Anno XXI, n. 231
maggio 2025
 
La recensione libraria
Allegoria, epos e drammaturgia
sul palcoscenico dell’animo umano
in una poetica degli archetipi
Francesco Napoli presenta Roberto Mussapi
in una raccolta di poesie da Ponte alle Grazie
di Letizia Rossi
Quando si parla di poetica italiana del Novecento è doveroso ricordare come dagli anni Sessanta in poi ci siano stati vari punti di rottura che hanno contribuito a modificare profondamente e in maniera radicale il panorama letterario: «Si spegne in Italia il secolo del Simbolo, caratterizzato da poetiche fondate su una stretta aderenza alla funzione simbolica della lingua e da “scuole” e magisteri abbastanza ben delineabili nei loro contorni, e si apre quello dell’Allegoria, con una larga adesione alla funzione allegorica della lingua, privo di gruppi e con labili linee di tendenze appena condivise tra le molte voci che emergono». Con queste parole Francesco Napoli descrive, nel saggio «E misi me per l’alto mare aperto»: navigazione e approdi della poesia di Roberto Mussapi, il contesto nel quale inizia a operare Roberto Mussapi; saggio che funge da Postfazione all’opera, da lui stesso curata, Le poesie di Roberto Mussapi (Ponte alle Grazie, pp. 532, 29,00 €).
Celebre poeta, drammaturgo e saggista, Mussapi può essere considerato uno dei principali pilastri della letteratura contemporanea internazionale e questo volume, che ne racchiude l’intera opera poetica, è senza dubbio il modo migliore per apprezzare il valore delle sue liriche, scritte in oltre trent’anni di poiesi letteraria.

Viaggio all’interno dell’animo umano
L’aspetto sicuramente più sorprendente di questa opera monumentale è quello di poter osservare da vicino l’evolversi e il modificarsi della poesia di Mussapi. Scorrendo le pagine si ha come l’impressione di seguire il flusso dei suoi pensieri, intercettando gli accadimenti storici e le ideologie che nel corso del tempo l’hanno influenzato, o semplicemente affascinato. Ogni esperienza può essere un utile spunto per inabissarsi nella complessità dell’animo umano, ogni elemento della realtà fenomenica racchiude al suo interno uno spaccato di verità che il poeta non può ignorare. Non è un semplice ricordare, ma è un’accurata, attenta e ponderata rielaborazione sensoriale che trascina il lettore in un vortice di emozioni empatiche, in cui il vissuto personale si fonde con le parole per dare vita a scenari sconosciuti eppure familiari.
«Di tutte ricordo le voci, i volti, le persone, / l’impercettibile respiro respirato / e trasformato in forma di pensiero / nella memoria che mi tiene in vita». Nella poesia La casa, che fa parte della silloge La stoffa dell’ombra e delle cose (Mondadori, 2007), è condensato in pochi versi un intero bagaglio emotivo in cui le immagini si susseguono e si sovrappongono, fino a lasciare il posto a un senso di disorientamento e di vuoto: «Io sono la casa di ogni casa con loro, / con tutti quelli che la fecero mia, / così presenti che non sono più io, / unico esule in me, / sfrattato dal mio cuore».
Della stessa raccolta fa parte anche Sailing from Venezia, un chiaro esempio della capacità di Mussapi di tratteggiare con le parole sontuosi scenari, talmente vividi da sembrare quasi reali. È il tema dell’ut pictura poesis che il dotto letterato recupera dal Rinascimento e ingloba nel postmoderno. Lo sguardo del poeta è in grado di cogliere il dettaglio, estrarne l’essenza e ricomporlo poi in un quadro che possa raccontare il vissuto dell’essere umano in una sorta di universalità che trascende la concretezza della vita reale.

Dal teatro al mito della caverna
Parlando della produzione poetica di Mussapi non è casuale utilizzare parole come “scenario” e “immagini”. La sua formazione ed esperienza in ambito teatrale, in effetti, hanno influenzato notevolmente anche le composizioni poetiche. Antartide (Guanda, 2000) è forse l’opera che meglio rappresenta la fusione di queste due forme d’arte. Per raccontare l’esperienza della nave Endurance, bloccata nei ghiacci, l’autore sceglie la maestosità del poema epico, contaminandolo però con chiari riferimenti al teatro. L’alternarsi continuo dei punti di vista consente al lettore di vedere gli stessi personaggi muoversi come se fossero su un palcoscenico, per raggiungere quasi una dimensione metateatrale quando questi mettono in scena alcune delle più famose pièce teatrali di Shakespeare.
«Racconta Mussapi che qualche sera dopo la lettura scenica di presentazione del libro, […] l’editore Luigi Spagnol gli disse che con Antartide non aveva scritto solo un poema ma anche un’opera teatrale, preconizzando quasi la messa in scena di Giancarlo Cauteruccio con la compagnia teatrale Kripton interpretata da Virginio Gazzolo che si sarebbe realizzata da lì a un paio d’anni»: è ciò che riporta Francesco Napoli nel suo saggio, a confermare quanto nell’opera di Mussapi poesia e teatro convivano in maniera inscindibile.
Traendo spunto proprio dalla tradizione teatrale, la produzione poetica di Roberto Mussapi è caratterizzata dal frequente ricorso al mito. La discesa dell’uomo nella caverna e il tema del ritorno sono elementi ricorrenti: l’avventura dell’Endurance in Antartide non è altro che una rappresentazione archetipica dell’esistenza umana in cui la discesa nella caverna, affrontata nella poesia Babo, pone l’individuo faccia a faccia con i propri demoni. Lo stesso tema è poi ripreso ne Il racconto del cavallo azzurro (Jaca Book, 2000), in cui un bambino di un’antica tribù si avventura nella notte e discende in una caverna sulle cui pareti è raffigurato il cavallo azzurro, rappresentazione di uno spirito primordiale. «Qualcosa resta, lontano e radiante, / ombra di quelle radiazioni che legavano tutto, / qualcosa vibra da un tempo lontanissimo, / dai primi istanti dell’universo e da tutto il cielo, / la radiazione di fondo, la colla cosmica, / la voce senza voce che chiama all’unisono»: il bambino è ancora un essere puro, in grado di restare in contatto con questa energia; è la perdita di questa connessione che ci spinge a partire alla ricerca della nostra caverna oscura, per riappropriarci del senso dell’esistenza.
Una volta entrati nella caverna oscura, il ritorno è possibile solo dopo aver appreso la verità, ossia la «piena coscienza della morte». Ed è questa la più grande capacità che le poesie di Mussapi possiedono: trascinare il lettore nella sua caverna oscura, per poi farlo riemergere con una nuova consapevolezza di sé e del genere umano.

Letizia Rossi

(direfarescrivere, anno XI, n. 118, ottobre 2015)
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