In Corte Sconta detta Arcana, uno dei romanzi a fumetti che ha come protagonista il gentiluomo di fortuna Corto Maltese, Rasputin, amico e alter ego perfetto dell’eroe prattiano, pronuncia una frase di immensa bellezza, che potrebbe suonare quale promessa di un desiderio costante: «Ho voluto regalarti un’emozione, Corto, perché ti voglio bene».
Marco Steiner nasce proprio lì, fra le tavole di Corte Sconta detta Arcana, con un nome inventato, non senza una motivazione, proprio da Hugo Pratt per il suo amico, cercatore di notizie storiche, del cui lavoro il Maestro si serviva per dare consistenza ai personaggi che animavano le sue storie. E dev’essere proprio per amore che questa storia, di un Corto molto giovane ma già libero e saggio, ha trovato vita, poco a poco, nel cuore e nella penna di Marco Steiner.
Romanzo quasi onirico di formazione di Corto Maltese, Il Corvo di pietra (Sellerio, pp. 192, € 13,00), uscito, il 13 febbraio scorso – non a caso, per la casa editrice che più di tutte incarna lo spirito della Sicilia, meravigliosa cornice del romanzo –, ha senz’altro due chiavi di lettura: una squisitamente ludica, magnificamente multisensoriale che, con il comandante Kee, fa sentire esploratori finiti in un mondo sconosciuto, «un vortice di emozioni in cui è piacevole lasciarsi trascinare»; l’altra, più sottile e arcana, è la via tracciata dalle storie e dai personaggi incontrati da Corto: il Triskell, il solitario australiano Norman Riley, Chiaromonte e Calder, evidentemente iniziati ai riti misterici della tradizione, ma di natura differente, il Rabbino Melchisedec, depositario del sapere cabalistico e maestro di Corto, i Cavalieri di Malta, Giuseppe Balsamo conte di Cagliostro, i Nefilim e il Libro di Enoch, i viaggi astrali di un frate che conosceva la Clavicola di Salomone e che fornisce la propria inconfutabile spiegazione alla parola “magia”, il poeta alchimista Raimondo Lullo, Raimondo di Sangro e la Cappella Sansevero, il Belzuar e la Conoscenza, la Chimera… Nemmeno la goletta, dal nome certamente simbolico “Dedalo”, che accompagna Corto e i suoi compagni d’avventura, sfugge a tale logica: non un’imbarcazione qualunque, ma un “barcobestia”, a best barq, che sta a indicare il bisogno di strumenti solidi per raggiungere un obiettivo degno di un vero viaggio.
Anche la geografia ha un suo ruolo fondamentale, simbolico, nella narrazione ben congegnata: l’avventura muove i primi passi dalle coste scozzesi, al nord, frustate da tempeste che potrebbero richiamare il caos delle emozioni umane senza controllo, per dipanarsi naturalmente verso sud e alcune “porte d’Oriente”: Venezia, Malta, la Sicilia e la Turchia, la destinazione tratteggiata ed evocativa, come una quinta teatrale, dell’intera storia. Un’evoluzione giusta e perfetta, quasi come quella solare, inevitabile, che rappresenta una sorta di viaggio iniziatico: dalle tenebre di una navigazione mercenaria alla luce di un viaggiare libero e cosciente.
«Nulla è come appare, ma tutto può accadere, cambiare, trasformarsi, evolvere, rigenerarsi» sembra essere uno dei tanti messaggi reconditi e criptati incastonati in questo romanzo.
Le pagine de Il Corvo di pietra emanano suoni e profumi del Sud, di piatti deliziosamente succulenti, dagli ingredienti semplici ma costruiti con cura, ispirati dalla Storia e dalla Natura, da descrivere in vernacolo come se fossero la materializzazione di una saggezza tradizionale, da ammirare come sculture e dipinti di valore, da annusare con narici innamorate prima di essere gustati in cerimonia nuziale da palato e anima, piatti magici, capaci di trasportare l’ospite in dimensioni impensate. Così, il prezioso frutto del riccio marino, servito su un morbido cuscino di ricotta profumata al limone verdello, diviene l’essenza della “transumanza marina”, l’anelito del mare verso la terra e un ormai familiare e bistrattato sorbetto al limone scopre la natura duale, l’anima bianca e nera della terra di Sicilia. Tutto ha un armonico senso recondito, tutto, anche le ricette suggerite fra le righe, ha un che di simbolico, capace di illuminare lati oscuri di ciò che si dà per scontato, come la ricetta della salsa che accompagna le pollastrelle e i galletti arrosto che, grazie a una seduta spiritica, Chiaromonte riceve direttamente da Cagliostro.
La storia immaginata da Marco Steiner arriva all’anima del lettore naturalmente, come se non potesse essere altrimenti, costellata di fatti, date e personaggi tali da mettere in dubbio, proprio come l’intera vita del nostro gentiluomo di ventura, che Corto possa essere solo una creazione di fantasia, bensì una naturale generazione del suo geniale e visionario autore. D’altronde, Marco Steiner non è nuovo a questo esercizio praticamente familiare nei confronti di Corto: nel 1996, infatti, toccò a lui completare la storia di Corte Sconta detta Arcana, lasciata incompiuta da Hugo Pratt e, nel 2006, scrisse L’ultima pista, immaginifica prosecuzione di Tango.
Non è, dunque, sbagliato sperare che, anche dopo Mû, di tanto in tanto avremo la grazia di ricevere notizie di Corto Maltese, ché come del resto ha ammesso anche Hugo Pratt: «Non morirà, Corto Maltese se ne andrà perché in un mondo dove tutto è elettronica, è calcolato, tutto è industrializzato, è consumo, non c'è posto per un tipo come Corto Maltese». Basterà attendere con pazienza, ritagliandogli un posto adeguato nel nostro vero viaggio.
Mariarosaria Murmura
(direfarescrivere, anno X, n. 101, maggio 2014)
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