Anno XX, n. 219
aprile 2024
 
La cultura, probabilmente
La musica: un linguaggio universale,
capace di raggiungere e far vibrare
l’anima di tutti coloro che l’ascoltano
Musicoterapia, per aiutare la coppia a ritrovare l’armonia
attraverso ogni comunicazione, compresa quella erotica
di Emanuela Cangemi
“Breviario” di comunicazione erotica. Romanzo psicologico in chiave musicoterapica, edito da Falco Editore, (pp. 114, € 13,00) nasce per mera protesta. Raccolgo qui, a circa un anno dalla pubblicazione, i commenti e i pareri di quanti, letto il mio libro, hanno voluto riprendere il discorso sul rapporto tra musica ed emozioni, e parlare di musicoterapia.
A mio parere, “quelli”, avevano insultato il concetto di “passione”. La sfida si è dimostrata allettante e stimolante, e, da allieva, ho iniziato a dimostrare.
Io ho percepito l’emozione “offesa”, quando ho letto quello che per “alcuni” è la passione. Forse “questi” non sanno che il termine “passione”, si ritrova nel Sacro e nel profano? Che “ovunque” c’è la sua Musa ispiratrice?
Sono musicista e musicoterapista, mi è bastato pensare alla musica delle sfere o armonia delle sfere: «Teoria in cui simbolismo del numero e teoria matematica delle proporzioni armoniche risultano intimamente legati all’indagine filosofica sull’origine e sull’ordine dell’universo» [1].
E quindi mi sono ispirata, grazie alla grande passione che nutro per la musica e per la musicoterapia, quest’ultima in grado di sostenere la scientificità della musica come terapia, la quale può essere considerata degna terapia riabilitativa e preventiva verso la persona che si ha in cura presso un’equipe socio sanitaria.
Ma ciò che è ancor più significativo per me, è notare, come alcuni tra gli autori che seguiranno, abbiano ampiamente trattato i concetti “emozioni”, “musica” “musicoterapia”, come Antonella Barbarossa, Dario Candela, Rolando Proietti Mancini, Margherita Salvador.
Da “maestrina”, ho criticato il contenuto e la forma dell’idioma erotico edito, critica che viene esplicitata anche dalla Salvador, ma non ho dettato legge o imposto regole, ho solo suggerito un idioma che fosse considerato “passionale” per tutti, mettendo in rilievo il concetto di “piacere”, che deve essere concepito tale, quindi nello stesso modo, da e per ambo le parti, e questo postulato o ipotesi, dovrebbe condurre al concetto di “rispetto”, che si ottiene quando due o più persone si conoscono. Di che mondo e mondo si parli, l’animale sociale per eccellenza si conosce attraverso la comunicazione, che purtroppo, ahimè, sembra essere la “cosa” più difficile a questo mondo. E sul concetto di “comunicazione”, ovviamente, ogni autore esprime un proprio personale parere. Tra loro cito Dario Liguori, Maria Scornaienchi e Rossana Sicilia.
Visto che sono alle mie prime armi ho preferito partire da quella che, apparentemente, dovrebbe essere una conversazione semplice, alla portata di tutti. “Pulsioni”. Anche gli animali percepiscono le pulsioni, proprio come ha sottolineato la veterinaria Anna Rita Palucci, e le pulsioni sono argomento trattato in modo specifico e dettagliato anche da Massimiliano Bruno e Michele Miceli, riferite all’animale sociale per eccellenza: l’uomo. Invece, non è semplice per niente, in quanto si parla intimamente con l’altro soltanto dopo essersi conosciuti. Conoscenza: nome, cognome, età, luogo d’origine, luogo di appartenenza, domande sulla famiglia, sugli amici, studio, lavoro, gusti, costumi, ideali, ecc. Solo se comunichi con l’altro, puoi capirlo, comprenderlo e, magari, apprezzarlo. La comunicazione erotica che viene in seguito, come sottolineano Rossella Altomare e Antonio Ponti, esiste e può essere un utile mezzo, per rendere la coppia più solida e trasparente.
Il mio saggio romanzo è rivolto a tutte quelle persone in grado ancora di chiedere spiegazioni: “Perché ti comporti cosi?” “Che cosa ti ho fatto?” “Perché non percepisco più quello che un tempo sentivo per te?” “Dove abbiamo sbagliato?” Ricordando, però, che “ognuno” è un altro “me” da rispettare.
Ho suggerito un idioma più musicale e poetico, “sensibile”, in grado di stimolare elicitando il lettore.
Probabilmente qui, la mia presunzione: le pulsioni sono cose semplici da attivare, ma le emozioni possono essere capite, quindi spiegate, sentite, quindi comprese.
Non è forse vero che la musica è presente nelle nostre vite? Non è forse vero, che quella particolare musica, canzone, opera ecc. ti conduce a pensare a lei/lui? Non è forse vero che quel particolare testo, quelle parole accompagnate da quella musica, attivano in te/noi, quel ricordo? Perché il ricordo può essere piacevole e poi spiacevole? Perché prima verso lei/lui, sentivo quella particolare sensazione, l’innamoramento che poi diventa amore, e adesso sento rabbia, dolore, delusione, sofferenza , oppure prima era amore e ora è amore incondizionato e quindi sento gioia, entusiasmo, speranza, perdono? Nel testo sono citati cantanti, cantautori, musicisti, librettisti, titoli.
L’interesse del pubblico italiano verso la musica è senz’altro in crescita: proprio per rispondere al fervente dibattito e alle esigenze culturali dei lettori, ho portato a termine una raccolta di saggi musicologici dal titolo Ragionamenti sulla musica nella sua "visione” olistica, di prossima pubblicazione da parte di Sillabe.
Ognuno di noi ha la sua musica preferita, e ogni musicoterapista, adoperandola in terapia, può risollevare lo stato d’animo altrui, rendendolo libero e armonioso. Un grazie sentito va a tutte le figure professionali che hanno relazionato il mio saggio romanzo. Queste persone hanno letto il mio libro, e poi hanno potuto permettersi il “lusso”, di criticarlo. La lettura, che segue, risulterà densa di concetti ma piacevole, in quanto, oltre a dimostrare la scientificità del saggio, nella teoria e nella pratica, vi condurranno a pensare alla comunicazione senza veli, come una “tappa”, importante e significativa della vita di coppia.
L’unico consiglio che mi offro e vi offro, è il seguente: comunicare è importante, solo comunicando conosci e comprendi l’altro.
Quando si scrive, bisogna sempre ricordarsi di rispettare “la parola” nel suo triplice aspetto: anima, testa e cuore; perché noi siamo anima, testa emotiva e cognitiva, cuore e carni pulsanti.

Emanuela Cangemi


Il “fascino discreto” della musicoterapia di coppia
Ho letto attentamente e con grande interesse le pagine che Emanuela Cangemi ha voluto offrire come preziosa testimonianza della sua esperienza professionale e del suo percorso personale umano.
Intendo offrire la mia esperienza professionale da avvocato che, senza dubbio, abbraccia la tematica della vita di coppia, spesse volte causa degli incomprensibili dissidi tra le parti. Esercitare la mia professione vuol dire ascoltare ed affrontare varie ed impensabili problematiche della vita di coppia; problematiche che, agli occhi di noi legali, appaiono risolvibili ma che per i coniugi, non più in grado di comunicare tra di loro, sono irreparabili e insormontabili.
Ormai non esiste più una tappa di crisi matrimoniale (una volta si pensava che, superata la crisi del settimo anno di matrimonio, quest’ultimo diventasse solido ed indissolubile!).
Purtroppo non è così; in questi anni ho dovuto affrontare separazioni di coppie sposate da soli cinque mesi, di coppie sposate da un anno con un figlio appena nato, di coppie sposate da venti anni e anche di coppie che hanno deciso di separarsi dopo quarant’anni di matrimonio.
Il problema principale nella coppia è la totale mancanza di comunicazione.
Emanuela Cangemi, da terapeuta qual è, ha saputo spiegare ed evidenziare chiaramente nel suo saggio che, nella vita di coppia, la comunicazione senza veli è necessaria, importante, meglio, fondamentale.
A tale proposito vediamo come la Suprema corte di cassazione ha affrontato il problema dei rapporti sessuali nell’ambito matrimoniale che, eufemisticamente, la Cangemi definisce “comunicazione senza veli”.
Apparentemente, la legge non si dovrebbe occupare di questioni così personali come i rapporti fisici fra i coniugi; tuttavia così non è, almeno esaminando la copiosa giurisprudenza di merito e di legittimità sul punto. Ovviamente le questioni si sono evolute nel corso degli anni; vale la pena di ricordare (per portare avanti il messaggio che ci vuole offrire la Cangemi) che fino alla riforma del 1975, la posizione della donna appariva di estrema subordinazione.
Per tutti gli anni ’50 i giudici riconoscono l’obbligo da parte della donna di concedersi sessualmente come remedium concupiscentiae a beneficio dell’altro coniuge, oppure nel fine supremo della continuità della famiglia.
La donna adultera, addirittura, veniva punita più severamente dell’uomo a causa di quello che la legge indicava come “differenza fisiologica”; il sequestro di una donna sposata (vale a dire di proprietà del marito) era molto più grave del sequestro di una donna non sposata, la verginità veniva considerata un obbligo morale e la donna smetteva di preservarsi in tale stato solo per trasformarsi in moglie e madre.
In quel periodo era impossibile, naturalmente, parlare di una comunicazione senza veli nella coppia, volendo intendere con tale espressione, come sottolinea Giulia Tedesco nella prefazione del libro, quella caratteristica «comunicazione a livello erotico-passionale che è la base della creazione della fiducia e del rispetto in una coppia».
Secondo l’attuale indirizzo, si ritiene, invece, che il dovere di ciascun coniuge di intrattenere una normale attività sessuale con l’altro, costituisce espressione dell’obbligo di assistenza morale di cui all’art. 143 c.c., oltre che naturalmente conseguenza dell’obbligo di coabitazione, sussistendo il dovere vicendevole di far fronte ai bisogni dell’altro, inclusi quelli di natura sessuale.
In linea teorica, quindi, il rifiuto di un coniuge di intrattenere rapporti sessuali con l’altro, sempre che tale rifiuto appaia privo di giustificazione, può essere valutato ai fini dell’eventuale addebito della separazione, a meno che, come in genere i tribunali ritengono, il rifiuto dei rapporti sessuali altro non sia che una conseguenza ulteriore dell’incompatibilità caratteriale e del fallimento dell’unione, imputabile a tutt’altri motivi, e non la causa della crisi del rapporto.
La giurisprudenza, inoltre, ha sempre chiarito come appaia ingiustificata la pretesa dei rapporti sessuali con estrema frequenza e, ovviamente, costituisce reato penale costringere l’altro coniuge ad avere rapporti sessuali contro la propria volontà, con violenza o minaccia, applicandosi in tal caso le norme in tema di violenza sessuale sotto il profilo penalistico, in quanto non va confuso il diritto alla congiunzione sessuale con l’imposizione o peggio la violenza fisica o morale.
Per capire meglio il concetto, esaminando casi pratici che troviamo nella giurisprudenza di merito (casi affrontati nei vari tribunali italiani) si ha l’occasione di constatare come gli stessi tribunali, spesso, si debbano occupare di fattispecie talvolta grottesche o addirittura comiche.
Simbolico il caso, affrontato dal tribunale di Verbania, di una coppia sposata in cui la donna, casalinga quarantenne, decideva di intraprendere un cammino religioso, che la portava a fare voto di castità. Il marito, un operaio sessantenne, se inizialmente accettava tale scelta, in seguito non riteneva più di tollerare la situazione e si rivolgeva al tribunale chiedendo la separazione con addebito.
Cercando nelle pieghe delle varie sentenze di merito, si scoprono situazioni in cui è la donna che richiede l’addebito della separazione per “un’irragionevole frequenza di rapporti sessuali” e, viceversa, sentenze che addebitano alla donna “un eccesso di pretese sotto il profilo fisico”.
La Suprema corte di cassazione, invece, nel 2005, con sentenza n. 6276, è intervenuta in una singolarissima e paradossale fattispecie di un marito che da ben sette anni, rifiutava di intrattenere rapporti affettivi e sessuali con la moglie per rivalsa, in quanto, la stessa aveva assunto le difese del fratello, in una diatriba in cui il marito era stato coinvolto in violenti contrasti con il cognato, in tema di rapporti economici. Per punire la moglie, di tale indebito in appoggio al fratello, il marito aveva deciso di interrompere ogni rapporto fisico. La Cassazione, tuttavia, ha giustamente precisato che «il rifiuto protrattosi per così lungo tempo, di natura volontaria e non derivante da un’impossibilità oggettiva, costituisce una gravissima offesa alla dignità e alla personalità della partner e provoca un senso di frustrazione e disagio, causa anche di irreversibili danni sul piano dell’equilibrio psicofisico».
Nel rapporto di coppia, pertanto, è necessario capire, come ribadisce Giulia Tedesco nella prefazione, che la differenza tra uomo e donna è sempre stata un punto nevralgico, uno scalino che bisogna imparare a salire e scendere se si vuole una relazione serena e amorevole.
Anche papa Francesco si è espresso su tal punto spiegando che il sesso tra coniugi è «valore, non peso da sopportare».
Nell’incontro dell’8 aprile 2016 il papa sostiene che «abbiamo presentato un ideale teologico del matrimonio troppo astratto». Egli riflette sulla sessualità coniugale e sul matrimonio ed evidenzia come l’idealizzazione sproporzionata di quest’ultimo non abbia fatto sì che diventasse “desiderabile e attraente”, ma tutto il contrario. «In nessun modo – ha scritto – possiamo intendere la dimensione erotica dell’amore come un male permesso o come un peso da sopportare per il bene della famiglia, bensì come dono di Dio che abbellisce l’incontro tra gli sposi”. Quando in una coppia di coniugi si coltiva la sessualità, spiega il Pontefice, è “per impedire che si verifichi l’impoverimento di un valore autentico». Questo concetto si sposa benissimo con il messaggio che ci ha voluto dare Emanuela Cangemi: la passione è amore che ha bisogno di un linguaggio comprensibile per entrambe le parti in gioco, ove l’intento è quello di far sì che possa emergere così come è esplosa tra i protagonisti del racconto, il giornalista Filippo e la psicologa Aurora, che solo alla fine, dopo varie vicissitudini, sono riusciti a rispettarsi e amarsi con “amore”.
Non a caso sono stati scelti i versi del caro Giuseppe Tiano, che con le bellissime similitudini espresse racchiude tutto il pensiero ed il messaggio della Cangemi: «io non sono una pesante catena io non sono la ricchezza o l’ambizione o la potenza o la finzione Io cerco d’esser l’amore».
Da avvocato matrimonialista, mediatore professionale, oltre che da appassionata di musica classica per aver studiato per più di dieci anni il pianoforte, auguro alla Cangemi di poter riuscire a trovare con la musicoterapia, anche uno spazio legale nella mediazione familiare dove si cerca di favorire la cooperazione, la collaborazione e l’empatia nella coppia.
La musicoterapia potrebbe intervenire psicologicamente nella coppia attraverso la musica, il suono e il movimento, tutti elementi utili a facilitare e/o aiutare i coniugi ad esprimere le proprie difficoltà.
Ci tengo a concludere con le bellissime parole di Hector Berliaz, che mi ricordava sempre il mio maestro di pianoforte: «Tra l’amore e la musica c’è questa differenza: l’amore non può dare l’idea della musica, la musica può dare l’idea dell’amore».

di Rossella Altomare, avvocato matrimonialista


Il mistero della chat e del piacere confuso
Agli inizi del ’900, l’utilizzo della musica nella pratica medico-scientifica ha preso il nome di musicoterapia. Si è trattato di esperienze cliniche serie e rigorose fatte attraverso ricerche e metodologie applicative, terapeutiche, mediche e musicali.
Il termine è molto antico, e risale a Pitagora, vissuto nel VI secolo a.C. La sua scuola (fondata a Crotone) sosteneva che la musica potesse curare tutti i conflitti emozionali della depressione, le paure e, aspetto particolarmente importante, la disabilità. In epoca assai antica, la musica e la medicina erano unite in una sola dimensione e avevano un comune denominatore chiamato “igiene mentale”. Furono proprio i Greci a introdurre la medicina di Ippocrate della scuola pitagorica nella musica, attraverso la scala (suoni in successione) detta naturale. Il filosofo Platone, con le idee protese in avanti verso noi figli del Novecento, darà conferma sui princìpi della musica affermando che il ritmo e l’armonia dei suoni accompagnano la nostra vita sempre. L’ultimo grande filosofo della storia greca, Aristotele, dirà che la musica migliora la morale dell’uomo, riduce lo stress d’ansia e trasmette serenità.
Arriviamo all’anno Mille, in cui inizia l’epoca chiamata Medioevo (che dura otto secoli). I monaci, gli unici a sapere leggere e scrivere, per dare buoni effetti terapeutici ai malati di dolori cronici, forti della sapienza antica, usavano composizioni musicali da fare ascoltare ai pazienti come medicina curativa.
Questa è una semplice sintesi storica per capire i vari indirizzi interpretativi che si sono sviluppati poi nel secolo ’900 in Europa e in America con l’utilizzo dei mezzi tecnologici. Cito soltanto le scuole più rappresentative di musicoterapia: la scuola di Boxill, la scuola austriaca di Scholz e quella francese di Leourt. Le caratteristiche in comune di queste scuole sono espresse nel concetto generale che tutta la musica lascia una traccia nel nostro cervello, e che con esperimenti sostenuti dall’impiego dell’alta tecnologia si possono trovare soluzioni adatte per le varie patologie di malattia che investono il cervello umano. Un esempio storico risale al 1995: una equipe di medici studiò le risposte elettroencefalografiche di pazienti facendo ascoltare una famosa composizione musicale del musicista russo Tchaikovsky, intitolata Il lago dei cigni. Concludo con una frase del famoso neurologo Oliver Sacks che, a mio avviso, riassume la breve sintesi storica fin qui condotta: «Il potere della musica come arte curativa è il più completo farmaco non chimico» [2].
Abbiamo visto, ripercorrendo a grandi linee il corso dei secoli, la musica impiegata con finalità capaci di curare dolore e malattia. È ovvio come questo ambito sia enormemente vasto, e sia stato capace di dare nel tempo ottimi risultati. Alla luce però del terzo millennio, le persone sono meno segnate dal dolore e mostrano il bisogno incessante di esprimere sentimenti, emozioni, princìpi di vita personale, sociale e civile in un modo equilibrato e con energie giuste. Ancora una volta la musica ci può aiutare a trovare questo nuovo modello di equilibrio soddisfacente, formulando princìpi ragionevoli da seguire.
La storia di Filippo e Aurora nel romanzo di Emanuela Cangemi è un chiaro esempio della nuova connessione tra musica e risposta a eventi (tipo passione) fra noi stessi. I personaggi del romanzo, infatti, subiscono nel racconto una metamorfosi e ricavano dei benefici grazie all’impatto stimolato dall’ascolto della musica. La vita reale di Filippo, giornalista, diventa, per avere obiettivi, aspirazioni e relazioni d’amore da gestire, la vita “virtuale” della chat. La chat è un risparmio di tempo per conoscere Aurora, rispetto al passato della generazione di suo padre fatto d’incontri e serenate. Sei seduto davanti al computer e puoi impegnarti a creare un “io” virtuale facendo sfoggio della tua cultura. Filippo ama un compositore di nome Giacomo Puccini (autore italiano di opere liriche altrimenti detto “il sognatore”). Perché ama Puccini e non ama Bob Marley? Filippo non sa che c’è una convergenza tecnica: il teatro musicale di Puccini usa un “discorso diretto” - ovvero sono i personaggi stessi protagonisti del discorso sociale a muoversi sulla scena. Il discorso diretto è una caratteristica della personalità di Filippo, prigioniero del proprio linguaggio o gioco interno. Il mistero della chat, nel distacco ludico del virtuale, è il fondo della carne - soltanto nell’incontro reale con Aurora e il sottofondo musicale il gioco ludico potrà trovare il limite estremo dell’amore. L’equazione di Aurora è il sentimento. Ama la musica romantica fatta di melodie d’amore perché sogna una vita semplice che non si può vivere su questo pianeta ormai frutto della civiltà globalizzata. La linea di demarcazione digitale meccanicistica è una perdita della propria cultura e di uno stile di vita. La tecnologia della rete non può governare l’amore e tutte le opzioni relazionali. Tifa anche lei per Puccini il compositore. E le piace la canzone che canta Lui a Mimì nella lingua italiana degli avi “ma che gelida manina se la lasci riscaldare”, tradotta oggi in linguaggio moderno: “dammi la mano raffreddata dall’uso del computer e facciamo conoscenza carnale con il fuoco della passione”. Quando Filippo e Aurora entrano in contatto reale sono danneggiati dalle chat, hanno bisogno di chiarirsi i sensi esteriori del corpo – desiderio - timore e amore (fondo della carne e fondo del sentimento) - ad occhi aperti come una ferita fisica. Lui arsenico, lei miele: la favola delle api in cui si afferma la sofferenza che aumenta in proporzione del proprio egoismo.
Alla fine, non si può che concludere, parafrasando lo scrittore inglese Shakespeare, dicendo che l’amore è cieco.
Questa storia non è una malattia mentale, è un’altra dimensione moderna che comprende una vasta gamma di emozioni. Puoi usare la parola “erotico” e fare sesso in silenzio cercando il piacere e basta. Nel frattempo l’indifferenza e fare finta di non dare importanza a ciò che succede sarà come restare con la fredda manina sotto il fuoco dello stress. Allora, laddove l’eros smarrito ha reso possibile la chat tra Filippo e Aurora, è pur vero che proprio la musica, di grande aiuto ai due, nella tribolazione e travaglio del riconoscersi, ha reso possibile ricostruire l’arazzo complesso della coppia, coronato dal lieto fine. Grazie alla musica curativa, dunque, l’amore non muore mai. Malessere o no, e qui concludo, la musica da breviario moderno della Cangemi, è il nuovo Tao musicale-terapeutico che può aiutare a ritrovare significato e bisogno di unione come in una fiaba in cui trionfa la felicità dell’amore sulla precarietà della vita.

di Antonella Barbarossa, direttrice d’orchestra


Gli aspetti erotico-comunicativi nella coppia
La ricerca di un nesso comune tra la mia professione, professore di Scienze motorie, ed il Breviario di comunicazione erotica, per quanto possa essere semplicemente riconducibile all’atto stesso del comunicare, inteso come qualsiasi forma di espressione che il corpo permette, prende spunto dal romanzo stesso.
Vengono citati, infatti, due brani musicali, due canzoni. Una di queste recita: «Il mio cuore si ribella a te, ma il mio corpo no…», da Minuetto, magistralmente interpretata dalla nostra cara Mia Martini, ma che deve la sua stesura al mitico “Califfo”, ovvero Franco Califano.
Il brano dà infatti lo spunto necessario, la contezza, di come il linguaggio e l’espressività corporea rivestano un ruolo determinante nella comunicazione, anche, meglio, soprattutto, in quella erotica, dove la corporeità, che si nasconde nell’interazione tra mente e corpo, riveste un ruolo predominante e determinante.
Basterebbe solo il titolo di questo libro per dar vita a un dibattito infinito sul tema dell’opera. E mi auguro sia chiaro ai più, che qui non si discute di erotismo, di sesso o dei due protagonisti; l’autrice, infatti, attraverso le esperienze di Aurora e Filippo e per mezzo delle loro vicissitudini, professionali prima e personali poi, centra in pieno una questione che è alla base di ogni tipo di relazione, di rapporto personale e interpersonale, di coppia o di gruppo.
L’enciclopedia Treccani la definisce, in senso lato o generico, come il comunicare, il trasmettere qualcosa ad altri; in senso proprio, come il rendere partecipe qualcun altro di uno stato d’animo, di un pensiero o di un’idea; più astrattamente, come relazione complessa tra persone che istituisce, tra di esse, dipendenza, partecipazione e comprensione.
Come è noto, la comunicazione non è solo verbale, anzi questo aspetto ricopre una minima parte dell’atto del comunicare. Buona parte, la si esprime con atti para verbali (inflessioni, tonalità della voce) e non verbali (gesti, posture e atteggiamenti).
Partendo da questo assunto è facile ipotizzare come spesso le parole espresse con la voce, che sono le più fruibili e gestibili a livello comunicativo, possano essere in disaccordo non solo con il nostro corpo ma addirittura finanche con le nostre idee.
Il successo, in una relazione sentimentale, amorosa, passionale, sociale, professionale, è legato al grado di intesa che si instaura fra le parti. La necessità di aprirsi all’altro, di riflesso, è direttamente proporzionale al successo a cui la relazione può tendere.
Diciamolo chiaramente: le parole mentono, il corpo no! O per lo meno, è molto più difficile e complicato farlo mentire. Il corpo e il suo linguaggio, molto più che le parole, subiscono l’emotività che è propria di ciascuno di noi. In una relazione, soprattutto se intima, questo prima o poi prenderà il sopravvento su qualsiasi frase, discorso o ragionamento proposto, che non rispecchi realmente quel che si prova o si pensa.
Le parole si possono gestire a proprio piacimento, ma il linguaggio non verbale e para verbale potranno, in qualsiasi momento, tradire le nostre voci.
Avere un’intimità tale da riuscire ad aprirsi interiormente all’altro, non potrà che giovare a quest’aspetto, rendendo la gestione del corpo molto più semplice e arrivando a trasmettere, attraverso lo stesso, anche all’altro, quel senso di appartenenza, di intesa e di intimità vera, in grado di aumentare la complicità tra i soggetti, in tutti i suoi aspetti, compreso quello erotico-sessuale.
Non è questo il luogo, dove poter fare “buon viso a cattivo gioco”, perché prima o poi, “i nodi verranno al pettine” e non si ci “potrà nascondere dietro un dito”. Si sta analizzando, nello specifico, l’aspetto comunicativo all’interno di una coppia, ambiente che dovrebbe essere intriso di fattori comunicativi importanti, forti, decisi e chiari.
Evidentemente, se siamo qui a discuterne, non è così!
Il partner dovrebbe essere la più alta espressione di interfaccia per i nostri pensieri, per i nostri sentimenti, per il nostro “io”, ma quante volte questo realmente avviene?
L’espressività corporea, nell’intimità, è ancora più esplicita, ma allo stesso tempo più vulnerabile.
Violentare il nostro corpo, o meglio la nostra corporeità (corpo e mente), non potrà che influenzare negativamente le relazioni con gli altri, a partire da quella con il nostro partner. Più riusciamo ad aprire la nostra mente e a manifestare le nostre pulsioni, al fine di esporre le nostre idee, più il nostro corpo sarà accomodante e più facilmente gestibile anche in situazioni che di per sé potrebbero sembrare o risultare effettivamente imbarazzanti.
Aurora e Filippo ci aprono la mente, non verso una pratica sessuale, ma verso un modo di vivere, un modo di essere condivisibile e soddisfacente: l’esteriorizzazione delle pulsioni erotiche.
Preconcetti e falsi moralismi possono solo mettere a rischio le nostre relazioni!
La struttura anatomica che gestisce le pulsioni è quella del sistema limbico, in se stesso funzionalmente unitario, ma eterogeneo da un punto di vista anatomico (porzione encefalica mediale di telencefalo e diencefalo di entrambi gli emisferi). Esso controlla le emozioni e le loro interazioni con il sistema nervoso autonomo, quindi con le attività viscerali. Il complesso delle sue funzioni risulta assai elaborato, poiché comprende attività psichiche oggettive, manifestazioni di comportamento sociale ed espressioni ancestrali legate alla predazione, al corteggiamento, al desiderio sessuale o libido.
La libido, propria dell’essere umano, è stata oggetto di analisi già dai padri della psicoanalisi. Secondo Sigmund Freud, si tratta di una forma di energia vitale che rappresenta sia l’aspetto psichico della pulsione sessuale (non intesa come eccitamento in senso fisiologico) sia l’investimento di se stessi.
Con Carl Gustav Jung il concetto si evolve assumendo un significato più ampio: la libido è intesa come energia psichica in generale, come impulso non inibito da istanze morali etiche o di altro genere.
In sessuologia, la libido raffigura il desiderio sessuale, su cui influiscono fattori nervosi, emotivi e psichici e che non corrisponde all’effettiva capacità sessuale del soggetto. Anche la Who, o Oms, si preoccupa di questo aspetto, definendo la salubrità sessuale come uno stato di benessere fisico, emozionale, mentale e sociale.
Riuscire a interpretare, a condividere e a comunicare queste pulsioni non può far altro che migliorare lo stile di vita proprio e della coppia, nonché lo stato di salute fisico e mentale, riducendo stress, ansia e dolore; quest’ultimo inteso in senso fisico, somatico, legato all’istaurarsi di tensioni muscolari, che sono alla base di diverse algie, riferibili a livello della testa, del collo, delle spalle, della schiena e del rachide, dando vita ad una escalation sintomatologica che può assumere caratteri devastanti.
In questo frangente, le potenzialità della musicoterapia possono essere messe in risalto. Attraverso l’impiego di specifiche tecniche, che non spetta a me individuare ed esplicitare, va ad agire direttamente sulla causa di questi stati emotivi di tensione, che si ripercuotono sul fisico, assumendo per l’appunto caratteri psicosomatici, individuando ed intervenendo sulle cause e non sul sintomo. La musicoterapia permette, infatti, di comunicare, con l’aiuto del terapeuta, attraverso un codice alternativo rispetto a quello verbale, utilizzando il suono, la musica, il movimento per aprire canali di comunicazione ed una finestra sul mondo interno dell’individuo. È attiva stimolazione multisensoriale, relazionale, emozionale e cognitiva. È impiegata appunto per prevenzione, ma anche come riabilitazione e sostegno al fine di ottenere una maggiore integrazione sul piano intrapersonale e interpersonale; mira quindi a migliorare l’equilibrio e l’armonia psico-fisica.
Basta seguire il giusto canale comunicativo (e per definizione la coppia dovrebbe essere favorita), per coinvolgere e coinvolgersi, accantonando reticenze morali inutili e deleterie, dando spazio alla propria corporeità, naturalmente nel rispetto altrui, condividendola ed essendo pronti ad accettare e ad accogliere quella del partner.

di Massimiliano Bruno, professore di Scienze motorie


La creazione dell’armonia fra musica ed erotismo
Fra musica ed erotismo possono esserci grandi legami e grandi distanze.
Se è vero che il significato di armonia, dal greco, ci conduce al concetto di “unione”, e che la direzione stessa del linguaggio musicale, ancora dai greci, si focalizza su due momenti della metrica, “Arsis e Thesis”, i quali, nella loro più estrema sintesi di tensione e distensione hanno guidato la musica (quella occidentale) verso i vertici erotici più intensi e appaganti (perché più vicini all’umanità) del Romanticismo dell’Ottocento; è anche vero però che la musica in quanto summa delle Arti (come Emanuela Cangemi fa notare) e il suo potere, sono essenzialmente evocativi (ed in ciò risiede la maggior forza della sua comunicazione).
La musica si limita a “suggerire”; essa è lontana anni luce da qualsiasi compromissione sessuale esplicita, specie da quelle del linguaggio scritto o parlato.
Eppure la musica (non quella moderna perché soggetta più al mercenario che all’ispirazione) può essere l’arte più libera e comprendere tutto: il poetico, il divino, l’osceno e il diabolico, senza freni e senza inibizioni, senza timore di censure e auto-censure.
La comunicazione, su cui pone l’accento Emanuela Cangemi, nel suo Breviario di comunicazione erotica, è giustamente l’anello che può unire, “armonizzare” l’esperienza di una coppia nella sua vita emotiva e sessuale, con una sperimentazione musicale, a patto che si lascino aperte, in entrambi i termini di questo parallelismo, le imprescindibili varianti dell’imprevedibilità e del contrasto.

di Dario Candela, pianista e docente


Lo “spazio virtuale” della comunicazione erotica
Questa mia esposizione non vuole essere una recensione di un libro: non ne sarei capace; oltretutto, le categorie tipiche dei critici letterari non le posseggo. Pertanto, mi limito a lasciare una testimonianza, partecipata e vissuta con gioia.
Ho avuto il privilegio di assistere alla gestazione del romanzo di Emanuela Cangemi, seguirne le intuizioni, ascoltare le sue riflessioni, i suoi dubbi e le sue certezze.
All'inizio credevo si trattasse di un sogno molto difficile da realizzare, non conoscevo ancora bene la sua personalità, la incoraggiavo a non desistere e non mi rendevo conto di avere di fronte a me una donna volitiva, forte e concentrata, solo apparentemente docile, e qui le sue origini calabresi avrebbero dovuto essere per me un indizio da non trascurare, senza cadere nella retorica e nello stereotipo.
Nel giro di qualche settimana, l’autrice aveva già tratteggiato il suo progetto, messo a fuoco la trama ed evidenziati i presupposti e le implicazioni.
Per me è stato sorprendente seguire la sua metodologia, per molti versi lontana dal mio modo di approcciare alla costruzione delle forme stilistiche e a quella degli eventi narrativi. Le prime bozze già mi sembravano complete, la descrizione psicologica ed introspettiva dei personaggi più che correttamente delineata.
La cornice scelta per la descrizione della trama non è di per sé nuova, non è l’elemento prioritario, tuttavia, la modalità adottata nell’uso della chat richiama il problema della comunicazione sociale ormai imperante e tanto invadente negli ultimi anni; e lo scambio di opinioni e di pensieri tra i due personaggi, apparentemente così distanti, rappresenta con grande dinamicità e realismo il clima d’intimità che piano piano stabilisce nuove gerarchie nelle vite di Aurora e di Filippo.
Il fatto che la relazione tra linguaggio e realtà sia molto complessa è uno dei principali motivi per cui le scelte dei due interlocutori, durante la codifica, hanno un effetto così forte sull’azione di strutturazione dell’esperienza ad opera del linguaggio.
La Rete come luogo di nuove comunità, nello stesso modo in cui, nel celebre romanzo Luce virtuale di William Gibson (1984), uno dei “padri” della letteratura cyberpunk, il ponte di San Francisco, una struttura civile creata con la funzione di permettere l'accesso alla città, diviene il luogo di residenza di una popolazione eterogenea che vi si insedia.
Da luogo della comunicazione a luogo della comunità, spazio virtuale abitabile; la psicologa ed il giornalista sembrano davvero occupare un luogo meta-comunicativo virtuale, ma che definirei quasi materiale, tangibile all'interno di uno “spazio psicologico”. I due sperimentano, consciamente o inconsciamente, la sensazione di entrare in uno spazio ricco di significati e propositi. Non si guardano negli occhi e pertanto nessuno li abbassa.
Nella sua umiltà, Emanuela mi chiedeva addirittura di correggere ed intervenire sul testo; cosa che obiettivamente ho ritenuto fosse inutile dato che la “cifra” di uno scrittore è unica: ogni parola, ogni punteggiatura, lo rappresentano ed esprimono, comunicano la sua essenza. Bontà sua si considera mia allieva, le sue grandi doti sono l'umiltà e la curiosità con le quali si orienta nel vasto mondo e, con quei suoi occhi incantati, si è messa ad osservarsi intorno con spirito critico ed occhio indagatore.
Un romanzo sulla comunicazione interpersonale nell'era della discomunicazione imperante, un romanzo che affronta le tematiche della comunicazione amorosa attraverso la ristrutturazione del codice passionale. E poi, le parole dell'amore e dei sentimenti rivisitate e ricostruite come se fossero state pronunciate per la prima volta. Sembra questo l’elemento che sta più a cuore all’autrice: esiste un linguaggio adeguato e al tempo stesso moderno e sempiterno per esprimere l’erotismo? E quali sentimenti sottendono questa attività umana così importante eppure troppo spesso sottaciuta per pudore, per vergogna? Emanuela qui esprime il suo personale punto di vista; come donna, donna del sud, anche se giovane colta e piena di interessi, sembra quasi tradizionalista, non volendo nettamente separare la fisicità dal sentimento, lasciando intendere chiaramente che il gioco amoroso non si esaurisce in sé, ma è parte di un sentimento più potente alla cui base ci sono l’affetto, la complicità e il rispetto.
Un saggio o un romanzo? La Cangemi è stata molto brava a non demarcare eccessivamente il confine, lasciando una doppia chiave di lettura che a me personalmente, da studioso dei fenomeni comunicativi, intriga parecchio. Metafora anche della nostra relazione epistolare che al di là dei ruoli specifici, e forse proprio grazie a questi, mi offre una terza possibilità di decodifica, del tutto personale ed autonoma.

di Dario Liguori, docente di Sociologia della Comunicazione e Metodologia Didattica


Analisi musicoterapica del Breviario di comunicazione erotica
Riteniamo sia importante definire, ai fini dell’esposizione, il termine “emozione” riportando la definizione che dà Umberto Galimberti nel Dizionario di psicologia (1997): «Reazione affettiva intensa con insorgenza acuta e di breve durata, determinata da uno stimolo ambientale. La sua comparsa provoca una modificazione a livello somatico, vegetativo e psichico. Le reazioni fisiologiche ad una situazione emozionante investono le funzioni vegetative come la circolazione, la respirazione, la digestione e la secrezione, le funzioni motorie tramite un’ipertensione muscolare e quelle sensorie con vari disturbi alla vista ed all’udito. Le reazioni viscerali si manifestano con una perdita momentanea del controllo neurovegetativo con conseguente incapacità temporanea d’astrazione dal contesto emozionante. Le reazioni psicologiche si manifestano come riduzione del controllo di sé, difficoltà ad articolare logicamente azioni e riflessioni, diminuzione della capacità di metodo e di critica».
Com’è noto, la regolazione e rielaborazione delle emozioni coinvolgono diversi aspetti (cognitivi, espressivi, fisiologici) dell’esperienza emotiva; è pertanto plausibile considerare i cambiamenti che si osservano nella regolazione emozionale come indicatori del più generale cambiamento che si realizza in particolari contesti.
Regolare le emozioni vuol dire, quindi, far sì che queste possano essere presenti in schemi cognitivi più sofisticati e forniscano alla vita cosciente una nuova dimensione qualitativa.
Risulta essenziale, data la difficoltà della regolazione, fornire strumenti atti al riconoscimento di una determinata emozione (attraverso gli elementi sensoriali), in modo da collocarla possibilmente in un “alfabeto emozionale individualizzato” da riproporre ed utilizzare in altri contesti.
Rifacendoci alla classificazione dei livelli emozionali del disabile grave elaborata da Moretti e Cannao (1982), riportiamo fedelmente le definizioni degli autori: La disciplina emergente della musicoterapia clinica si basa sui seguenti presupposti: - un superamento della dicotomia mente-corpo;
- un occuparsi non solo della persona francamente malata ma anche della persona “sana”, con finalità preventive ma anche di consolidamento del “benessere” che viene sempre più inteso sia come diritto individuale che come dovere sociale, tanto che è stato aperto un dibattito mondiale sull’inserimento del livello di benessere degli individui nel famigerato Pil;
- un considerare con particolare attenzione la dimensione culturale del soggetto, ritenendola un aspetto determinante, e non secondario, per la persona e presupponendo l’idea che ognuno di noi sia costantemente in relazione dinamica con più modelli culturali;
- un considerare, sempre come punto di partenza, una visione ecologica del soggetto, sia unitaria che molteplice, la quale non possa prescindere anche dal sistema complesso di relazioni in cui la persona vive.
Bisogna considerare, dunque, “necessaria” l’osservazione di questi quattro punti per migliorare la qualità della vita delle persone, facendo leva, nello stesso tempo, soprattutto sulle risorse e competenze proprie del soggetto nella loro accezione più ampia. In quest’ultimo ambito è importante ritenere la “creatività” come una caratteristica universale delle persone e dei gruppi, non prerogativa di esclusivo appannaggio di pochi privilegiati “artisti”.
Emerge, nello sviluppo del Breviario, una relazione che evolve prevalentemente a livello verbale, anzi esclusivamente attraverso la scrittura in chat, pratica diffusa attualmente che risente come è noto, del fattore velocità e del gioco intrigante e inquietante basato sulla non presenza, pur nella contemporaneità.
Ciò determina una distorsione della realtà, sostituita dall'immaginazione positiva o negativa, che sollecita spesso la necessità dell'incontro di verifica.
Infatti, nella comunicazione siffatta non emergono: gli approcci di contatto fisico; gli avvicinamenti di prossimità; gli elementi di gestione spaziale; l'aspetto esteriore; l'attitudine a cambiamenti finalizzati di postura; i cenni intenzionali del capo; l'espressione finalizzata del volto; i gesti significativi; gli ornamenti del corpo; la focalizzazione dello sguardo; le preferenze sensoriali; la sensualità; il dialogo sonoro verbale e preverbale; l'apposizione di tracce ambientali; lo schema corporeo; l'espressione delle emozioni; il comportamento di riposo; la percezione del contesto; l'atteggiamento di ascolto; il ritmo della persona; la sua melodia nel verbale; la sua reazione al canto; la sua reazione ai rumori; la sua reazione alle musiche; la sua reazione all'arte; la sua reazione di fronte agli eventi; i parametri degli eventi sonori; la sua capacità di attenzione; la sua motricità in musica; le sue reazioni sensoriali alla musica.
Tutto ciò si innesca, invece, quando Aurora e Filippo si addentrano nel non verbale per caso, per stanchezza, per motivazione, per esplorazione, facendo cadere le corazze intellettuali e professionali per riacquistare la propria essenza di persone espressive nella totalità dell'abbraccio tenero e affettivo.
In questo la musica ha un valore centrale e, in particolare, la sua funzione terapeutica e del suono (associata agli altri stimoli sensoriali), intesa come protesi comunicativa, rappresenta una sorta di l’arca di Noè nel diluvio comunicativo verbale innescato dai due. Si dimostra così, ancora una volta, che la comunicazione non è di per sé un valore se non associata all’espressione e alla gestione emozionale.
L'ambito non verbale è un mezzo rilevante per facilitare l’espressione delle emozioni. É nel particolare contesto non verbale che emergono gesti, vocalizzi, sguardi, movimenti, sentimenti che “fuori del palcoscenico” rimangono sopiti, insabbiati, a volte appena sussurrati.
Il non verbale (seppur nei suoi limiti) fornisce all’individuo un’opportunità indiretta di comunicazione, meno rischiosa (nei confronti della realtà diretta e parametricamente determinata) della comunicazione lineare. Quest’ultima può generare ansia, timore dell’errore e rifiuti (nella dinamica tra emittente e ricevente).
Nei giochi dei ruoli e nella tecnica improvvisativa, la coppia può esplorare comportamenti nuovi, senza assumere immediatamente la responsabilità dell’azione comunicativa finalizzata ad una presa di posizione.
La necessità di fornire questa naturale ed essenziale “protesi” comunicativa ci induce a proporre, a volte, un’esperienza specifica che potremmo definire “percorso musicale e sensoriale finalizzato all'espressione e alla gestione delle emozioni”.
Tale scelta scaturisce da una duplice necessità:
- facilitare il riconoscimento di alcuni segmenti emotivi (isolamento, rifiuto, riconoscimento, accettazione, incontro);
- facilitare il contatto e la comunicazione profonda.
La coppia, durante la fase di esplorazione, programma i ruoli, la partecipazione e la “partitura non verbale”.
L'attività di esplorazione si realizza anche attraverso una serie graduale di stimolazioni sensoriali (uditive, tattili, olfattive, ecc.).
Nel percorso di ognuno, emergono, nelle rispettive aree sensoriali, ricordi, sensazioni piacevoli e spiacevoli. Dopodiché, in base ai dati raccolti si descrive la “mappa sensoriale” che costituisce la base per la conoscenza completa.
A ciò si aggiunge l’utilizzazione di ambienti, indumenti, truccature e proposte sensoriali. Ci si impegna ad amplificare emotivamente la relazione attraverso l’uso di sostegni sensoriali evitando di saturare gli analizzatori, supportati da musiche, luci, movimenti ed espressioni adeguate, al fine di permettere la massima espansione emotiva. In questo modo si esplica la possibilità di una comunicazione intesa non esclusivamente verbale, ma lineare, digitale, razionale.
Nello svolgersi del non verbale i singoli hanno lo spazio e la possibilità di esprimere il proprio coinvolgimento. Da una fase di particolare attenzione e timidezza (spesso mascherata da sicurezza) rispetto alla proposta, si passa gradualmente ad una messa in gioco. Questo è auspicabile per tutti coloro che hanno difficoltà ad entrare in un’atmosfera mimico-giocosa.
Riteniamo, infine, importante sottolineare alcuni concetti:
- La comunicazione non verbale è caratterizzata da una tecnica improvvisativa (non da un’improvvisazione generica), nella quale molti elementi mimici, comportamentali, gestuali, musicali, sensoriali, stimolano un processo graduale comunicativo di fiducia.
- La coppia si impegna, così, a impostare i primi elementi di un “alfabeto emotivo condiviso” vero e proprio, riproponibile nelle varie situazioni simili, allo scopo di ampliare la sua possibilità espressiva e comunicativa.

di Rolando Proietti Mancini, musicoterapista clinico e presidente del Consiglio unitario musicoterapisti italiani


Chimica e natura sono le fondamenta dell’amore sensuale
Numerosi sono gli studi compiuti dal 1954 sulla sessualità di coppia e sui disturbi della sessualità; tali studi hanno ben definito ormai in modo alquanto dettagliato le fasi della risposta sessuale nell’uomo, cioè l’'insieme dei fenomeni fisici e psichici che avvengono nel corpo umano in seguito ad uno stimolo erotico e che comprende 4 fasi: eccitamento; plateau; orgasmo; risoluzione.
Altrettanto ben conosciuti e classificati sono i disturbi della sessualità.
Fin qui nulla di trascendentale, solo pura scienza; ma cosa c’è dietro lo stimolo erotico? Cos’è il desiderio sessuale, che nel suo libro, Breviario di comunicazione erotica, Emanuela Cangemi chiama “pulsione”? Ebbene, anche in questo caso la scienza e la ricerca ci illuminano; tutto inizia dal cervello emozionale: il sistema limbico, quando proviamo un’emozione e ci stiamo innamorando, produce un neurotrasmettitore, legato a sensazioni di piacere ed euforia, la dopamina, che sollecita il desiderio e rallenta la produzione della sostanza che lo inibisce, la serotonina; si ha anche una riduzione della produzione di endorfine da parte dell’ipotalamo. Contemporaneamente, aumenta la produzione di una molecola che regola il sistema ormonale riproduttivo: il GnRH.
E non solo, anche la fedeltà, la monogamia, l’affetto in un rapporto di coppia, sono stimolati e rafforzati da risposte chimiche ormonali; infatti, si assiste alla produzione dell'ormone ossitocina, che stimola sentimenti di tenerezza e calore, e anche di vasopressina, ormone collegato alla memoria, che spinge alla fedeltà e alla monogamia. Ovviamente occorre lavorare duro affinché ciò duri nel tempo: la fiducia reciproca e la volontà di superare gli ostacoli inevitabili sono i presupposti per un rapporto stabile e duraturo. Ancora una volta la chimica ci spiega tale fenomeno; infatti, se esistono i presupposti, come nelle coppie più solide, la vicinanza fisica, non solo sessuale, stimola il neurotrasmettitore endorfina, una sostanza con effetti simili agli oppiacei che riduce l'ansia e infonde un senso di calma e di intimità; se, invece, ciò non accade si assiste alla rottura del rapporto.
Dobbiamo quindi supporre che tutto sia spiegabile con la chimica?
Se ricordate bene, tutto inizia con un’emozione: senza l’emozione nessuna sostanza viene prodotta dal nostro corpo e nessuna reazione a catena potrà mai realizzarsi. Evitando di addentrarci in elucubrazioni filosofiche, morali e religiose, cerchiamo di spiegare, ancora con la scienza, che il nostro encefalo è effettivamente trivalente, vale a dire che disponiamo di tre cervelli in uno: quello più antico è l'ipotalamo rettiliano, una struttura primitiva che controlla gli istinti della nutrizione, della lotta, della fuga, della riunione in branco e dell’attrazione sessuale, responsabile dell’innamoramento; il secondo è il sistema limbico, che presiede alle emozioni come speranza, ansia, rabbia, comunicazione, affetto e amore tipico dei mammiferi superiori; in fine abbiamo la neocorteccia, la struttura più complessa del cervello umano, sede della ragione, responsabile del pensiero astratto e del ragionamento logico che ci permette di filosofeggiare, scrivere e progettare. La neocorteccia, in altri termini, è responsabile dell’amore duraturo.
Bene, abbiamo trovato una spiegazione, sembra tutto chiaro; d’altra parte, questo è il grande dilemma dell’uomo: dare ad ogni cosa un senso, cercare di capire l’insondabile. La scienza va avanti e nei secoli abbiamo fatto passi da gigante; ora possiamo capire Filippo, il giornalista della storia di Emanuela Cangemi, personaggio intelligente, colto, vivo nel significato più alto del termine. Filippo accetta la sua natura umana: la vita è questa e bisogna viverla pienamente in ogni suo aspetto, compreso quello sessuale; anzi, la sessualità è per Filippo, scrittore di testi erotici, il simbolo della vita stessa. Ciò non vuol dire che egli non provi emozioni di natura diversa; al contrario, avverte tante pulsioni ma, semplicemente, le accoglie e da esse si fa coinvolgere tuffandosi in quel mare di ormoni e neurotrasmettitori che le governano; il resto viene dopo.
Ad Aurora tutto questo non basta: lei è una psicologa e come tale scava nella mente umana; per lei l’istinto primordiale che spinge l’uomo a fare sesso non può prescindere dal rispetto reciproco, e tale rispetto passa attraverso la comunicazione sincera e senza veli dei propri bisogni.
Ad ogni modo, il sesso è parte della nostra vita e di questo sia Aurora che Filippo sono pienamente consapevoli; l’uomo si estinguerebbe senza di esso.
Il susseguirsi delle religioni, dei costumi e delle vicende umane, nel corso dei secoli, ha attribuito al sesso scopi e significati diversi: il sesso è per sua natura un fatto piacevole, poiché se non lo fosse nessuna specie animale lo praticherebbe, andando quindi incontro all’estinzione. Il fatto che l’uomo abbia piena coscienza di ciò, non deve far bandire il sesso esiliandolo nei recessi più pudici della mente; al di là del proprio credo, di qualunque religione o morale un individuo si professi seguace, solo una mente piccola, che non può essere quella umana, non riconoscerebbe l’uomo come la parte di un tutto che vive vibrando sulle note della stessa melodia.

di Michele Miceli, medico anestesista


La naturalezza dell’erotismo non finalizzato alla procreazione
Nel titolo, Breviario di comunicazione erotica, è proprio il termine “erotica”, che non abbiamo il coraggio di pronunciare, ad attirarci facendoci fare voli pindarici, ma nello stesso tempo facendoci girare lo sguardo dall’altra parte; perché le pulsioni sessuali sono immanenti nella natura umana anche se devono rimanere un bisbiglio.
Eppure il sesso racchiude la vita, è il punto cruciale dell’esistenza!
Il fine ultimo di qualunque specie vivente è riprodursi per assicurare un futuro ai propri geni e in tal modo essere immortali di generazione in generazione.
Molti esseri viventi, e la maggior parte delle piante, non hanno bisogno del sesso: sono in grado di generare copie identiche di se stessi in maniera asessuata.
Nella stragrande maggioranza degli animali, invece, il sesso esiste: occorrono due individui della stessa specie ma di sesso diverso per generarne un altro!
Nella mia professione di medico veterinario, il sesso è all’ordine del giorno: i montoni saltano le femmine, le capre sono in calore; gli animali compiono l’atto sessuale nella più completa spontaneità e incuranti dell’ambiente circostante; l’atto sessuale è un fatto assolutamente naturale, è un bisogno fisiologico al pari del sonno, dell’atto di respirare o del nutrirsi. E ci si ritrova a parlare di vagina e di pene alla stessa stregua in cui si considerano stomaco e orecchie; nessuno scandalo!
Se invece il soggetto è l’umana specie, allora si risvegliano fra gli interlocutori sentimenti contrastanti di imbarazzo, curiosità e bramosia fino alla sacra interdizione.
Soffermiamoci un attimo a riflettere e cerchiamo la parola “uomo” sul dizionario della lingua italiana: biologicamente parlando, uomo è il termine con cui si indicano tutte le specie di “mammiferi primati ominidi” appartenenti al genere homo che comprende un’unica specie Homo sapiens, caratterizzata da stazione eretta, pelosità ridotta, mani con pollice opponibile, grande sviluppo del cervello e complessità del linguaggio.
Alla grande famiglia degli ominidi, tuttavia, appartengono altri generi che comprendono numerose specie di gorilla, scimpanzé e oranghi; inoltre, nell’ordine dei primati rientrano praticamente tutte le scimmie.
Dunque l’uomo è un animale e, aggiungo, è un “animale sociale” al pari di molti altri. Cerchiamo qualche altra definizione e troviamo: uomo quale essere cosciente e responsabile delle proprie azioni. L’uomo si riconosce come individuo.
E gli altri animali?
É stato dimostrato che gli elefanti si riconoscono allo specchio e gli scimpanzé hanno molte personalità. Non è solo istinto, anche gli animali hanno emozioni, sanno bene chi sono, hanno coscienza di sé e degli altri e sanno bene come comportarsi nel loro contesto sociale. D’altra parte, è ormai risaputo che gli animali sono esseri senzienti, consci di ciò che accade attorno a loro, e coscienti di sé come individui. Tutto ciò è ufficialmente riconosciuto nella Dichiarazione di Cambridge sulla coscienza degli animali.
Bisogna quindi dedurre che anche negli animali il sesso è un atto cosciente?
Noi esseri umani, si sa, facciamo sesso non solo per procreare ma anche per provare piacere; ebbene, alcuni ricercatori hanno scoperto che varie specie di scimmie, animali dalla vita sociale molto complessa, fanno sesso anche quando è impossibile che questo conduca alla procreazione, per esempio quando le femmine non sono fertili, oppure tra esemplari adulti maschi ed esemplari femmine ancora troppo giovani per riprodursi, e anche tra esemplari dello stesso sesso. Perciò non vi è dubbio alcuno: esiste un piacere sessuale anche fra gli animali.
Tutto ciò potrebbe essere spiegato con la teoria dell’evoluzione: siccome per crescere e moltiplicarsi una specie deve fare sesso, la natura ha fatto in modo che avvenga provando piacere in maniera tale che si continui a farlo.
Ma questo non potrebbe essere valido anche per l’uomo? Probabilmente sì.
Filippo, uno dei protagonisti del libro di Emanuela Cangemi, conosce bene l’importanza dell’erotismo nella relazione di coppia; egli è convinto che la comunicazione sessuale sia di fondamentale importanza tra due persone. Filippo è istintivo; per lui l’erotismo, non quello pornografico ma quello sano, è passione; la fisicità è il mezzo per esprimere le proprie emozioni in una relazione di coppia.
Aurora, l’altra protagonista, mette al primo posto la passione; per lei le pulsioni sessuali sono solo un traguardo che deve essere conquistato attraverso l’amore e il rispetto dell’altro; Aurora ama con la mente e con il cuore ancora prima che con il corpo. Aurora e Filippo sono i due aspetti dell’animo umano; da sempre l’animale uomo si interroga sul significato della propria esistenza e, nella continua ricerca di se stesso, sente il bisogno di comunicare e di dare un senso alle proprie azioni.
La natura impone regole il cui fine ultimo è la sopravvivenza della specie, l’immortalità; ma per l’animo umano il rispetto, la fiducia e l’amicizia prescindono da tali regole.
Nell’epilogo, Aurora e Filippo si innamorano; la pulsione e la passione si incontrano; alla fine la cosa più importante è aver imparato a comunicare, giacché comunicare è sentirsi l’uno nello spirito dell’altro.

di Anna Rita Palucci, medico veterinario


La complicità immanente nella comunicazione erotica
Emanuela Cangemi, che conosco da tempo, mi ha chiesto cosa pensassi del suo Breviario. Spero di avere colto, almeno in parte, il suo messaggio.
Il Breviario di comunicazione erotica appare come un breve viaggio, intriso di malintesi e confondimenti, che dalla reciproca diffidenza di genere, dall'ancestrale impulso di prevaricazione che pervade ogni rapporto umano, in primis quello erotico, e da cui nasce il bisogno di elaborare un codice di comunicazione, porta alla destinazione della negazione di ogni sovrastruttura comunicativa e, saltando a piè pari secoli di malcelate ipocrisie, giunge anche alla destinazione della liberazione di ogni forma comunicativa quando in grado di creare simbiosi, complicità e reciproco soddisfacimento.
Mi sembra pertanto che il Breviario voglia dire che non esiste “breviario di comunicazione”, o meglio non esistono artifici in questo scambio, ma che la comunicazione tra individui e a maggior ragione quella erotica, esiste, a dispetto di ogni condizionamento, solo quando gli individui, nel loro intimo, sentono di volerla.
Infine, l'uomo è un animale sociale: quando sente il bisogno di costruire codici di comunicazione è perché ha creato intorno a sé un ambiente che non gli è proprio.

di Antonio Ponti, medico in dermatologia e malattie veneree


L’importanza delle percezioni sensibili nella comunicazione erotica
Questo bellissimo romanzo ci insegna, tramite la sua appassionante lettura, come il dialogo e la comunicazione erotico-passionale siano essenziali per creare quell’empatia, quella giocosità, quella vicinanza emotiva e quella fiducia che ci fanno sentire al sicuro in una relazione di coppia e fanno sì che la fiamma della passione divampi e rimanga viva col passare del tempo.
Nella letteratura erotica viene spesso potenziato l’aspetto descrittivo del puro e crudo atto sessuale, senza dare importanza ai sensi, alle percezioni, a quella parte sensuale che arricchisce le emozioni degli amanti e le amplifica, finendo per far sprofondare nel loro ruolo anche il lettore.
Come ci fa notare giustamente l’autrice, l’erotismo non si limita al puro aspetto fisico e carnale, ma diventa anche sensualità, musica, poesia. Ed ecco che a completare l’aspetto maschile fortemente legato all’azione, alla fisicità e agli aspetti più impulsivi, si aggiunge anche quello femminile, più legato all’amore, ai sensi e ai sentimenti.
Nell’avvincente narrazione, che porta il lettore a seguire il concatenarsi degli eventi senza distrarsi un attimo dalla lettura, vediamo come il dialogo dia voce appunto a questi sentimenti, alle pulsioni più profonde e nascoste, alle passioni e alle paure inespresse che covano dentro ad ogni individuo, dando loro libertà di esprimersi. Le rigidità si trasformano in armonia. Il muro di ghiaccio dei pregiudizi cade e gli amanti abbassano rispettivamente la guardia per lasciare spazio alla spontaneità, all’amore incondizionato e alla passione. Filippo e Aurora, i personaggi principali del romanzo, rispettivamente giornalista e psicologa, hanno il compito di redigere insieme un saggio erotico. «Passionale […] – puntualizza Aurora, con fare deciso, all’apprendere tale proposta» – Perché secondo la sua concezione, il saggio è finalizzato alla ricerca di un linguaggio consono alle coppie che dia voce alle loro emozioni. Il linguaggio che i due ricercheranno è infatti passionale e non volgare, in quanto deve dar voce alle emozioni e alla sensualità degli amanti, al di là della mera descrizione del puro atto fisico.
All’inizio il compito non è semplice. Aurora si pone in maniera brusca e inflessibile, un po’ come una maestrina simile alla Signorina Rottermeyer di Heidi, ed è ostinatamente orientata alla ricerca di un linguaggio che sia espressione di anima, cuore e mente dei protagonisti; mentre Filippo si pone con fare maschilista e spavaldo, dando predilezione alle descrizioni più fisiche, grette e carnali dei fatti sessuali dei personaggi.
Tra i due si crea uno scontro estenuante che va in crescendo, dove nessuno vuol cedere e ognuno vuole avere ragione rispetto all’altro. Nella ricerca di un linguaggio caldo che crea vicinanza ed empatia, si imprigionano nell’errore spesso vissuto da molte coppie nella realtà: vengono presi in gabbia dall’orgoglio, dalla mancanza di ascolto nei confronti dell’altro e dall’ostinazione di rimanere arroccati sulle proprie posizioni.
Ma come riusciranno i nostri personaggi a spezzare questo circolo vizioso, che è la gabbia mortale di molte relazioni, per fare la prima mossa fuori dalla guerra creata dal loro stesso ego? Come potranno finalmente avvicinarsi l’uno all’altra e riuscire a comunicare in maniera da poter creare quell’armonia, quell’empatia e quella mutua accettazione necessarie per dar vita alla fiamma ardente della passione e dell’amore incondizionato? Questo romanzo è semplicemente avvincente, appassionante, avvolgente! Un ricettario completo che ha in sé tutti quegli ingredienti che sanno fungere da ispirazione per le coppie che desiderano scoprire il segreto per creare e mantenere vivo il loro rapporto. Come ci insegnano i personaggi del Breviario, il dialogo e la comunicazione sono la base del successo in ogni relazione d’amore. Senza di essi la relazione ristagna, smette di evolvere e muore.
Un dialogo che, come la musica, si muove sulle onde di tante note colorate che cambiano, che diventano piccanti e sensuali, calme e pazienti, passionali e impazienti, che vanno in crescendo, adagio, con tono allegro, andante, in diminuendo
Ogni variazione è permessa, purché sia un dialogo caldo che dà voce alle note del cuore. Questo crea sensualità. Questo arriva dritto al cuore dell’amante che riceve la musica e la contraccambia. Non solo. La musica e la poesia diventano talmente vitali, che le note createsi arrivano anche al cuore del lettore.
Comunicazione sincera, aperta e vera, che eliciti tutte le emozioni in uno spazio di sicurezza e di fiducia, dove nessuno si sente giudicato o criticato dall’altro.
Ogni ingrediente che si aggiunge alla ricetta dell’erotismo è vivamente apprezzato, purché ci siano alla base il rispetto e l’accettazione del fatto che siamo umani.
Non ci sono emozioni discordanti nella musica. Ogni nota in più si integra nell’armonia del tutto, se invece di essere respinta viene riconosciuta e accettata.
Il “viaggio” che la storia di Aurora e Filippo racconta, coinvolge e avvolge pienamente i sensi…

di Margherita Salvador, scrittrice, interprete e traduttrice


Breviario di comunicazione erotica
Per un semplice complimento fatto, all’autrice Emanuela Cangemi, sul contenuto del suo libro, e per una domanda che l’autrice mi ha posto mi sono ritrovata a scrivere una breve relazione.
La domanda è stata la seguente: può questo libro essere consigliato in una scuola superiore? Naturalmente la domanda non è stata posta a caso, essendo la sottoscritta docente di letteratura italiana e storia nella scuola secondaria di II grado.
Il libro è scritto con semplicità, chiarezza, eleganza e con acutezza nei contenuti (sono proprio un’insegnante).
È un libro che pone in primo piano la comunicazione, ma gli alunni, se non guidati, ne coglieranno solo l’aspetto che concerne il sesso e l’erotismo, magari, sostenendo che il testo utilizza parole volgari, benché questo sia uno dei problemi che più li riguarda da vicino e ne vorrebbero discutere. Spesso, nella mia lunga carriera, mi sono trovata ad affrontare l’argomento sia prendendo spunto dall’autore oggetto di studio, sia da un film visto insieme agli alunni o dalle domande poste dagli stessi, il più delle volte non in modo esplicito ma tramite battute poco adeguate, diciamo pure poco eleganti.
Sono, però, curiosi di sapere e di conoscere. E allora è facile accostarsi all’argomento. Difficile è parlarne apertamente, perché noi docenti non siamo del tutto preparati, in quanto l’argomento è negato dalla scuola, noi abbiamo i nostri tabù che ci sono stati trasmessi attraverso l’etica della “buona morale”.
La scuola, lo si dice da anni, dovrebbe essere il luogo adatto per educare gli adolescenti sul sesso, ma ancora oggi non è così. Molti autori della letteratura italiana e non, attraverso le loro opere, affrontano il tema sessuale, e gli alunni, insieme a noi, li approfondiscono. Molte discipline potrebbero concorrere in tal senso perché si occupano di studiare il linguaggio del corpo, come siamo fatti, degli organi che costituiscono il corpo, della creazione dell’uomo.
Bisognerebbe, dunque, essere sincronizzati così come per gli altri argomenti: magari attraverso un libro consigliato, fuori da quelli della lista scolastica, e questo di Emanuela potrebbe esserlo, per prendere spunto e fare una bella lezione, prima sulla comunicazione, e poi sull’importanza del sesso e sul concetto di erotismo.
Il libro, come dicevo all’inizio, è scritto con semplicità, e come sostiene Giulia Tedesco nella prefazione al testo, si fa un po’ più forte solo in alcuni momenti che ritengo possano essere proposti agli alunni con tranquillità, dopo averli preparati in modo adeguato alla lettura dello stesso.
Gli adolescenti hanno bisogno di chiarezza, di concretezza e soprattutto di conoscenze, conoscenze che possono avere dai genitori, ma che devono ricevere soprattutto dalla scuola. Non è certo facile, ma mettendo in risalto il ruolo dell’uomo e della donna come entità che si integrano e si completano per la procreazione, ne scaturisce anche il concetto di piacere che l’uomo e la donna provano nell’unione fisica.
Il libro di Emanuela, che attraverso il personaggio di Aurora parla di Anima-Mente-Corpo, potrebbe essere quello giusto per avviare gli alunni verso la scoperta e la conoscenza del loro corpo ma anche del piacere che esso può dare.
L’argomento, naturalmente, è molto delicato, intimo direi, ma gli adolescenti devono conoscerlo per poter vivere una vita di coppia serena e per fare esperienza sessuale-erotica con il proprio partner senza cercare altrove quello che, a volte, è negato nella stessa coppia, e che vieta di usare un linguaggio che potrebbe produrre solo piacere, ma spesso, ritenuto “volgare”.
Naturalmente se le parole citate dalla scrittrice, rifiutate finanche dalla protagonista Aurora, vengono pronunciate fuori da quei momenti intimi che coinvolgono anima e corpo, risultano volgari e poco rispettose nei confronti della partner, nel contesto “coppia affiatata” fanno forse piacere, e aiutano a creare complicità naturale e rafforzativa per i due. Dico non a caso “nei confronti della partner” perché la donna, in tempi antichi, doveva solo suscitare (ed oggi in molti casi non è cambiato niente) piacere, senza provarlo. Il sesso per lei era solo dovere, e consisteva nel sottomettersi all’uomo. Contemporaneamente, la donna della coppia doveva essere rispettata e non bisognava andare al di là della “morale”, quindi guai a usare parole che potessero provocare erotismo, sarebbero state volgari. Perché? Perché non siamo educati al sesso, figuriamoci all’erotismo!
Ecco il ruolo importante della scuola: insegnare agli alunni a porre domande, a confrontarsi, a non avere vergogna di chiedere e di voler conoscere quello che è parte integrante di sé stessi e di ognuno di noi. La scuola, attraverso discipline come le scienze, le scienze motorie, la letteratura, la filosofia, la religione e così via, e anche attraverso docenti preparati, può fare un ottimo lavoro. Non è facile, ma bisogna pur cominciare, e insieme ai soliti libri di narrativa e di storie adolescenziali e di attualità si può includere il libro della Cangemi, che partendo dalla comunicazione in senso lato arriva a parlare della comunicazione del corpo nella coppia, nei momenti intimi; argomento importante e attuale che viene spesso escluso perché ritenuto “impropriamente” volgare. Non dobbiamo farcene una colpa ma dobbiamo reagire e provvedere alle nostre mancanze.
Proponiamo il libro nella scuola e facciamolo non solo leggere, ma anche studiare, spiegando l’importanza della vita di coppia e dei benefici che essa trae da una sana vita sessuale… e allora concludo con una bellissima e significativa frase: «pensa alla persona che ami, chiudi gli occhi e abbandonati» [3].

di Maria Scornaienchi, professoressa di Letteratura italiana e Storia


Un’esegesi filosofico-letteraria del Breviario di comunicazione erotica
In primo luogo, voglio complimentarmi con Emanuela Cangemi per questo lavoro che presenta le caratteristiche di un saggio, perché l’esposizione degli argomenti risulta essere sviluppata con un taglio scientifico.
In riferimento alla natura di questo genere letterario, vorrei citare il romanziere e saggista statunitense David Shields, il quale sostiene che attraverso la scrittura di un saggio l’artista, all’interno del proprio lavoro, riesce a frantumare “pezzi di realtà” sempre più grandi, utilizzando citazioni, appropriazioni, così da ottenere la vendetta del reale adoperando qualsiasi mezzo necessario; realizza la somma di un gran numero di frammenti concreti, raccolti semplicemente, che lascia vibrare uno accanto all’altro, organizzati per scatenare un significato, quindi un messaggio, un atto del comunicare. A questo punto entriamo in quello che immagino sia stato il percorso e lo stimolo che ha ispirato la Cangemi nel comporre il testo in questione.
Mi piace citare, a questo proposito, una frase di John Hoyer Updike, uno dei grandi narcisisti che hanno dominato la narrativa americana del Dopoguerra.
La frase recita così: «Ovunque uno si trovi e per quanta illuminazione ci sia intorno, comunicare con gli altri è veramente difficile».
Proprio la constatazione di queste difficoltà ha spinto molti studiosi a porsi domande e a cercare risposte, nonché ad elaborare tesi e, appunto, saggi per affrontare le questioni riguardanti la comunicazione. In questa direzione si è mossa Emanuela Cangemi con il suo Breviario di comunicazione erotica. Romanzo psicologico in chiave musicoterapica. Bisogna premettere che l’uomo è un animale sociale che parla, che vive nel linguaggio. Quest’osservazione è alla base di tutta la filosofia, da Platone a Heidegger. Ancora oggi non si è cambiata idea rispetto a questa intuizione iniziale, però si inquadra il linguaggio in una categoria più ampia e relativamente nuova: quella, appunto, della comunicazione. La comunicazione è ovunque, a un livello sub-linguistico e cioè nei gesti più semplici, nelle espressioni che condividiamo con il mondo animale. La comunicazione si colloca anche ad un livello sovra-linguistico e cioè nell’arte, nella politica, nella musica, nell’urbanistica delle città, nella letteratura, nel cinema, in Internet.
Il linguaggio è, insomma, solo una parte, anche se certamente dominante, della comunicazione. Si può pensare a una triplice definizione della comunicazione, in quanto tre sono i livelli che riguardano il coinvolgimento comunicativo. Tale coinvolgimento si deve intendere come un cerchio che circonda sempre ogni essere, come una rete che unisce ogni essere agli altri, come uno sguardo che interroga e interpreta il mondo. Il primo dei tre livelli è il cerchio, e cioè consiste nel fatto che la nostra umanità, nella sua totalità, si deve realizzare solo all’interno di una “sfera discorsiva”, all’interno dell’ambiente comunicativo in cui siamo inseriti. Il secondo livello si riferisce alla rete e cioè alla sfera della comunicazione che ogni essere costituisce continuamente attraverso le relazioni, attraverso la costruzione di scambi. Ogni atto di comunicazione è destinato a qualcuno e si traduce nel dialogo. Il terzo livello riguarda lo sguardo. L’atto del comunicare impone a ogni essere di interpretare i gesti comunicativi ai quali si è esposti, così da dare ad essi delle prospettive e delle finalità; si tratta di costruire letteralmente il nostro mondo, composto dalla cultura, dalle grandi narrazioni e dai meccanismi collettivi di interpretazione del reale.
Quando si parla di comunicazione si accetta e si comprende che il solo fatto di condividere con altre persone un luogo, un oggetto o una idea richiede lo scambio continuo di vari messaggi. Questo scambio si realizza tramite il linguaggio verbale, e cioè la parola, e attraverso il linguaggio non verbale e quindi la musica, la pittura, la fotografia ecc.
La comunicazione si realizza ogni volta che una persona trasmette informazioni a un'altra attraverso lo sguardo, i gesti, la voce, utilizzando cioè, oltre alla voce, uno o simultaneamente diversi indici non-verbali. Se c’è chi comunica, di conseguenza c’è un essere che riceve il messaggio e che dunque percepisce un’emozione. L’emozione è una complessa catena di eventi che si scatena attraverso la percezione di uno stimolo e termina attraverso l’interazione tra l'organismo e lo stimolo, l’impulso che ha dato avvio alla catena delle sensazioni. L’emozione è un’esperienza che si scatena nella psiche del singolo, è determinata da uno stato fisico e psichico particolare, definisce e delinea un complesso di segnali che si manifestano attraverso uno stato di felicità, di sorpresa, paura, tristezza, rabbia, disgusto, disprezzo, interesse. Questi segnali si mostrano attraverso il corpo e cioè attraverso l’espressione del volto, con lo sguardo, attraverso la complessità di un gesto, nella postura, e ancora attraverso il tono di voce.
La Cangemi, tramite l’elaborazione di questo suo lavoro, è riuscita, con profonde capacità, a compiere una costruzione lessicale chiara e concreta, a stimolare la riflessione e ad accompagnare il lettore verso un percorso contornato da una serie di interrogativi, dilemmi e dubbi che riguardano l’eros. È riuscita a proporre, attraverso un intenso interscambio verbale incastonato nella sfera psicologica, due posizioni contrastanti che richiamano e ripropongono le specificità femminili e maschili. Un uomo, Filippo, e una donna, Aurora, attraverso la comunicazione che si distende sul piano erotico-passionale avviano il loro processo di conoscenza e percezione dell’altro. I due si scontrano, si stimolano, si sottopongono ad analisi introspettive e alla fine si avvicinano all’amore. Attraverso l’elicitazione riescono ad estrarre, con domande che spesso esprime Aurora, suggerimenti, informazioni o frammenti di informazioni che poi attraverso un’evoluzione induttiva entrambi riescono a collegare, a coordinare, a confrontare, così da avviare il processo di comprensione dell’altro, anche sul piano erotico-passionale.
Secondo quanto suggerisce l’autrice, attraverso l’elicitazione, si riesce a rendere consapevole il lettore, si riesce a stimolare chi recepisce il messaggio della scrittura. Nello specifico, si può notare, attraverso il racconto dell’autrice, come uno dei due protagonisti, Filippo, venga stimolato e pungolato a riflettere su ciò che già conosce sull’amore, così da potere innestare nuovi input verso una conoscenza più profonda e più intensa del sentimento e diffondere un messaggio diverso e rinnovato.
In definitiva, la Cangemi – attraverso lo svolgimento del suo saggio imperniato sul dialogo che intercorre tra Filippo, il giornalista che sa gestire e sfruttare la parola e possiede i codici del linguaggio, e Aurora che, da psicologa, è in grado di comprendere le verità nascoste della psiche e sa quali stati d’animo ed emozioni si debbano comunicare, – è riuscita a vivacizzare efficacemente la discussione tra i due protagonisti, estrapolando pregiudizi, paure, atteggiamenti, ambizioni e propensioni che caratterizzano il rapporto fra due esseri umani che provano dei sentimenti reciproci, come è il caso dei due personaggi. Non si può non accennare ai passi in cui l’autrice lascia entrare fra gli argomenti dei due interlocutori la musica. Individua un legame che intercorre fra la musica e le emozioni. Leggere parole intrinsecamente “musicali”, in quanto emettono un suono piacevole, contribuisce ad innescare la sfera delle emozioni. Un linguaggio piatto, senza armonia e senza melodia intralcia l’attivazione del processo che accende la sfera emozionale e al contrario non favorisce il processo di elicitazione, non stimola l’attività cerebrale, fondamentale nella percezione delle emozioni, lasciando primeggiare gli input e le semplici pulsioni istintive, che sono comunque alla base del processo sentimentale.

di Rossana Sicilia, docente universitaria di Storia


Autori vari

[1] AA. VV., L’ Universale, Musica, vol. 13, Garzanti, Milano, 2005, p. 579.
[2] O. SACKS, Musicofilia, Adelphi, Milano, 2010, p. 522.
[3] E. CANGEMI, “Breviario” di comunicazione erotica, Falco editore, Cosenza, 2016, p. 13.

(direfarescrivere, anno XIII, n. 139, agosto 2017)
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