Anno XX, n. 219
aprile 2024
 
Questioni di editoria
Fase 5 per i Convegni
sulla Letteratura
Ecco l’ultima parte degli incontri
presieduti da Annibale Bertola
di Rosita Mazzei
Con questo articolo vogliamo raccontarvi l’ultima parte – per ora – dei nostri Convegni sulle “Nuove tendenze della Letteratura italiana contemporanea”. Riprendiamo, dunque, il discorso intrapreso da Maria Chiara Paone all’interno del suo articolo rilasciato nel precedente numero della nostra rivista ( www.bottegaeditoriale.it/questionidieditoria.asp?id=200), dove si parlava della quarta fase di questo importante progetto dell’agenzia letteraria Bottega editoriale.
In questo pezzo parleremo dell’appuntamento letterario tenutosi il 7 dicembre 2019 i cui protagonisti sono stati Romano Ferrari con
Camici Bianchi. Intrigo all’ombra della Mole (Sovera/Armando, pp. 190, € 13,00), Alessandro Giraudi con La visione universale del mondo. Per la rivoluzione inclusiva (Armando editore, pp. 462, € 15,00) e Marco Regolini con la sua opera intitolata Ai confini della realtà. Attenzione a non scivolare: la matematica si arrende (Armando editore, pp. 304, € 18,00). Mediatore dell’incontro è stato il direttore dell’agenzia, Fulvio Mazza, mentre a presentare le varie opere è stato lo psicologo Annibale Bertola. Location di questo importante incontro culturale è stata la sala Nettuno che, dalle 12.30 alle 13:30, ha ospitato letterati, e non solo, presso il Roma Convention Center "La Nuvola", durante la fiera del libro Più libri più liberi.

L’autore Ferrari ha partecipato virtualmente alla giornata grazie alla sua presenza garantita da Skype. Di lui ha parlato con entusiasmo lo psicologo Annibale Bertola, che non si è di certo trattenuto nel suo entusiasmo, aprendo il proprio discorso citando uno degli insegnamenti fondamentali del grande maestro del brivido cinematografico Alfred Hitchcock: nessuno è – mai – completamente innocente. Anche al protagonista di questo avvincente thriller capita di essere correo (almeno in parte) inconsciamente della responsabilità delle peripezie che lo coinvolgono. Un protagonista interessante, danneggiato da colleghi disonesti e da disavventure che mettono a rischio non solo la sua credibilità professionale ma anche la sua stessa dignità personale. Lo stesso mondo degli affetti più intimi ne viene coinvolto, straziato in modo imprevedibile non solo dall’esperienza del tradimento, ma anche dall’intreccio di questo con la cosciente aggressione ai risultati di una carriera costruita sulla competenza e sulla credibilità.
In Camici Bianchi. Intrigo all’ombra della Mole il protagonista è un chirurgo estremamente dotato che sa improvvisarsi ingegnere e imprenditore e che consegue grazie alla sua applicazione una importante svolta nella sua vita.
Ma come si è accennato ogni luce comporta la proiezione di un’ombra.
La collusione con chi, stimolato dai suoi successi, nutre invidia e alimenta proponimenti di sfruttamento del suo ingegno lo induce in tentazione. Quella di essere a sua volta opaco, poco trasparente, e quando sarà incalzato dagli eventi e travolto dagli intrighi non saprà se non con ritardo recuperare la parte migliore del suo carattere.
Si tratta di una storia avvincente, molto ben costruita, raccontata con gusto e scorrevolezza, che alimentano nel lettore appassionato di questo genere il piacere pagina dopo pagina di scoprire i colpi di scena, gli svelamenti che grazie al personaggio del commissario Pugliesi dipanano l’intreccio scoprendo trame e colpevoli.
I personaggi sono ben delineati, e pur essendo questa un’opera di fantasia il lettore non può che scorgere nei loro lineamenti gli echi di eventi di cronaca.
Tanto più reali e sgradevoli in quanto si attengono alla sfera della salute, al mondo della medicina, agli operatori sanitari (medici, infermieri, produttori di strumenti medicali) che abbiamo bisogno costituzionalmente di vedere se non come salvatori almeno come custodi del bene più assoluto che possediamo: la nostra integrità fisica.
Questo in ultimo, ma non certo per ultimo, il valore di quest’opera, è andato a concludere così Bertola: ricordarci che pur nella disonestà e nel dolo esiste una scala di valori, e che quella che ci riguarda nel nostro bene più prezioso (l’integrità fisica personale) è ai primissimi posti fra i valori: o forse è il bene essenziale e che come tale va salvaguardato e custodito.

Durante il convegno era invece presente l’autore Alessandro Giraudi per esporre e far esporre il proprio saggio filosofico La visione universale del mondo. Per la rivoluzione inclusiva di cui Bertola afferma che la contrapposizione fra realismo e idealismo corre attraverso tutta la storia del pensiero filosofico. Si mescola in vario modo con i tentativi che sono stati fatti di conciliare i due opposti: il panteismo, la filosofia del “senso comune”, la stessa filosofia analitica che – si potrebbe dire in estrema approssimazione – rifugge dal problema rinchiudendo la filosofia nell’appassionante ma limitato ruolo di “terapia” del linguaggio.
Lo snodo che l’autore propone come centrale nella sua ricerca verso una visione alternativa a quella ristretta imposta dalla contrapposizione antinomica è la comprensione “inclusiva” del soggetto e dell’Universo. Il primo appartiene al secondo, e solo una distinzione artificiosa che non ne tenga conto origina le aporie espresse dalla contrapposizione. Il soggetto è parte del reale, e assieme all’universo costituiscono la Realtà Fondamentale (RF) o Mondo Fondamentale (MF).
«Ogni cosa che è esistita, che esisterà è parte del mondo reale… La concezione del mondo come realtà (racchiudente) contiene in sé la cognizione della “esistenza” del mondo» scrive l’autore.
Il principio generale di contenenza/appartenenza, che si applica al MF si estende anche a tutti i mondi possibili e pensabili: anzi, proprio la pensabilità di alternative ci permette di esprimere concetti come quelli di Dio e riflettere sulla sua stessa esistenza.
Viene smentita con questa informazione l’implicazione principale di quanto affermato nel paragrafo de La visione universale del mondo intitolato La filosofia è impotente. Dovremmo concludere allora che tutto il nostro argomentare è inutile? Che nessuna conclusione deriverà dalla ricerca negli sforzi del nostro pensiero, e che ha ragione la versione della postmodernità, declinazione estrema del “postmodernismo” o del “postmoderno”? Oppure è pensabile sostituire alla nostalgia per le grandi narrazioni espressa da Jean-François Lyotard (in modo sconsolato) la ricchezza delle frammentazioni esistenziali e fenomeniche che popolano il nostro tempo, in un gioco di rimandi ad anticipazioni vertiginose nel futuro, desunte dalla tecnica, ma senza potersi basare sulla solidità delle basi date dal nostro passato? Queste le domande che si è posto Bertola durante la sua presentazione e che trovano una delle possibili risposte.
La conclusione cui giunge il nostro autore è ottimistica. Il principio di appartenenza/contenenza non solo ci rassicura sull’esistenza del Mondo (il MF) ma ci conforta anche nella ricerca di un senso ultimo dell’esistenza: la direzione verso cui ci muoviamo, resa possibile proprio dal fatto che così come è possibile affermare l’esistenza del mondo possiamo tranquillamente argomentare su Dio e fornire la prova della sua esistenza.

Per ultimo, ma non certo per importanza, abbiamo avuto la fortuna di discorrere sul libro di Marco Regolini che ci porta per mano attraverso i saperi del nostro tempo con il suo Ai confini della realtà. Attenzione a non scivolare: la matematica si arrende. Scorrendo questa appassionante cavalcata nei più disparati terreni scientifici l’autore ci guida a una incalzante riflessione sui saperi dell’uomo del nostro tempo, questa l’introduzione di Bertola. Già il riferimento all’uomo si presenta sottilmente problematico. Parliamo dell’uomo con la “u” minuscola, sembrerebbe suggerire la ouverture che ci presenta una coppia in un ristorante umbro e la loro quieta conversazione sui piatti tipici della regione centrale di un paese in cui la cultura gastronomica è varia, stimolante, sorprendente. Ma poi l’“uomo” e la sua compagna cominciano parlare di matematica, e qui il lettore si trova vertiginosamente proiettato in un cangiante universo che abbraccia tutte le scienze, spaziando dalla paleontologia alla neurologia alla astronomia alla fisica quantistica. E qui ci viene il dubbio che l’uomo sia diventato “l’Uomo”, ovvero l’essere che è al vertice della scala evolutiva e che da questo vertice si sporge (oppure si china?) a considerare quale è il suo posto all’interno del Cosmo.
Una nota dominante compare, si avverte, scompare, ritorna accompagnando il lettore nella sua fatica: è il costante riferimento alla matematica. Solo una conseguenza della competenza dominante dell’autore, ingegnere? Bertola ha voluto escluderlo e, come psicologo, ovvero professionista di un campo scientifico che si pone al crocevia fra le scienze biologiche, le scienze sociali e i riferimenti valoriali al mondo dello “Spirituale” ha fatto notare quanto la matematica sia condizione e limite nella definizione di un terreno scientifico.
Tanto è vero che qualcuno vorrebbe ridurre il concetto stesso di scienza a quanto è “matematizzabile”: Bertola a tal proposito ha portato l’esempio di come un suo collega desiderava affermare la superiorità del suo modello psicoterapeutico rispetto ad altri dicendo che il suo modello era stato matematizzato. Oppure generalizzando, ha ricordato la vecchia distinzione fra “hard sciences” e quelle sì, saranno anche prodotti del sapere scientifico, ma lo sono solo nella componente che è suscettibile di elaborazione matematica.
Esiste quindi un imperialismo gnoseologico della matematica? Proprio l’autore chiude dicendo di fronte alla eterna domanda che l’Uomo si è posto fin dall’inizio della sua storia: «Sapete cosa c’è oltre? E chi lo sa» rispondo «Ai confini della realtà si scivola: la matematica si arrende. Nulla si può dire… è l’unica cosa che si può dire».
Una conclusione scettica? Può essere. Però anche una indicazione implicita verso la prosecuzione della ricerca, verso l’approfondimento del ruolo dell’Uomo e la definizione dei suoi limiti. Anche perché, verrebbe da dire retoricamente seguendo l’ironia ma anche la profondità del suo argomentare, scoprirne i confini significa definire la potenzialità e le direzioni che essa deve seguire.

Abbiamo così raggiunto il finale – per ora momentaneo – di questo nostro ciclo di Convegni letterari che ha avuto ottimi protagonisti e ottimo riscontro di pubblico. Vi salutiamo, in attesa di una nuova avventura!

Rosita Mazzei

(direfarescrivere, anno XVI, n. 173, giugno 2020)
 
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