Anno XXI, n. 231
maggio 2025
 
In primo piano
I “Bottegai” pronti per la Capitale.
Si vola verso “Più libri più liberi”
Bottega editoriale e il Premio “Circe” presenteranno anche
il romanzo di Daniela Alibrandi, vincitore della categoria “editi”
di Aurora Logullo
Più libri più liberi: un motto nel quale si racchiude l’essenza della libertà data dalla lettura. Liberare la fantasia, superare i confini della realtà, immaginare vite, disegnare personaggi, condividere spazi e tempi, respirare luoghi e farli propri: tutte sensazioni che si generano nella mente del lettore nell’atto di sfogliare le pagine di un libro. E bene lo esplicita «Parti da un libro», lo slogan scelto per la dodicesima edizione della Fiera nazionale della piccola e media editoria, a Roma dal 5 all’8 dicembre, che diventa un po’ come un posto magico, un luogo stemperato dal clima prenatalizio, riscaldato e colorato dai profumi della cultura.
La Fiera è uno degli eventi editoriali nazionali più “gettonati”, una manifestazione in cui centinaia di editori piccoli e medi hanno l’opportunità di esporre al grande pubblico della Capitale (e non solo) il frutto di un lavoro fatto di meticolosità, passione e professionalità.
Anche Bottega editoriale, ormai da anni presenza “fissa”, conferma la sua partecipazione con uno stand autonomo (A07) collocato al piano terra, nella consueta locationdel Palazzo dei Congressi dell’Eur. Al suo interno, oltre a presentare le proprie variegate attività di service editoriale, a favore di chi scrive, di chi pubblica e di chi aspira a formarsi per lavorare in ambito editoriale, ospiterà le Edizioni laboratorio gutenberg, una giovane associazione attiva ed operativa nel campo della diffusione culturale editoriale.

Un tour tra i libri e tra i molti eventi
Al centro della scena i libri: esposti, “esplorati”, oggetto di discussione.
Ma anche un calendario fitto di eventi caratterizzerà le quattro giornate di Fiera e largo spazio, com’è d’obbligo, sarà dedicato anche alle presentazioni. Ed è proprio in quest’ultimo contesto che Bottega editoriale, in collaborazione con l’Associazione “Circe”, curerà la presentazione del romanzo vincitore della prima edizione del Premio letterario “Circe” per la categoria “editi”, Nessun segno sulla neve di Daniela Alibrandi (Edizioni laboratorio gutenberg, pp. 248, € 14,00).
L’evento, che si terrà domenica 8 dicembre 2013 alle ore 11:00 nella Sala Corallo, sarà relazionato da Marianna Loredana Sorrentino, presidente dell’associazione; da Nancy Antonazzo, vice presidente; da Ilenia Marrapodi, editor di Bottega editoriale e da Fabio Sajeva, per le Edizioni laboratorio gutenberg; il dibattito verrà moderato da Fulvio Mazza, direttore dell’agenzia letteraria. Naturalmente sarà presente anche l’autrice.

Tra passato e presente: un assaggio di narrazione
Nessun segno sulla neve è un giallo sui generis. Un percorso che si apre con un salto indietro nel tempo, agli anni del liceo, per rivivere le stesse intense sensazioni di allora o sistemare qualcosa lasciato in sospeso. A volte poi basta poco perché ci si trovi sommersi dal flusso dei ricordi e dal desiderio di recuperare rapporti ritenuti fondamentali un tempo, ma lasciati andare. Nell’era dei social network, poi, in cui digitando un nome in uno spazio vuoto si possono ritrovare con facilità persone con cui non si hanno rapporti da tempo, è molto semplice fare un tuffo nel passato senza preoccuparsi troppo delle conseguenze.
Francesco, il protagonista, si trova in un pomeriggio di settembre a cercare tra i volti di Facebook i suoi compagni di liceo: «il cuore mi sta battendo leggermente più forte, i nomi stanno uscendo da dietro l’armadio impolverati, ma pieni di fascino. Il liceo, l’esperienza più bella e più drammatica della mia vita. So di risvegliare in me avvenimenti che ormai dormivano in silenzio, ma non ne posso fare a meno». Davanti alla foto di Milena, il suo primo amore, inevitabilmente invecchiata, ma ancora bellissima, i ricordi irrompono prepotenti e Francesco, ora rispettabile oncologo sposato e con quattro figli, non può trattenere il desiderio di mettersi in contatto con lei e rivederla.

Il ’68: primi amori e contestazione politica
Da questo punto in poi il lettore segue Francesco lungo la strada dei ricordi: perché Milena potrebbe rifiutare di incontrarlo? Cosa cela di tanto drammatico il suo passato? Fin dall’inizio dunque incombe sulla storia un intenso alone di mistero, che l’autrice riesce abilmente a mantenere vivo nel corso di tutta la narrazione. Ci si trova così catapultati nelle aule di un liceo romano tra il ’68 e il ’69, anni di cui si rievocano anche film e musica, quasi lunga colonna sonora per tutto il romanzo. Francesco, e il lettore con lui, rivede Nuccio Resia, compagno di banco e di avventure estive, un ragazzo difficile, profondamente segnato dall’abbandono della madre. Rivede l’arrivo di Milena, trasferitasi da Imperia a Roma con la madre e il fratello, molto silenziosa, ma capace di attirare le attenzioni di tutti i maschi della classe. Nella caratterizzazione di Francesco e degli altri personaggi, l’autrice prende le distanze da qualsiasi stereotipo, mostrandone, con profonda capacità di immedesimazione e verosimiglianza, debolezze, paure e vigliaccheria.
Ovviamente non manca in quegli anni la contestazione politica: Nuccio si avvicina ai gruppi di estrema destra, Milena stringe una relazione con Roberto Menechini, leader dei gruppi di sinistra, che segue politicamente. Ciò che invece caratterizza Francesco è l’incapacità di scegliere, la voglia di lasciare che le cose vadano da sé senza che lui debba agire in qualche modo: un tratto della personalità che nella maturità diventa più acuto, perdendo però quella spontaneità adolescenziale e facendolo quindi apparire agli occhi del lettore ipocrita ed egocentrico.
Dapprima si avvicina alla sinistra per amore di Milena, ma la mancanza di coraggio in un corteo, conclusosi in modo violento, mette in crisi l’amicizia con la ragazza; in seguito, riconsidera le sue priorità e passa al fianco di Nuccio, senza particolare attivismo: «vedendo che il mio simpatizzare non andava oltre determinati atteggiamenti, i più estremisti di destra mi tacciarono di vigliaccheria e di infedeltà. Per cui per parecchio tempo dovetti guardarmi sia dai sinistroidi, che ormai mi avevano bollato come un giuda, che dai destroidi, che mi avevano bollato come un infedele».
Nonostante tutto, Francesco ha l’occasione di strappare un tenero bacio alla ragazza in un pomeriggio di studio. Rifiutato, il ragazzo racconta tutto a Nuccio, il quale metterà in atto una sadica vendetta ai danni di Milena nella palestra della scuola: «Non seppi mai quello che successe dopo, se Nuccio le usò violenza o no, io scappai senza voltarmi indietro, sapendo che avevo perso il sentimento più bello e più puro che un essere umano possa provare».
La fuga di Francesco dalla palestra sancisce la definitiva rottura con i due compagni di classe: il rifiuto di agire e di prendere una posizione anche in una situazione così drammatica e nei confronti di una persona a lui emotivamente legata costituisce un vero tradimento, che il protagonista nasconde nel tempo, ma per cui una banale ricerca su Facebook è in grado di sollevare un senso di rimorso. Leggero però: nonostante la gravità della cosa il protagonista continuerà a credere di essere ancora in tempo per scusarsi e recuperare il grande amore della sua vita, con risvolti inevitabilmente drammatici.

Suspense e sovrapposizione di piani
Ecco dunque che dopo una rievocazione dolce e malinconica dell’adolescenza e degli anni ’60 il romanzo assume un ritmo molto più accelerato, trasformandosi in un vero e proprio giallo: cosa è successo nella palestra della scuola dove Francesco ha lasciato soli Milena e Nuccio, scappando via di corsa? Chi ha ucciso Roberto Menechini, l’ormai ex ragazzo di Milena?
L’autrice si dimostra infatti abilissima nel catturare l’attenzione del lettore fin dalle prime pagine attraverso un’elaborata combinazione di detto e non detto: seguire il flusso dei ricordi del protagonista non basta, Milena è l’unica che sa come sono andate veramente le cose.
Si tratta dunque di un romanzo dalla struttura ricercata e complessa, ma perfettamente ponderata, in cui diversi misteri si incastrano l’uno dentro l’altro con grande maestria: la stessa Milena, prima di trasferirsi a Roma, ha dovuto fare i conti con una dolorosa esperienza, solo implicitamente rievocata nelle pagine del suo diario che interrompono spesso il filo della narrazione principale. Quella precedente esperienza, apparentemente slegata dall’episodio della palestra, collaborerà a minare la sua fragilità e la sua stabilità, inducendola a compiere atti di violenza estrema. L’autrice non lascia dunque nulla al caso, ma ogni spunto è funzionale allo svolgimento della narrazione.
Proprio questo gioco di incastri conferisce al testo un ritmo vivace e ascendente, che non lo rende mai monotono. Anzi: quando sembra che tutto si sia risolto per il meglio e che effettivamente il dolore e il rimorso siano stati cancellati dal tempo, un finale del tutto inaspettato lascia il lettore senza parole, ma piacevolmente stupito dall’abilità narrativa dell’autrice.
L’eccezionalità del romanzo risiede dunque nella straordinaria capacità evocativa dell’autrice, nell’abilità di creare una trama originale e mai scontata e nell’uso perfettamente ponderato di vari strumenti retorici per mantenere alto il livello della suspense, ma non solo: lo stile chiaro e fluido, nonché il lessico semplice, permettono infatti al lettore di procedere senza interruzioni fino alla fine. Il prodotto finale della combinazione di tutti questi elementi è un romanzo avvincente e facilmente godibile dalla prima all’ultima pagina, una lettura tutta d’un fiato che non potrà deludere il lettore.

Aurora Logullo

(direfarescrivere, anno IX, n. 96, dicembre 2013)
 
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