Almeno una volta nella vita abbiamo avuto paura… ciò rispecchia la normalità e fa parte della crescita personale. Le cose si complicano quando questi sentimenti si tramutano in problematiche, causando così disturbi fisici e mentali.
«Come mai, in alcuni soggetti e/o in alcune circostanze, le risposte superano i normali e funzionali livelli di paura, andandosi piuttosto a caratterizzare come disfunzionali, disturbate e disturbanti, fino a instaurare vere e proprie condizioni patologiche?» Vari sono gli approcci psicologici (psicodinamici, cognitivi-comportamentali, analitici-esistenziali) che Domenico Bellantoni, psicologo e psicoterapeuta, propone per rispondere a questa domanda nel suo testo: Nella tana del lupo. Ansie e fobie: imparare a comprenderle e gestirle (D’Ettoris editori, pp. 136, € 13,90).
Il titolo stesso si fa metaforicamente portavoce della possibile soluzione per superare i nostri timori, ovvero, come affrontare ciò che temiamo di più, per acquisire consapevolezza e sicurezza.
Vi proponiamo qui di seguito l’Introduzione del testo a firma dello stesso autore.
Bottega editoriale
Introduzione
Alcuni sostengono, e non hanno tutti i torti trattandosi di un ragionamento che non fa una grinza, che se la specie umana non avesse potuto usufruire dell’emozione della paura si sarebbe estinta già da secoli, in quanto non avrebbe avuto la possibilità di prevenire tutta una serie di pericoli, più o meno letali.
Ciò è, in effetti, profondamente vero. Ogni genitore sa quanto sia importante nell’educazione dei propri figli abituarli a saper percepire e valorizzare le proprie paure, in modo tale da non “andarsi a cacciare nei guai”.
D’altra parte, secondo alcune indagini oltre al dato di una sensazione generale, si registra negli ultimi decenni un considerevole aumento dei cosiddetti disturbi d’ansia, fobie e annessi attacchi di panico. Come mettere assieme questi due dati apparentemente discordanti? Innanzitutto, va detto che, come la maggior parte dei disagi di natura psicologica, anche i disturbi d’ansia sono approcciati con atteggiamenti caratterizzati da noncuranza, ignoranza, confusione, fatalismo, ecc. In tal senso, una prima fondamentale distinzione va operata, appunto, tra la paura, da una parte, e l’ansia, gli attacchi di panico e le fobie, dall’altra. Infatti, se la prima si presenta come adattiva e funzionale, permettendo all’individuo di adeguarsi efficacemente all’ambiente in cui è inserito, le seconde manifestazioni rappresentano una risposta disfunzionale, esagerata, incontrollata agli eventi e agli stimoli, interni o esterni, provocando condotte inadeguate e non adattive.
A questo punto, la domanda è “come mai, in alcuni soggetti e/o in alcune circostanze, le risposte superano i normali e funzionali livelli di paura, come disfunzionali, disturbate e disturbanti, fino a instaurare vere e proprie condizioni patologiche? Nel corso del testo avrò modo di dare risposta, in maniera approfondita e circostanziata a questa domanda e di individuare, inoltre, alcune piste di soluzioni, autoeducative e psicoterapeutiche. In questa introduzione evidenzierò semplicemente che ogni individuo si sviluppa a partire dal proprio patrimonio genetico ‒ dato quasi invariabile ‒ e, soprattutto, in relazione alle esperienze e agli apprendimenti di tutta la storia di vita, personale e relazionale, del proprio ambiente familiare e del contesto in cui è vissuto e cresciuto.
In tal senso, non sempre le “decisioni” e le condotte a cui la persona impara a far riferimento e a cui ricorre nelle diverse situazioni di vita, sebbene abbiano avuto in passato una loro ragione e funzionalità, rappresentano delle strategie mature e adulte per il fronteggiamento degli eventi che, invece, vengono spesso gestiti grazie a condotte di fuga ed evitamento. Col tempo, il ricorso a tali condotte disfunzionali si cristallizza e finisce col favorire l’insorgere di una sintomatologia e di un disturbo d’ansia. Non sempre, anzi quasi mai la persona che arriva a soffrire di ciò è consapevole della linea di sviluppo di tale disagio e vive la comparsa dei sintomi d’ansia o di una fobia come qualcosa d’ineluttabile e immotivato, arrivando a innescare un vero e proprio circolo vizioso tra sintomi e reazione d’ansia che finisce con l’autosostenersi e a raggiungere livelli sempre più difficili da sostenere. Le piste di soluzione, sia quelle di natura autonoma che quelle più specificamente psicoterapeutiche, hanno in comune tre passaggi fondamentali: 1) acquisire maggiore consapevolezza circa il disturbo, ciò che lo ha originato e ciò che ne favorisce il mantenimento; 2) imparare a bloccare le proprie risposte, percepite come spontanee, naturali ma, in realtà, apprese e disfunzionali; 3) sviluppare progressivamente un bagaglio di strategie più mature e funzionali alla crescita del soggetto, nel fronteggiamento delle situazioni ansiogene, in sostituzione di quelle di cui al punto 2.
Un’ultima notazione riguardo ai motivi per cui l’insorgenza dei disturbi d’ansia sembra progressivamente aumentare nella nostra società, sembra aver proprio a che fare con le caratteristiche della nostra cultura tecnologistica ed edonistica che è andata progressivamente a sostituire le posizioni sostanzialmente esistenzialiste caratterizzanti il secolo scorso. Infatti, l’uomo del ’900 aveva progressivamente preso coscienza della realtà della malattia, dell’ineluttabilità della morte e, pertanto, della necessità di imparare a convivere con un’angoscia, appunto, esistenziale, in quanto legata alla stessa vita e alla condizione di esistente. La società dei consumi, invece, ha propagandato la possibilità tecnologica, in funzione edonistica, di poter controllare il proprio destino, la propria salute, avendo come miraggio quello di imbrigliare la stessa morte, essa stessa da programmare allorquando le condizioni di benessere esistenziale vengano a mancare (!). Ebbene, proprio l’aver incoraggiato l’illusione del controllo ha reso l’uomo più fragile, capace di sentirsi al sicuro solo nel momento in cui percepisce di avere un controllo assoluto sulla vita propria, dei suoi cari, dei suoi beni e dei suoi obiettivi. Il rifiuto di una ineliminabile quota di precarietà esistenziale, connaturale alla vita stessa, ha paradossalmente reso l’individuo più fragile ed esposto, più predisposto a sviluppare ansia e angosce patologiche.
Riguardo alla struttura del libro, questo si articola in quattro capitoli che ne rappresentano altrettante tappe logiche e contenutistiche.
Nel primo capitolo, mi occuperò di definire il disturbo d’ansia, nelle sue diverse articolazioni e manifestazioni, in riferimento tanto ad alcuni modelli e autori significativi, quanto alla quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM 5). Nel secondo capitolo, invece, presenterò alla luce di approcci differenti psicodinamico, cognitivo-comportamentale e analitico-esistenziale le ipotesi eziologiche dei disturbi d’ansia.
Ciò permetterà, nel successivo capitolo, di tratteggiare alcune piste di soluzione, proprio a partire dagli approcci menzionati e privilegiando un’ottica, tipicamente frankliana, di integrazione; inoltre, avrò cura di considerare, come detto, tanto la modalità psicoeducativa e di auto-aiuto, quanto quella più specificamente psicoterapeutica.
Il quarto ed ultimo capitolo, infine, valorizzando i dati teorici proposti nei tre capitoli precedenti, avrà carattere eminentemente pratico ed operativo. Infatti, in questa parte presenterò tutta una serie di testimonianze e storie cliniche, relative ai disturbi d’ansia e che attingono alla mia personale pratica clinica.
Per la sua natura e per gli obiettivi che mi sono posto, il testo si caratterizza come un agile manualetto sui disturbi d’ansia, rivolto in primis agli specialisti ‒ psicologi clinici, psicoterapeuti, psichiatri e neuropsichiatri ‒ interessati a questo ambito. In ogni caso, ho cercato di utilizzare un linguaggio e una metodologia che permette anche a studenti di medicina e psicologia, a genitori ed educatori, a operatori dei settore educativo e psico-pedagogico e a quanti possono essere interessai al tema, di farsene un’idea più precisa e di estrapolare qualche utile indicazione pratica per il supporto e il fronteggiamento degli eventi ansiogeni e dei soggetti che ne sono coinvolti.
Infine, voglio fornire una chiave interpretativa per la comprensione del titolo di questo libro, “Nella tana del lupo”. Esso rimanda infatti alla strategia generale per il superamento della nostre paure irrazionali e inadeguate: l’ansia va gestita interrompendo il ricorso alle dinamiche di fuga ed evitamento, ripetendosi che il “diavolo non è poi così brutto come lo si dipinge”. Ciò permetterà di sperimentare che molte nostre “paure” si scioglieranno come neve al sole nel momento in cui andremo ad affrontare, paradossalmente, proprio ciò che temiamo o pensiamo di temere, andando, come dice il titolo, proprio lì, “nella tana del lupo”.
Domenico Bellantoni
(direfarescrivere, anno XII, n. 128, agosto 2016)
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