Anno XX, n. 219
aprile 2024
 
La recensione libraria
Strani matrimoni e identità segrete,
vite “comuni” che fanno la Storia
durante la Seconda guerra mondiale
Da Tabula Fati, un romanzo travolgente
immerso nel respiro della montagna
di Gabriella Zullo
La notizia del matrimonio di Gerardo piomba in casa Dal Pian in modo del tutto inaspettato, creando un po’ di scompiglio nella routine della famiglia. Dosolina, la madre, donna ipocrita e di facile pettegolezzo, si mostra subito contrariata e indignata per non aver interferito nella scelta del figlio. Emblematica anche la reazione di Giacomo, il padre: «Che cosa gli è saltato in mente a quel disgraziato! Sposarsi così, senza chiedere nulla a nessuno, neanche alla sua famiglia! E poi, chi è questa Anna? Di dov’è, cosa fa? Chi l’ha mai sentita nominare? Voi sapevate qualcosa?». Tutti aspettano trepidanti l’arrivo degli sposi. Ma i protagonisti e il lettore non sanno che le risposte e la vera identità di Anna, tanto bella quanto misteriosa, saranno svelate soltanto alla fine, nelle ultime pagine del libro.
Wally Dall’Asta con grande maestria riesce a tenere il lettore e i personaggi del suo romanzo con il fiato sospeso, in attesa della verità. L’autrice vive e lavora come geometra nel bellunese e L’amaro sapore del mallo (Tabula Fati, pp. 168, € 13,00) è un romanzo totalmente immerso nella natura di un paesino ai piedi delle Dolomiti, dove le vicende dei suoi tranquilli abitanti non potranno sottrarsi ai dolorosi avvenimenti della Seconda guerra mondiale.Il testo fa parte della scuderia di Bottega editoriale.

Tra suggestioni paesaggistiche e personaggi fortemente caratterizzati
Anna è al centro della narrazione e gran parte della storia viene raccontata attraverso i suoi sentimenti, i suoi pensieri e le sue paure. Donna apparentemente debole, ma dall’indole forte e coraggiosa, è un personaggio che si distingue fin da subito per l’eleganza dei modi, per uno spessore culturale cui la gente del posto e la stessa famiglia del marito Gerardo non sono avvezzi. Arrivata in quel paesino, una terra straniera per lei, dovrà sopportare, oltre a una vita obbligata, anche le antipatie della suocera e di Giovanna, la cognata. La voce narrante muove i fili del racconto attraverso un periodare fluido e scorrevole, ma con scelte lessicali accurate e puntuali. Numerose sono infatti le descrizioni paesaggistiche con cui l’autrice regala di volta in volta suggestive istantanee al lettore: «Il sentiero si snodava dolce fra macchie d’alberi e verdi prati appena falciati, delimitato, a monte, da un muricciolo di sassi fra i quali erano spuntati, a dispetto del luogo arido ed ostile, cuscini compatti di fiori di saponaria di colore rosa carico e dai petali stellati, a valle, invece, da cespugli di sicomoro che emanavano un forte profumo».
Una kermesse di colori e profumi si dispiega dinanzi agli occhi del lettore, che si ritrova tutto a un tratto catapultato nella storia insieme ad Anna, ad Alfredo, suo unico vero amore, a zia Elisabetta, la sola dei Dal Pian a saper amare davvero, al partigiano Erminio, al fascista Angelo.
L’avvicendarsi delle stagioni, poi, scandisce tutti gli eventi, assorbe i soprusi del Fascismo e l’ignoranza di un paese spesso troppo bigotto per accettare qualcosa di nuovo; accompagna le fatiche del lavoro e le serate di festa. La natura tiene accesa per tutto il racconto la speranza che la guerra finisca e diventa uno scenario immobile e idilliaco ove vengono inseriti i vari personaggi, tutti fortemente caratterizzati da descrizioni talvolta anche brevi, ma sempre molto minuziose, anche quando a essere presentati sono personaggi secondari, come la perpetua del paese, nonché sorella stessa del prete: «Sapeva più cose Rosa che lui nel confessionale. Era una donna forte, astuta alla quale non si addiceva l’aspetto minuto e smunto. Con il suo portamento contrito e lo sguardo mesto passava inosservata, ma ascoltava tutto da tutti senza mai commentare». I profili psicologici, a un livello di lettura superiore alla storia stessa, diventano modelli umani che possiamo incontrare ogni giorno. Sulla scia plautina, Dall’Asta mette in luce l’indole umana in tutte le sue forme, dal grottesco all’amore autentico, dallo squallore all’ottusità, dal pettegolezzo alla sincerità, creando un quadro umano variopinto e diversificato.

Il mallo diventa la metafora della vita
«Te la regalo – le disse – ma fai attenzione quando arriverai al frutto, a quella piccola gioia trovata con fatica, di non contaminarla con l’amaro sapore del mallo»: a parlare qui è Erminio, fedele amico di Alfredo, una delle figure positive e di buon cuore di tutto il romanzo, il quale porge ad Anna il frutto, raccontandole di come, in quei giorni, le noci fossero cadute a terra ancora acerbe.
«Prima di assaporarle devi togliere questo involucro, è cattivo, dal gusto amaro e ti sporca le mani, ti ingiallisce le dita e non riesci più a togliertelo, come certi fatti della vita rimangono indelebili. Poi, una volta fatta questa operazione, pensi che sia tutto finito, invece no. C’è un altro ostacolo da superare, è di legno duro e devi usare la forza, spaccarlo con un sasso perché riveli al suo interno il vero frutto gustoso, una piccola fortuna». Queste battute, sempre dell’amico Erminio, anticipano l’epilogo: arriveranno gli americani, la guerra finirà e anche Anna, come tutti i paesani, tornerà a essere felice. Un lieto fine che dà senso alle rinunce e alle perdite dei protagonisti.

Gabriella Zullo

(direfarescrivere, anno XII, n. 127, luglio 2016)
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