Anno XX, n. 219
aprile 2024
 
La recensione libraria
Una raccolta di poesie ed epigrammi
ci parla dell’amore: elemento basilare
che permea tutta la nostra esistenza
Riflessioni profonde, ma anche un tocco d’ironia
in un libro edito mediante Bottega editoriale Srl
di Silvia Tropea
Nei prossimi giorni uscirà in libreria Se ci diamo del tu il bacio viene meglio opera di Vittorio Salvati, pubblicata da Arduino Sacco editore, anche grazie al lavoro di agenzia letteraria svolto da Bottega editoriale Srl. Argomento principale di questo lavoro è “l’amore” analizzato in molte sfaccettature, da quella romantico a quella virtuale, e completato da riferimenti letterari. L’autore si cimenta nella scrittura di poesie ed epigrammi amorosi che ci invitano a riflettere sulla delicatezza e l’importanza di un sentimento che al giorno d’oggi sembra essere svalutato dalla freddezza dei mezzi di comunicazione che tendono a farne quasi un prodotto puramente commerciale. Si è sempre cercato di dare una risposta agli interrogativi che tale affetto suscitava e che tuttora suscita, ma ciò che noi tutti desideriamo di provare almeno una volta nella nostra vita, non può essere analizzato, ma solo “ascoltato” e vissuto. Pubblichiamo qui di seguito la Prefazione per averne una prima lettura.


PREFAZIONE

Parlare di amore non è cosa semplice poiché è un argomento vasto e delicato sul quale hanno da sempre riflettuto eccelsi letterati, studiosi e filosofi. L’amore fa parte di noi, perché di amore è fatta la nostra vita, reale o immaginaria che sia, e noi non possiamo esimerci dal viverla: ogni cosa che è su questa terra ci parla di amore.
Secondo Vittorio Salvati, autore di Se ci diamo del tu il bacio viene meglio, conversare d’amore non è difficile perché tutti, prima o poi, per breve o per lungo tempo, con gioia o con sofferenza, ci ritroviamo a vivere questo sentimento tanto da far diventare ciascuno di noi, se non uno studioso, comunque un modesto “esperto” in materia.
Il testo è essenzialmente caratterizzato da sei capitoli, ognuno dei quali accompagnato da un commento in prosa che anticipa gli epigrammi amorosi, ispirati da un amore reale per una donna non conclusosi nel migliore dei modi. Nel presentare la sua opera attraverso un prologo sull’amore, Salvati riconduce i suoi pensieri a importanti letterati, «Da Catullo […] a Hermann Hesse». Ma tra tutti la sua attenzione si sofferma su Stendhal, in particolar modo sul suo saggio De l’amour (1822).
Libro ambiguo, forse scritto per una donna sola, Matilde Viscontini Dembowsk che non lo ricambiava, De l’amour, ha ispirato Salvati per la divisione dell’amore in categorie che però, al giorno d’oggi, potrebbero essere messe in discussione. Salvati ne suggerisce altre, tra queste l’amore romantico, l’amore platonico, l’amore erotico, l’amore gioco, l’amore mercenario e infine l’amore virtuale evidenzia l’era che ci caratterizza e che sta così profondamente modificando, nel bene e nel male, tutti noi. Riferendosi sempre a Stendhal che parlava di sette “fasi” dell’amore quali l’ammirazione, la comunicazione, la speranza, l’amore accertato, la prima cristallizzazione, il dubbio e la seconda cristallizzazione, l’autore pone invece l’attenzione su tre fasi dell’amore, più consone ai nostri tempi e cioè l’inizio, l’intermezzo e la fine.
Concluso il prologo, i capitoli che racchiudono gli epigrammi ci fanno “pensare” all’amore ma non tanto con la ragione, quanto con il nostro cuore. Attraverso semplici parole capiamo che tutti noi almeno una volta nella vita, abbiamo vissuto o vivremo a modo nostro una delle categorie dell’amore e, inconsapevolmente, diventeremo protagonisti di questa folle malattia.
La paura più terrificante che una persona possa avere è essere incapace di amare, forse a causa di una delusione, di una perdita, di un abbandono. E così di fronte alla possibilità di ricominciare, ci si sente come paralizzati, impotenti ad aprire il proprio cuore a una nuova esperienza. È questo lo sbaglio più grande che la maggior parte di noi tende a fare.
Non importa di che tipo di amore si tratti, se è un amore passione, un amore fisico, romantico o platonico, destinato a finire nel momento in cui inizia o al contrario a durare, a restare sempre vivo seppur accompagnato da momenti di sconforto. Vale comunque la pena viverlo fino in fondo per il solo fatto che c’è. Oscar Wilde già diffondeva questa sorta di “credo” in uno dei suoi aforismi «Che il vostro cuore sia sempre colmo d’amore. Una vita senza amore è come un giardino senza sole e coi fiori appassiti. La coscienza di amare ed essere amati regalano tale calore e ricchezza alla vita che nient’altro può portare».
Il libro inizia descrivendo l’amore passione, che proprio per la sua forza e unicità è invincibile. A questo proposito l’autore ci fa l’esempio dell’amore tra Francis Scott Fitzgerald e Zelda Sayre, amore violento che poi porterà alla distruzione di entrambi. Così come ciò che ha unito Catherine e Heathcliff in Cime tempestose di Emily Brontë era qualcosa che sfuggiva al controllo della ragione, un amore sublimato dal dolore di non poter essere vissuto. L’amore passione non ti abbandona neanche per un istante è una sensazione che ti penetra fino a diventare l’unico scopo per tenerti ancora in vita. Ti fa odiare il tempo «quel tempo assurdo / che quando stiamo insieme mi consola / e quando sei lontana m’addolora», come lo definisce Salvati in Il tempo ritrovato. Un tempo che però vorresti si fermasse quando la felicità è lì, a due passi da te: «Ed ora che sei qui, amore mio, / il tempo che avevo tanto odiato / adesso sento di averlo ritrovato. / “Fermati – gli grido – ora sei bello! / Adesso sì che mi piaci / e d’ora in poi / scorri lento, ti prego: / più lento che tu puoi!”». Lo stesso Catullo nell’amare la sua Lesbia vive con estrema angoscia lo scorrere del tempo poiché condurrà alla morte e quindi alla fine dell’amore.
L’amore può essere anche paragonato alla musica, come fa notare l’autore in L’amore fisico (ovvero il soddisfacimento dei propri impulsi sessuali senza alcun tipo di coinvolgimento sentimentale), infatti «come nella musica si trovano brani musicali in cui ritmo, armonia e melodia si fondono in maniera gradevole o meno, così in amore ci sono casi in cui l’attrazione sessuale, l’affinità di coppia e la vicenda sono perfetti o al contrario, come direbbe Troisi, “dei calessi”». In letteratura sembra opportuno citare la travolgente passione tra Lady Chatterley e il guardacaccia Oliver Mellors come esempio di amore puramente fisico.
Talvolta l’amore viene identificato come una forma di possesso di qualcosa o di qualcuno: è il cosiddetto amore capriccio o amore di vanità che caratterizza il terzo capitolo dell’opera di Salvati, elemento che ha permeato la letteratura.
Esempi di tale amore sono i protagonisti dell’opera di Svevo, Una vita (1892), Alfonso Nitti che nutre un affetto non ricambiato per la vanitosa Annette Maller. Avolte succede di provare interesse per una persona che magari inizialmente non lo ricambia e, solo quando le si fa capire che non è più lei o lui l’oggetto di interesse, scatta qualcosa: forse la semplice e perfida smania di possedere quello che non si ha più e di colpo quel qualcosa diventa importante.
C’è poi l’amore romantico e l’amore platonico. Il primo è caratterizzato da un forte coinvolgimento emotivo dell’individuo e può essere sia spirituale che fisico. Un esempio di tale amore è quello espresso da Petrarca nel Canzoniere per la sua Laura. L’amore platonico invece, è una forma che va oltre i confini materiali della sessualità e passionalità. L’autore ci rimanda all’origine del nome riferendosi a una teoria di Platone che nel suo Simposio narra di come l’Amore fosse figlio di Pòros (intelligenza) e Pènia (povertà che genera bisogno).
L’amore platonico è il ricercare nell’altro quello che si pensa possa completarci. È la forma di amore più pura alla quale ognuno di noi dovrebbe aspirare, è un sogno: «Apri gli occhi / e vieni a volare / con me, amore mio. / Vedrai, / la terra è più bella / se la guardi dal cielo / con me. / E non tremare, / ti prego, / ché io sono / un Angelo». Di non poca importanza è l’erotismo, l’unione sessuale.
L’autore fa notare che l’unione sessuale rappresenta l’unione del Cielo con la Terra da cui poi sono nati tutti gli esseri viventi. Si parla di erotismo che «consiste in una sorta di desiderio o di ossessione sessuale, elaborato dalla mente sulla spinta irresistibile di impulsi vitali misti a fantasie interiori che vanno dalle immagini oscene e pornografiche fino a quelle più elaborate di tipo culturale o addirittura spirituale».
Ecco poi le fasi principali dell’amore: l’inizio, l’intermezzo e la fine. Non sempre le storie d’amore finiscono come si legge nelle favole “E vissero felici e contenti”, ma è anche vero che non sempre l’inizio di una storia che è il momento più bello, più dolce, quello che ti fa battere il cuore e al quale non vorresti rinunciare mai, deve essere necessariamente sostituito dal declino totale. Come l’autore ci fa notare, prima o poi si arriva a «una fine in cui gli innamorati riacquistano la reciproca libertà o, in alternativa, si rassegnano a una dolorosa sopportazione reciproca».
È pur vero, come lui sostiene che «ci sono anche storie d’amore che non hanno mai avuto, nell’intermezzo, il processo di logorio e tanto meno della fine. È vero: si chiamano favole». Ma a volte le favole e l’amore s’incontrano anche nella vita reale e, insieme, creano un sentimento così forte e “favoloso” da resistere ad ogni logorio e tale che neppure la modernità, ai vari livelli del nostro tempo, riuscirà mai a sopprimere poiché il cuore di chi ama vincerà sempre su ogni altro accadimento e consentirà allo spirito dell’uomo di nutrirsi e vivere sempre e comunque nell’intima e particolare gioia, che solo l’amore riesce a dare.
Infine l’autore, in una breve e ultima Appendice ironizza su come i mass media in genere, perdendo di vista la spiritualità e la delicatezza del sentimento amoroso, lo “sviliscono” inserendolo in frettolose indagini giornalistiche con domande assurdamente sintetiche e risposte inevitabilmente banali. Per far ciò immagina di trovarsi alle prese con un noto conduttore televisivo che gli pone la fatidica domanda “Scusi, per lei che cos’è l’amore?” e di avere solo cinque secondi per rispondere.
Ecco allora che il nostro ricorre ad un trucco dialettico e ad uno scenico che lo portano a negoziare un tempo maggiore e ad immedesimarsi in Cyrano de Bergerac che improvvisa una serie di definizioni dell’amore con riferimento agli stessi aggettivi usati da Rostand nella sua opera. Il risultato è un sarcastico e paradossale prontuario di possibili definizioni dell’amore lasciando chiaramente intendere che questo sentimento ha invece bisogno di luoghi, di tempi e di pathos diversi per essere degnamente descritto e intimamente vissuto perché esso è “muto”, parla con gli occhi e vive con i battiti del cuore.

Silvia Tropea

(direfarescrivere, anno III, n. 13, marzo 2007)
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