Anno XX, n. 219
aprile 2024
 
Questioni di editoria
I vip della scrittura
in un utile manuale
Abilità scrittorie e consigli
per aspiranti autori e curiosi
di Francesca Ielpo
Scrivere è un atto rivoluzionario. La rivoluzione è lontana da cliché e da gesti abituali. Ha bisogno di specifici stimoli, immediate ispirazioni, audace tecnica. Non è semplice mettere su carta ciò che il cervello elabora. Scuole e manuali di scrittura si soffermano su tale problematica e la conclusione che esse ne traggono ha sempre lontane radici filoletterarie e soluzioni ampie e complesse. Allora, per un’infarinatura e un approccio semplice all’argomento, Claudia Bertozzi ‒ correttrice di bozze freelance ‒, Lucia Pappalardo ‒ docente di giornalismo e scrittura creativa, giornalista anche nell’ambito radiotelevisivo ‒ e Luigi Annibaldi – autore di racconti ‒ redigono e curano Voglio scrivere! 135 big mi dicono come (Omero editore, pp. 139, € 8,00). Vengono trascritti estratti di interviste, pensieri, sentenze di 135 grandi scrittori, vip della letteratura internazionale, ignari di assurgere, in questo testo, al ruolo di vati. Non è la pedanteria a dare sapore alla lettura, ma la piacevole leggerezza tipica del ritrovarsi di fronte massime intelligenti e mirate.

Massime metaletterarie
La suddivisione in capitoli del testo permette una rapida ricostruzione delle funzionalità dell’abilità scrittoria. Il lettore, forse un po’ aspirante scrittore, si trova di fronte un minimanuale formato da sette capitoli, sette steps che si districano in spiegazioni attraverso dichiarazioni “portatili”, laconici ma concisi pensieri di autori quali Anton Cechov, Andrea Camilleri, Elio Vittorini, George Simeon, Haruki Murakami, Ignazio Silone, Italo Calvino, Louis Ferdinand Céline, Marguerite Duras, Natalia Ginzburg, Oscar Wilde, Robert Louis Stevenson, Primo Levi, Raymond Carver, Samuel Beckett, Lu Ji, Truman Capote, e tanti altri.
Il primo capitolo, Prima di scrivere, indaga sulla definizione di arte, scrittura, scrittore e sui motivi che spingono a comporre parole per comunicare ciò che non è necessario alla forma materiale della vita. Dice Henry Miller: «Nessuno metterebbe una sola parola sulla carta se avesse il coraggio di vivere ciò in cui crede», o Truman Capote: «Alla fine la personalità dello scrittore ha moltissimo a che fare con il suo lavoro. La personalità deve essere umanamente presente. L’umanità individuale dello scrittore, le sue parole, i suoi gesti nel mondo, devono sembrare un personaggio che cerca un contatto con il lettore. Se la personalità è vaga o confusa o solamente letteraria ça ne va pas».
Si prosegue con Dai pensieri alle prime parole, I personaggi, Costruire la storia, Un addio non troppo lungo, Niente è definitivo, in cui le tematiche affrontate sono la ricerca di immagini ispiratrici e personaggi autentici, l’identificazione e delineazione di un plot narrativo, la definizione e la stesura della conclusione di un romanzo, l’obbligo di apportare modifiche, limature e revisioni alla prima stesura.
Claudia Bertozzi, Luigi Annibaldi, Lucia Pappalardo si servono del giudizio di Italo Calvino: «Se ho incluso la Visibilità nel mio elenco di valori da salvare è per avvertire del pericolo che stiamo correndo di perdere una facoltà umana fondamentale: il potere di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi, di far scaturire colori e forme dall’allineamento di caratteri alfabetici neri su una pagina bianca, di pensare per immagini»; di Robert McKee: «Un personaggio è un’opera d’arte, una metafora della natura umana. Noi ci rapportiamo ai personaggi come se fossero reali, ma essi sono superiori alla realtà. I loro aspetti sono delineati per essere chiari e conoscibili; al contrario gli esseri umani sono difficili da capire, se non addirittura enigmatici. Noi conosciamo i personaggi meglio di quanto conosciamo i nostri amici, in quanto un personaggio è eterno e immutabile, mentre le persone cambiano»; di Patricia Hinghsmith: «Non accade nulla, in senso letterale, eppure nel corso della storia si potrebbe ‒ dico si potrebbe ‒ accumulare complicazione su complicazione; arriva un ospite inatteso a interrompere l’assassina, una lettera di un familiare suscita timori di dannazione eterna, nel caso commetta il delitto. C’è posto, allora, per la commedia e la tragedia, come in quasi tutte le trame»; di George Eliot: «Le conclusioni sono il punto debole della maggior parte degli autori ma un po’ di colpa sta nella natura stessa della conclusione, di cui il meglio che si può dire è che è una negazione»; di Anton Cechov: «Ancora un consiglio: leggendo le bozze, cancellate dove è possibile gli attributi e gli avverbi. Voi mettete tanti attributi che il lettore difficilmente si raccapezza, e si stanca. Quando scrivo: “l’uomo sedette sull’erba”, si capisce perché è chiaro e non trattiene l’attenzione. Al contrario, è poco comprensibile e un po’ pesante per il cervello se scrivo: “un uomo alto, dal petto incavato, di media statura, con la barbetta rossa, sedette sull’erba verde, già calpestata dai passanti, senza far rumore, timidamente, guardandosi attorno con timore”. Questo non entra subito nel cervello, mentre la letteratura deve entrarvi di colpo, in un baleno».
Si termina con L’importante è pubblicare ‒ da notare come si ben rispetti l’iter di creazione del libro, passando dalla fase creativa a quelle produttiva e di vendita ‒ in cui si pongono domande quali: si scrive per pubblicare?, scrivere è un piacere?, come far fronte al blocco? Dalle risposte si deduce che tutto ciò che concerne la letteratura è fatica, allenamento, spesso è vita reclusa e non attorniata da alcol e vizi, mito propulsivo della beat generation. George Simeon afferma: «La scrittura è considerata una professione: ma io penso che non lo sia. Penso che chiunque non abbia bisogno di essere uno scrittore, chiunque pensi che potrebbe fare altro, dovrebbe fare qualcos’altro. Scrivere non è una professione: è una vocazione: è una vocazione all’infelicità. Penso che un artista non possa mai essere felice». Lo stesso filone di pensiero agguanta Paul Auster: «Scrivere non è un modo molto interessante di vivere: seduto il giorno intero in un locale, tutto solo, concentrato su una macchina per scrivere. Eppure non potrei mai immaginare di non farlo: la mia vita sarebbe vuota e incompleta».

Merito di scrittori e curatori
Il merito della modalità di stesura di Voglio scrivere! va non solo ai 135 big della letteratura ma anche ai curatori del testo, che, ineccepibili conoscitori della materia sottoposta a valutazione, incastrano alla perfezione in capitoli e paragrafi le sentenze dei grandi maestri al fine di crearne un percorso e uno schema precisi. Si tratta di ingranaggi diversi che assemblati insieme danno vita a un piccolo manuale della scrittura, in cui la fresca e fredda tecnica cede spesso il posto alla contorta e affascinante emotività, e viceversa.
In più, come appendice al testo, è presente Da dove vengono tutti questi consigli, breve biografia degli autori presenti nell’opera.

Francesca Ielpo

(direfarescrivere, anno IX, n. 87, marzo 2013)
 
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