Anno XX, n. 222
luglio 2024
 
Questioni di editoria
Come sopravvivere
nel mondo editoriale
Nero Press propone un manuale
per chi si “affaccia” al settore
di Cecilia Rutigliano
In qualunque veste ci si voglia accostare al mondo editoriale – che si tratti di autori, scrittori, lettori o professionisti del settore – se ne rimane inevitabilmente affascinati. Probabilmente perché quel “mondo” ha a che fare con qualcosa – la “cultura” – che sentiamo appartenere a ognuno di noi come molecole di un Dna che ci accomunano; oppure perché ci è inevitabile chiederci come sia possibile che sole ventuno lettere dell’alfabeto abbiano permesso, nei secoli, di “forgiare” milioni di mondi diversi e di condividere sapere e conoscenza. Sia quel che sia, il settore legato all’editoria, e in modo particolare al libro, è spesso circondato da un’aura poetica dai caratteri quasi sacrali che nasconde e protegge molto bene tutta una serie di processi che riguardano le sue attività e i suoi protagonisti.
La realtà, tuttavia, può rivelarsi molto più “profana” di quel che appare. Svelare il volto nascosto dell’editoria è l’obiettivo che Laura Platamone si è posta in Editoria. Istruzioni per l’uso. Manuale di sopravvivenza per autori, lettori e professionisti dell’editoria (Nero Press, pp. 166, € 13,00). L’autrice – editor e grafica editoriale, socia fondatrice dell’Associazione culturale “Nero Cafè” e direttrice editoriale di Nero Press – sostiene di essere approdata a questa pubblicazione dopo diversi anni “di battaglia” nel campo, al fine di creare una «”guida di sopravvivenza”, un manuale di istruzioni per prendere nel giusto verso questo mondo dell’editoria» che, scrive nella sua Prefazione, ritiene essere manchevole nel ricchissimo universo del libro.
Il punto di partenza dell’autrice è l’idea che l’editoria sia uno «stagno maledetto» in cui sguazzano «i buoni e i cattivi, i giusti e gli ingiusti, le vittime e i carnefici»: bisogna, dunque, imparare a riconoscerli nel momento in cui ci si “sporge” al settore per saper discernere chi “avvicinare” e chi, invece, tenere alla larga.

I numeri dell’editoria e il processo di nascita di un libro
Prima di entrare nel vivo delle sue argomentazioni, Platamone fa un breve e sintetico excursus riguardante i dati numerici dell’editoria italiana derivati da censimenti e statistiche sul numero dei lettori, degli editori, del mercato ebook, ecc. E, inoltre, spiega a grandi linee come nasce un libro: dalla ricezione del manoscritto in casa editrice, alla selezione, alla lavorazione, alla stampa. Nella sua Introduzione, dunque, cerca di fornire alcuni elementi “concreti” che permettano di capire – senza pretesa di esaustività – il funzionamento di quel mondo che, nelle pagine successive, cercherà di spiegare e “smascherare” con un periodare svelto, non monotono, spesso capace di coinvolgere direttamente il lettore, dal tono ironico e, talvolta, sarcastico.
Il volume si divide, da questo momento in poi, in tre parti: la prima concentrata sulle figure dell’autore e dell’editore; la seconda sulle professioni editoriali; la terza su “varie ed eventuali”, ovvero argomenti di diversa natura che hanno a che fare con l’editoria.

«Attenti a quei due»
Il titolo della Parte prima del libro di Laura Platamone la dice lunga sul tono che l’autrice assume nell’illustrare i due poli dell’industria libraria – l’autore e l’editore – dal cui incontro nasce, appunto, il libro.
Incontro o scontro? Nella “fenomenologia” delle due figure che l’autrice propone, infatti, emerge che si tratta di due “elementi” con esigenze e presupposti di frequente molto diversi. L’autore spesso, sostiene Platamone, crede di aver scritto il “capolavoro della storia dei capolavori” che l’editore non è in grado di capire; l’editore, dal canto suo, deve “difendersi” dal numero elevato – fin troppo – dei testi che riceve perché l’obiettivo della sua attività ha pur sempre carattere imprenditoriale, cioè volto al guadagno.
L’autrice analizza dettagliatamente ciascuna delle due categorie.

Lo scrittore
In primis, lo scrittore. Costui è ben diverso – mette in guardia Platamone – dallo “scrivente”: «non basta sapere scrivere per essere scrittore. O meglio, non basta conoscere la tecnica nuda e cruda, fatta di alfabeti e sintassi. Uno scrittore ha bisogno soprattutto della semantica, del senso, dello stile, del potere delle parole. Ecco è il potere delle parole che fa la magia».
Ed è anche molto diverso da quello che l’autrice definisce «scrittorino»: termine dispregiativo per indicare chi non ha minimamente le qualità imprescindibili per essere uno scrittore vero ma che, nonostante ciò, crede davvero – e anche fin troppo, sostiene Platamone – di essere parte integrante della categoria degli scrittori. Una categoria che di per sé si caratterizza per alcune “patologie” – insicurezza, pur unita alla convinzione di essere «portatori sani di capolavori», e ansia da pubblicazione – che nello “scrittorino” raggiungono la vetta dell’insostenibile.

L’editore
È poi la volta dell’editore. L’autrice fa una sintetica rassegna sulla nascita di questa figura imprenditoriale nell’ambito della storia libraria; spiega il passaggio dall’attività legata al libro di tipo “artigianale” a quella di tipo imprenditoriale attraverso la figura dell’umanista Aldo Manuzio, il primo ad aver creato una connessione tra l’oggetto-libro e l’artefice della sua realizzazione. Ma dai tempi di Manuzio ad oggi cosa è cambiato? Chi è l’editore attualmente? Platamone ne dà la seguente definizione: «è un imprenditore che investe nell’opera di un autore in modo da averne un ricavo. Ricavo che non è una condizione di accesso ma il risultato di un’operazione congiunta di lavoro editoriale e vendite». E, continua più avanti, «l’oggetto del suo business sono i libri e il principio che sottende a tutta la sua attività è l’investimento […] sull’opera dell’autore. […] da questa operazione, si attende un ritorno economico che sia maggiore dell’investimento iniziale e porti quindi un guadagno».
Tuttavia, mette poi in guardia l’autrice, i meccanismi da valutare sono molto più complessi e meno lineari rispetto a quanto appare dalla definizione appena data, in quanto ci sono alcuni fattori – come i costi che l’editore deve sostenere per mandare avanti la struttura della propria casa editrice, la distribuzione, i collaboratori, ecc. – che contribuiscono a configurare quello editoriale come un mondo tutt’altro che perfetto. In questo contesto l’autrice inserisce la figura dell’«editoruncolo» nonché quella dell’editore a pagamento (noto ormai nel settore con la sigla “Eap”).
Nella prima categoria rientrano quegli editori che spesso fanno libri brutti – in senso anche estetico, in barba alla prassi di un’editoria che ha una lunga e consolidata tradizione alle spalle – e che fanno richieste in denaro agli autori con dei “sotterfugi” (ovvero, si fanno pagare dei servizi come fossero “aggiuntivi”, per esempio l’editing).
Nella categoria dell’Eap, invece, rientrano quegli editori che «fanno dell’editoria un business unidirezionale, in cui la componente dell’investimento sull’autore scompare […] le modalità di richiesta di un pagamento proprie dell’Eap sono essenzialmente due: il contributo economico “schietto”, ossia qualche migliaio di euro sborsato all’autore alla stipula del contratto; o l’obbligo di acquisto copie […]».
Secondo l’autrice questo tipo di editori crea un «meccanismo malato che intasa il sistema» e rappresenta una cattiva carta di identità per gli scrittori stessi che vi si affidano in quanto «se uno vuole fare lo scrittore, iniziare la sua carriera con una pubblicazione a pagamento non diventa un grande biglietto da visita. Significa innanzi tutto che l’autore non sa aspettare, non ha pazienza, non ha grande fiducia nelle proprie capacità»: insomma, pubblicare a pagamento quando si è esordienti è, secondo l’autrice, come cucirsi addosso una lettera scarlatta.
All’Eap l’autrice dice di preferire e di considerare una meno dannosa alternativa, il self publishing che, comunque, a suo avviso, non incorona scrittori veri.

I mestieri dell’editoria
La Parte seconda del volume di Laura Platamone è intitolata Le professioni editoriali ed è dedicata, com’è facile intuire, a quelle che rappresentano le professionalità coinvolte nel processo di nascita di un libro, posizionate tra i due poli costituiti, come si è visto, da autore ed editore.
Dunque, l’autrice, sempre in forma sintetica e senza porsi con la pretesa di apparire esaustiva, passa in rassegna i mestieri e le attività richieste nella filiera del libro: la figura del lettore professionista, lo strumento importante della scheda di lettura; l’attività di valutazione di un testo, nella quale l’elemento dirimente deve essere quello della coerenza – di trama e di stile in primo luogo – ovvero che esista unità e continuità nel discorso narrativo.
E ancora: l’attività di correzione delle bozze, quella del redattore editoriale, quella dell’impaginazione, quella dell’editor.
Su quest’ultima figura, e sulla relativa attività di editing, l’autrice si sofferma in modo particolare, ritenendola ai vertici del processo che porta alla nascita del libro. L’editor, infatti, è colui che del testo deve possedere la più alta visione d’insieme per avere poi la capacità di intervenire, fianco a fianco all’autore, su struttura, dialoghi, caratterizzazione dei personaggi, ecc. Paragona il suo lavoro a quello di un ventriloquo: «l’editor ha la “missione” di aiutare l’autore a usare al meglio gli elementi che ha messo in campo, specie laddove questi non sembrano funzionare. E deve farlo adeguandosi all’universo espressivo dell’autore senza imporgli il suo. Un’immagine che rende particolarmente bene questo modo di agire è quella del ventriloquo. L’editor deve infatti imparare a coordinare la sua voce a quella di ognuno degli autori con cui si trova a lavorare. Un po’ come fa il ventriloquo. Solo che non si occupa del suono delle parole, ma della loro forma».

«Varie ed eventuali»
La Parte terza del volume è dedicata ad argomenti che si situano, in vario modo, nel “campo d’azione” del libro. Platamone si sofferma su alcuni di essi, in particolare su agenzie letterarie e concorsi, per concludere il suo discorso con delle “appendici” dedicate a strumenti utili soprattutto per chi scrive.

Agenzie letterarie
Questo argomento – va subito chiarito il conflitto di interessi – ci sta particolarmente a cuore in quanto, come il lettore abituale sa, l’editore di questa rivista è proprio un’agenzia letteraria, Bottega editoriale.
Laura Platamone dà prima di tutto una definizione dell’agente letterario: «Gli agenti letterari sono quelle persone che rappresentano l’autore e la sua opera presso le case editrici, una sorta di corsia preferenziale per arrivare a […] essere presi in considerazione per una eventuale pubblicazione. Un agente letterario deve quindi avere un portfolio di case editrici “di fiducia” […] fa quindi a priori un lavoro di valutazione […] non si limita a rappresentare l’autore presso le case editrici ma discute con loro anche le questioni contrattuali, riuscendo spesso a tutelare l’interesse dell’autore». In seconda battuta, com’è nel tenore dell’intero libro, mette in guardia da eventuali pericoli e fa presente che, come in ogni ambito professionale, anche in questo caso vi sono “i buoni” e “i cattivi” ed è da questi ultimi che gli autori devono difendersi.
Platamone sostiene che gli agenti “veri” siano quelli che non chiedono a priori soldi agli autori – né per rappresentarli, né per altri servizi editoriali, come l’editing – e che ripagano il proprio lavoro tramite le percentuali sulle royalties che l’autore percepisce dalla vendita del suo libro a pubblicazione avvenuta. Ammette di poter al più “tollerare” i casi degli agenti che richiedono agli autori una sorta di «gettone di rappresentanza», ovvero un modico contributo economico che l’autore gli versa per aiutarlo a sostenere le spese che dovrà affrontare per rappresentare l’opera (telefonate, stampe, fotocopie, spedizioni, ecc.); oppure un «gettone di piazzamento», cioè una cifra, sempre modica, riscossa solo a risultato ottenuto (quando l’opera incontra un editore disposto a farsene carico a condizioni serie).
Su tali argomenti abbiamo già avuto occasione di esprimere il nostro punto di vista nel testo dell’intervista che l’amministratore di Bottega editoriale – Fulvio Mazza, direttore responsabile di questa stessa rivista – ha rilasciato ad Andrea Mucciolo in occasione dell’uscita di Come pubblicare un libro. Come scrivere un libro, cercare un editore e promuovere la propria opera (Eremon, 2010); intervista che abbiamo poi proposto sul numero 91 di luglio 2013 nell’articolo intitolato Le agenzie letterarie: famose sconosciute! Un’intervista a Fulvio Mazza per capire meglio il loro ruolo.
Ribadendo quanto affermato in quella sede, ci preme anche qui riconoscere le stesse posizioni. La definizione che Laura Platamone dà dell’agente letterario è certamente quella che sosteniamo praticando questo lavoro; così come ci troviamo d’accordo con lei quando è necessario distinguere tra i “colleghi” onesti e quelli disonesti.
Tuttavia, soprattutto quando si lavora anche con case editrici medio-piccole e con autori esordienti – casi in cui gli ordini di grandezza e i margini di guadagno sono comunque limitati – riterremmo, riprendendo le parole di Fulvio Mazza nella citata intervista, che non si possa «pretendere che un’agenzia si paghi con i diritti d’autore che, come si sa, gli editori distribuiscono nella primavera dell’anno successivo a quello delle vendite. Mi spiego meglio con un caso concreto. Nel settembre dell’anno scorso abbiamo ricevuto un dattiloscritto che poi è stato pubblicato all’inizio del 2010. I diritti d’autore verranno pagati allo stesso a marzo del 2011. Non crede che sia un po’ ingiusto che chi ha lavorato a settembre del 2009 venga pagato – e solo se il libro effettivamente si vende bene – nel marzo del 2011? L’autore di quel dattiloscritto ci aveva appunto chiesto di compartecipare ai suoi diritti d’autore; ma poi, dopo questo ragionamento, ha aderito alla nostra richiesta di essere pagati all’ordine del lavoro».
Allo stesso tempo sosteniamo che sia importante, proprio affinché un agente riesca a mantenere il suo ruolo di “corsia preferenziale” agli occhi delle case editrici, presentare loro testi opportunamente ricontrollati; ciò anche a beneficio dell’autore. Sostiene Mazza, nella medesima intervista: «Solitamente gli autori sono convinti di averci mandato un dattiloscritto senza alcun errore di editing. Ma, quando facciamo vedere loro – testo alla mano – gli errori che hanno fatto, subito comprendono l’esigenza dell’editing. E, alla fine, ci ringraziano abbondantemente! Abbiamo avuto, in verità, anche qualche autore che, caparbiamente, ha deciso di non farsi riguardare il testo da noi e di andare avanti da solo affermando che il controllo di editing l’avrebbe fatto la casa editrice. Ebbene, la casa editrice il controllo non l’ha fatto (come, al di là di quel che si dice, non fanno mai…). E ora, fra le altre “chicche”, un bel un’, al maschile, compare nel bel mezzo del testo di un libro di un’importante casa editrice napoletana!».
Naturalmente rispettiamo quanto l’autrice del testo qui recensito sostiene ed esprime, ma ci è sembrato doveroso chiarire il nostro punto di vista su una questione che riguarda molto da vicino il lavoro che svolgiamo e i servizi che offriamo a chi decide di rivolgersi a noi, senza dover “censurare” l’autrice stessa nella convinzione che la pluralità dei punti di vista sia un’opportunità di crescita per questo settore.

Concorsi letterari
Platamone dedica a tale argomento un intero paragrafo; ciò perché il panorama attuale offre un numero infinito di possibilità in questo senso ed è quindi necessario che un autore o aspirante tale sappia fissare i criteri in base ai quali scegliere di partecipare al concorso giusto. La domanda da porsi in questi casi è: quali sono i vantaggi che si possono trarre dal parteciparvi? Accontentarsi della sola “gloria”, infatti, non dovrebbe essere la risposta che uno scrittore deve darsi, a maggior ragione se il concorso in questione prevede un pagamento per prendervene parte. Pertanto è opportuno, secondo l’autrice, mettere in campo altri fattori da valutare.
In ogni caso, i concorsi rappresentano, nella visione dell’autrice, una vera e propria «palestra letteraria» che permette allo scrittore di mettersi in gioco e migliorarsi, sia grazie alle “regole” che i concorsi dettano e alle quali bisogna quindi attenersi “costringendosi” a una misura imposta dall’esterno, sia grazie al confronto con gli altri partecipanti, anch’essi scrittori.
In particolare, l’autrice si sofferma su concorsi e contests presenti sul web perché lì si entra in contatto immediato con critiche e consigli di veri potenziali futuri lettori, nonché scrittori e si ha la possibilità di «sviluppare il vostro senso critico e aiutarvi a imparare dai vostri errori». Di qui l’invito dell’autrice – comprendiamo questa Cicero pro domo sua – a partecipare al concorso “Minuti contati” che si tiene ogni mese sul forum dell’Associazione “Nero Cafè” di cui, come si è accennato, è socia.

Appendici utili
Chiudono il volume tre pratiche appendici: la prima dedicata a I blog letterari davvero utili, a cura di Daniela Barisone; la seconda su Le case editrici di cui potete fidarvi, curata da Daniele Picciuti; l’ultima, a cura di Mara Pantanella, incentrata su Le case editrici native digitali.
Si tratta di “elenchi” utili e di facile consultazione, redatti – per ammissione della stessa Platamone – anche su criteri di mera “simpatia”, oltre che sulla base della effettiva valutazione di tali strumenti dovuta all’esperienza, e destinati agli autori, esordienti e non, o aspiranti tali, che vorrebbero muoversi nel mondo editoriale con qualche certezza in più.

Cecilia Rutigliano

(direfarescrivere, anno X, n. 102, giugno 2014)
 
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