Anno XX, n. 220
maggio 2024
 
Italiano per stranieri
Un progetto formativo per gli insegnanti
e una valutazione sul ruolo della scuola
nella realtà multilingue dell’Italia di oggi
Una riflessione sui processi di apprendimento dell’italiano L2
attraverso interventi di specialisti sul campo. Bonacci editore
di Clementina Gatto
Nella scuola italiana cresce la presenza di alunni provenienti da altri paesi e, con essa, la necessità di formare operatori capaci di porsi consapevolmente di fronte alla questione dell’insegnamento della lingua italiana in questo nuovo ambiente plurilingue e multiculturale. Quest’opera, Imparare e insegnare l’italiano come seconda lingua. Un percorso interattivo (Bonacci editore pp. 96, € 22,00) coordinato da Gabriele Pallotti e realizzato dall’Aipi (Associazione interculturale polo interetnico), si propone come strumento utile a riflettere sui processi di apprendimento e sulla validità dei metodi di insegnamento dell’italiano come seconda lingua (L2). Esso è rivolto agli insegnanti, agli educatori e a tutti coloro che interagiscono in un ambiente didattico con alunni dai sette ai sedici anni, provenienti da altri paesi e di lingua madre diversa dall’italiano. L’obiettivo è quello di descrivere le modalità di apprendimento della nostra lingua da parte di questi studenti, perché, attraverso l’istituzione scolastica, vengano potenziate le strategie di insegnamento linguistico esistenti e ne vengano elaborate di nuove.
Per i piccoli parlanti alloglotti, l’italiano è la seconda lingua, o magari la terza o la quarta. L’apprendimento di essa è ben diverso da quello di una lingua straniera a scuola, essendo loro immersi nel nuovo ambiente linguistico per decine di ore alla settimana. A qualsivoglia grado di elaborazione, si può in ogni caso prevedere che questi studenti riuscirebbero ad apprendere la lingua di arrivo; tuttavia, l’intero processo richiede alcuni anni, durante i quali la scuola dev’essere preparata a sostenere gli alunni.

Caratteristiche dell’opera
Il testo qui presentato ha carattere multimediale. Esso si compone infatti di un video e di una guida, in modo da coniugare le potenzialità della comunicazione audio-visuale con la densità concettuale della comunicazione scritta.
Il video, appunto, presenta i temi molto efficacemente e chiaramente, mentre la guida è uno strumento operativo: è divisa in capitoli, ognuno dei quali collegato direttamente a una sezione del video che ne riepiloga le principali idee esposte, e ne integra i contenuti con suggerimenti su attività da svolgere prima e dopo la visione, griglie per la discussione in aula e una bibliografia ragionata su ogni argomento trattato.
Il video comprende un’introduzione alla quale seguono quattro sezioni. La prima è dedicata all’accoglienza degli studenti stranieri nella scuola italiana (La scuola si organizza); successivamente è affrontata la questione della lingua di partenza (La lingua materna); segue una parte che affronta il tema delle varietà intermedie dalla lingua madre a quella d’arrivo (L’interlingua) e, in conclusione, sono presentati alcuni spunti di lavoro e suggerimenti per una classe multilingue e multiculturale a diversi stadi di apprendimento (Insegnare l’italiano).
Le sezioni contengono interviste a studiosi e ad apprendenti  e di queste ultime sono riportate le trascrizioni nella guida.
Per descrivere molto brevemente gli interventi all’interno dei rispettivi capitoli, segnaliamo: l’intervista a Graziella Favaro (responsabile del Centro “Come” di Milano), che mette in luce le difformità della situazione italiana relativamente agli strumenti atti ad accogliere il volto multilingue della scuola: da Nord a Sud, coesistono scuole in cui regna un’assoluta impreparazione di fronte alle modalità di organizzazione, fino ai casi opposti o ai casi di realtà che sono riuscite a elaborare progetti presso gli enti locali, per ottenere il supporto di figure professionali come gli insegnanti facilitatori.
Il secondo intervento è di Antonella Ceccagno (Università di Bologna), che sottolinea l’importanza della lingua materna e delle competenze a essa correlate anche ai fini dell’apprendimento della seconda lingua, e pertanto invita a considerare la lingua degli affetti come un patrimonio alla base dello studio della lingua d’arrivo e, globalmente, dello sviluppo della persona. Guidare un soggetto attraverso il suo percorso di orientamento in un altro sistema linguistico deve avere come obiettivo quello di valorizzare nel complesso la sua personalità.
Segue la sezione dedicata all’interlingua, concetto descritto con particolare efficacia da Gabriele Pallotti (Università di Bologna e di Sassari). Quando si parla di interlingua si fa riferimento ad ogni stadio dell’apprendimento di un parlante, considerandolo una varietà di lingua a sé stante, piuttosto che misurarne le carenze dal punto di vista della lingua d’arrivo. L’interlingua è un sistema instabile – di cui il parlante non è sicuro – che si modificherà avvicinandosi gradualmente alla lingua seconda. L’instabilità è garanzia del progresso linguistico del parlante, perché ne manifesta il suo procedere formulando ipotesi, da verificare attraverso l’interazione con i parlanti nativi per consolidare la sua varietà di lingua.
La sezione finale contiene un’intervista a Daniela Zorzi (Università di Bologna), che suggerisce come intervenire attraverso forme di insegnamento esplicito mirate a realizzare i due obiettivi comuni a tutti gli insegnamenti linguistici: esprimere se stessi attraverso la lingua e, secondariamente, esprimere se stessi correttamente. Due obiettivi distinti che, a suo parere, non dovrebbero essere mescolati: tanto più che qualunque apprendente desidera in primo luogo esprimere se stesso; successivamente desidera farlo in maniera accurata. Pur essendo in certa misura una generalizzazione, questo dato dovrebbe guidare a costruire un corso di lingua che focalizzi l’attenzione – con chiarezza  sul contenuto prima che sulla forma e metta lo studente in condizione di parlare innanzi tutto di sé, prima di pretendere che memorizzi ogni forma verbale.

Un possibile piano del lavoro: un approccio attivo
L’opera è stata pensata per stimolare riflessioni all’interno di un gruppo di formatori e per discutere operativamente sulle possibili attività da svolgere in classe in relazione a ciascuno scenario presentato. Il progetto di chi ha creato questo percorso, come indicato nell’introduzione della guida, inizia con un’attività da proporre alla classe prima della visione, che dovrebbe lasciar emergere le preconoscenze dei partecipanti in merito all’argomento da trattare.
Dopo la visione di una parte del video, la discussione potrebbe essere guidata dai diversi contributi della guida che, accanto alle attività strettamente didattiche, ne suggeriscono altre che si possono svolgere fuori dall’aula, immediatamente applicabili a ciascuna realtà lavorativa; caratteristica, questa, molto importante, perché permette di colmare il divario troppe volte esistente tra la realtà del formatore e quella di chi si accinge ad acquisire competenze spesso non immediatamente spendibili nel proprio contesto di lavoro.

Clementina Gatto

(direfarescrivere, anno IV, n. 31, luglio 2008)
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