Diverse attività e tanti nuovi
incontri: Bottega al Salto24
Il resoconto della nostra partecipazione
all’ultima edizione del Salone di Torino
di Mario Saccomanno
Si è da poco conclusa l’ultima edizione del Salone internazionale del libro di Torino, la nota kermesse editoriale che quest’anno ha registrato una serie di record. In merito, per capirne la portata, basta segnalare le presenze da capogiro che hanno contraddistinto i cinque giorni di fiera. Infatti i visitatori accorsi sono stati più di 220.000.
Indubbiamente, si tratta di un primato che risponde a diversi elementi che fanno sì che l’evento torinese sia da considerare a tutti gli effetti la ricorrenza libraria più importante d’Italia; un avvenimento capace di coinvolgere non solo gli appassionati della scrittura, ma anche una quantità considerevole di lavoratori di questo settore.
Così, è inevitabile che Bottega editoriale, la nostra Agenzia letteraria, ricopra un ruolo da protagonista in una manifestazione di tale portata. Per questo motivo, come consuetudine, anche quest’anno noi “Bottegai”, dal 9 al 13 maggio (i giorni del Salone) abbiamo svolto una nutrita serie di attività, dalla Rappresentanza editoriale passando per le presentazioni di libri di autori facenti parte della nostra ricca “Scuderia letteraria”.
Le presentazioni letterarie presso lo stand della Fuis
Volendo offrire un resoconto che, per forza di cose, sarà soltanto sommario, risulta proficuo prendere le mosse da una serie di incontri che si sono tenuti venerdì 9 maggio, allo stand della Federazione unitaria scrittori italiana (Fuis), una realtà che fa della tutela degli autori il proprio vessillo e che ormai da lungo tempo è in grado di convogliare scrittori di tutta la Penisola in diversi luoghi, favorendo sempre la comunanza e l’incontro proficuo.
Sui caposaldi che contrassegnano la Fuis e sulle molteplici attività che ne connaturano la loro quotidianità abbiamo avuto modo di soffermarci a lungo in passato. Per esempio, si può leggere un’intervista rivolta al presidente Natale Antonio Rossi (per farlo basta cliccare qui: www.bottegaeditoriale.it/questionidieditoria.asp?id=193) oppure si possono approfondire gli aspetti che hanno contrassegnato due recenti Convegni sul Diritto d’autore e sulla Pace (per leggere l’articolo basta visitare questo link: www.bottegascriptamanent.it/?modulo=Articolo&id=2670&idedizione=214).
L’intervento di Raiti nell’incontro sulla rilevanza del genere Fantasy
Così, il titolo del primo degli incontri culturali che ci preme mettere in evidenza in questo contesto è stato Il Fantasy: da letteratura bistrattata a narrativa sociale. Dopo i saluti iniziali del già citato presidente della Fuis Natale Antonio Rossi e di Fulvio Mazza, direttore della nostra agenzia, ha preso il via un vivace dibattito sul suddetto genere letterario.
A discuterne è stata in primo luogo Rosita Mazzei, giornalista e scrittrice Fantasy, che ha svolto anche il ruolo di moderatrice dell’incontro. In seguito, a prendere la parola è stata Anita Sessa, editrice della Words edizioni, tramite un contributo intitolato Le evoluzioni nel Fantasy nel mondo editoriale.
Infine, è stata la volta di Stefano Raiti, giovanissimo scrittore Fantasy, con un intervento avente come titolo Come sono diventato uno scrittore Fantasy. L’autore in questione, infatti, si è soffermato in primo luogo sulla propria esperienza e sulle modalità che lo hanno portato dal progettare un’opera Fantasy fino alla sua pubblicazione.
In merito, per implementare questo resoconto attraverso proprio la voce dei protagonisti, abbiamo chiesto all’autore di soffermarsi sulla sua scelta di dare alle stampe un’opera Fantasy. La risposta di Raiti non lascia spazio a nessun dubbio: «Perché il Fantasy è il genere giusto per le mie storie e le mie idee. È il mio genere preferito e fa parte dei miei sogni».
Quest’ultimo elemento è stato sottolineato ampiamente anche durante lo spazio avuto a disposizione durante il Salone di Torino. Del resto, il legame tra i sogni e la scrittura è ben visibile anche dai contenuti che distinguono le sue tre pubblicazioni pubblicate da Edizioni Erranti: Jungle force. I guardiani della giungla, Jungle force. I due re e La compagnia del fantasy.
In merito, Raiti ci ricorda che le sensazioni che gli regala la scrittura sono «felicità, soddisfazione e sogni realizzati», aspetti colti in pieno dal nutrito pubblico, composto non solo da appassionati del genere, che ha seguito l’incontro, ponendo anche diverse domande all’autore.
Il particolare alfabeto poetico utilizzato da Castiglioni
Tra le presentazioni letterarie che si sono svolte al Salone internazionale di Torino vi è stata anche quella che ha visto come protagonista Andrea Castiglioni con la sua silloge poetica Rappoesia (Armando Editore). Una raccolta poetica ricca di sfaccettature in cui gli avvenimenti biografici vengono sapientemente frammisti sia a riflessioni di natura storico-filosofica, sia a elementi politici e di critica sociale (l’intera Prefazione firmata dal critico letterario Renato Minore si può leggere cliccando su questo link:
http://www.bottegaeditoriale.it/primopiano.asp?id=298).
Inoltre, da come si intuisce facilmente sin dal titolo, l’agire poetico si lega a stretto giro al mondo del rap e allo stile underground creando una sottile zona d’equilibrio dai tratti affascinanti e caratteristici.
A presentare i contenuti del testo e a tessere un fitto e interessante dialogo con l’autore è stato il critico letterario Guglielmo Colombero. Pure in questo caso, il pubblico presente è intervenuto ponendo diversi quesiti all’autore su vari elementi che contraddistinguono la sua poetica.
Anche noi abbiamo voluto approfondire alcuni aspetti che connaturano la sua poetica. In primo luogo, abbiamo chiesto di indicarci da dove nasce la sua esigenza di esprimersi tramite i versi. In tal senso, Castiglioni ci ha riferito che deriva «dalla pratica e dalla volontà di utilizzare frasi icastiche e pregnanti senza eccessivo dispendio di parole. Un gioco, in fondo, nel quale cercare di dire molto con poco».
Da questo punto di vista, capire le fonti di ispirazione da cui scaturiscono le varie liriche può risultare un elemento indispensabile per cogliere con più cognizione alcune sfumature delle composizioni presenti nel libro. Castiglioni in merito riferisce che «tutto ciò che vedo, sento, ascolto e vivo diviene materiale sul quale scrivere e del quale scrivere… La lettura dei quotidiani, le chiacchiere delle persone a me vicine, mie riflessioni, mie convinzioni, ecc.».
Essendo una raccolta in cui convergono così tanti aspetti differenti, ci è sembrato doveroso approfondire con Castiglioni l’approccio migliore attraverso cui un lettore può avvicinarsi a Rappoesia. L’autore ha messo in evidenza di non sapere definire al meglio cosa deve aspettarsi un lettore. Eppure, ha precisato, «forse, deve avere la curiosità di imbarcarsi in un viaggio non scontato che, se fosse disposto a farlo, lo potrebbe portare in luoghi che al momento della partenza non immaginava di trovare, raggiungere e per i quali passare. La stessa sorpresa e curiosità che io stesso ho scoperto e che mi ha guidato».
Data l’importanza di questo aspetto, ci è sembrato opportuno cercare di comprendere meglio cosa rappresenti per Castiglioni la poesia nel mondo contemporaneo. In tal senso, l’autore ci ha riferito che la poesia è «una delle poche àncore alle quali aggrapparsi. Non certo la più comoda (la poesia è urticante), non la più di moda (per questo è universale ed efficace), un’aria nuova nella quale ritrovarsi e dalla quale respirare».
L’atteso secondo volume della trilogia erotico-noir di Mannu
Altra protagonista della giornata dedicata alle presentazioni presso lo stand Fuis, al Salone internazionale del libro di Torino, è stata la scrittrice Franca Mannu. La stessa ha potuto proporre al pubblico accorso il suo libro Nella tempesta. Desiderio e paura (Armando Editore), secondo volume della trilogia Nella tempesta di cui l’anno scorso, sempre al Salone di Torino, avevamo potuto apprezzare i contenuti del primo testo (per leggere un articolo in cui figura pure l’intera Prefazione firmata da Guglielmo Colombero clicca qui: http://www.bottegaeditoriale.it/primopiano.asp?id=288).
Si tratta di una trilogia erotico-noir in cui sono protagonisti l’amore, la violenza e l’erotismo. In questo secondo volume, i lettori sono condotti nuovamente nella tormentata storia di Susanna che ha intrecciato un rapporto burrascoso con il mafioso russo Mikhail.
A dialogare con la scrittrice in questione ci ha pensato sempre il critico letterario Guglielmo Colombero che ha avuto modo di chiarire i tratti caratteristici della scrittura dell’autrice, aspetti che hanno spinto il pubblico presente a formulare diverse considerazioni sulle figure tratteggiate dall’autrice.
Contrassegnati dallo stesso interesse, abbiamo deciso di approfondire con l’autrice alcuni aspetti legati alla sua scrittura in generale e, in particolare, alla sua trilogia, ponendo, ovviamente, maggiore attenzione a questo secondo testo.
In primo luogo, ci è sembrato doveroso soffermarci sull’idea di fondo che ha fatto sì di giungere al pensiero di pubblicare una trilogia. In merito, Mannu ci ha riferito che «è stata una specie di coincidenza. Avevo finito di leggere un libro e non riuscivo a decidere tra un poliziesco e uno avventuroso. C’era questa idea che mi girava in testa da un po’ e non voleva mollarmi. Così, ho deciso di provare a farla uscire. Quando ho iniziato a scrivere ero convinta di mettere nero su bianco i miei pensieri, semplicemente, con la convinzione che nessun altro li avrebbe letti. Poi, mi sono affezionata ai personaggi che costruivo insieme alla trama e, senza rendermene conto, la storia è cresciuta fino a diventare una trilogia. Credo sia un processo composto dall’immedesimazione e dalla logica. Almeno per quanto mi riguarda».
Già da quanto riferito si comprende come strutturare un testo siffatto sia molto complesso. Del resto, la trama contiene svariati elementi noir ed erotici. Uno degli aspetti più interessanti è comprendere come si possa riuscire a bilanciare al meglio questi due aspetti senza deteriorarli. Un aspetto che la stessa Mannu sottolinea come sia molto impegnativo. Infatti, in tal senso, sottolinea che «dopo aver concluso la storia l’ho riletta varie volte, per correggere gli eccessi o le incongruenze. Ma non sarei stata in grado di riconoscerli tutti, perché non sono obiettiva verso la mia storia. Questo è uno degli aspetti per i quali una Agenzia letteraria, come Bottega Editoriale, è importante. L’editor trova gli squilibri e ti aiuta ad armonizzarli». Di queste ultime affermazioni, i lettori ci scuseranno per il conflitto di interesse che si è creato.
All’autrice abbiamo chiesto di soffermarsi sulla natura di molti dei suoi personaggi che sono quotidianamente mescolati con la criminalità. In questo, caratterizzarli e renderli veritieri non è stato un compito molto complesso per Mannu che, infatti, in merito ha dichiarato: «Sbizzarrirmi nel rendere cattivi i personaggi, alcuni più di altri, è stato più semplice di quanto immaginavo, forse a causa dei molti libri gialli e noir che ho letto. Spero che siano veritieri ma anche un po’ estremi».
Per finire, sul terzo capitolo, che uscirà a inizio 2025, l’autrice ha voluto anticipare che sarà «costellato di emozioni forti e di errori commessi dai protagonisti, con conseguenze un po’ folli».
L’estrema destra italiana dopo la fine del secondo conflitto mondiale nel saggio di Gaiotti
La giornata dedicata alle presentazioni si è conclusa con quella relativa al libro Dalla Rsi al nuovo ordine (La Rondine) del “giovane storico Rai” Giacomo Gaiotti. In questo caso, a introdurlo al pubblico presente ci ha pensato Fulvio Mazza, in questo caso in veste di storico. Inoltre, durante il dibattito sono intervenuti pure Gianmarco D’Astolto e Carla Oppo, anche loro “giovani storici” della trasmissione di Rai3 Passato e presente.
Il saggio di Gaiotti approfondisce in maniera dettagliata e con un forte apparato bio-bibliografico i movimenti dell’estrema destra a partire dagli anni del secondo Dopoguerra. Non solo, nel soffermarsi sui tratti del neofascismo e sui risvolti politici e sociali, il testo parla al presente e si rivolge a chiunque.
Esempio ne sono i numerosi interventi mossi dal pubblico presente all’incontro. Anche noi abbiamo deciso di approfondire alcuni aspetti peculiari del testo con l’autore.
Intanto, tenuto conto del contesto politico e sociale odierno, abbiamo chiesto a Gaiotti quanto risulti importante oggigiorno far conoscere alle nuove generazioni una parte della storia italiana (in particolare quella trattata nel suo testo) che, in una sorta di paradosso, può sembrare al contempo così vicina, e così distante. La risposta dell’autore in merito è emblematica: «Ritengo che sia a prescindere molto importante far conoscere argomenti che riguardano la nostra storia nazionale, soprattutto quella contemporanea. Le vicende riguardanti il neofascismo e l’estremismo di destra del periodo storico che ho preso in esame sono considerate secondarie rispetto agli eventi epocali che riguardano la storia della nostra democrazia, eppure si intrecciano a essa e ne sono parte integrante. Indipendentemente dall’attuale contesto storico e politico, direi. Far conoscere questi eventi, ingrandire con la lente dello studio quell’ambiente così di nicchia, dovrebbe dare la cognizione alle nuove generazioni (ma anche alle più grandi) di quel clima politico e culturale che si è formato e ha agito proprio mentre la democrazia cercava di stabilizzarsi. Interessarsi e conoscere significa avere consapevolezza dei fatti, ed è questo il vero compito che le nuove generazioni hanno nei confronti del passato a mio parere».
L’importanza della memoria storica che serve ad alimentare quella collettiva emerge esplicitamente nel libro di Gaiotti. Ecco perché ci è sembrato proficuo soffermarci con l’autore sulle motivazioni che lo hanno portato a voler affrontare un compito così importante come quello di porre in risalto le vicissitudini della Repubblica italiana post-fascista. La principale motivazione, ha sottolineato Gaiotti, che lo ha spinto verso lo studio di queste tematiche è stata «la volontà di voler approfondire un argomento che solitamente è poco affrontato, avvalendomi di fonti dirette (archivio e testimonianza) per indagare quelle sottoculture di estrema destra di quel periodo. La volontà nasce da una penuria di studi incentrati su questi temi, raramente improntati sulle radici culturali e molto più concentrati sull’aspetto cronologico e cronachistico. Personalmente ritengo che le vicende giudiziarie che hanno visto questi mondi spesso citati in causa siano in qualche modo il principale motivo di attenzione, che però rischia di sbiadire e sfocare i motivi per i quali nell’Italia democratica postbellica ci fossero persone più o meno avverse al contesto nel quale vivevano».
Tra i numerosi elementi di interesse che caratterizzano il saggio, spicca l’intervista a Franco Freda, fondatore del Gruppo di Ar, sodalizio giovanile nato nel 1963 a Padova. Sull’idea di inserire questa intervista Gaiotti ci ha riferito che «nasce da una doppia volontà: da una parte, voler approfondire le vicende biografiche di Freda nel periodo precedente al suo coinvolgimento nella strage di piazza Fontana, dalla sua iniziale militanza tra le fila del Msi e del suo conseguente sentimento di scoramento nei confronti del partito stesso, argomenti poco conosciuti e studiati. Dall’altra, collegata a questa motivazione, l’opportunità di inserire una testimonianza diretta che fosse la dimostrazione di quel sentimento antisistema che, nato in seno al Msi, cercò delle prospettive diverse al di fuori del partito: da una parte il Centro Studi Ordine Nuovo, la prima vera realtà di estrema destra, dall’altra il Gruppo di Ar, più ristretto nei numeri, ma con un sentimento di avversione al sistema che si stacca del tutto dalla prospettiva di opposizione destra-sinistra e si manifesta nella sua totalità con l’opposizione sistema-antisistema. Per sintetizzare le motivazioni direi che le vicende biografiche di Freda forniscono uno spaccato che ben fotografa il sentimento di quella parte di gioventù di estrema destra, avversa al partito e alle forme della politica democratica».
Un ultimo elemento che per l’occasione abbiamo voluto approfondire con l’autore è stata la difficoltà di cimentarsi in quel periodo storico e riuscirne a trarne le informazioni necessarie per ricostruire al meglio le varie vicende. Gaiotti ha sottolineato che «la difficoltà maggiore è stata quella di identificare un percorso di studio che fosse adatto per cercare di mettere a fuoco quelle realtà, analizzando quel sentimento antisistema che serpeggiava nel settore giovanile del Msi e che i vertici faticavano a gestire. La trattazione di questi argomenti deve, poi, essere sempre fatta con l’accuratezza di capire che le fonti dirette vengono da quel mondo, e che dunque vanno ‘maneggiate con cura’. Immergersi in quella cultura, leggere e studiare quello che veniva prodotto da queste realtà va, infine, esposto in modo che non se ne faccia un’apologia, ma al contrario si cerchi di seguire un filo logico che tenga presente gli aspetti da sottolineare. Parlare della cultura di quegli ambienti non significa sminuire o sottacerne le vicende giudiziarie precedenti o successive, significa rintracciare le radici culturali di quei mondi, i motivi più profondi di un’adesione così totale. Direi che il ripercorrere queste fasi sintetizza bene le principali difficoltà che si possono incontrare nella trattazione di queste tematiche da parte di uno storico».
L’attenzione riversata su molteplici testi
Durante i giorni del Salone sono state diverse le opere che hanno suscitato l’interesse dei presenti. Come esempio occorre senz’altro citare i tre testi di Luigia Veccia. Il primo in ordine di pubblicazione è Il gazebo dei pini (Nep edizioni), un romanzo che mette in risalto l’esistenza di Sara, la protagonista che ripercorre il proprio vissuto con un certo grado di soddisfazione, dati i tratti di una vita costellata dall’affetto delle persone a lei care. Eppure, nel lieto rivivere gli istanti più importanti della sua esistenza, non mancano le zone di inquietudine che vengono approfondite nelle pagine del libro.
Invece, è da inquadrare in altri orizzonti il testo Le vite di Sara (Nep edizioni). Infatti, in questo caso, la narrazione, che mette in risalto, di volta in volta, alcuni tratti esemplificati delle varie figure approfondite avvalendosi della forza del racconto (e non più del romanzo) prende le mosse dalla quotidianità. Così, le caratteristiche peculiari delle figure approfondite nelle varie narrazioni gravitano attorno a un resoconto molto più intimo. Con questa nuova prospettiva si possono leggere quegli istanti nostalgici che riaprono vecchie ferite e portano a interrogativi nuovi sul presente che si sta vivendo.
Si è avuto modo di interrogarsi anche su Troppo è l’amore per essere compreso (Nep edizioni), l’altro testo di Veccia attualmente in pubblicazione che, come per gli altri due, verrà arricchito dalla Prefazione di Colombero. Nelle composizioni, Veccia ripercorre anche e soprattutto i temi affrontati nei suoi precedenti testi. Ovviamente, il fatto che le varie tematiche vengano passate in rassegna avvalendosi dell’alfabeto poetico, rende l’interrogarsi dell’autrice ancora più universale.
Durante i giorni del Salone, i vari lettori hanno avuto modo di approfondire i contenuti di un saggio che mette in risalto una verità scomoda relativa a uno dei periodi più oscuri della storia della Repubblica italiana. Il riferimento è al testo Il Golpe Borghese quarto grado di giudizio… La leadership di Gelli, il «golpista». Andreotti, i depistaggi della «Dottrina Maletti» (Pellegrini Editore) del nostro direttore Fulvio Mazza.
Un altro saggio che ha suscitato un notevole riscontro è Una scoperta cruciale che riabilita la metafisica (Armando Editore) di Alessandro Giraudi. Nei vari capitoli, l’autore individua la sussistenza di due “contenitori” metafisici che rimanda al moderno principio di contenenza-appartenenza, vitali non solo per la metafisica e l’ontologia, ma anche per il rimanente campo filosofico.
È inevitabile citare il saggio La Calabria negli anni delle stragi (Pellegrini Editore) di Alessandro Milito in cui si evidenzia come la Calabria si trovi al centro del rapporto eversivo tra la destra neofascista e la ’ndrangheta.
Infine, tra le opere che hanno suscitato interesse va citato il Nuovo manuale di Scrittura scritto da Rino Tripodi e dalla nostra Agenzia letteraria con Prefazione di Vera Gheno. Il testo in questione è caratterizzato in primo luogo dalla sua praticità. Infatti, i consigli forniti per le diverse forme testuali approfondite nei contenuti (basti citare come esempio la tesi di laurea, il saggio e l’articolo di giornale) sono contrassegnati dalla sinteticità e dalla schematicità. Il tutto con esempi e soluzioni da applicare nell’immediato.
Un’importante occasione di incontro
Le azioni svolte da Bottega editoriale nei giorni di fiera, come si sarà facilmente intuito anche soltanto dal resoconto di una parte della giornata di venerdì 18 maggio riassunta in questo contributo, sono state davvero numerose.
Giunti a questo punto, appare proficuo mettere in risalto la Rappresentanza editoriale, a tutti gli effetti uno dei servizi più rilevanti della nostra agenzia. Da questo punto di vista, il Salone internazionale del libro di Torino è stata l’occasione per proporre agli editori le opere degli scrittori che hanno deciso di affidare a noi i rapporti con le case editrici.
Ovviamente, pure in questo caso, si è trattato di una serie di azioni ormai consolidate, che abbiamo affinato nel corso degli anni (in merito si può leggere come esempio un resoconto dell’edizione del 2023 del Salone cliccando qui: http://www.bottegascriptamanent.it/?modulo=Articolo&id=2602&idedizione=204).
Non solo: il servizio di Rappresentanza è uno dei tasselli fondamentali di Bottega editoriale e, inevitabilmente, connatura le nostre giornate. Infatti, parte del nostro tempo è sempre dedicato alle opere di volta in volta selezionate, che, accompagnate da una Lettera di presentazione critica, giungono nelle mani di diversi editori. Da lì, tramite la nostra agenzia, le proposte pervenute vengono esaminate dagli scrittori, i quali sono ovviamente sempre guidati nel percorso di individuazione della casa editrice che si confà al percorso editoriale per loro più soddisfacente.
Come detto, i giorni di fiera sono stati importanti anche da questo punto di vista. Infatti, a Torino abbiamo avuto modo di selezionare numerosi testi in base alla linea editoriale adottata da ogni casa editrice e discutere coi vari editori delle caratteristiche delle opere che abbiamo deciso di seguire nella fase di pubblicazione.
Insomma, anche quest’ultima edizione del Salone internazionale di Torino è stata l’occasione per far conoscere vecchi e nuovi autori della nostra agenzia sia alle case editrici, sia un pubblico attento e numeroso.
Mario Saccomanno (direfarescrivere, anno XX, n. 221, giugno 2024)