Anno XX, n. 220
maggio 2024
 
In primo piano
L’Italia intessuta dal trasporto illegale
di veleni che viaggiano da Nord a Sud
I giornalisti Baldessarro e Iatì, per Città del sole edizioni, studiano
le connessioni tra mafia e politica nella gestione dei rifiuti tossici
di Maria Grazia Franzè
«Raccontiamo storie per lavoro. […] Questa storia però non la raccontiamo per lavoro. Usiamo gli strumenti dell’esperienza, certo. Ma non è un fatto professionale. Questa storia semplicemente esige di essere raccontata. I traffici di rifiuti tossici, le “navi a perdere”, i business miliardari di Stati e affaristi che vi ruotano attorno non sono argomenti distanti dal nostro quotidiano. Ci riguardano, da vicino».
Avvelenati. Questa storia deve essere raccontata perché uccide la nostra gente (Città del sole, pp. 328, € 16,00), saggio di cronaca scritto da Giuseppe Baldessarro e Manuela Iatì, è una sorta di resoconto su come l’illecito smaltimento dei rifiuti, la mafia e gli sporchi giochi politici stiano avvelenando il nostro paese.

Gli autori
Gli scrittori sono entrambi giornalisti e vivono a Reggio Calabria.
Manuela Iatì collabora con riviste e giornali, curando anche le i prodotti editoriali per le pubbliche relazioni di enti e associazioni. Nel 2009 le è stato assegnato il Premio internazionale “Calabria mondo” e tuttora è corrispondente di SkyTg24.
Giuseppe Baldessarro si è occupato a lungo di politica. È cronista giudiziario e dal 2005 scrive anche per la Repubblica.
La Prefazione è affidata allo scrittore Antonio Nicaso, uno dei massimi esperti di mafia nazionale e internazionale, e invita caldamente alla lettura del libro stesso, definendolo un valido e utile strumento chiarificatore per conoscere il legame tra la mafia e la nostra vita quotidiana.

Avvelenati. Da cosa?
Il titolo del libro è un chiaro messaggio: viviamo in una terra inquinata.
«Magistrati, investigatori, giornalisti, politici e ambientalisti. Il veleno è stato sparso ovunque e in diversa forma. Vittime e carnefici ad un certo punto sono stati la stessa cosa, si sono confusi e intrecciati. Gli uni scagliati contro gli altri. Tutti avvelenati».
Scandito da capitoli con tanto di titoli a tema, per ripercorrere tutte le fasi dall’inizio dell’inchiesta alla chiusura della stessa: L’inchiesta madre; Il business dei rifiuti tossici e nucleari; Veleni e 'ndrine, gli autori del libro non esitano a non dare una chiara conoscenza di cosa stia accadendo nel mare nostrum e non solo.
Gli scrittori superano la cronaca e una nota di merito la ricevono anche dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, quando nel 2004 conferisce la medaglia d’oro alla memoria del capitano De Grazia che aveva indagato sulle “navi a perdere” ed era morto in circostanza poco chiare.
Le indagini iniziano nel 2000, quando da Roma il Nucleo delle investigazioni speciali della Capitaneria di porto inizia a indagare sui rifiuti tossici provenienti dal Nord Italia dei quali sono ignoti la procedura e il luogo dello smaltimento. Nel corso delle ricerche si scopre che nella vallata del fiume Oliva, in provincia di Cosenza, qualcosa è poco chiaro.
Dalle prime perizie fatte a partire dal 2001 si evince che esistono: «rifiuti tossici, dunque, abbandonati, in quei siti probabilmente una decina di anni prima, tra il 1990 e il 1991».
Avvelenata è tutta la popolazione nel distretto di Amantea, in particolare nel Comune di Serra d’Aiello, dove è stato accertato un eccesso di mortalità per tumori maligni al retto, al colon, alla mammella e agli organi genitali. Le ricerche sono andate avanti e la giustizia ha cercato di fare il suo corso, nonostante nel tempo siano stati sostituiti magistrati e procuratori.

Veleni per mare e per terra
Le indagini non solo hanno portato alla luce sconcertanti scoperte sull’inquinamento marino che lo scorso anno ha contaminato le coste calabre, ma anche tristi rivelazioni circa quello che ha interessato tutta la zona del fiume Oliva.
«Dunque, sono 215, 27 i chilometri quadrati di territorio avvelenati. Uccidono chi li abita, ma anche chi ne consuma i prodotti. In tutta la vallata, infatti, esiste un’intensa attività agricola, con coltivazioni prevalentemente di ortaggi, annuali e permanenti, destinati ad uso non solo familiare, ma anche produttivo e commerciale. […] Non c’è, dunque da stupirsi se nei polli commercializzati presso i punti vendita di una polleria ad Amantea e nella frazione di Campora San Giovanni, sia stato rilevato un alto contenuto di piombo».
Il problema dell’inquinamento non esiste solo per la flora e la fauna, bensì anche per le cristalline acque marittime, che pare ricevano navi cariche di droga e scorie dai porti del Mar Nero. Ebbene sì, l’Italia ha dei legami stretti con il resto dell’Europa e non solo. Secondo gli ambientalisti, che redigono una vera e propria documentazione esisterebbe, infatti, un’organizzazione complessa che gestisce i traffici dei rifiuti in tutto il mondo. I dati di Greenpeace sono chiari, i rifiuti verrebbero smaltiti dietro la copertura di una sorta di industria basata su due fattori: produzione con utilizzo di tecnologie dannose e abuso di potere economico e politico.
Il tutto per sfociare in un business di rifiuti tossici e nucleari.
I traffici illegali attraversano anche altre nazioni e non solo l’Italia: «Esattamente 13 nel 2008, tre in più rispetto all’anno precedente: cinque europee (Austria, Francia, Germania, Gran Bretagna, Norvegia), cinque asiatiche (Cina, India, Pakistan, Russia, Siria) e tre africane (Nigeria, Liberia, Etiopia)».
Superfluo sarebbe tentare di riassumere brevemente la tematica, che risulta essere alquanto complessa. A chiunque volesse saperne di più sull’illecito trasporto dei rifiuti tra Nord e Sud si consiglia vivamente la lettura del libro contenente le trascrizioni delle comunicazioni avvenute tra i responsabili del commercio illecito, le fotografie dello smantellamento della nave Rosso arenata ad Amantea e dei siluri penetratori da lanciare nei fondali marini.

Maria Grazia Franzè

(direfarescrivere, anno VI n. 57 settembre 2010)
 
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