Anno XX, n. 220
maggio 2024
 
La recensione libraria
Senza stimoli culturali la nostra
lingua è povera e, di conseguenza,
finiamo per esserlo anche noi
Per Scrivere Poesia il racconto
poetico e senza filtri di Vera Gheno
di Giulia Condorelli
La comunicazione è, banalmente, uno scambio di informazioni tra un mittente e un ricevente. Le lingue sono lo strumento che gli esseri umani utilizzano per interagire. Il dibattito odierno evidenzia in modo sempre più importante quanto il modo in cui utilizziamo il linguaggio sia fondamentale per capire se stessi, le relazioni con gli altri e dare forma al mondo in cui viviamo.
In un’interessante e istruttiva intervista con Claudia Fontana, Vera Gheno (Scrivere Poesia Edizioni, pp. 98, € 15) espone in modo chiaro perché il linguaggio che scegliamo di usare ha un ruolo chiave nelle nostre vite. Intreccia alla sua biografia diverse tesi utili per capire quanto il vocabolario di cui facciamo uso quotidianamente sia lo specchio della dimensione in cui abitiamo.
Gheno nasce in una famiglia bilingue, padre italiano e madre ungherese, nelle campagne del Chianti. All’età di dieci anni si trasferisce in Finlandia, dove prova sulla sua pelle il significato di diversità ed esclusione. Per la prima volta si identifica con l’alterità.
Da sempre affascinata dalle parole, dalle lingue e dal mondo, diventa una linguista, anzi, più precisamente, una sociolinguista. La sua analisi pone l’attenzione sulla natura politica del linguaggio: tutti coloro che si ritengono annoiati e infastiditi da questo “politicamente corretto” che (a detta loro) ormai dilaga senza tregua, non si rendono conto che nessuno di noi quando si esprime è davvero neutrale. Qualsiasi concetto esponiamo rivela la nostra visione della società, la nostra scelta da che parte del dibattito vogliamo stare o come ci identifichiamo. La lingua è ideologica.
La verità è che siamo tutti figli del contesto socioculturale in cui siamo cresciuti e, fondamentalmente, la cultura occidentale ha una solida colonna portante: il patriarcato. Ciò implica che tutti noi viviamo una società che ancora deve molto impegnarsi per cercare di smuovere il concetto di normocentrismo. È risaputo che l’uomo ha timore del cambiamento, poiché implica un riadattamento e, molto spesso, si è restii verso ciò che non si conosce. Perché ciò che non conosciamo ci fa un po’ paura.

La ricerca della neutralità
A Gheno viene particolarmente criticato il suo promuovere l’uso della schwa, che ritiene da un punto di vista semantico il più adatto a indicare l’assenza di genere, così che chi non si riconosca nel binomio uomo/donna possa essere libero di non definirsi.
La lingua, come dicevamo in partenza, è uno strumento che usiamo per capire noi stessi e gli altri e poiché il binarismo è sempre esistito, anche quando non se ne parlava, l’uso della schwa rifletterebbe semplicemente il cambiamento, il movimento che potremmo fare per dare spazio a tutti.
Gheno sottolinea come la sensibilità, soprattutto verso questi temi, non sia innata ma vada stimolata, costruita, incoraggiata e insegnata. È necessario lavorare su una nostra nuova educazione, istruzione e sensibilità. Ma questo processo, chiaramente, ha un costo. È necessario investire nell’istruzione.

Viviamo in una società patriarcale
In sociologia, il patriarcato è un sistema in cui gli uomini bianchi etero Cis detengono in via primaria il potere e predominano in ruoli di leadership politica, autorità morale, privilegio sociale e controllo. Chiunque non sia, appunto, uomo, bianco, etero e Cis subisce in diverse forme delle discriminazioni e, all’interno dell’identica categoria, l’uomo stesso deve rispondere a degli standard imposti per non essere schernito.
Ed è proprio il linguaggio che usiamo da sempre quotidianamente a rivelarcelo: quando un bambino piange gli si dice “non fare la femminuccia”; quando una donna appare forte e determinata le si attribuiscono (metaforicamente) gli “attributi”; quando è il padre a occuparsi della casa e dei figli lo si chiama “mammo”… La lista di esempi potrebbe essere infinita. Si tratta di una violenza culturale e sistemica.
In questo contesto stantio e divisivo, il femminismo è la lotta contro i sistemi di una società che persevera a perpetuare modelli di maschio/femmina che ledono tutti. Gheno illustra con un linguaggio semplice, diretto e sincero il suo punto di vista, scardinando in poche ma salienti battute i commenti e gli attacchi dei suoi haters.
Gheno non accetta che la donna continui a essere riassunta in uno dei suoi ruoli predefiniti: madre e moglie.

Il potere della comunicazione di massa
L’autrice evidenzia come sia assente oggi un’educazione reale nella comunicazione, soprattutto quella dei personaggi pubblici. La convinzione che si possa dire la qualunque nascondendosi dietro la facciata della comicità e della goliardia, senza rendersi conto di ledere profondamente categorie da sempre in posizioni subalterne.
E questo atteggiamento si riflette e si amplifica sui social media, dove gli utenti, nascosti dietro ai loro schermi e a pseudonimi, si sentono liberi di vomitare insulti e giudizi. È all’ordine del giorno che per qualsiasi pretesto si avviino delle shit storm enormi, aggressive e calunniose.
L’assuefazione a contenuti e a forme di comunicazione divisive, sessiste, aggressive, scorrette e normocentriche è molto facile, è necessario impegnarsi ad ampliare il nostro vocabolario e ad aprire le nostre menti per preservare la preziosa biodiversità umana.

Giulia Condorelli

(direfarescrivere, anno XIX, n. 210, luglio 2023)
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