Anno XX, n. 220
maggio 2024
 
In primo piano
Un libro che è un monito
per essere “operatori di pace”
Per Editoriale progetto 2000, Fortino ripercorre
i tragici episodi bellici che segnarono Cosenza
di Mario Saccomanno
Il 12 aprile 1943, a Cosenza, si registrò uno degli episodi più drammatici della storia della città dei Bruzi. Infatti, quel giorno si verificò il primo devastante bombardamento compiuto a opera degli Alleati. All’inaspettata incursione ne seguirono altre, che si protrassero fino al mese di settembre dello stesso anno, quando, com’è noto, l’Armistizio di Cassibile aprì una nuova pagina della storia italiana.
La brutalità della guerra non risparmiò nessuno. Sul suolo cosentino, bambini, anziani, negozianti, artigiani, ferrovieri rimasero vittime di quei tragici avvenimenti. Più di mille abitazioni, oltre a luoghi religiosi e culturali, subirono danni ingenti, spesso irreparabili. La prima reazione dei cittadini, com’è facile intuire, fu quella di mettersi al riparo, allontanarsi da quei luoghi e cercare un rifugio tra i molteplici paesi limitrofi.
La voglia di ricostruire e di ricominciare non poté mai ricucire del tutto le innumerevoli ferite lasciate aperte da quelle incursioni aeree. È quanto sottolinea l’editore Demetrio Guzzardi nella Nota editoriale che apre il testo 1943. Cosenza bombardata …e la morte arrivò dal cielo (Editoriale progetto 2000, pp. 224, € 13,00) della professoressa Roberta Fortino. Così, il bisogno di ripercorrere quei momenti nasce in primo luogo dalla voglia di rendere noti al grande pubblico episodi che altrimenti rischierebbero di essere trascinati a fondo nelle acque del tempo e di restare inghiottiti nel baratro della memoria.

Una ricerca che mira a fare chiarezza
Cercare le ragioni delle vicende umane, indicandone un’oggettività capace di gettar luce sull’accaduto, è il compito di ogni indagine storica. Nel libro che si sta prendendo in esame in questo determinato contesto si nota con semplicità la voglia di appellarsi a documenti, fonti e narrazioni attendibili per ricostruire in maniera accurata quanto accaduto in quell’annus horribilis della storia cosentina.
Del resto, come sottolinea Fortino sin dall’Introduzione: «L’identità di coloro che hanno bombardato la città di Cosenza, nella giornata del 12 aprile 1943, è rimasta nel vago. Americani e inglesi, alleati nella guerra contro la Germania, si sono alternati nelle operazioni aeree e per tanti cosentini rimane ancora oggi il dubbio su chi sia stato l’autore materiale degli eccidi».
Sono questi stati di incertezza che l’autrice cerca insistentemente di sciogliere con la sua ricerca. Così, tendere verso l’affermazione o la negazione di quanto, di volta in volta, viene sottolineato è la scelta metodica che impone di compiere un’indagine ad ampio raggio. Da qui, si comprende la struttura del testo, che presenta una serie di capitoli connaturati dalle testimonianze dei viventi, dalle posizioni degli studiosi della cultura cittadina e dall’inevitabile avvalersi di ogni mezzo a disposizione, compreso, per ovvie ragioni, Internet.
Sull’importanza di quest’ultimo strumento occorre soffermarsi poiché gli eventi che segnarono quei giorni del 1943, dal 12 aprile all’8 settembre, in particolare nella Calabria e ancor di più a Cosenza, passano dalla ricerca minuziosa compiuta in vari siti americani e inglesi contenenti innumerevoli documenti e testimonianze, tutti relativi al periodo del secondo conflitto mondiale.
Si tratta di fonti preziose, desecretate nell’ultimo periodo, che hanno consentito all’autrice di dar seguito alle sue intenzioni, ponendo un argine netto a fantasiose ricostruzioni e dando la possibilità di conoscere i nomi e i visi, tramite alcune fotografie (ovviamente incluse nell’apparato fotografico che impreziosisce il testo) dei soldati e degli aerei che arrecarono morte e distruzione.

La guerra strategica dall’aria
Per consegnare ai lettori una serie di informazioni utili a comprendere le nefaste vicende che segnarono l’estate cosentina del 1943, Fortino ripercorre i nuovi modi di concepire la guerra che si verificarono nel Novecento. Su tutto, per ovvie ragioni, l’attenzione è focalizzata sull’idea di utilizzare un aereo per bombardare le aree sottostanti. Si tratta di un pensiero che, nel 1911, balenò in testa all’aviatore Giulio Gavotti, la cui realizzazione venne celebrata anche da D’Annunzio in una terzina acclusa in Merope. Canti della guerra d’oltremare in cui vengono celebrate le vittorie dell’Italia in Libia. In dettaglio, così recitano i tre endecasillabi: «S’ode nel cielo un sibilo di frombe. / Passa nel cielo un pallido avvoltoio. / Giulio Gavotti porta le sue bombe».
Ovviamente, il tema delle macchine – segnato, in primo luogo dalla novità e dalla meccanica in genere degli aeroplani – è ben noto e riassume quel mito del progresso che, definitosi in dettaglio nell’Ottocento, si scontrò sugli avvenimenti bellici che contrassegnarono il Secolo breve. In merito, basti pensare all’entusiasmo per la velocità e al dinamismo che trapelano in molte opere futuriste basate proprio sul concetto di aeropittura.
Fortino evidenzia come soffermarsi su varie personalità che ricoprirono ruoli apicali durante la prima metà del Novecento voglia dire anche e soprattutto comprendere a fondo il processo di industrializzazione e di fiducia in una profonda e spesso percepita come inevitabile miglioria sia del singolo, sia della collettività. Da qui, l’autrice non manca di soffermarsi, per esempio, sulla dottrina dell’impiego delle forze aeree elaborata dal tenente italiano Giulio Douhet. Come riferisce Fortino, l’idea di Douhet, esposta in dettaglio in Il dominio dell’aria, libro dato alle stampe da Mondadori nel 1921, era quella di «utilizzare in un unico attacco un grande quantitativo di bombe, a varia carica di tipo esplosivo incendiario e chimico da sfruttare per fini strategici, tenuto conto dei clamorosi effetti che avrebbero avuto sulla popolazione civile».
Pertanto, si nota come la guerra, così come l’elemento umano, era indagata con un occhio meramente razionale, da includere in una chiave scientifica. Douhet, sottolinea Fortino, indicò cinque obiettivi fondamentali per gli attacchi aerei: l’industria, le infrastrutture, i trasporti, gli snodi di comunicazione, gli edifici governativi e la volontà del popolo.

L’esperienza drammatica dei bombardamenti in Calabria
Dunque, colpire la volontà del popolo significava rendere tutta la collettività una componente belligerante. Inevitabilmente, si spazzava via la concezione di guerra avuta fino a quel momento, che poneva una distinzione ben marcata tra combattenti e popolazione civile. Da qui, senza mezze misure, ne conseguiva la possibilità di bombardare l’intera popolazione. Ci si trovava in una vera e propria guerra totale, le cui conclusioni vennero descritte da Robert Mandel nel suo saggio La guerra civile e prefissate, sin dal secolo prima, in chiave letteraria, da Italo Svevo ne La coscienza di Zeno e nella fiaba Ivan lo scemo di Lev Tolstoj.
Accanto a una cronologia che dettaglia gli eventi più importanti che segnarono gli anni compresi tra il 1936 e il 1945, nel testo si ritrova descritta nei minimi particolari la discesa in guerra degli Stati Uniti d’America. Successivamente, si giunge a restringere sempre più l’orizzonte sulla Calabria. Infatti, non mancano di essere narrate le molteplici esperienze drammatiche vissute in quel determinato contesto. Così, come sotteso dal titolo del libro, lo sforzo più importante messo in atto da Fortino è riservato alla città di Cosenza. Infatti, i lettori potranno leggere, per esempio, della prima incursione, tragica e inattesa, avvenuta il 12 aprile 1943, giorno in cui persero la vita settantacinque persone, tra cui cinque alunni della Scuola elementare del rione Spirito Santo. La morte li colse all’uscita di scuola, mentre si attardavano «sugli argini del fiume a giocare o esplorare come capita ai ragazzini di quell’età».

Un reportage affinché nessuno dimentichi
Com’è facile intuire, i bombardamenti causarono danni e distruzioni enormi pure alle strutture civili, culturali, militari e religiose. Anche da questo punto di vista, nel testo non mancano approfondimenti, corredati da molteplici immagini, che permettono di cogliere in maniera ancora più marcata la drammaticità di quei momenti.
Per quanto detto finora, è pressoché superfluo riferire che si tratta di vicende che segnarono in modo irreversibile la popolazione. Nel corso dei decenni successivi sono state molteplici le iniziative atte a mantenere vivido il ricordo di quanto accaduto. Man mano, come viene evidenziato nel testo, «la ricorrenza del 12 aprile è sempre stata organizzata dalla benemerita Associazione nazionale vittime civili di guerra, che ricordava a tutti quel sangue innocente versato, anche da molti cosentini. Nella Chiesa di San Gaetano vi è la lapide marmorea con i nomi dei caduti e nei pressi della Stazione delle Ferrovie Calabro-Lucane un cartello toponomastico ricordava il luogo dove molti ferrovieri avevano perso la vita».
In merito, come non citare anche l’opera dell’artista Cesare Baccelli, posta nella piazza Spirito Santo nel 1983 con l’intento di eternare quanto accaduto ai cinque piccoli scolari che, nel 2003, inspiegabilmente, sparì. Oggi, nella stessa piazza si incontra un nuovo monumento, realizzato da Gianni Zicarelli, collocato di fianco alla Chiesa dello Spirito Santo. Alla base si legge: «12 aprile 1943 per non dimenticare mai».
È proprio nel bisogno di avvalersi della storia, intesa, ciceronianamente, come magistra vitae, strumento prezioso capace di custodire il passato, ma anche di progettare il futuro, che confluiscono gli sforzi ricostruttivi di Fortino. Del resto, si tratta di un aspetto che l’autrice non manca di riferire apertamente ai lettori: «Consegno questo mio reportage alla gente di Cosenza, affinché nessuno dimentichi quello che è successo e sia un monito alle nuove generazioni di essere operatori di pace, perché “con la guerra tutto è perduto”, come lo fu per i cosentini in quell’estate del 1943».

Mario Saccomanno

(direfarescrivere, anno XIX, n. 211, agosto 2023)

 
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