Anno XX, n. 218
marzo 2024
 
In primo piano
Il rapporto tra il cliente e la prostituta
tra pregiudizi e drammi interiori e non
Per Salento Books, Fabio Bacile di Castiglione propone un dialogo
volto a mostrarci la particolarità meravigliosa dell’essere umano
di Maria Chiara Paone
Ogni artista lo sa: l’ispirazione può arrivare da qualsiasi cosa riesca a stimolare la propria mente quel tanto che basta da portare avanti il processo creativo. Tuttavia ciò non significa che la miccia debba essere necessariamente qualcosa di positivo; anzi, alcune opere possiedono una bellezza intrinseca proprio perché nate in un contesto doloroso e intenso.
Ed è proprio così che ha visto la luce 7 pagine bianche (Salento Books, pp. 78, € 12,00), romanzo di Fabio Bacile di Castiglione: infatti l’autore, per la sua terza opera, ha deciso di prendere spunto dalla tragica morte di Andreea Cristina Zamfiri, prostituta tossicodipendente rumena di ventisei anni, uccisa e crocifissa sotto un viadotto dell’Autosole.
Ciò che in occasione del fatto di cronaca attirò maggiormente l’attenzione dello scrittore fu l’indifferenza con cui i più avevano accolto la notizia, come spiega nell’Introduzione:
«Mi è parso di sentire qualche stupida voce commentare: “Tanto era una puttana” e nel mio pensiero questa donna si materializzava in croce come il figlio dell’uomo che tutti ha amato, anche le prostitute, persino i loro clienti, anche gli assassini, perfino i suoi assassini».

I protagonisti, umanamente incoerenti
Questa la genesi di un dialogo a due che si svolge nel corso di una notte d’amore tra una prostituta, appunto, e uno dei suoi clienti, desideroso di volerla conoscere, ma non solo tramite il proprio corpo.
Così parte un fluire di pensieri che si trasforma poi in dibattito sulle tematiche più disparate: si passa dalla logica alla religione, dal consumismo agli effetti dell’11 Settembre; non si arriva mai ad una conclusione, ma si discorre in maniera piuttosto discontinua muovendosi da un argomento ad un altro, utilizzando la tecnica dello stream of consciousness.
A una lettura più attenta, ciò che colpisce è l’atteggiamento opposto e ribaltato che i due amanti hanno uno nei confronti dell’altro; mentre lei, nonostante fin dall’inizio sia quella più restia a parlare di sé, preferendo viversi soltanto quel momento, riuscirà a rivelare qualcosa del suo passato e perfino della sua infanzia, lui – sebbene d’altro canto continui a pregare la donna di aprirsi e confidarsi – sarà quello che manterrà intorno a sé un’impenetrabile aura di mistero che non si riuscirà a valicare nemmeno nelle pagine finali, in una continua sorpresa.
«A (con cui viene contrassegnato lui, ndr). “Perché vivi come vivi, se brami l’oro?”
B (lei, ndr). “In questa vita liquida per rimanere a galla o si deve fare il morto o si deve imparare a nuotare, ma chi nuota ha paradossalmente maggiori probabilità di annegare, perché prima o poi si stanca”».
Nonostante non vengano mai usati nomi, i personaggi riescono ad acquisire consistenza tramite il potere dei loro pensieri; soprattutto la descrizione della protagonista femminile, attraverso i suoi discorsi, colmi di riflessioni e riferimenti colti, eleva la figura della donna e insegna a guardare oltre le apparenze, a prescindere del mestiere che si pratica, che sia per scelta propria o di altri. Emblematici e rivelatori alcuni passi del romanzo, che mostrano come sia veramente difficile trovare al giorno d’oggi, in un mondo fatto di incoerenze, un’idea che non mostri nessuna incertezza o falla. Ad esempio:
«B. […] Cosa vedi di sbagliato in me?
A. “Nulla […]”
B. “Allora credi sia sbagliato ciò che faccio?”
A. “Certo!”
B. “Ipocrita!”»

Pause e riprese
Una serie di riflessioni che sente il bisogno di essere condivisa tramite una scrittura rapida e snella e che, intenzionalmente, riempie il lettore di interrogativi senza fornire però alcuna risposta perché, come l’autore sottolinea, le risposte non ci sono, nessuno può averle.
Viene eliminata l’infallibile onniscienza dello scrittore che si mette in questo modo sul nostro stesso piano e che, come Socrate, è consapevole di non poter conoscere e dipanare i grandi quesiti, filosofici e non, che attanagliano l’individuo almeno una volta nella vita.
Nonostante l’esercizio di stile, Bacile si dimostra comprensivo, lanciando un’àncora di salvataggio, rappresentata da quelle sette pagine bianche (da qui l’enigmatico titolo), da utilizzare nei modi più svariati; per riflettere, riposare gli occhi e la mente, immaginare il prosieguo, darsi delle risposte o quantomeno provarci, permettendo così, in modo quasi ossimorico, di immergersi nell’astrazione della scrittura.

Maria Chiara Paone

(direfarescrivere, anno XIII, n. 140, settembre 2017)
 
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