Anno XXI, n. 231
maggio 2025
 
In primo piano
I gruppi di minoranze, spesso ignorati:
gli Arbëreshë uno dei simboli d’Italia
La Barbera, per Solfanelli, pubblica il suo studio sugli albanesi
emigrati in Italia nel Medioevo e ne illustra i comuni insediati
di Giuseppe Chielli
L’immigrazione è un fenomeno che da sempre ha interessato l’Italia. La sua posizione geografica al centro del Mediterraneo, culla della civiltà europea, ha sicuramente giovato alla causa. In questi ultimi anni sono ben noti gli sbarchi dei clandestini a largo delle coste, come qualche decennio fa lo furono quelli provenienti dall’Europa dell’est. Dunque non si tratta di fenomeni storici più o meno recenti. Nei secoli passati ci sono state immigrazioni di greci, albanesi che hanno dato origine a comuni dove tuttora si parla una lingua che appartiene anche al retaggio di quelle popolazioni: basti pensare ai comuni pugliesi della Grecìa salentina, oppure a quelli del calabrese fondati dagli occitani o, come vedremo qui di seguito, da albanesi.

Gli Arbëreshë d’Italia
Infatti tra il XV e il XVI secolo, nel Mezzogiorno ci fu una migrazione di una particolare minoranza, che seguiva la dottrina cristiana d’Oriente, proveniente dall’Albania, gli Arbëreshë, emigrata in Italia per sfuggire alla progressiva avanzata nel loro territorio da parte dell’Impero ottomano. È proprio su questo tema che si concentra Nicola La Barbera, nel suo saggio Gli Arbëreshë d’Italia. La storia e gli insediamenti (Edizioni Solfanelli, pp. 336, € 22,00).
Al centro di questo saggio, facente parte della “Scuderia letteraria” di Bottega editoriale, si colloca questa importante minoranza etnico-linguistica – già osservata dal linguista Gerhard Rohlfs nei suoi studi sui dialetti del sud Italia – in cui si approfondiscono tutte le vicende e le cause storiche che portarono questa popolazione, in seguito alla morte del loro eroe nazionale Giorgio Kastriota Skanderbeg, a emigrare nel nostro paese. Viene anche ricordato nel saggio che gli Arbërëshë si sono da un lato ben integrati nel nostro territorio, partecipando anche alle battaglie che portarono all’Unità d’Italia, sebbene d’altro canto siano riusciti a conservare e trasferire le loro tradizioni in molti comuni. Ma procediamo con ordine.
Il volume si apre con una Prefazione a cura di Riccardo Berardi (che potrete leggere al seguente link: www.bottegascriptamanent.it/?modulo=Articolo&id=2289&idedizione=155), storico medievista presso l’Università di San Marino e l’Université de Nantes, nella quale si ricordano alcuni autori che già hanno parlato delle motivazioni storiche, linguistiche, antropologiche e psicologiche che hanno portato alla «storia civile e religiosa degli Italo-Albanesi del Mezzogiorno d’Italia tra Medioevo ed Età moderna»: viene riconosciuta l’insistenza su questo tema da parte del docente Attilio Vaccaro, che si serve di un validissimo percorso storiografico, concentrandosi in modo particolare sulla regione che maggiormente è stata interessata da tale fenomeno, la Calabria. Berardi continua la sua analisi ricordando che altre ondate migratorie ci sono state nei secoli a venire, tra XVI e XVII secolo. Questi albanesi, tuttavia, nonostante fossero stati sostanzialmente ben accolti, non entrarono mai pienamente negli schemi dei “latini”, mantenendo pertanto immutate le loro tradizioni. Inoltre, come fa notare il professore, «portarono con loro oltre a una lingua antica, la cultura religiosa dell’Oriente cristiano, e se da un lato il loro inserimento causò una sofferta collocazione nei canoni della Chiesa occidentale, dall’altro portò a un’opportuna ripresa e tutela del rito greco-bizantino».

Un lavoro storico impeccabile
Il docente Berardi si sofferma poi sul lavoro e sulle operazioni eseguite da La Barbera, dichiarandolo «una sintesi generale della storia degli Arbëreshë d’Italia dall’Età antica al Risorgimento, comprensiva di una notevole e approfondita rubrica sui singoli paesi di origine italo-albanese ubicati nel territorio nazionale anche in Età contemporanea». L’autore, infatti, si serve di un notevole apparato di studi e di fonti, abbracciando l’intera storia di questo popolo.

Una guida turistica
La particolarità di questo testo è che nella parte finale sono analizzati tutti i comuni interessati da questa fusione di popoli, quasi come se fosse una guida turistica. L’autore fa menzione di tutti i centri di origini albanesi. La maggior parte delle regioni sono interessate da questi comuni: dal nord al centro fino al sud, zona di Italia su cui avviene l’analisi più approfondita. La Calabria è stata la regione maggiormente interessata dal fenomeno degli Arbëreshë, e oltre quaranta centri hanno avuto origine da insediamenti del genere. Il comune più significativo è sicuramente quello di Lungro, in provincia di Cosenza. Lungro, considerata la capitale di questa popolazione, è sede della cosiddetta eparchia, che raccoglie tutti i quaranta comuni calabresi e altri centri del resto d’Italia. La comunità albanese qui si è insediata a partire dal XV secolo.

Stile unico ma più generi
Il volume è un saggio storico a tutti gli effetti nella prima parte, e una guida turistico-culturale nella seconda. Lo stile e il linguaggio, tuttavia, accomunano perfettamente questi due generi. Uno stile asciutto, un linguaggio e una sintassi facilmente accessibile, sebbene sia inevitabile la presenza di termini tecnici.
Sicuramente un libro per non dimenticare chi spesso viene considerato “minore” e rendendolo parte di una Storia più grande.

Giuseppe Chielli

(direfarescrivere, anno XV, n. 165, ottobre 2019)
 
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