Anno XX, n. 219
aprile 2024
 
In primo piano
Nuovo Manuale pratico di Scrittura:
la terza edizione è “targata” Rubbettino
Una guida nata da un progetto di Bottega editoriale e Rino Tripodi.
Ne riportiamo la Prefazione di Vera Gheno (Accademia della Crusca)
di Vera Gheno
Se è vero che scrivere è un’arte, è altrettanto vero che, come per tutte le arti, la sola ispirazione – “estasi” greca o “genio” romantico che sia – non è sufficiente, ma va accompagnata, oltre che da tanta preparazione culturale, da anni di duro lavoro, di letture e riletture, di senso critico e di affinamento della tecnica. È fondamentalmente questo il motivo che ha spinto Rino Tripodi, già fondatore e direttore di questa stessa rivista nel 2005, coadiuvato dalla redazione di Bottega editoriale (e, in primis, dal suo direttore, Fulvio Mazza), a redigere e pubblicare, dapprima con Kimerik poi con Rubbettino, il Nuovo Manuale pratico di Scrittura (pp. 280, € 15,00), arrivato in meno di un anno alla terza edizione. Presentato all’ultimo Salone internazionale del libro di Torino da Vera Gheno, collaboratrice di lunga esperienza dell’Accademia della Crusca, il testo sta riscuotendo un progressivo successo, attirando l’attenzione anche di diversi periodici, come cronache del Garantista, francoabruzzo.it (Giornalisti per la Costituzione), il Quotidiano del Sud, prima Comunicazione, che lo hanno recensito positivamente.
Di seguito proponiamo dunque la lettura della Prefazione della stessa Gheno alla nuova edizione dell’opera.

Bottega editoriale


Prefazione
Un manuale su misura per ogni autore
Il presente Nuovo Manuale pratico di Scrittura si inserisce in una faconda tradizione di manualistica concentrata sulla parte pratica del lavoro di scrittura; scrittura, dunque, per lavorare, scrittura professionale, scrittura utile. Negli anni recenti il filone ha prodotto molti volumi; ma, rispetto ad altri titoli, il manuale colpisce non solo per l’agilità – è composto da meno di 300 pagine – ma anche per la varietà delle questioni affrontate. Solitamente, i breviari di scrittura sono rivolti a categorie specifiche di lettori; viceversa, questo testo contiene argomenti interessanti per figure diverse, dallo studente al professionista desideroso di un ripasso. «Viviamo in un contesto culturale e sociale nel quale la capacità di scrittura, ma pure di lettura, nonché di parlare e persino di ascoltare, sono in costante regresso», scrive Rino Tripodi nella Premessa del volume. Ed è partendo da questo principio che si affrontano, nel corso di sei capitoli minuziosamente suddivisi, temi anche molto diversi tra di loro, ma che dovrebbero essere ugualmente familiari a chi pratica la scrittura nel proprio contesto lavorativo o di studio.
Non stupisce, dunque, che il primo capitolo sia dedicato alle Conoscenze “tecniche” di base: troppo spesso, infatti, succede che il problema principale di chi scrive per lavoro sia un certo grado di “cecità” innanzi alle proprie lacune. Si prendono nozioni acquisite ancora alla scuola dell’obbligo, e spesso le si applicano in maniera imprecisa; per questo, un capitolo in cui si parla dei principali errori formali, del paratesto e delle regole per scrivere email professionali è molto utile. Si consideri che uno degli indicatori della difficile situazione culturale italiana è una certa, diffusa incapacità di muoversi tra registri differenti: troppo spesso succede che un’email di lavoro o una missiva indirizzata da uno studente a un professore suonino pressoché uguali a uno scambio tra amici. Non è un caso se già diversi anni fa, nel 2003, un linguista attento come Alberto Sobrero notava che per molte persone “menare le mani” è un’espressione corretta universalmente, indipendentemente dal contesto o dall’interlocutore (Nell’era del post-italiano, «Italiano&Oltre», n. 5, 2003, pp. 272-277). Chiaramente non è così, o non dovrebbe essere così. Chi lavora con le parole non ha alcuna giustificazione.
Il secondo capitolo è incentrato sulla tesi di laurea e sul saggio, quindi su tipi di testo argomentativo particolarmente rilevanti per chi studia all’università o lavora in un ambiente universitario o parauniversitario. Le difficoltà degli studenti davanti al traguardo della tesi, provocate in parte da uno scarsissimo esercizio alla scrittura nel corso degli anni precedenti, sono note, e qui efficacemente affrontate. Si va, quindi, da un’ampia parte dedicata al lavoro preparatorio – l’unico modo per avere un prodotto finale dignitoso – alla stesura vera e propria, senza tralasciare di parlare della funzione delle note, spesso usate in maniera non corretta, alle questioni prettamente formali quali l’individuazione dei capoversi o la titolazione.
Nel capitolo III si cambia decisamente argomento, passando alla tipologia articolo di giornale e partendo da questioni che spesso non vengono trattate, che troviamo sotto Consegne e vincoli per l’articolista: non si può infatti ignorare che chi scrive per un giornale spesso tende ad avere difficoltà nella gestione dello spazio e del tempo a lui/lei destinati. Dopo avere discusso della fondamentale differenza tra informazione e notizia, si toccano tutti gli aspetti della testualità, dalla titolazione (e le sue regole grafiche) alla lunghezza del testo a un conciso, ma utile, manuale di stile. Già da questi capitoli si evince un principio importante che ha guidato la redazione del libro: non ci si occupa solo di questioni strettamente testuali, ma anche della persona di fronte al testo, dei suoi timori e delle sue incertezze.
Il capitolo IV si concentra sulla prima prova scritta degli esami di stato e sui temi per concorsi pubblici, una tipologia particolare rivolta, ancora una volta, a un pubblico specifico, che trarrà sicuramente beneficio dalle trenta pagine di questa porzione di volume. Si discute delle quattro tipologie della prima prova scritta degli esami di stato per poi passare ai temi per i concorsi. Non mancano gli esempi pratici, utili per avere un’idea “diretta” di cosa si intenda esattamente per questo tipo di testi. Per quanto si tratti di un genere di scrittura su cui ci si esercita a lungo durante il percorso scolastico, affrontarlo alla maturità o ancora più avanti, da adulti, è sicuramente diverso e più complesso.
È evidente che il volume nasce come opera di consultazione a seconda delle esigenze del singolo lettore. Tuttavia, al contrario di quanto visto sinora, i due ultimi capitoli appaiono rivolti a un pubblico più generico. Intitolati rispettivamente Le regole di redazione valide per tutte le tipologie: considerazioni preliminari e Le regole di redazione valide per tutte le tipologie: come fare, contengono informazioni utili a chiunque si ritrovi a dover scrivere testi professionali di qualsiasi natura. I capitoli porgono nozioni rilevanti per strutturare i propri testi, a partire dalla coerenza del pensiero (l’unico modo per ottenere un testo ben fatto, come ricordava già Italo Calvino quando parlava della necessità di un disegno dell’opera ben definito e ben calcolato in Lezioni americane, 1986). In particolare il capitolo VI, con suggerimenti molto dettagliati, dalla disposizione del testo a questioni logico-grafiche a problemi di punteggiatura, è un’ottima lettura per chiunque voglia “saperne di più” su come ottimizzare le proprie competenze testuali.
Complessivamente, ci troviamo davanti a un volume decisamente utile come testo di consultazione, ma affrontabile con gusto anche come lettura più tradizionale, da copertina a copertina. Anche nel caso di capitoli che toccano argomenti dai quali non ci sentiamo direttamente coinvolti, possiamo lasciarci guidare dalla curiosità di leggerli, dato che offrono spunti interessanti, che arricchiranno senza ombra di dubbio le nostre conoscenze in merito a una particolare tipologia di scrittura. Soprattutto, occorrerebbe tenere sempre presente una massima d’oro: la troppa sicurezza, nel campo della scrittura professionale, non è mai positiva ma, anzi, può provocare una miriade di conseguenze negative. Dubitare delle proprie certezze e sentire la necessità di verificarle è uno dei molti passi per ottenere testi che esprimano al meglio le nostre potenzialità nel campo della scrittura professionale.

Università degli Studi di Firenze, Accademia della Crusca, marzo 2016

Vera Gheno

NOTA DELLA REDAZIONE

Nella nota 1 di p. 22 del libro scriviamo: «Un testo che insegna l’editing non presenta, ovviamente, errori di editing; o così, almeno, dovrebbe essere. Ma, dato che la razza umana perfetta non è, allora è teoricamente possibile che qualche errore sia scappato anche a noi. Segnalateceli (se ne troverete…). Omaggeremo di una copia del libro, oltre che di una menzione solenne, chi per primo indicherà al sito di Bottega editoriale l’errore scovato».
Ebbene, durante la scorsa “Scuola di Redattore di Casa editrice”, abbiamo trovato non un errore, ma addirittura cinque e mezzo!
Incominciamo dal “mezzo”. A p. 206 troviamo scritto quanto segue: «Riguardo, infine, alla questione della S. (S puntata) maiuscola o meno, quando è posta affianco al nome del personaggio santificato…». Ebbene, il termine “affianco”, dal momento che nel contesto specifico funge da locuzione preposizionale, sarebbe stato opportuno che venisse riportato nella forma più usata, ossia “a fianco”. Non si tratta di un errore “pieno” (difatti l’abbiamo considerato un “mezzo”) in quanto la stessa Accademia della Crusca ammette “affianco” (sebbene indicandola come “forma rara” o, comunque, meno comune rispetto a quella separata, cfr. www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/unite-separate) quindi formalmente siamo a posto. Ma, tutto considerato, riconosciamo che sarebbe stato meglio scrivere “a fianco” e che l’altra forma vada bene come verbo.
Passiamo (sob!) al primo errore incontrovertibile. A p. 182 leggiamo: «Esempio: L’autore scrive:…». Siamo in presenza di un’evidente ripetizione ravvicinata dei “due punti”.
Della stessa tipologia è il secondo errore riportato a p. 211. Qui troviamo: «si faccia specifico riferimento a un documento o a un testo legislativo in particolare: Scriveremo dunque:…».
Il terzo errore risiede nella parola “menu” o “menù”. Si tratta di un’incoerenza: il termine può essere indifferentemente scritto con l’accento o meno ma, mentre in tutto il testo appare scritto senza l’accento, improvvisamente, a p. 263, l’accento compare; leggiamo, infatti: «cliccando sul menù a tendina…».
Egualmente, trattasi di incoerenza per il quarto errore: l’abbreviazione “cfr.”, sebbene possa essere seguita anche dai “due punti”, nel nostro manuale appare senza tale segno di interpunzione. Tuttavia, a p. 59, la suddetta abbreviazione figura seguita da inattesi “due punti”; leggiamo appunto: «Cfr.: Biblioteche elettroniche…».
Concludiamo in bellezza (si fa per dire!) con il quinto errore: a p. 114, nella nota 52, citiamo in modo inesatto «Corriere della sera.it» in luogo del corretto “Corriere.it”.
Scusandoci per gli inconvenienti, omaggiamo, come promesso, le dott.sse Ilenia Marrapodi, Antonella Napoli, Rosy Parrotta e Sabrina Spina di una copia del libro e promettiamo che correggeremo gli errori nella prossima edizione cartacea del testo e nell’ebook. Riguardo alla dott.ssa Marrapodi, ci viene spontaneo aggiungere che saremmo stati più contenti se avesse notato gli errori prima – è una delle principali artefici del manuale – ma, comunque, meglio tardi che mai!
In ogni caso, la responsabilità oggettiva resta sempre di noi “Bottegai”.
La ricerca dell’errore sfuggito è continuata anche durante la “Scuola di Redattore di casa editrice” del 2018. Ahinoi ne abbiamo trovati altri due, poco gravi, ma pur sempre errori. E allora: a p. 236, nella sezione riservata alla Regola, nell’ultima riga troviamo «l'inserimento delle note.» il cui apostrofo è diritto e non, come dovrebbe essere, curvo; a p. 239 troviamo un’incoerenza nell’uso del corsivo per i titoli, in quanto tutti i titoli delle opere elencate tra gli esempi sono in corsivo mentre «La responsabilità del produttore» rimane in tondo. Scusandoci ancora una volta per gli inconvenienti, omaggiamo, come promesso, la dott.ssa Ilaria Iacopino e la dott.ssa Gabriella Silvia Spadoni di una copia del libro per aver individuato rispettivamente i due errori sopracitati.
Ribadito che siamo fallibili, cerchiamo di riscattarci mostrando che siamo, però, raziocinanti e non presuntuosi. In quanto tali (rammentando che solo i cretini non cambiano idea), abbiamo deciso di mutare non uno ma ben due passaggi! Per i quotidiani Corriere della Sera e Il Sole 24 Ore abbiamo infatti stabilito di adottare la trascrizione con la “s” e la “o” maiuscole, basandoci sulle rispettive intestazioni presenti nelle pagine interne dei due giornali.
Alla prossima (speriamo di no!)

La redazione

(direfarescrivere, anno XII, n. 126, giugno 2016)
 
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