Anno XX, n. 220
maggio 2024
 
In primo piano
La rabbia e il dolore verso
il modello patriarcale vigente
Pubblicato da Armando, l’esordio di Franca Mannu
unisce vari aspetti in modo suggestivo e intrigante
di Guglielmo Colombero
Immerso in un’atmosfera torbida e malsana, il romanzo Nella tempesta. Legami (Armando, pp. 262, € 14,00) di Franca Mannu, presentato da Bottega editoriale al Salone Internazionale del Libro di Torino 2023 (per leggere un resoconto basta visitare questo link: www.bottegascriptamanent.it/?modulo=Articolo&id=2602&idedizione=204) mescola diversi ingredienti letterari in un amalgama suggestivo e intrigante: il cardiopalma del thriller al brivido erotico della trasgressione, una sapida componente sadomasochista all’introspezione delle pulsioni più segrete, il minimalismo intimista di gesti e abitudini a impennate espressioniste di truce violenza sulla scia della più classica tradizione dell’hard boiled.

Il fascino perverso di Mikhail e la sensuale e tormentata Susanna
Il protagonista maschile, il giovane e rampante boss della mafia russa Mikhail, incarna il machismo più tracotante e protervo, ma riesce anche a sprigionare il fascino perverso dell’angelo nero, scatenando una irrefrenabile tempesta ormonale nel corpo e nella mente della sua controparte femminile, la sensuale e tormentata Susanna, esemplare prototipo di ragazza in pieno marasma esistenziale, alla perenne ricerca della propria identità, resa problematica da traumi che riaffiorano continuamente dal suo passato.
Il nightclub dove Susanna si esibisce come showgirl si trasfigura in una visione da bolgia infernale, straripante di clienti simili a bestie infoiate, e il senso quasi soffocante di claustrofobia dello squallido monolocale in cui lei si rifugia dopo le esibizioni sul palco non fa che amplificare la sua angosciosa frustrazione.
L’unico antidoto a questa condizione di strisciante schiavitù sono le iperboliche palpitazioni sessuali che scuotono Susanna quando Mikhail la possiede, spesso anche brutalmente, lasciandola ogni volta appagata fino allo sfinimento.
L’autrice sa costruire i momenti di carnalità allo stato puro fra i due protagonisti come sequenze cinematografiche, al rallentatore, attraverso piani ravvicinati, dettagli epidermici e intensi furori passionali. La libidine fermenta come un fiume di lava sottopelle, si contorce in languidi flussi e riflussi di desiderio, travolge sia Mikhail che Susanna con raffiche telluriche di lussuria: una elegante sublimazione del piacere, dove l’estasi dei sensi si proietta verso una rituale dimensione tantrica.

L’ululato di rabbia e di dolore di Susanna
Ricettivo fino allo spasimo, il corpo di Susanna accoglie gli stimoli offerti dal tocco sapiente di Mikhail, instancabile esploratore delle sue zone erogene, con larvata complicità, nascosta sotto un involucro di simulata ritrosia.
Perlustrata dentro i più profondi recessi della sua intimità, Susanna precipita lungo il piano inclinato di orgasmi multipli, reiterati, insaziabili: dominatrix (falsamente) inconsapevole, addomestica a fuoco lento l’indole fallocratica di Mikhail, un patetico Don Giovanni postmoderno, e, da preda, si trasforma lentamente in predatrice.
In alcuni scorci di inusuale tenerezza, Mikhail rivela la sua sostanziale fragilità, che lui tenta spasmodicamente di occultare dietro l’esibizione muscolare di una cinica e amorale violenza tipica della figura del gangster spietato e sciupafemmine (ma, con sarcastica perfidia, l’autrice lo dipinge piuttosto come un bullo di periferia).
Susanna, all’opposto, rivela una tempra da amazzone nel subire sevizie e oltraggi di ogni genere da parte del suo sadico persecutore Diego: nonostante i suoi lineamenti tumefatti dalle percosse, gli occhi umidi di lacrime, i lividi e le cicatrici sulla pelle, Susanna non si sottomette mai ai suoi aguzzini e, la solidale simpatia con cui l’autrice sottolinea questa sua indomita forza morale, la rende emblematica di un anelito di riscatto femminile che non si piega di fronte alla ferocia maschilista.
Consiste proprio in questo il messaggio finale che l’autrice infonde nel suo impianto narrativo: un ululato di rabbia e di dolore che scaturisce dalle labbra di Susanna, personaggio emblematico di una condizione femminile ancora oppressa dal tallone di ferro di un vetusto modello patriarcale tuttora imperante in almeno metà del mondo odierno.

Guglielmo Colombero

(direfarescrivere, anno XX, n. 217, febbraio 2024)
 
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