Anno XX, n. 220
maggio 2024
 
La recensione libraria
Abelardo ed Eloisa: dentro un giardino
inesplorato mediante parole e sguardi.
E una grafica dai forti richiami sessuali
Amelio, Biagi, Costanzo, Fellini, Pasolini, Strati.
Con testi controcorrente in un libro Rubbettino
di Carmine De Fazio
A prima vista, sembrerebbe un viaggio tutto personale quello che Marcello Furriolo fa nel suo libro Il giardino di Abelardo. Incontri (Rubbettino, pp. 110, € 46,48). Invece non è così. E lo si capisce leggendo le prime pagine che l’autore “utilizza” per accompagnare il lettore all’interno del suo giardino, fatto di persone vere, di personaggi prestigiosi che sembrano aspettare lì, immobili, l’arrivo del nuovo visitatore. Ma lo si potrebbe capire anche dalla grafica provocante del libro, dalle tavole di chiaro riferimento sessuale ma che non sfiorano nemmeno lontanamente la volgarità. Un’elaborazione grafica quasi futurista in un formato elegante e raffinato: un libro, cioè, ma anche un pregiato “oggetto editoriale”. Si respira un’atmosfera molto familiare in questo libro, le emozioni, i sentimenti di tutti i personaggi sono descritti con semplicità e accuratezza dall’autore e il lettore, così, può godersi serenamente tutte le meraviglie che il giardino riesce a offrire.
È certamente l’amore il sentimento che domina queste pagine: l’amore di Abelardo per Eloisa, l’amore dell’autore per la conoscenza e per il bello, l’amore e il fascino per i personaggi che egli ha incontrato. Ma andiamo con ordine.

Abelardo e la sua storia, le ragioni dell’amore
Innanzitutto presentiamo l’autore Marcello Furriolo, esponente politico e culturale calabrese, irregolare e anticonformista. Ha alle spalle numerose esperienze fra cui quella di sindaco democristiano di Catanzaro ma anche, nelle sue origini, una militanza intellettuale ne il manifesto.
Il titolo del libro incuriosisce e allo stesso tempo gli conferisce un’accezione romantica. Pietro Abelardo è stato un monaco e un importante filosofo (uno dei padri del pensiero europeo). Vissuto in pieno Medioevo, la sua vicenda personale è stata segnata dall’amore per Eloisa, figlia del canonico Fulberto, che costrinse i due amanti, essendo “vittime” di un amore impossibile, a rifugiarsi in due monasteri. Era l’anno 1118 e Abelardo era al massimo della sua celebrità: era il personaggio più brillante della Parigi accademica, ma a causa di questo amore dovette lasciare la capitale francese per rinchiudersi nel monastero di San Dionigi.
La corrispondenza tra i due amanti, che Furriolo riporta tra le sue pagine, conferisce a queste un’aria di tristezza per un amore mancato ma racconta anche del carattere che contraddistingueva Abelardo e in virtù del quale l’autore ha deciso di dedicare al monaco francese il titolo della sua opera «anche lui [...] non si rassegnava all’idea che “i sogni son peccato”. Abelardo, creatore dell’“etica goliardica”, sperimenta sulla propria pelle che gli uomini “giudicano di quel che appare, non tanto del reato della colpa quanto dell’effetto dell’azione. Solamente Dio, che è scrutatore del cuore e dei reni, vede in ciò che è nascosto”».
Così è per il suo carattere provocatorio, controcorrente e geniale, ma allo stesso tempo profondo, che l’autore si fa trascinare da Abelardo nella stesura di questa opera.

I fiori del grande giardino di Furriolo
Ma non dimentichiamo che, naturalmente, il giardino è composto anche da fiori, da quegli elementi che costituiscono l’attrattiva principale per un visitatore (e nel nostro caso per un lettore). Il «giardino dell’intelletto» è rappresentato da fiori, da ricordi che sono l’essenza dell’utopia etica che l’autore ama e che Abelardo gli ha insegnato ad amare: i fiori devono combattere però contro il tempo, contro le avversità meteorologiche, contro le erbacce per poter vivere, come i ricordi, d’altronde.
I fiori sono “gli incontri” che l’autore ha avuto l’occasione di poter vivere nel corso degli anni, incontri che vanno da Federico Fellini a Enzo Biagi, da Pier Paolo Pasolini a Elsa Morante, da Giovanni Paolo II fino a Gianni Amelio, passando per Maurizio Costanzo, giusto per citarne alcuni.
Momenti che si sono impressi nella mente dell’autore, che hanno lasciato in lui segni profondi: tutti sentimenti che egli riesce a comunicare al lettore.

Il libro come oggetto e tanta, tanta arte
Non di rado ci capitano tra le mani dei libri che siano molto belli o particolarmente curati. Il libro che abbiamo voluto raccontarvi oggi è uno di questi: 24x35 cm il formato, la carta lucida, pesante e un’impaginazione particolarissima e molto ricercata sono degli elementi che lo rendono prezioso. Se poi a questo aggiungiamo le tavole di un artista calabrese della bravura di Mario Parentela, il gioco è fatto: abbiamo (e speriamo potrete avere anche voi!) così tra le mani un piccolo gioiello di editoria, dove alcune tavole di Crepax sembrano sposarsi mirabilmente con le forme abbondanti di Botero, dove particolari dei dipinti di Tamara de Lempicka possono essere delicatamente affiancati a fogli a righe di un vecchio quaderno delle scuole elementari.

Carmine De Fazio

(direfarescrivere, anno III, n. 23, novembre 2007)
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