Anno XX, n. 219
aprile 2024
 
La cultura, probabilmente
Va diminuito il differenziale che divide
l’insegnamento scolastico dalla realtà.
I Pon possibile soluzione al problema
L’esperienza di una scuola innovativa che è all’avanguardia
per progettazioni e realizzazioni. Tante luci e qualche ombra
di Annalisa Pontieri
L’adolescenza è un’età naturalmente avida di esperienze di vita vissuta e invece deve fare i conti con l’impegno scolastico, che bene o male occupa tanta parte della giornata di uno studente, e con un fisiologico gap, vale a dire il divario esistente fra l’insegnamento scolastico nelle scuole superiori di 2° grado e le esperienze concrete della vita. Proprio nel fatto che gli studenti spesso avvertono le nozioni scolastiche come astratte e non facenti parte del loro quotidiano, risiederebbe la causa scatenante della scarsa motivazione allo studio e di un mancato successo. Si parlava di un gap fisiologico sì, ma in vorticosa crescita ai nostri giorni; mentre la società si evolve, incalzata dalla tecnologia e da una cacofonia di saperi, la scuola mostra fatica a starle dietro.

I Pon: una politica per la scuola
È qui che entrano in gioco le politiche centrali, che cercano di stare al passo, per offrire un supporto alla scuola nella ricerca di una cura: così dal 2000 l’allora Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca ha schierato in campo una serie di fattori quale il Pon Scuola 2000-2006. Si tratta, come è noto, di un piano di intervento scuola-professioni, cofinanziato dal Fse (Fondo sociale europeo) e dal Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale), che ha come obiettivo inserire – a mo’ di completamento dei corsi curriculari, ma anche a mo’ di implicito indirizzo post scolastico – le professionalità della società civile all’interno delle citate istituzioni scolastiche.
I Pon nascono da quella cultura dell’“intrusione” di cui parlava don Lorenzo Milani, – e che ci ha ricordato il dirigente scolastico, Mario Mazzei, nell’occasione di cui ci apprestiamo a dire – un’azione contrapposta a quella dell’“esclusione”, perché il binario dell’esclusione culturale fa il paio con quello dell’esclusione sociale.
La manifestazione conclusiva di uno di tali segmenti, sviluppati dal Liceo scientifico “Pitagora” di Rende (Cs), si è svolta lo scorso 31 maggio nella stessa città presso il Museo del Presente ed è stata l’occasione per una riflessione sul tema.
Difatti nell’ambito della Misura 3, Azione 3.2 per Prevenzione e recupero della dispersione scolastica di alunni nella scuola secondaria superiore, il progetto si è proposto di rispondere al bisogno degli studenti di renderli partecipi e partecipanti ad attività, che sono integrative e migliorative del curriculum scolastico, alle strategie didattiche, il tutto al fine di generare motivazioni laddove non ci sono, potenziarle laddove sono deboli e accrescere l’autostima dei discenti.
Nello specifico il Pon in oggetto oltre a superare il gap tra realtà esterna e realtà scolastica, tra teoria e prassi, ha immerso la scuola nell’ambiente riconoscendo l’importanza della simbiosi, della sintonia col territorio, e insieme ha anche superato l’antica dicotomia tra i due saperi, umanistico e scientifico. Per questo il contesto in cui si è voluto calare il Pon è stato prima di tutto la natura, libro aperto all’uomo che ha la cura (nel senso latino del termine) di interrogarlo, e poi la Calabria, in un’ottica di passato (nelle arti e mestieri di un tempo) che possa fornire le chiavi per il futuro.

L’esperienza al Liceo “Pitagora” di Rende
Così il già citato dirigente scolastico, Mazzei, le docenti referenti, Carmela Contatore e Giovanna Miccichè, il presidente del Consiglio d’istituto,Vincenzo Vizzari, e alcuni studenti, in qualità di rappresentanti dei gruppi di lavoro, hanno presentato al pubblico presente i tre moduli didattici.
Diversi sono stati i riferimenti alle esperienze vissute. Fra le tante ne evidenzieremo una per ciascuna delle tre citate sezioni.
Per il primo modulo, Un libro, tanti libri, il Libro della Natura. In viaggio alla scoperta degli ecosistemi, la studentessa Pasqualina Porco ha posto in essere un’acuta riflessione su un viaggio di studio a Corigliano Calabro, Rossano Calabro e Sibari. Non ha mancato di sottolineare, anche con innocenza, la delusione di fronte alle rovine di Sibari, «qualche muro, qualche pietra e qualche mosaico» – e, aggiungiamo noi, nessuna indicazione stradale che ne favoleggi a uso e consumo dei turisti più avventurosi –, dove resta da ammirare la natura, che spadroneggia con «il colore rosso dei papaveri, il giallo delle ginestre e l’arancione delle calendule». La delusione si trasforma in sconcerto quando, per raggiungere il centro storico di Rossano, i pedoni debbono percorrere un lungo tunnel maleodorante e inquinato dai gas delle automobili. E la studentessa riflette che tutto ciò per la cittadina non è che un «biglietto da visita negativo».
Accanto alle negative Impressioni di viaggio, come recita il titolo della relazione, convivono però anche quelle positive: la curiosità per il museo della liquirizia e l’azienda Amarelli, una piccola realtà efficiente nell’infelice panorama regionale.
Di analogo interesse le riflessioni di Pierluigi Incutto che, nell’ambito del modulo In viaggio alla scoperta di arti e mestieri, ha raccontato una visita al Museo narrante dell’emigrazione “La nave della Sila” in Camigliatello Silano (Cs). Dopo aver descritto la struttura museale (curata, per conto del Parco letterario “Old Calabria”, dalla prestigiosa “penna” del Corriere della sera: Gian Antonio Stella), si sofferma a ripensare al rapporto fra i nostri emigrati tra Ottocento e Novecento e gli attuali immigrati extracomunitari in Italia, soprattutto a quanto siano vicine e simili le storie di disperazione e speranza racchiuse in uomini e donne separati da cento e più anni di Storia.
Per il terzo e ultimo modulo, citiamo lo studio denominato Calabria ballerina. Terremoti e dissesto idrogeologico. In rappresentanza di tale gruppo ricordiamo la ricerca realizzata da Domenico Gaudio che – richiamando il (tristemente) celebre caso di Cavallerizzo di Cerzeto – ha messo in evidenza come, molto spesso, causa dei tragici disastri naturali non sia tanto la natura quanto il negligente comportamento umano. A dimostrazione di questa verità, si è rintracciata nei secoli passati una lunga tradizione storica di smottamenti, cui si è accompagnata nel tempo anche una tradizione letteraria e antropologica, condita di curiose leggende e divertenti storielle locali, con diversi santi a primeggiare in castighi e miracoli.

Valorizzare attitudini e talenti dei discenti
In conclusione, ci si permetta una riflessione che fa risaltare tra tanta luce anche qualche ombra: spesso un insuccesso scolastico scatena nel soggetto una caduta libera dell’autostima e forse nessuno si preoccupa di spiegare a un ignaro della vita – qual è un adolescente – che non a tutti è dato possedere le stesse capacità, in termini di qualità (non di quantità, dunque). Allora forse queste attività devono e possono, oltre che ingenerare curiositas, che è il motore del Sapere con la esse maiuscola, indirizzare gli stessi discenti a comprendere quali siano le proprie attitudini e i propri talenti e poterli coltivare per spenderli un giorno venturo, risparmiando loro insuccessi universitari e fallimenti professionali.
Perché non c’è niente di peggio di un agnello costretto a cacciare come una volpe... semplicemente non è nella sua natura!
Si tratta di una fattispecie che, nell’applicazione che il “Pitagora” ha fatto dei Pon, non sembra essersi concretizzato. Ma, come si suol dire, è bene – al fine di non cadervi – aver sempre dinanzi agli occhi i rischi nei quali si può incorrere.

Annalisa Pontieri

A. P., esperta di Storia dell’arte, è collaboratrice della rivista www.scriptamanent.net (della quale è responsabile delle sezioni Letteratura ed Editoria varia) nonché coordinatrice della rivista Rnotes. Socia di Bottega editoriale Srl, ne coordina i progetti.

(direfarescrivere,anno II, n. 6, luglio 2006)
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