori degli Emirati, ne capiremo le motivazioni.
Genesi dell’inchiesta degli investimenti milionari della Camorra negli Emirati
L’inchiesta di IrpiMedia su questo tema è partita da una serie di segnalazioni anonime e dall’analisi di documenti finanziari ottenuti tramite fonti confidenziali. Il team di giornalisti ha collaborato con esperti di finanza e legali per decifrare i complessi schemi utilizzati dalla Camorra per trasferire e investire ingenti somme di denaro nei mercati immobiliari esteri. Dubai, con il suo mercato immobiliare in rapida crescita e le regolamentazioni finanziarie meno stringenti, si è rivelata un terreno fertile per queste operazioni illecite.
Uno degli aspetti più affascinanti e complessi dell’inchiesta riguarda le strutture finanziarie utilizzate dalla Camorra per nascondere le proprie attività. Attraverso l’uso di società di comodo, conti offshore e intermediari compiacenti, i clan camorristici sono riusciti a trasferire enormi quantità di denaro dall’Italia a Dubai. Questi fondi, derivati principalmente da attività illegali come il traffico di droga e il racket delle estorsioni, vengono poi investiti in proprietà di lusso, principalmente grattacieli e appartamenti di alto livello i cui costi sono super milionari.
IrpiMedia ha scoperto che molte di queste transazioni avvengono attraverso società registrate in paradisi fiscali, come l’Olanda, le Isole Cayman e il Liechtenstein, che fanno le veci degli intermediari per complicare e depistare ulteriormente il tracciamento dei fondi. Gli investigatori hanno identificato diverse società di facciata che acquistavano immobili di lusso a Dubai, per poi rivenderli a prezzi gonfiati, permettendo così ai clan di riciclare il denaro sporco e di legittimare i loro profitti.
Il ruolo delle autorità di Dubai
Un altro elemento cruciale dell’inchiesta riguarda il ruolo delle autorità di Dubai. Nonostante la città emiratina sia nota per la sua rapida crescita e il suo sviluppo economico, IrpiMedia avrebbe evidenziato come le autorità locali spesso chiudano un occhio sulle operazioni sospette che coinvolgerebbero grandi somme di denaro. Le leggi sul riciclaggio di denaro a Dubai sono state spesso criticate per la loro scarsa applicazione e per le maglie larghe che permetterebbero ai criminali di operare relativamente indisturbati.
Le inchieste di IrpiMedia avrebbero rivelato che, nonostante alcune iniziative per rafforzare i controlli finanziari, le misure adottate finora non siano sufficienti a contrastare efficacemente il riciclaggio di denaro su larga scala. Le autorità di Dubai, pur consapevoli della situazione, sembrano privilegiare il flusso di investimenti esteri rispetto alla lotta al crimine organizzato, creando così un ambiente favorevole per gli investimenti illegittimi della Camorra.
Impatto sociale ed economico
Gli investimenti della Camorra nei grattacieli di Dubai avrebbero implicazioni significative sia a livello sociale che economico. Da un lato, questi investimenti contribuirebbero all’inflazione del mercato immobiliare, rendendo più difficile per i cittadini onesti acquistare proprietà. Dall’altro, l’infiltrazione della criminalità organizzata nel mercato immobiliare internazionale minerebbe la fiducia nelle istituzioni finanziarie e legali, creando un ambiente di discredito e di instabilità.
Inoltre, l’uso di fondi illegali per finanziare progetti immobiliari comporterebbe come conseguenza diretta un preponderante “inquinamento” di denaro “sporco” nell’economia legale. Questo fenomeno avrebbe ripercussioni negative sulla trasparenza e sull’integrità del mercato, danneggiando la concorrenza leale e favorendo la proliferazione di pratiche commerciali corrotte.
L’inchiesta di IrpiMedia ha suscitato reazioni a livello internazionale, i cui vari governi e organizzazioni non governative hanno espresso una fondata preoccupazione per la crescente infiltrazione della criminalità organizzata nei mercati immobiliari globali. In particolare, l’Unione Europea ha avviato una serie di discussioni per rafforzare la cooperazione tra gli stati membri in materia di contrasto al riciclaggio di denaro, cercando di implementare nuove misure per migliorare la trasparenza finanziaria e la collaborazione internazionale.
Sostegno e solidarietà verso i colleghi di IrpiMedia
Questo caso rappresenta un esempio luminoso del rilievo del giornalismo investigativo nel mondo contemporaneo e sottolinea l’importanza di un’informazione libera e indipendente, capace di affrontare le sfide del nostro tempo e di agire come guardiano della democrazia e della giustizia.
Come summenzionato, IrpiMedia, purtroppo, non resta immune da certe situazioni quasi diventate conseguenziali verso chi accende i riflettori su delle realtà preoccupanti, quale quella appena esposta.
È di recentissima rivelazione da parte degli operatori del consorzio come essi siano penosamente angustiati dalle denunce e controdenunce, la cui portata economico-finanziaria, metterebbe a dura prova la loro esistenza e il loro fare doverosamente un mestiere in cui, molto spesso “il gioco non ne vale la candela”, ma che da parte di chi lo svolge con grande deontologia professionale ne ha il pieno plauso, la maggiore stima e il migliore gesto di solidarietà e sostegno.
Si accoglie e si supporta, quindi, la battaglia indecentemente onerosa di cause civili a cui i giornalisti di IrpiMedia sono chiamati a rispondere per disvelare realtà sotterranee di cui sembri non essere di interesse pubblico e, malauguratamente, neanche di chi dovrebbe tutelare e garantire l’equilibrio socio-economico-politico di uno stato, quello giudiziario. Quest’ultimo forse perché anch’esso assoggettato ai gangli di un sistema opinatamente ben strutturato ma che ai molti non sembrerebbe dato di sapere, di conoscere. A tal proposito sorgerebbe spontanea la domanda: “La giustizia è uguale per tutti?”