Anno XX, n. 219
aprile 2024
 
La cultura, probabilmente
Quando la musica ti scorre nelle vene,
non puoi fermarla, puoi solo viverla:
incontri e racconti di un giovane talento
In una Milano tutta da ascoltare, vive il musicista della strada:
un palco di sogni, avventure, fischi e applausi, da Bradipolibri
di Veronica Grandinetti
«Quando inizio ad annoiarmi di me stessa, a copiarmi da sola capisco che mi sto ripetendo ed è il momento di cercare nuovi stimoli. Bisogna studiare, sempre»: così Antonella Mazza, bassista e contrabbassista nata a Lamezia Terme nel 1974, definisce il proprio approccio alla musica durante un’intervista rilasciata poco prima di una sua esibizione al Teatroteam di Bari nel 2006[1]. Ed è questa sua costante ricerca del nuovo che pare averla spinta a confrontarsi anche con l’arte della scrittura nel suo libro d’esordio, Il musicista della strada e altre storie (Bradipolibri editore, pp. 128, € 13,00).
Dopo essersi laureata in Dams e aver vissuto per quindici anni a Milano, Mazza approda a Parigi, dove inizia a scrivere tutto ciò che riguarda l’esperienza milanese. Il risultato è una piacevole e coinvolgente antologia di racconti, diretti a un pubblico eterogeneo. Un’opera leggera e spassosa che accompagna il lettore attraverso una scrittura rilassante e comprensibile a tutti senza grandi sforzi.
Nel corso dei venticinque racconti che compongono il libro, l’autrice ripercorre, in una sorta di memoriale, gran parte della propria esperienza, sotto le mentite spoglie di quello che chiamerà sempre e solo «il musicista della strada». Ma il suo intento non si limita alla narrazione autobiografica: Mazza, infatti, espone la voglia dei giovani amanti della musica di spingersi verso una vita non strutturata e all’insegna dell’avventura; descrive pensieri ed emozioni, e ci rende partecipi delle cariche di adrenalina tipiche di quando si è sotto i riflettori, alternate ai giorni spenti, spesi vagando per le città in cerca di un locale in cui esibirsi.
Illustra il rapporto con il pubblico, il desiderio di essere ascoltati e a volte applauditi. Descrive minuziosamente cosa si pensa guardando dal palco la folla che ascolta quell’insieme di note che compone una melodia.
A rendere interessante la raccolta è soprattutto l’ambientazione, che riporta il lettore in uno spazio reale, nel vivere quotidiano; la descrizione dei luoghi, oltre a essere curata e dettagliata, appare sempre molto verosimile. Milano in questo libro è, in ogni sua strada, piazza o vicolo, la metafora di un grande palcoscenico dove si incontrano e si esibiscono personaggi di ogni tipo.

A tu per tu con il lettore
I periodi sono semplici e scorrevoli, la lingua usata per la narrazione è quella del gergo comune, l’autrice si esprime come se stesse dialogando con un amico, senza curare troppo i termini, ma esponendo con schiettezza i propri pensieri.
In alcuni tratti il linguaggio appare volgare, ma è questa spontaneità ad avvicinare il pubblico all’opera: «bisogna il più possibile scrivere come si parla, e non troppo parlare come si scrive» – diceva il critico letterario francese Charles Saint-Beuve – e Antonella Mazza lo fa, nel suo libro.
Questo rapporto colloquiale a volte è interrotto da termini tecnici musicali, ma che risultano comunque comprensibili.
È chiara la volontà della scrittrice di far trapelare dal racconto reale i sogni e le ambizioni dei musicisti e di presentarci il mondo della musica in tutte le sue sfaccettature. Un mondo che ti applaude e ti loda, che ti fa sentire al centro della scena, ma anche un mondo che ti respinge, ti rifiuta e a volte ti sbatte le porte in faccia.

L’inizio e la fine dello “spettacolo”
Nella sua introduzione alla raccolta, Lino Patruno, chitarrista e amico fraterno dell’autrice, ci offre una presentazione della stessa o, meglio, ne fa una descrizione piena di lodi, dipingendola come un mix esplosivo di gioia e vitalità: «il sorriso fa parte del suo Dna», scrive. Ne parla come di una persona che ottiene tanto nella vita, perché lo merita.
Nell’ultimo capitolo invece è Antonella a esibirsi in un assolo. Esclude l’universale per dedicarsi al particolare e chiude il suo libro come se chiudesse un concerto, con i dovuti ringraziamenti: a chi crede che debba solo suonare, a chi pensa che debba scrivere più spesso, a chi la vede indistintamente nelle vesti di musicista e di scrittrice, agli amici, alla famiglia e all’editore che ha creduto in lei.
Ci saluta augurandosi che “lo spettacolo” sia stato di nostro gradimento e ci lascia con un amichevole «a presto!».

Un viaggio tra le note
L’esordiente Mazza, dopo diciotto anni di carriera musicale, decide di condividere il suo percorso con noi, con il pubblico che segue e che non segue i suoi concerti.
Può ritenersi soddisfatta di essere riuscita nell’intento di accompagnarci in un viaggio tra le vie della musica e di aver svelato il mondo dei musicisti spesso ignorato dai nostri orizzonti mentali. Di aver trasmesso al lettore le fatiche, i sacrifici e anche le soddisfazioni di chi, dietro il proprio strumento, cancella per qualche ora la realtà che lo circonda, per ritrovarsi in un’altra dimensione, dove non si sentirà più uno dei tanti tasselli della società, ma parte indispensabile di quel mondo permeato di melodie.
Musicista si diventa solo per passione, solo se la musica è come una droga, solo se le note le senti nel cuore e sei disposto a rinunciare alla solita routine. È questo il messaggio che la scrittrice vuole lasciarci ben impresso nella mente.
La lettura di questi racconti riesce a trasmetterci l’idea che la vita spesso va vissuta come una semplice avventura, come un gioco e – in altri termini – con maggiore leggerezza.
Dovremmo avere tutti forse nella profondità del nostro animo un po’ di sottile autoironia, un minimo di voglia di competizione, per sfidare più spesso i nostri limiti. Non seguire sempre e solo le certezze, ma a volte correre anche dietro ai sogni, crederci e non mollarli: essere un po’ di più simili ai musicisti della strada.

Veronica Grandinetti

[1] - Cfr. Jazzitalia.

(direfarescrivere, anno VII, n. 62, febbraio 2011)
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