Anno XX, n. 219
aprile 2024
 
La cultura, probabilmente
La storia della grande forza d’animo
di un uomo impegnato nella battaglia
di giustizia in un piccolo paese corrotto
Da Tabula Fati, un intenso romanzo che dà speranza e
che insegna a credere e a saper scegliere nella realtà odierna
di Gabriella Zullo
«Saro, il dottor Rosario Sanfilippo, sindaco del paese, si fermò sui gradini assaporando e immergendosi nelle balsamiche pregnanze dell’ambiente e nella distensiva visione del paesaggio. Era innamorato del suo paese, si riteneva privilegiato per essere nato e per vivere in un posto come quello. Diceva sempre che Dio aveva creato quei luoghi a modello dell’Eden spendendo l’estro della sua vena poetica e scrivendo con il cesello l’elegia all’armonia e all’incanto del Paradiso». Capo di Cana è una terra felice, baciata dal mare del centro Italia, e Saro «il medico più apprezzato e benvoluto del paese». È iniziata la primavera ed è una giornata come tante altre, ordinaria e tranquilla: il passaggio all’uscita di scuola di Giuliano, il pranzo dai nonni, Rachele, sua moglie, impegnata con gli scrutini dei suoi studenti. L’auto di Saro guida quasi da sola: sa già la strada che deve percorrere. Poi una sosta al passaggio a livello. Arriva una moto. Due sconosciuti. Uno dei centauri scende, si sgranchisce le gambe. Si volta verso l’auto in sosta di Saro; suo figlio è seduto affianco a lui. Estrae un fucile a canne mozze. Neanche il tempo di finire il respiro appena iniziato, di capire cosa stia succedendo, per darsi un pizzico sulla pancia e realizzare che non è un sogno. Dura un attimo: il treno passa sui binari e nello stesso momento un proiettile arriva dritto alla testa del medico. Un uomo buono, che non si è mai macchiato di nessun crimine. Un’anima leale, onesta, altruista. Forse troppo per vivere ancora in quel mondo. E in questo mondo, quello vero, fuori dal romanzo, c’è ancora spazio per gli uomini come lui?
Il miracolo di Cana. I talenti di Giuliano (Solfanelli-Tabula Fati, pp. 240, € 17,00) è un romanzo che dà speranza in un momento storico politicamente disilluso e sfiduciato. In quest’opera, nata in collaborazione con Bottega editoriale, Vincenzo Musarella racconta la storia di Giuliano, un homo novus che sconfigge corruzione e criminalità organizzata riportando la “primavera” in un paese, Cana, ormai caduto nell’immoralità e deturpato da un’urbanizzazione incontrollata. Fenomeno, quest’ultimo, cui assistiamo ogni giorno, a partire dai piccoli comuni italiani, e che cela intrighi e complotti di potere.

Consigli per la lettura
Prima di iniziare la lettura, si consiglia ai gentili lettori di intendere la località di Capo di Cana come metafora del nostro Belpaese, l’Antistato, e dei personaggi politici corrotti che confabulano con mafia e simili. Giuliano, invece, uomo coraggioso e altruista, è l’emblema di tutti coloro che ogni giorno lottano per rendere questo Paese migliore e assicurare un futuro alle nuove generazioni. Cominciate fin da ora a credere che una svolta è possibile e che il “male”, in qualsiasi forma e colore vogliate intenderlo, si può sconfiggere. Bisogna crederci fino in fondo. Come Giuliano.

L’autore
Vincenzo Musarella è nato a Villa S. Giovanni nel 1938. Avviato agli studi di specializzazione in Elettrotecnica e dirottato poi su quelli di Tecnica commerciale, ha conseguito il diploma di ragioniere. Iscritto al primo anno di Economia e Commercio, ha interrotto gli studi per occuparsi a tempo pieno dell’attività lavorativa nell’azienda familiare. Già autore di Misi misi (2008), rieditato poi con il titolo Geenna (2010), nello stesso anno pubblica anche Lena, una turpe storia tra Scilla e Cariddi e L’ascesa di Veneranda.

La trama: l’importanza di una scelta
La storia inizia con la morte dell’eroe: un uomo ligio al dovere, medico altruista, politico integro, attento ai bisogni della gente e della sua terra, con un forte credo e una profonda fede. La trama è allusiva fin dal principio: presenta una situazione idilliaca e armoniosa, il cui perfetto equilibrio viene sconvolto dall’omicidio a sangue freddo di quello che sembra essere il protagonista – non a caso è il primo personaggio che ci viene presentato. Giuliano, il figlio adolescente, è lì e subito dopo lo sparo perde i sensi. Accorrono nonno Bruno e altri paesani. Erano quasi arrivati alla Tigna, la proprietà di campagna portata avanti dai nonni materni. Rachele, la moglie, straziata dal dolore, si affida alla misericordia di Dio, prega per trovare la forza di allevare da sola Giuliano. È lui il vero protagonista della storia. Dopo il liceo segue le orme del padre, onnipresente nei suoi sogni, nei suoi pensieri, in tutta la famiglia. Continua a essere un esempio per ognuno di loro, specialmente per il figlio.
Durante il periodo universitario, costellato di successi e risultati eccellenti in ambito accademico e politico, Giuliano incontra una famiglia che vive secondo il credo e i valori cristiani e gli offre amorevole ospitalità. Il suo carissimo amico Jacopo lo rende infatti parte della sua famiglia lì a Roma, dove entrambi studiano. La madre di quest’ultimo, Anna, si innamora poi di Giuliano. Un’infatuazione che non si consuma ma ringiovanisce la passione e il desiderio della donna, forse repressi da troppo tempo. Suo marito Giustino è un grande cardiologo che seguirà la formazione dello stesso Giuliano.
Durante una vacanza a Cana insieme all’amico, Giuliano si rende conto che quel paradiso terrestre, la sua terra, ormai è solo un malinconico ricordo. Cana è governata da criminali, politici corrotti, architetti e ingegneri disonesti, spacciatori, usurai. Insomma, il mondo di oggi, quello fuori dal libro. Fin dai tempi del liceo, da quando i collettivi studenteschi occupavano le scuole per difendere i propri diritti durante il ’68, Giuliano si è sempre interessato alle problematiche attuali. Anche durante i suoi studi romani non aveva smesso di interessarsi alla crisi economica del Paese e in generale alla cosa pubblica. Era diventato, grazie alla sua carismatica dialettica, un vero leader, uno dei maggiori rappresentanti del movimento democratico della Crisalide. Arrivato il momento di scegliere, aveva finito anche la specialistica in Cardiologia e il suo futuro sembrava già scritto. Aveva la porta aperta verso una carriera invidiabile: sarebbe diventato un medico di successo e avrebbe avuto una posizione di massimo prestigio con il padre di Jacopo, il suo professore. Ma Giuliano amava la sua terra, la sua famiglia, la sua gente. Doveva tornare a casa e sistemare quella terribile faccenda di corruzione, soprusi e ingiustizie che stava distruggendo Cana. Contro tutti, Giuliano combatte la sua battaglia e la vince. Come? Solo il romanzo ve lo può svelare. Si tratta di una scelta. E tutta la storia, non soltanto in questo romanzo ma anche nel mondo reale, è fatta di scelte.

I personaggi: tra romanzo e realtà
Saro: «Era il medico più apprezzato e benvoluto del paese, svolgeva la sua professione con moderna competenza, con umiltà e attenzione ai bisogni dei più poveri e disagiati, con l’autentico spirito cristiano che era alla base della sua formazione giovanile. Quando occorreva, comprava di tasca sua, per i malati indigenti, le specialità non prescrivibili e anticipava le spese di ricovero nelle cliniche a pagamento». È il personaggio che spiega tutto e grazie al quale tutto si compie. Giuliano continua la sua opera, si affida alla sua guida, prende coraggio. È il motore della sua scelta e, grazie alla sua fine, la storia ha inizio. Rachele e Florinda, rispettivamente madre e moglie di Giuliano, sono l’emblema dell’amore vero, quello cristiano, senza peccato né malizia.
Una scelta audace, quella di Musarella, poiché i personaggi, e in particolare le figure femminili, non rispecchiano i canoni e le abitudini della nostra società: oggi non esiste più l’ideale della donna angelo, l’emancipazione della donna le ha restituito libertà, consentendole di fare carriera nel lavoro. La donna di oggi non si ritroverebbe forse in queste idealizzazioni e, in generale, la società moderna non corrisponde a tali canoni. Ormai è ufficialmente riconosciuta la sinonimia tra religione-Dio e chiesa-istituzione e tra fede e bigottismo. Tutti termini dal significato diverso ma che, specie per i giovani, rientrano in uno stesso universo di pensieri e immagini. Difficile da accettare e da credere. L’autore, prima ancora dei suoi personaggi, ha rischiato e ha scelto una strada difficile da percorrere. Una figura contraddittoria è quella di Anna: personaggio secondario, che occupa poco spazio nel racconto, è la madre di Jacopo, che accoglie Giuliano in casa come un figlio, ma poi se ne innamora, compromettendo così, come succede sempre, quell’innocenza e quella perfezione utopiche che forse possono esistere solo nel romanzo.
«Giuliano aveva preso il posto del marito, era riuscita a sdoppiarsi, era l’altra Anna, quella che riparava nel segreto della fantasia immaginando la bocca di Giuliano sulla sua, che si imporporava vagheggiando la carezza delle sue mani, che ardeva figurando di unirsi nell’amplesso alla sua giovane carne. […] Povero Giustino, con la sua integrità evangelica si era dato il compito di tutelare l’uomo che invaghiva la sua donna e alimentava suggestioni di infedeltà. E lei lo aveva già tradito, idealmente era una moglie fedifraga, gli aveva messo le corna virtuali e meditava di renderle concrete».
Ma di un mondo che giudicheremmo ipocrita nella nostra realtà, che ormai è tutta scoperta e svelata, che si è già macchiata del peccato di lussuria, di corruzione, che è già tutta “sopra le righe”, che conosce ogni forma di dipendenza e di eccesso, un giovane cosa se ne fa? Difficile parlare di redenzione. Quello che manca ai giovani non è solo credere che un Dio esista, ma che ci sia semplicemente qualcosa in cui credere. Dopodiché potrà esistere un Dio anche per questa sventurata e disillusa gioventù.

Uno stile molto originale
Risulta insolito se paragonato alla paratassi semplice che tanto piace alla letteratura moderna e che spesso si muove con la velocità frenetica della routine, al ritmo spezzettato degli articoli di giornale. Qui invece c’è la lentezza del periodare ridondante. Senza dubbio sono particolari e inusuali gli scarti lessicali che donano al testo originalità e una musicalità cui le orecchie dei lettori moderni non sono sempre abituati. Gli anni Duemila sono quelli in cui chi scrive ha bisogno di rappresentare la realtà per quella che è, di fotografare l’attimo; perciò la scrittura deve andare veloce, alcuni dettagli si perdono, molte descrizioni diventano inutili, il tono da magister risulta troppo spocchioso e moraleggiante. Non è visto di buon occhio colui che dispensa consigli. Ma Vincenzo Musarella rompe tutti gli schemi: il suo è uno stile ricercato che richiede attenzione.

Alcuni spunti su cui riflettere
1. Una forte fede: come può esserci d’aiuto oggi?
Una bella sfida quella di Musarella, specie se si punta, come già detto, anche al pubblico giovanile. Tutti i personaggi positivi e gli eroi della storia preservano un forte credo: parlano spesso con Dio attraverso l’intimo dialogo della preghiera, si affidano a lui e alla Vergine, trovano conforto e consolazione nella fede. Ma come potrebbe essere d’aiuto una preghiera o la convinzione che tutto abbia un senso? Molte persone sono lontane ormai dalla religione e da questi dogmi, perché un Dio come quello cristiano, ammesso che esista, non deve essere poi così perfetto se permette ingiustizie e sofferenze. Il dilemma è proprio questo. Si configurano così due visioni del mondo completamente diverse: quella che fa capo al libro e quella reale.
Oggi si sta perdendo la speranza verso un futuro e un mondo migliori e, pur restii ad abbandonarci a una rassegnazione totale, siamo combattuti se credere al cambiamento oppure no. Il libro è un bell’esempio, certo, di lieto fine, di come dovrebbero andare le cose: per qualche attimo, intenti nella lettura, pagina dopo pagina, ci convinciamo che una speranza c’è e una soluzione la si può trovare. Ma nella realtà è sempre più difficile trovare storie di giustizia e “pulizia” criminale, dove il bene trionfa sul male.
Non ci basta credere in un dio se non crediamo più nell’essere umano.
L’intento dell’autore è davvero molto alto e nobile.

2. Lo stato: corruzione e criminalità
La lotta di Giuliano è contro l’Antistato, l’inquinamento industriale in un’oasi naturale, l’urbanizzazione incontrollata che deturpa i paesaggi, la filosofia del profitto secondo cui la ricchezza è in mano a pochi, una vita immorale dove nulla sembra avere valore, dal corpo di una donna alla stessa vita umana. E poi la droga, il bisogno di evadere e inibire i sensi per non affrontare le difficoltà. La scelta e il miracolo di Giuliano suonano come una provocazione alla nostra Italia e allo stesso tempo ci offrono un po’ di speranza.
Quando sarà pronto il governo italiano per un miracolo di Cana? Quando avverrà il miracolo?
Si dice che la speranza sia l’ultima a morire. Forse basterà sperare che Giuliano, da qualche parte, esista davvero.

Gabriella Zullo

(direfarescrivere, anno XIII, n.136, maggio 2017)
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