Anno XX, n. 219
aprile 2024
 
La recensione libraria
La periferia romana protagonista
della lotta partigiana combattuta
durante l’occupazione della città
Per Odradek, il rastrellamento
del Quadraro e del difficile clima
di Mario Saccomanno
Alle 4 del mattino del 17 aprile 1944 Herbert Kappler, militare delle Ss nominato comandante del Servizio di sicurezza, della Polizia di sicurezza e della Gestapo a Roma, ordinò a tremila soldati di bloccare tutte le strade di accesso e di uscita del Quadraro, un quartiere della zona sud-est della Città Eterna, attraversato dalla via Tuscolana.
L’obiettivo della manovra militare, avente come nome in codice Operazione Balena, fu quello di soffocare definitivamente le numerose forze partigiane che agivano in quella specifica area.
Senza alcun dubbio si trattò di una delle operazioni belliche più ingenti compiute sul territorio italiano durante la Seconda guerra mondiale. Infatti, nella stessa giornata venne rastrellata l’intera zona e più di 900 uomini, in un’età compresa tra i 18 e i 60 anni, furono arrestati. Da quel momento cominciò per loro un periodo di cocenti sofferenze: in breve tempo vennero deportati nei campi di concentramento tedeschi e polacchi. Lì furono costretti a lavorare in condizioni disumane al punto che, quando terminò il conflitto, soltanto la metà di loro riuscì a tornare a casa.
Anche dalle schematiche informazioni riportate fino a questo momento si nota l’importanza di soffermarsi con più criterio su questi tragici eventi, contrassegnati da un lungo e inaccettabile silenzio.
Per questo motivo, occorre segnalare che la casa editrice Odradek edizioni, in un fitto catalogo composto da libri capaci di gettar luce, tra le altre cose, sulla storia della conflittualità sociale, sulle guerre e sulle problematiche ambientali che contrassegnano l’epoca attuale, presenta il testo di Walter De Cesaris intitolato La borgata ribelle. Il rastrellamento nazista del Quadraro e la resistenza popolare a Roma (Odradek, pp. 184, € 16,00) di cui occorre passare in rassegna i contenuti.

La ricostruzione del clima sociale e politico
In primo luogo risulta opportuno riferire che nei vari capitoli del libro, ricolmi di riflessioni e testimonianze, l’autore ricostruisce in dettaglio il clima sociale e politico che si respirò in quel preciso periodo storico non solo nella borgata romana del Quadraro, in quel «rifugio degli ultimi», ma anche in altre numerose zone limitrofe della città in cui operarono diverse formazioni partigiane.
Difatti, nel testo sono disseminati numerosi riferimenti a quartieri come Centocelle, Certosa, Quarticciolo e Torpignattara. In tal modo, De Cesaris mostra apertis verbis come in quei mesi concitati pullularono una serie di incursioni, attentati, scontri armati che documentano, scrive in merito l’autore, «una vera e propria guerra di liberazione».
Il conflitto nacque da forti rimostranze nei riguardi dell’occupante tedesco che prese il controllo della città il 12 settembre 1943, subito dopo l’armistizio di Cassibile e l’affrettata fuga di Vittorio Emanuele III, di Pietro Badoglio e di altri esponenti governativi e militari aventi ruoli apicali che, come afferma De Cesaris, «rappresentò il definitivo distacco della Monarchia rispetto alla società italiana».
Per offrire una visione più accurata del contesto romano si può riportare quanto accadde il 23 marzo 1944, giorno in cui si consumò l’operazione urbana più sanguinosa e tonante della Resistenza romana: l’attentato di via Rasella.
Condotta dai Gruppi di azione patriottica (Gap), l’azione ebbe come obiettivo l’XI compagnia del III battaglione del Polizeiregiment Bozen. Prima un ordigno esplosivo e poi il lancio di quattro bombe a mano causarono la morte di 33 soldati tedeschi.
Seguì l’imminente rappresaglia nazista. Il riferimento è ovviamente all’eccidio delle Fosse ardeatine avvenuto il 24 marzo 1944. In quelle antiche cave di pozzolana, in passato inglobate in una struttura di catacombe cristiane, scelte soprattutto per mantenere la segretezza della carneficina che si stava per compiere, vennero uccisi sistematicamente con un colpo di pistola alla nuca 10 italiani per ogni tedesco rimasto vittima dell’attentato di via Rasella. Il trucidamento di 335 persone, che non erano collegate in alcun modo all’azione gappista, resta una delle ferite più profonde dell’occupazione tedesca di Roma.
Anche in quel caso, fu Kappler a comandare la spietata ritorsione. Per quanto accennato finora, si può comprendere facilmente le forti rimostranze nei riguardi dell’invasore. Così, De Cesaris mostra apertamente nelle pagine del libro come Roma risultasse indubbiamente segnata da un movimento molto vasto e profondo che riuscì a dar vita a una sorta di contropotere proprio nel pieno dell’invasione tedesca.

La solidarietà tra la popolazione e le formazioni partigiane
In particolare, fu nei quartieri popolari che l’ostilità risultò tanto accesa al punto che si verificò un sostegno reciproco tra i cittadini e i gruppi di resistenza impegnati militarmente.
Da qui il Quadraro, chiamato da Kappler in tono dispregiativo «nido di vespe», divenne un punto di incontro di diverse formazioni partigiane e un quartiere in cui il sentimento antifascista e la partecipazione alla lotta contro l’occupazione nazista furono ben radicate.
In dettaglio, la mutua collaborazione avvenne principalmente proprio nei quartieri popolari romani perché è lì che, scrive De Cesaris, «la lotta partigiana assume le caratteristiche di guerriglia diffusa, di lotta armata di massa in cui la distinzione tra avanguardie militari e società civile si fa difficile, spesso cessa di esistere».
Così, nel testo, l’attenzione è riposta anche su quel tipo di resistenza non armata che venne praticata dalla maggior parte della popolazione che mette ben in evidenza non solo una solidarietà umana ben spiccata, ma, ancor di più, «una naturale predisposizione a partecipare, ciascuno secondo le proprie possibilità, alla lotta contro l’occupante nazista e il risorto fascismo».
De Cesaris mostra come questo tipo di opposizione fosse rilevante anche e soprattutto se messa in rapporto proprio con la reazione armata. Del resto, vale la pena sottolineare che, in ogni caso, qualsiasi forma di resistenza si fosse deciso di compiere, chiunque sarebbe andato incontro a rischi enormi.
Per esempio nascondere nelle proprie abitazioni ebrei, disertori, dissidenti, renitenti, come avvenne in migliaia di casi, era punito con la pena di morte. Di più: conseguenze disastrose erano previste anche per chi evitava di denunciare avvenimenti rilevanti oppure per coloro che davano notizie false ai militari fascisti o nazisti.

Consapevolezza storica
L’humus particolare che si venne a creare nelle borgate romane formò un territorio in cui i partigiani agivano praticamente alla luce del sole. Così, non sorprende più di tanto la vasta eco che ebbe l’episodio del rastrellamento del Quadraro.
Del resto, il dolore persiste tutt’oggi, come testimoniano le cerimonie di commemorazione e di ricordo. Eppure, la memoria storica necessita di altri numerosi esercizi da compiere giornalmente affinché si possa mettere concretamente al centro dell’attenzione avvenimenti troppo spesso accantonati nel terreno della dimenticanza.
Da questo punto di vista sono un vero e proprio monito le parole di Piero Calamandrei utilizzate da De Cesaris come Epigrafe del libro: «Se voi volete andare in pellegrinaggio, nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano. Per riscattare la libertà e la dignità, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione».
Da quanto affermato si comprende facilmente come le vicende analizzate da De Cesaris non possono essere in alcun modo derubricate a episodi marginali. Al contrario, la discussione sul sangue versato al Quadraro è un’operazione di rivalutazione e approfondimento storico decisiva e dovuta.
A conclusione, occorre riferire che anche le Appendici del libro risultano estremamente interessanti poiché passano in rassegna le numerose formazioni partigiane e la cronologia di tutte le azioni operate nella zona sud est della città.
Il prezzo altissimo che pagò Roma è attestato pure dai numerosi documenti e dalle varie foto incluse nel libro. Al contrario, nel testo manca l’Indice dei nomi che, in questo tipo di pubblicazioni, è più che indispensabile.

Mario Saccomanno

(direfarescrivere, anno XVIII, n. 197, giugno 2022)
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