Anno XX, n. 219
aprile 2024
 
Questioni di editoria
Il riscatto della
letteratura d’infanzia
Nell’opera di Bianca Pitzorno
storie formative sempre attuali
di Maria Chiara Paone
Quello che stiamo per affermare è qualcosa che è stato detto o sentito dire almeno una volta nella vita: la letteratura per ragazzi non è da considerare vera letteratura; semmai paraletteratura. Anzi, il critico Benedetto Croce scrisse in modo lapidario: «L’arte per bambini non sarà mai vera arte».
Da un po’ di tempo fortunatamente non è più così: già negli anni Settanta molti pedagogisti, tra cui Antonio Faeti, hanno riconosciuto nella letteratura d’infanzia valore e autonomia rispetto alla letteratura “altra”, si sono andati a istituire dei premi per le opere di questo filone (tra cui l’italianissimo premio Andersen) e nelle fiere del libro e del fumetto si è creato uno spazio dedicato ai bambini e alle loro storie, senza contare il Bologna Children’s Book Fair, che da oltre cinquant’anni è l’evento principale per l’editoria per ragazzi.
Nonostante tutto c’è ancora un forte pregiudizio verso la letteratura dell’infanzia: forse perché gli intrecci sembrano semplici, forse perché il lessico utilizzato può apparire più elementare o forse perché, abituati alle favole antiche o quelle più celebri, si pensa che debbano esserci elementi per forza di cose fiabeschi o poetici, oppure un finale moraleggiante, una lezione pronta che i bambini devono mandare giù a memoria.
Fortunatamente non tutte le opere sono uguali, così come non tutti gli autori. Basti pensare alle opere d’avanguardia, sempre degli anni Settanta, di Gianni Rodari con la sua Grammatica della Fantasia, che ha determinato una rivoluzione durata fino a tempi più recenti, trasformando la letteratura per ragazzi in un laboratorio sperimentale, in cui si sviluppano tutti i generi “adulti” ma in modalità e misure differenti, a volte stravaganti.
Tra i molti esponenti oggi abbiamo deciso di concentrarci sull’opera omnia di un’autrice che ha avuto un enorme successo tra i ragazzi e i cui libri sono diventati dei classici dell’età moderna: Bianca Pitzorno. Per questa breve ma intensa analisi ci avvarremo dell’aiuto di un saggio di Rossella Greco, Il bambino lettore. Bianca Pitzorno e la moderna editoria per l’infanzia (il Ciliegio, pp. 56, € 10,00).

Le opere di narrativa: ribellione e genuinità
Di Bianca Pitzorno, nata e cresciuta a Sassari e trasferitasi solo successivamente a Milano, possiamo dire che, come scrittrice, ha fatto dell’elemento autobiografico la sua arma migliore, utilizzandolo come fonte primaria delle sue storie. Lo si denota soprattutto da quella che si potrebbe definire la saga di Lossai, l’immaginario paese della Sardegna in cui ambienta (o in cui la regione è almeno nominata) cinque dei suoi romanzi – Ascolta il mio cuore, Diana, Cupido e il Commendatore, Re Mida ha le orecchie d’asino, La voce segreta e Quando eravamo piccole – e dove le sue esperienze scolastiche, risalenti agli anni del dopoguerra, e le persone che ha incontrato diventano materiale prezioso e unico a cui i suoi giovani lettori possono legarsi: un esempio lampante è quello della famosa (e temuta) maestra Argia Sforza, che è stata presente nella vita dell’autrice bambina seminando perfidia e paginette da imparare a memoria. Anche nelle protagoniste dei suoi romanzi emergono molti elementi autobiografici ma subiscono un continuo rimpasto, senza essere monopolizzati da un unico personaggio: quindi, sempre parlando del celebre Ascolta il mio cuore l’artistica Rosalba incarnerà la Bianca che voleva andare all’Accademia di Belle Arti; la coccolata Elisa la Bianca dagli innumerevoli zii mentre l’intraprendente Prisca sarà lo specchio bambino della Bianca autrice, con le sue agende “mediche” (che il padre riceveva dagli informatori farmaceutici) zeppe di storie e uno spirito di ribellione contro il mondo dei grandi che tanto giusto non le sembra, soprattutto nei confronti dei bambini e dei loro diritti.
C’è anche l’esperienza di Milano e del suo periodo di lavoro in televisione – nel 1970 Pitzorno vinse un concorso indetto dalla Rai – come sa chi ha letto Tornatrás, in cui la protagonista Colomba vive in prima persona una sorta di telenovela, con naufragi, metamorfosi e scambi di identità. Anche in lei, come in Prisca, cresce forte l’indignazione e la voglia di combattere, specie quando si tratta di questioni ancora oggi scottanti, come quelle che riguardano la razza o lo status sociale; una battaglia che lei e i suoi amici, i “Mostri Selvaggi”, dovranno affrontare contro adulti privi di scrupoli e contro i loro stessi compagni di classe indottrinati da paure irrazionali.
Come possiamo notare, un elemento comune dei suoi romanzi è proprio questa voglia di rivalsa, questo desiderio che sprona i ragazzi a pensare con la propria testa, a non fidarsi del pregiudizio e a denunciare ogni sopruso, piccolo o grande che possa essere. Le storie, lungi dall’essere moraliste e dalla predica facile, si schierano dalla parte dei bambini; i personaggi sono reali, umani, non bambole preconfezionate e tutte uguali ma con caratteri sfaccettati, in cui si ritrovano «[le] contraddizioni, le passioni, le angosce, gli stupori ancestrali condivisi da tutte le infanzie di tutti i tempi».
Anche il linguaggio non è patetico o infantile, anzi: diventa un’arma di sovversione in cui l’autenticità e l’onestà la fanno da padrone, senza nessun tipo di censura: come succede nel caso de L’incredibile storia di Lavinia in cui la favola della piccola fiammiferaia viene rivisitata e resa surrealista grazie a un magico anello che trasforma tutto in cacca, una parola che veniva taciuta nella letteratura per bambini, piena com’era allora di tabù e di non detti, ma che qui diventa il mezzo con cui la protagonista potrà cambiare la sua vita, scardinando le ipocrisie e gli eufemismi.

La traduzione: il mezzo giusto per avvicinare i mondi
Ci sarebbe ancora molto da dire su Pitzorno come autrice lasciamo al lettore il piacere di reperire il saggio in questione e scoprire il resto.
Tuttavia vogliamo accennare a un altro aspetto del suo lavoro, ovvero la traduzione di alcune novelle del Decamerone, raccolte nel libro Dame, mercanti e cavalieri. Attenzione: traduzione e non riduzione, come spesso è avvenuto nel caso di classici che si pensava dovessero essere adattati per essere letti nell’ottica dei più piccoli. «La riduzione di un’opera classica della letteratura mondiale in vista di una fruizione da parte di un pubblico di lettori-bambini è quanto di più distante dalla scrittrice che ha dichiarato: “Tra il non conoscere affatto Don Chisciotte e conoscere un falso, preferisco il primo danno. Anche perché è più facile riempire una lacuna che correggere un errore”». Quindi l’autrice ha scelto dieci novelle tra le più amate e le ha tradotte in italiano contemporaneo, iniziando i suoi lettori a sentieri non ancora affrontati e preparandoli così all’età adulta con più consapevolezza: epura le novelle “che pungono” ma nemmeno in questo caso ignora gli argomenti più difficili come l’amore tragico, a cui Boccaccio dedica un’intera giornata, scegliendo di raccontare la famosa vicenda della sventurata Lisabetta da Messina, che piange la testa del defunto fidanzato sepolta in un vaso pieno di basilico.
Anche in questo caso i rimaneggiamenti che l’autrice opera sono in linea con il suo operato sovversivo, che si sposa spiritualmente con quello di Boccaccio, e mostra come sia possibile una sperimentazione all’interno della letteratura per i bambini, favorita anche dalla curiosità tipica, che può essere così utilizzata come strumento inconsapevole per avvicinare i lettori più giovani all’apprendimento. Pitzorno gioca con i generi più antichi, come il feuilleton ottocentesco in Polissena del Porcello; racconta passi dell’Iliade in Diana, Cupido e il Commendatore e fa conoscere in maniera innovativa classici che si incontrano nell’età più adulta come accade ne La bambinaia francese, una sorta di prequel in altra prospettiva del celebre Jane Eyre.
Possiamo dunque dedurre che la letteratura per bambini non solo è arte, non solo è un mondo tutto da scoprire ma è un mondo «[…] che corre parallelo a quello “dei grandi”» e in cui è possibile, anzi consigliabile, creare un incontro e un dialogo con la letteratura alta, per far crescere dei lettori consapevoli e con i giusti strumenti.

Maria Chiara Paone

(direfarescrivere, anno XVII, n. 180, gennaio 2021)
 
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