Anno XX, n. 220
maggio 2024
 
In primo piano
Usare la scrittura per riflettere
sui limiti del progresso umano
Iniziamo qui la recensione dei due libri pubblicati
da Nep e scritti con gli pseudonimi Bloom e Ness
di Ginevra Alibrio
Quest’articolo si può considerare una vera e propria innovazione editoriale. Infatti, abbiamo volutamente deciso di analizzare due opere appartenenti allo stesso autore, che, però, ha deciso di mascherarsi sotto due pseudonimi: Gordon Bloom ed Eliot Ness. Nel farlo, per snocciolare a fondo varie tematiche che fuoriescono dalla lettura dei testi, abbiamo pensato di spezzare la recensione in due parti, utilizzando anche Bottega Scriptamanent, l’altra nostra rivista.
Così, per cominciare a decifrare i contenuti del primo testo risulta proficuo porsi una domanda: fin dove può spingersi l’ambizione di un uomo?
Nel racconto Exit. Uscite dal mondo (Nep edizioni, pp. 200, € 15,00) del misterioso scrittore che, come accennato poc’anzi, si cela sotto lo pseudonimo di Gordon Bloom (già autore di altri romanzi assai singolari, come De Nimbo e La Caramella di Stradivari), il confine tra genialità e follia è piuttosto sottile. Un papiro da rintracciare e decifrare, una ricca eredità, dei reperti scomparsi e due morti improvvise probabilmente collegate. Cadaveri «vetrificati senza una causa apparente», strani rituali che richiamano in apparenza le pratiche voodoo, uno o più presunti assassini che uccidono “a distanza”, quasi alla Death Note!
Interessante, nei romanzi di questo autore, il fatto che accanto a situazioni che propendono alla fantascienza e al sovrannaturale ci sono teorie, nozioni e spiegazioni logico-scientifiche. Exit è probabilmente il primo racconto che ha inserito nella trama della sua narrazione il fenomeno dell’entanglement, immaginando la possibilità di agire a distanza su organismi viventi (esseri umani o animali) mediante procedure che appartenevano a percorsi definiti “magici”, ma che risuonano nella contemporaneità grazie alle più avveniristiche scoperte della fisica e della biologia quantistica. Curiosamente, per una singolare coincidenza, il romanzo è stato pubblicato poco prima dell’attribuzione del premio Nobel per la Fisica 2022 ai ricercatori che hanno dimostrato e studiato la fenomenologia dell’entanglement, ufficializzando l’esistenza del fenomeno a livello della fisica delle particelle. Il racconto di Gordon Bloom trasferisce la realtà dell’entanglement o “intreccio tra entità gemelle”, dalla fisica alla biologia, dalle particelle alle cellule, nella prospettiva ormai accertata dell’esistenza di un’unità sostanziale della materia-energia.
Pur trattandosi di ipotesi, l’intento appare quello di indurre a un’amara riflessione: il progresso tecnologico ha dei limiti? Se sì, quali? Partendo dal presupposto che l’innovazione ha insito un proprio dark side, e che l’uomo non sempre, storicamente parlando, ha fatto uso della tecnologia in modo retto, la paura che la scienza possa generare un ordigno che superi le stesse capacità umane (peggiore addirittura della bomba atomica) non è per nulla irrealistica!

I personaggi di Exit pronti al «folle volo» oltre le Colonne d’Ercole
Sin dall’inizio l’autore dissemina interrogativi, disorientando il lettore con lo spostamento repentino da un contesto a un altro. Le linee narrative del racconto sono tante e la sfida è trovarne il punto di convergenza: piccoli indizi sparsi qua e là, nell’infittirsi di un mistero che pagina dopo pagina suscita non poche riflessioni. Quante verità scomode, taciute dal segreto professionale dello psicoterapeuta Walter Jacobi! Il lettore ha a disposizione otto capitoli per scoprire che ruolo hanno le pedine di Exit nella scacchiera di un unico grande esperimento. In comune hanno l’essere quasi tutti alla ricerca di una scoperta rivoluzionaria. La brama di conoscenza (o talvolta di ricchezza), unita alla speranza di successo o alla volontà di riscatto, li spinge oltre i limiti concessi dal buonsenso con inconsueti esperimenti e ricerche.
Non sono casuali le strategie di Telesio, che ama il suono della voce della sua segretaria e «aveva meditato così tanto sulla morte che non aveva avuto tempo di pensare alla vita» né le vicende dell’anziano e balbettante Calogero; l’indagine del Commissario Benito Malambra, “il Nostalgico”, con le sue «strane manie rupofobiche» e il busto di Mussolini in camera da letto come una reliquia, il suo sogno ricorrente e la passione per la lirica che sfiora la dipendenza; ha un suo ruolo Carlotta, la “Cenerentola sfiorita”, e pure la femme fatale Lucrezia, con la sua «sensualità esibizionistica» e mille segreti nascosti in borsetta. Le ricerche ossessive del professor Segre, estremo salutista, così come l’intromissione del luminare Ranieri, che vanta passeggiate notturne con Dario Argento. Chi è la “Signora Tutankhamon” e cosa c’entra la storica Pasticceria Arnolfi con queste faccende? Chi è Kurt Diebner e cosa nascondono i progetti di questo “grande incompreso”, di cui sappiamo soltanto che è un ammiratore ed emulatore di Nikola Tesla affetto da un disturbo bipolare?

L’eco pirandelliana, l’ironia e il fascino della morte
Preponderante in Exit è la concezione, a tuttotondo pirandelliana, che esistono diversi mondi possibili e che tutti indossino una maschera. Le maschere ingannano o proteggono? E se dietro la maschera si celasse un’assenza d’identità? Occorre interrogarsi su quanto il proprio essere coincida con il ruolo del copione sociale, sul sottile confine tra finzione e funzione: una volta superate le apparenze, riusciremo a oltrepassare il vuoto che si cela alle loro spalle? Perché in Exit «noi siamo quello che facciamo» e «le menzogne più grandi spesso sono quelle che raccontiamo a noi stessi».
C’è in Gordon Bloom dell’umorismo, nel senso pirandelliano del termine, perché la suspense del racconto è continuamente minata da scenette divertenti che insieme alla risata istillano la riflessione. Il più delle volte è un riso amaro, perché l’autore dissemina piccole-grandi (aggiungerei tristi) verità della contemporaneità. Funzionale a queste scenette è soprattutto l’esilarante Maresciallo De Cataldo, Salvatore, «che non capisce un’acca e parla come se fosse appena sceso dalla torre di Babele», tanto quanto le trovate di marketing di stampo tautologico e il catering funerario di Telesio, a riprova che purtroppo morire costa forse più che vivere. Il fascino di θάνατος è il maggiore fil rouge di Exit: tutti i personaggi affrontano con serenità il concetto di morte. Molti di essi ne sono addirittura affascinati, attratti. La studiano, se ne ossessionano. «La morte è maestra imparziale ed equilibratrice» afferma a un certo punto qualcuno, nella successiva constatazione che gli uomini del presente rinnegano la morte fingendo che non esista.
In Exit si ritiene auspicabile cercare di rendere l’esistenza «una veglia perenne» e si suggerisce implicitamente al lettore di farsi a sua volta sperimentatore dei rapporti tra forma ed energia, geometria ed effetti biologici. E quando la vita ai nostri occhi smette di essere interessante, in che modo possiamo trovarle un nuovo senso piuttosto che rassegnarci alla disfatta? Lo stesso autore, ma stavolta con l’eteronimo Eliot Ness, ci trasmette una risposta in un altro romanzo, intitolato Starman (NeP edizioni, pp. 70, € 15,00) di cui parliamo in Bottega Scriptamanent (clicca qui per spostarti sulla rivista)…

(direfarescrivere, anno XIX, n. 210, luglio 2023)

(www.bottegascriptamanent.it, anno XVII, n. 190, luglio 2023)
 
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