Anno XX, n. 220
maggio 2024
 
La cultura, probabilmente
Verso Italia, in tasca soltanto la fortuna.
Donne migranti ucraine raccontano di sé
in “laboratori di accoglienza linguistica”
Storie di partenze, di abbandoni; storie di amicizia e d’amore.
Nella raccolta edita Pungitopo, la politica rea dell’emigrazione?
di Bruno Greco
Le storie dei migranti sono ricche di imprevisti, colorite sfumature di vita e soprattutto lasciano sempre un segno indelebile nell’animo di chi le vive in prima persona. A noi piace sempre ascoltarle come se fossero delle favole cariche di mistero. Attraverso queste, ci rendiamo conto che la maggior parte delle volte si è costretti, per necessità, ad abbandonare ciò che più ci è caro. Ma per fortuna non sempre è così. Per esempio si può diventare migranti anche per l’affascinante gusto di dare una svolta alla propria vita.
Voci di donne migranti (Pungitopo editrice, pp. 80, € 7,00) è una raccolta di brevi storie di donne straniere, quasi tutte ucraine, che si vogliono raccontare esternando brevi ricordi, parlando della nascita di un amore o semplicemente manifestando una piacevole sensazione di affetto che si prova per una persona.
L’idea di fare una pubblicazione di queste storie di vita nasce all’interno di laboratori di accoglienza linguistica, in compagnia di altre persone che, lasciando il loro paese natio, hanno maturato l’esperienza dello star soli, lontano dalla propria famiglia. I laboratori di accoglienza linguistica a Napoli sono dei progetti finanziati dalla Regione Campania dove i migranti trovano spazio per confrontarsi. Per esempio, l’Istituto tecnico commerciale statale “Mario Pagano” di Napoli in collaborazione con il Ciss (Cooperazione internazionale sud sud), nell’ambito del Progetto “Scuole aperte” ha già sperimentato questa forma di accoglienza, riscontrando un successo notevole.
Il cosiddetto “sesso debole” diviene qui la maglia più forte e resistente della catena degli umani.

Situazione politica dell’Ucraina. Un “ipertesto” indispensabile
Partiamo dal 1922, quando l’Ucraina entra ufficialmente a far parte dell’Urss sotto il nome di Repubblica socialista sovietica ucraina. Sotto l’influenza stalinista viene attuata una politica di nazionalizzazione delle imprese agrarie.
Si passa quindi alla deportazione degli agricoltori dissidenti e al conseguente ammasso delle derrate alimentari, causa dell’holodomor ucraino (la carestia che colpì il paese tra il 1932 e il 1933) e della morte di milioni di persone.
Solo nel 1991 l’Ucraina ottiene la propria indipendenza. Le ferite dell’eredità sovietica non si sono ancora rimarginate. Ad oggi, la situazione politica in Ucraina è ancora instabile, soprattutto a causa delle pressioni – sempre di interesse – sia da parte degli Usa che da parte della Russia. Questi i validi motivi per diventare migranti.

Le migranti si raccontano
Il libro Voci di donne migranti è un cofanetto pieno di ricordi. Ma questi non vantano la lucentezza delle cose preziose, piuttosto si confondono con gli oggetti ingialliti dal tempo; esperienze tristi da dimenticare invece che da raccontare. Ma delle volte è necessario parlare di certe cose, soprattutto quando nel credo comune si tralascia di comprendere delle esperienze per metterne in luce altre.
Le donne straniere che qui si raccontano non sono quelle sulla bocca dei più, quelle accusate di fare una vita lasciva e impudica in cambio di denaro (che noi non stiamo qui a giudicare), bensì quelle che entrano nelle nostre famiglie per badare alle persone a noi care.
La raccolta di racconti è distribuita in sei capitoletti. Non compare mai il nome di chi ci offre la sua testimonianza, e le storie che qui si leggono potrebbero appartenere a tutte loro anche perché sono legate da un filo conduttore comune: il primo viaggio verso una terra sconosciuta, l’Italia. Ma il viaggio verso la culla del Rinascimento non si è fatto per diletto bensì per bisogno, con un bagaglio pieno di insicurezza e di imbarazzante difficoltà comunicativa.
Nel secondo capitolo, Ricordo, che è il più lungo della serie, si delinea come premessa la fantasia infantile, periodo in cui ci si accontenta delle piccole cose e si è immersi nel desiderio, che nasce dal gioco, di diventare qualcuno, magari una dottoressa o un’insegnante. Solo questo sogno appagava l’anima, anche perché una mente così libera come quella di una bambina non poteva prevedere tutte le difficoltà che si sarebbero presentate in futuro.
Allora c’è chi ricorda il proprio genitore come una sorta di fantasma, poco disponibile a dedicarsi al ruolo di madre o di padre; c’è chi parla di una realtà mitologica come unico mondo della propria sfera infantile e chi immagina di far parte di civiltà antiche perché completamente assuefatto da quelle letture o dalle lezioni che si tenevano a scuola.
Le protagoniste di questo libro, raccontandosi, scavano nei momenti tristi e in quelli felici della loro infanzia. Stranamente, nessuna delle donne in questione avrebbe mai immaginato di trascorrere gran parte della propria vita in Italia. Ma il caso, per alcune di loro, ha preservato persino un amore inaspettato o una grande amicizia, che rappresentano l’oggetto del terzo capitolo, Zia Frosia e l’amore e l’amicizia.
Alla fine di ogni racconto avviene nel lettore un cambiamento radicale della sbagliata opinione che si ha sugli immigrati. C’è da dire anche che un’organizzata disinformazione contribuisce a fomentare false credenze e ad alimentare la distorta concezione che si ha in generale sull’immigrazione.

Conclusioni tecniche
Voci di donne migranti è un testo molto scorrevole, una lettura abbastanza piacevole, carica di interessanti aneddoti di vita. Molte di queste storie toccano la sensibilità del lettore.
Una parola in più va spesa sulla struttura del libro. Trattandosi di una raccolta di racconti, viene data ai fruitori la libertà di incominciare la lettura anche dalla fine. Ciascuno dei capitoli in cui è organizzato il libro raccoglie un numero diverso di testimonianze. Ad una prima lettura le varie serie di racconti sembrano un po’ disomogenee fra di loro, soprattutto per la scelta di collocare le singole storie sotto un capitolo. Consultando l’indice dei titoli è possibile trovare una congiunzione logica in termini di inizio, capitoli centrali e fine.
Non a caso, infatti, il primo capitolo, chiamato L’italiano senza sforzo, rende l’idea di un cammino linguistico difficile da intraprendere, dove quel “senza sforzo” è il primo desiderio per poter cominciare una nuova esperienza, non avendo ancora trovato familiarità con la lingua.
Subito dopo, con Ricordo, la barriera linguistica non ha più ragione di esistere dal momento che qui v’è “la capacità di raccontare”, e così appaiono regolari anche le altre due serie, Zia Frosia e l’amore e l’amicizia e Arrivo in Italia. Alla fine del libro troviamo Una strana storia e Noi qui, (capitoli formati da un solo racconto e molto più brevi rispetto ai tre precedenti).
Le storie finiscono, riprende la vita monotona e dura di tutti i giorni, con i suoi soliti interrogativi: «Nessuno parla mai di noi. Cosa si può raccontare di una donna che si sveglia alle sette di mattina, si prepara ed esce da casa, perché alle nove deve incominciare a lavorare […] Forse hanno ragione a non parlare mai di noi. O no? Noi qui ci abbiamo provato».

Una donazione per l’attività del Ciss
Il Ciss è un’associazione fondata nel 1985 – riconosciuta idonea dal Ministero degli Affari esteri – che realizza interventi di solidarietà e cooperazione con il Terzo mondo. Ricordiamo che parte del ricavato della vendita di questo libro sarà devoluto alle attività dell’associazione.

Bruno Greco

(direfarescrivere, anno VI, n. 51, marzo 2010)
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