Una questione, per essere definita tale, deve essere argomentata, affrontata, dibattuta e sviscerata. Se non lo è, diventa qualcos’altro: una figura retorica, un appunto da tirare fuori dalla polvere ogni tanto. La questione meridionale, argomento per eccellenza di alcune delle menti più valide della cultura e della politica nazionale, ha ormai toccato il fondo: annoia, semplicemente.
E come potrebbe essere altrimenti se da diversi decenni a questa parte questa si mantiene sugli stanchi binari dello stesso, immutato, copione? L’Italia a due velocità, quella delle statistiche e delle classifiche impietose a Sud, è ormai introiettata nei cuori e nelle menti degli italiani. È un qualcosa di ovvio, che si impara a conoscere sin da piccoli e accompagna la dieta scolastica e mediatica di ognuno.
Le festività religiose e le ferie estive, principali finestre di esodo da Nord a Sud, si concludono inevitabilmente con le giornate di ripartenza e di saluto: un’intera comunità si (ri)divide, lasciando dietro di sé rimpianti e suggestioni su come sarebbe diversa la vita al Meridione se quella marea di gente decidesse di non partire. O di ritornare.
Anche questa è la quesitone meridionale, che trova espressione nelle pieghe interiori di ogni emigrato, di ogni fuorisede: niente di nuovo, il Web è pieno di testimonianze e riflessioni sull’esodo e il legame interrotto tra pezzi di gioventù meridionale e luoghi di origine.
Lo statuto di Crotone: la rappresentanza ideale e culturale degli emigrati
In questo contesto di agrodolce e stanca ripetitività, è bene ritornare a una piccola e poco conosciuta perla normativa dello statuto comunale della città di Crotone. Uno statuto che già nel 1991, anno della sua approvazione, aveva la lungimiranza e la sensibilità di affermare e cristallizzare queste parole:
«1. Il Comune di Crotone [...] Rappresenta istituzionalmente la comunità di coloro che vivono e operano nel territorio comunale, ne individua i bisogni e le esigenze e ne promuove, su tutti i piani, la realizzazione, la crescita e lo sviluppo, nel rispetto dei principi di libertà, democrazia, solidarietà sociale e della difesa della vita.
2. Il Comune individua, inoltre, bisogni ed esigenze di quanti, nati nel territorio comunale, successivamente sono emigrati in altre regioni italiane o in altri Paesi, assumendo idealmente e culturalmente la loro rappresentanza, nella consapevolezza della totale legittimità di una comunità di Crotone comprensiva anche degli emigrati».
Il tutto inserito all’articolo 1, tra i principi generali che regolano l’attività dell’ente locale, i pilastri su cui si fonda la comunità crotonese. Già trent’anni fa, in un contesto economico-sociale che ancora non aveva toccato le vette di disagio attuali – ma che già le intravedeva – il consiglio comunale “costituente” ampliava il raggio di azione dell’attività della città. Un’opera rivolta non solo ai cittadini intesi come residenti nel territorio comunale ma anche a quelli che quello stesso territorio avevano, per una scelta più o meno obbligata, deciso di lasciare. Il Comune assume idealmente e culturalmente la rappresentanza dei loro interessi, riconoscendogli un loro ruolo nella comunità crotonese.
Si tratta di un passaggio che stupisce, non solo per la felice scelta lessicale, ma anche e soprattutto per il forte valore simbolico e politico. Sorprende, in particolare, la grande lungimiranza del “legislatore” comunale e la modernità di un concetto ampio e multiforme di comunità e rappresentanza.
Qualche modesta proposta
Il cittadino crotonese, statuto alla mano, è anche chi decide di mantenere un legame ideale e affettivo con il territorio d’origine. Un concetto di cittadinanza scollegato dalla semplice residenza ma intriso di altri valori e significati: crotonese è chi crotonese si sente. Ed è un legame che lo statuto intende valorizzare e tutelare.
Il nostro paese purtroppo eccelle nella discrasia tra bellezza delle norme costituzionali e di principio e la loro scarsa applicazione in concreto. Anche in questo caso la critica impietosa sarebbe dietro l’angolo ma forse rischierebbe di essere solamente sterile. Meglio proporre azioni positive che possano interpetrare lo spirito di quello statuto.
Un rapporto affettivo si fonda su una memoria e un racconto condivisi. Le storie e le esperienze maturate dagli emigrati, in Italia e all’estero, rappresentano un patrimonio che non deve essere disperso ma che, anzi, deve trovare una casa comune. Per questo si deve immaginare la creazione di un portale on line aperto al contributo di tutti i cittadini, residenti e non, per collezionare foto, racconti, memorie. Una piattaforma che raccolga tanti di quei contributi troppo spesso dispersi tra gli account di diversi social network e le lettere pubblicate sui giornali locali; una strada a doppio senso, che venga percorsa anche da chi vive la città o ha deciso di restare per una precisa scelta personale e politica. In questo modo il comune, con un dispendio minimo di risorse, renderebbe più saldo quel legame ideale con gli emigrati, arricchendo il patrimonio culturale ed emotivo della città.
Allo stesso tempo la città non può abdicare al desiderio di riprendersi i suoi cittadini o almeno di essere un luogo attrattivo. Il centro storico, con il suo dedalo di strade e case per lo più abbandonate e trascurate, deve tornare a essere il cuore pulsante dell’identità cittadina e della sua offerta. Molti degli emigrati al Nord soffrono i prezzi esorbitanti di un mercato immobiliare drogato: la ricerca di una casa è fonte di ansie e disagi sempre maggiori. Per questo la città si trova ad avere potenzialmente un’arma insperata: quelle stesse case del centro storico che devono essere rivissute e valorizzate. Il comune, recependo le opportunità che offrono il Pnrr e la normativa in tema di rigenerazione urbana, deve farsi coraggioso: espropriare – con equo indennizzo – le case abbandonate o trascurate dagli attuali proprietari e offrirle a prezzi simbolici a tutti i giovani intenzionati a vivere Crotone o a ritornarvi. I nuovi proprietari avranno tutto l’interesse a rendere più belle, attrattive e sicure le loro nuove case, con un immediato beneficio per tutto il contesto urbano.
Non solo Crotone
Sono idee valide non solo per Crotone ma che possono essere di ispirazione per tutta la Calabria e quei contesti depressi che soffrono le classifiche sulla vivibilità di alcuni quotidiani nazionali.
Le audaci parole di quel preambolo devono trovare spazio negli statuti di altri enti locali ma non solo: devono concretizzarsi in precise e coraggiose azioni politiche. Affinché la riflessione sulla questione meridionale possa ancora avere qualcosa di nuovo da dire.
Alessandro Milito br>
(direfarescrivere, anno XIX, n. 205, gennaio-febbraio 2023)
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