Quando cala la sera Anna racconta con coraggio quello le è successo durante giornata.
È il suo diario a raccogliere le sue esperienze, ad ascoltare la voce del dolore, dei soprusi e delle emozioni che la scuotono quotidianamente. In quelle pagine, talvolta bagnate dalle sue lacrime, riversa tutta la sua frustrazione e l’impotenza che prova nel vivere la socialità a scuola, vera e propria arena degli adolescenti.
La scena familiare, diventata via via meno determinante, benché vissuta tra affetti sinceri ormai, è solo tratteggiata sullo sfondo, lasciando alla scuola il ruolo di protagonista, in tutta l’ampiezza di significati e di esperienze che questo comporta.
Il microcosmo scolastico descritto da Roberta Cattarello in A troppi kg da te (Pathos edizioni, pp. 292, € 16,00) è la dimensione pubblica dei ragazzi di quell’età. Quasi non vi è niente di più importante che vincere il concorso di popolarità cui a volte, nostro malgrado, ci ritroviamo iscritti.
Perdere o essere relegati in fondo alla classifica è un’onta da portare addosso, quasi come una lettera scarlatta, essere non conformi ai diktat dei più fighi rappresenta una condanna e la pena da espiare è pubblica. È la gogna.
Essere cool, invidiati e apprezzati conta infinitamente di più dei voti. È un assaggio, grazie a Dio non esaustivo, di quello che ci aspetta una volta fuori: conformismo, aggressività e competizione sono caratteristiche che in quel periodo della vita possono essere vissute in modo irruente, ad libitum, indi potenzialmente fatale.
L’incubo che è costretta a vivere in continuazione è duro e disonesto, non fa sconti e non si placa. Ogni volta che si accende la perversa fantasia dei suoi aguzzini, Anna ne rimane sempre sorpresa, meravigliata, non può credere che ancora una volta dovrà fare qualcosa di imbarazzante, di stupido o di pericoloso per evitare di essere picchiata.
Il suo rendimento scolastico come spesso accade in queste circostanze è ottimo, anzi, Anna è proprio brava. Capace, sveglia, intelligente. Davvero poco le importa se gli altri saccheggiano i suoi appunti o fanno bella figura senza meritarne un grammo. È il meno. I bei voti per Anna non sono un problema.
Incubi diurni
La campanella che segna la fine dell’ultima ora di scuola non la mette purtroppo al riparo, anzi, per il branco è anche meglio. L’eccitazione della libertà dall’impegno quotidiano stimola Asia, Linda, Ivan, Fabio a escogitare qualcosa, anche per chi non ha di meglio da fare. Niente professori equivale a nessuna regola, nessuna legge se non la loro. Chiuderla in un tombino, farle scavalcare un cancello privato per vedere che avrebbe fatto il pitbull al suo interno, appiccicarle addosso qualsiasi cosa, compresa la gomma da masticare nei capelli è solo un buon motivo per farsi due risate, come guardare un video sul telefonino. Niente di più. Possibile che non abbiano percezione della sofferenza che provocano? Possibile che nessuno intervenga per opporsi a tutto questo? Possibile o no, in quei gesti si gioca una partita con i demoni che ogni ragazzo porta dietro di sé. Facezie per alcuni, drammi per altri.
L’esuberanza giovanile viene condita con il desiderio sempre più forte di misurarsi con un mondo che non consente pause, non consente errori, non consente imperfezioni. Solo primeggiare è previsto. Non conta come, dove o perché. Se ci fosse un campionato per le intenzioni peggiori, qualcuno mediterebbe di prendervi parte pur di risultare unico, originale e di successo.
L’eco mediatico delle gesta può assumere proporzioni talmente grandi che lo trasforma in un piatto fin troppo ghiotto per chi vede per se stesso due sole vie: il successo o la disfatta.
Questo passa in Tv e sui social, in fondo anche i più grandicelli riconoscono dei modelli in cui competizione e narcisismo son ben presenti.
Crescendo Anna saprà sottrarsi ai suoi carnefici ma non si salverà da sola, il sorriso tornerà a disegnarsi sul suo volto e il suo cuore palpiterà finalmente per qualcosa di bello, di inaspettato, di sublime. L’amore busserà alla sua porta e lo farà con l’ardore, l’intensità e la scintillante bellezza di cui è capace.
Mali contemporanei
Diceva Vidal Sassoon che l’unico posto dove “successo” viene prima di “sudore” è il dizionario, in tutti gli altri luoghi è esattamente il contrario. I ragazzi di questa contemporaneità vivono con difficoltà lo scorrere del tempo, anelano il denaro e il riconoscimento pubblico con una tale veemenza che nulla può non essere subitaneo, fragoroso, evidente.
Esiste il godimento della contingenza, da non confondere in alcun modo con la capacità di vivere il “qui e ora” che è di ben più ampia e complessa importanza.
Dinamiche come quelle descritte in precedenza appartengono a tutte le epoche, oggi le conosciamo come bullismo, ciò non di meno esistono da sempre e se persistiamo con alcuni modelli comportamentali, resteranno nelle nostre scuole ancora a lungo. Si potrebbe sostenere che sia inestirpabile perché non è esclusivamente un fenomeno giovanile ma un fenomeno umano, in fondo di esempi scioccanti sono gravidi anche gli uffici e i consessi degli adulti.
Non voglio dire che si stava meglio quando si stava peggio, no di certo, ma è un dato di fatto che la soglia d’attenzione media è scesa a pochi minuti e quest’elemento ci permette di scorgere un futuro (per definizione categoria non contemplata dai “giovani”) che non ci viene incontro carico di doni ma sembra piuttosto vestire i panni della distopia in modo inquietante.
Le istituzioni scolastiche non possono più reggere alla progressiva, sistematica e inarrestabile depauperazione dell’intero sistema educativo nazionale; docenti, famiglie e alunni sono sempre più dentro universi che non comunicano tra loro e quindi in conflitto costante.
L’autorità dei professori è ormai pressocché nulla, autorevolezza e autoritarismo spesso sono sovrapposti e non dovrebbero esserlo.
La nostra politica dovrebbe curarsi dei nostri insegnanti e tenerli nella giusta considerazione, perché affidiamo loro ciò che abbiamo di più prezioso, se non lo faremo, condanneremo tutti a una società priva di futuro.
Antonio D’Angelo
(direfarescrivere, anno XX, n. 225, novembre 2024)
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