Anno XX, n. 218
marzo 2024
 
In primo piano
Sofocle, Scorsese e Hemingway
in un thriller avventuroso e storico
Per Bottega editoriale Enzo Ferrara e il suo libro
avvincente come un serial. Ma non è solo fiction
di Alba D’Argento
Già da tempo il cinema ha perso il suo complesso di inferiorità verso la letteratura. E la letteratura ha dovuto accettare di stare alla pari col cinema, per non perdere quote di mercato. Di questo assioma deve aver tenuto conto l’autore de L’incostante via dell’odio (Bottega editoriale, pp. 200, € 18,00), perché il suo romanzo ha profonde radici sia nel cinema che nella letteratura.
La vicenda parte dalla Sicilia greca, dal teatro di Siracusa, dove si rappresenta l’Edipo Re di Sofocle in cui Graziella, la figlia del boss Santamaria, sostiene un ruolo. In tale opera, emblematica della fragilità dell’uomo di fronte alla ineluttabilità del destino, Edipo paga il fio di una colpa che non gli appartiene ma che è ricaduta come una maledizione su di lui. Non c’è possibilità di redenzione. Questo senso di fatalità è il filo rosso che collega le storie dei personaggi del romanzo di Enzo Ferrara.
Jano, Massimo, Ester, Ethienne, Graziella sono tutti giovani che pagano per colpe che non hanno ma che, come una maledizione, li perseguitano.

La Sicilia dei “bravi ragazzi” di Scorsese e gli “uccisori” di Hemingway
Il nostro autore conosce bene la sua Sicilia. Da qui parte la storia di Graziella figlia del boss Santamaria rapita o forse andata di sua volontà con un individuo che poi si rivelerà un pericoloso terrorista. È al nipote, Massimo, che il padre chiede di riportarla a casa. Costui è un giovane giornalista in cerca di affermazione, e quindi, anche se odia lo zio, partirà alla ricerca della cugina mai conosciuta.
Enzo Ferrara descrive la sua terra con particolare conoscenza dei luoghi e dei personaggi, tracciandone i percorsi esistenziali. Dentro la mente e il cuore di ogni personaggio c’è una lotta. In Jano, figlio del capo, si dibatte un dilemma morale violentissimo: rinnegare la sua famiglia affiliata alla mafia o seguirne le orme? Nei dialoghi fra il genitore e il figlio o in quelli asciutti pieni di sottintesi fra mafiosi, è presente un’abilità di drammaturgo che restituisce la tensione degli scambi verbali fra i vari personaggi.
L’autore poi porta Massimo, e con lui il lettore, per un lungo viaggio attraverso l’Europa e il Medio Oriente alla ricerca di Graziella.

Le colpe dei padri ricadono sempre sui figli
Altre storie si snoderanno dalla prima. La più importante è quella di Rashid, terrorista di origine francese con la sua identità rubata e una adolescenza vissuta nella violenza del Jihād islamico. L’autore ci porta nell’Afghanistan durante la dissoluzione sovietica e la formazione della dottrina talebana.
Conosceremo quelle guerre che portarono gli integralisti a governare città e territori, in cui imponevano la loro dottrina di fanatismo. Ed è in questo humus che si forma la personalità del ragazzo. Nonostante la complessità storica, l’autore ci fa seguire gli eventi con chiarezza e semplicità.
C’è poi la storia di Ester, raccolta neonata a Sabra e Shatila da un soldato israeliano e cresciuta come un’ebrea. Diventerà agente del Mossad e con lei Massimo vivrà una storia d’amore. Sarà lei a fornire l’indizio giusto per trovare la ragazza scomparsa.
Si incastrano così storie diverse e a volte complementari in un mosaico di avvincente narrazione, al punto da risultare difficile l’interruzione della lettura.

L’amore, l’odio, la guerra, la vendetta, la resa dei conti
L’odio così come l’amore è incostante. L’uno e l’altro possono avere la stessa direttrice o sovrapporsi, fondersi, anche confondersi. L’autore a volte ci stupisce perché, come un narratore di epica, ha nella sua mente uno scenario grandioso e complesso ma riesce a presentarlo con chiarezza e linearità congiungendo avventura, sentimento, storia, suspense.
Alcune pagine ricordano un reportage storico, un servizio dalle zone di guerra in Bosnia di Antonio Pérez Reverté o i diari giornalistici di guerra del giovane Hemingway, o qualche scena di una pellicola di Francis Coppola. Altre pagine contengono dialoghi di scarna e ironica drammaturgia, come quando tre mafiosi parlano fra loro come personaggi di teatro dell’assurdo. In altri momenti, quando Ethienne-Rashid, in una Parigi che sarà teatro di eventi tumultuosi e terribili, recupera i suoi ricordi affioranti dal subconscio, allora l’abilità e sensibilità di Ferrara sarà quella di far scorrere fra le pagine gocce di poesia e commozione.

Chiudere la propria storia non è facile ma si deve fare
La storia deve finire e non deve vincere il più furbo o il più abile, ma il più buono, anche se è arduo identificarlo. In una lunga sequenza ad alto tasso adrenalinico Ferrara ci porta in giro per Parigi con un carico di esplosivo da far tremare la Francia. Tutto deve essere chiarito, le azioni degli uomini e quelle degli dèi, le colpe dei padri e quelle dei figli, tutti quei dolori e quelle cicatrici che nessuna seduta psicoanalitica può risolvere. Perché tutto il bene e il male hanno bisogno di sedimentare e farsi solidi perché ci si possa costruire sopra.
Il messaggio di quest’opera prima di Ferrara è intenso e profondo, ci conduce alle radici delle storie e ci fa capire che, se il male è una condanna che non meritiamo, dobbiamo patteggiare con il destino la nostra redenzione.

Alba D’Argento

(direfarescrivere, anno XVII, n. 182, marzo 2021)
 
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