Le News di Bottega editoriale
Un nuovo arrivo nella famiglia di Bottega!
Nel
mezzo dei preparativi per la prossima edizione del Salone
internazionale del libro di Torino, Bottega editoriale festeggia una
dolcissima aggiunta alla nostra famiglia estesa: questa volta il
capolavoro non è un libro della nostra “Scuderia letteraria”, ma la nascita della piccola Arianna. Tanti auguri a mamma Ilenia e alla nuova arrivata!
Il resoconto delle nostre attività a “Più libri più liberi” in un articolo pubblicato su il Quotidiano del Sud
L’ultima edizione della Fiera editoriale “Più
libri più liberi” si è conclusa lo scorso 10
dicembre.
Le attività compiute dalla nostra Agenzia letteraria sono state molteplici. Ne
abbiamo tracciato un resoconto pubblicato su il Quotidiano
del Sud. Lo riportiamo qui di seguito:
«Nonostante fischiasse il vento e infuriasse la bufera, i nostri amici
dell’agenzia letteraria ‘Bottega editoriale’ si sono detti che comunque
“bisogna andar”. Per dove? Ma, è ovvio: per la Fiera del libro di Roma “Più
libri. Più liberi” da dove hanno steso il loro solito resoconto semi serio.
Il
nostro “Diario bottegaio” si apre con due debutti, entrambi avvenuti presso lo
stand di Laruffa Editore.
Il
primo è l’uscita pubblica di una nuova casa editrice calabrese: la vibonese
Libritalia.net, che ha deciso di agire su due fronti con i marchi editoriali
Libritalia e Li Edizioni.
A
descrivere la nuova realtà è l’editore, Enrico Buonanno, che ci racconta di
come lui abbia radici librarie lontane, avendo lavorato, sin da ragazzino, in
una tipografia.
Fra
i titoli di Libritalia che hanno ricevuto maggiore rilevo, troviamo Il
contabile della ’ndrina di Luciano Prestia, con note di Foca Accetta.
L’editore ci spiega che si tratta di un romanzo amafioso, che non prende
posizione né a favore né contro la mafia (cosa che ci lascia perplessi, in
quanto gli intellettuali riteniamo debbano essere sempre, nella loro attività,
in prima fila contro la cultura mafiosa).
Citiamo
anche Donne di Carta. Scrittrici e personaggi letterari femminili in
Calabria: una raccolta di 36 schede di scrittrici calabresi, che celebra
l’attività femminile declinata in una pluralità di competenze. Peccato notare
che, in un testo che illustra le donne per le proprie autonome azioni, vengano
invece ricordate aggiungendo spesso, al proprio, il cognome del marito.
Auguri
a tutto lo staff dunque, con, in testa, la direttrice editoriale Simona Toma.
E il legame con Laruffa? Eccolo (gente di poca
fede, ne dubitavate?): l’editore, con un senso della collaborazione raro in
Calabria, ha ospitato la nuova realtà editoriale in un importante segmento del
proprio stand.
Laruffa
ha visto svolgersi in Fiera l’altro debutto cui accennavamo all’inizio: quello
della terza generazione della famiglia. Dopo il capostipite fondatore Domenico
e colui che ha impersonificato la crescita degli ultimi anni, Roberto, si
affaccia nell’agone editoriale la figlia di questi: Chiara, che si presenta con
un sorriso aperto e un atteggiamento calmo ma anche uno sguardo furbo. Il suo
battesimo del fuoco è stato sancito dalla presenza di Vittorio Sgarbi, da lei
accompagnato nella visita allo stand.
Dialogando
dei titoli che hanno avuto più successo, gli editori ci segnalano un classico, Edward
Lear. Giornale di viaggio a piedi in Calabria, nella traduzione di Giuseppe
Isnardi, una sorta di zibaldone senza tempo della letteratura di viaggio,
arricchito da foto e illustrazioni.
Numerose
immagini, accanto a drammatici interrogativi, si ritrovano poi nel libro di
Alessandro Nicola Notarnicola, Ferramonti, il Campo di concentramento
dimenticato, dedicato alla storia poco conosciuta del campo fascista del
cosentino.
Laruffa
segnala inoltre la partecipazione suscitata dal romanzo autobiografico Noma,
che di calabrese ha l’autrice, Alessandra Laganà, nata a Locri (Rc). La
scrittrice ripercorre la dolorosa esperienza della malattia che l’ha colpita,
dalla diagnosi fino alla guarigione, attraverso un percorso multisensoriale
fatto di descrizioni, foto, immagini e una selezione di brani musicali
ascoltabili tramite QR code.
Passiamo
all’editore crotonese D’Ettoris, che evidenza l’interesse di una coppia di
titoli della collana Magna Europa. Panorami e voci, caratterizzata da
saggi di tipo storico e politico. Innanzitutto, il testo di Francesco
Pappalardo, La parabola dello stato moderno, che analizza l’attuale
concentrazione di potere che ha permesso allo stato di diventare invadente e
onnipotente.
Altrettanto
valido il saggio di Oscar Halecki, Il millennio d’Europa, a cura di
Paolo Mazzeranghi, un’ampia panoramica sulla crescita, sul consolidamento e
sulla decadenza del continente europeo nel periodo che va dal X al XX secolo.
Chiudiamo
in bellezza visitandolo lo stand di Rubbettino, specializzato in saggistica
politica, ma da qualche anno anche in narrativa di qualità.
Maurizio
Serio, responsabile della sede romana, e il direttore commerciale Giuseppe
Paletta, ci hanno illustrato i libri che hanno avuto maggiore riscontro tra il
pubblico. Partendo dalla narrativa, troviamo il romanzo Le cose di prima di
Giuseppe Aloe che, con una scrittura rabdomantica e spietata, indaga a fondo
quel tempo enigmatico e inesprimibile che è la giovinezza.
Un
secondo testo segnalato è L’assedio del compianto Rocco Carbone, un
romanzo premonitore e lancinante che analizza la condizione umana in una
situazione di lotta per la sopravvivenza.
Passando
alla saggistica, citiamo il saggio Ecoshock. Come cambiare il destino
dell’Italia al centro della crisi climatica di Giuseppe Caporale, testo di
grande attualità che si focalizza su cause e sintomi cruciali dell’emergenza in
atto.
Infine
Il Mediterraneo e l’Italia di Egidio Ivetic, che esplora il rapporto
dell’Italia con il mare che la circonda nella sua articolata storia, un
rapporto troppe volte assente in letteratura e in storiografia.
Lo
spazio è tiranno e non ci permette di citare altri significativi libri. Alla
faccia della tirchieria ci prendiamo lo spazio necessario per segnalare lo
stupendo, ma anche denso, volume di Raffaele Gaetano, Silenziosa luna e
altri sublimi leopardiani (Li Edizioni)».
Un servizio su Tgr Calabria sulla nostra presenza a “Più libri più liberi”
Dal
6 al 10 dicembre 2023 ha avuto luogo la XXII edizione della Fiera editoriale “Più
libri più liberi”.
La nostra presenza non è passata inosservata: a testimoniarlo un servizio
mandato in onda dal Tgr Calabria.
Per guardarlo basta cliccare sul link e spostarsi al
minuto 14:36: www.rainews.it/tgr/calabria/notiziari/video/2023/12/TGR-Calabria-del-27122023-ore-1930-7d3082d4-c00a-48a1-ad6b-696b4c91af12.html.
Il prestigioso evento è stato il tramite grazie al
quale la nostra agenzia ha potuto portare a termine l’analisi e la
sottoscrizione contrattuale di diversi accordi editoriali fra autori alla
ricerca di editori ed editori alla ricerca di autori.
Inoltre, durante la kermesse si è proceduto ad
avviare campagne di marketing editoriale, come nel caso del “Firmacopie”
organizzato a favore del romanzo drammatico dal titolo Nella Tempesta.
Legami dell’autrice bergamasca Franca Mannu (facente parte della nostra
“Scuderia letteraria”) sulla “Sindrome di Stoccolma” pubblicato da Armando (www.armandoeditore.it/catalogo/nella-tempesta).
Buone feste da Bottega editoriale
In questi giorni di Festività, anche noi Bottegai ci prenderemo una (meritata?) pausa.
Eppure, non abbandoneremo certamente i nostri cari (per affetto e
stima) Scrittori e i nostri cari Editori (nel senso che siamo sempre in
lotta per cavare loro un centesimo in più rispetto a quel poco che
vorrebbero dare agli Autori).
Bottega sarà comunque sempre aperta perché ci turneremo all’uopo. Di conseguenza, scriveteci e telefonateci ai nostri soliti contatti senza remore.
Buone feste, dunque, da tutti i Bottegai!
Bottega editoriale sarà presente alla XXII edizione di “Più libri più liberi”
Dal
6 al 10 dicembre 2023 avrà luogo la XXII edizione di “Più libri più
liberi”, la Fiera nazionale della piccola e media editoria promossa e
organizzata dall’Associazione italiana editori, ospitata nel Nuovo centro congressi all’Eur, noto anche come La nuvola, di Roma.
Bottega editoriale, come al solito, sarà presente e impegnata attivamente. Infatti, noi “bottegai” svolgeremo in primo luogo l’attività di Rappresentanza presso i diversi stand
delle case editrici proponendo a ogni realtà editoriale i testi più
affini al loro catalogo, ovviamente selezionati, di volta in volta, tra
i numerosi sui quali abbiamo lavorato assiduamente nell’ultimo lassso di tempo.
Di sicuro, “Più libri più
liberi” sarà l’occasione
per interfacciarci anche con una serie consistente di scrittori che,
nel corso del tempo, hanno potuto beneficiare dei nostri servizi.
Potremo incontrarli e discutere con loro di progetti da concretizzare
nel prossimo periodo.
Non solo: durante i giorni di fiera parteciperemo pure a un evento
riguardante una nostra autrice, Franca Mannu, che sarà presente allo stand di Armando editore per un firmacopie del suo romanzo Nella tempesta. Legàmi (Armando, pp. 262, € 14,00), di cui abbiamo discusso in un articolo apparso su DireFareScrivere (ecco il link di riferimento: www.bottegaeditoriale.it/primopiano.asp?id=288) e che è stato presentato anche durante l’ultima edizione del Salone internazionale del libro di Torino.
Di conseguenza, dato quanto affermato, non resta che immergerci
totalmente nelle attività che contrassegneranno la XXII edizione di “Più libri più
liberi”.
Bottega editoriale al Campania libri festival
Dal 5 all’8 ottobre 2023, al Palazzo reale di Napoli, si svolgerà
la seconda edizione del Campania libri festival della lettura e dell’ascolto.
Negli stand 59, 60 e 61 si potrà assistere ai numerosi incontri che
conformeranno il fitto programma della Federazione unitaria italiana scrittori
(Fuis) e di Federintermedia, organismo di gestione collettiva del diritto
d’autore.
Il direttore della nostra Agenzia letteraria Fulvio Mazza si
soffermerà su due temi specifici. In dettaglio, giovedì 5 ottobre, alle ore
19:30, terrà una relazione avente come titolo “Reprografia ieri e oggi”, mentre
venerdì 6 ottobre, alle 10:30, relazionerà un altro incontro denominato “Come
‘utilizzare’ le agenzie letterarie per migliorare i propri libri e veicolarli
ai migliori editori”.
I Bottegai staccano un po’ la spina
Nel mese di agosto, per due settimane, ci prenderemo un po’ di
meritate vacanze. Lavoreremo normalmente fino a venerdì 4. Seguirà
qualche giorno in cui rallenteremo le varie attività di lavoro. La
ripresa coi soliti ritmi è prevista per lunedì 21 agosto. Ma anche in
quelle due settimane di chiusura resteremo pur sempre vigili in modo da
assicurare comunque un riscontro agli autori e agli editori che ci
contatteranno. Per riuscirci adotteremo un apposito sistema “a rotazione”.
Di conseguenza, resteremo sempre disponibili all'indirizzo email info@bottegaeditoriale.it e al numero telefonico 392 9251770.
Cercasi Ufficio stampa
La nostra Agenzia
letteraria è alla ricerca di un collaboratore esterno che aiuti, per un
paio di mezze giornate a settimana, come Ufficio stampa, cercando di
far scaturire recensioni, citazioni e quant'altro ai nostri migliori
libri.
Per candidature e/o maggiori informazioni, invia una email a info@bottegaeditoriale.it o telefona al 392 9251770.
Presentazione di Il Golpe Borghese. Quarto grado di giudizio
Siamo
lieti di annunciare che il giorno 18 luglio 2022, alle ore 18.00, si
terrà nella Villa Comunale di Crotone la presentazione del libro Il Golpe Borghese. Quarto grado di giudizio,
del nostro direttore Fulvio Mazza. Aprirà la presentazione Rachele Via
e interverranno, oltre all'autore, Vittorio Emanuele Esposito e Pino
Fabiano. Modererà l'evento Fabio Riganello.
Un po' di vacanze anche per noi
Bottega
editoriale informa che nelle due settimane attorno a Ferragosto faremo
un po' di vacanza e ci sarà dunque un rallentamento delle varie
attività di lavoro. L'ultimo giorno di attività piena sarà venerdì 5
agosto 2022 e il primo di ripresa piena sarà lunedì 22 agosto 2022.
Tuttavia,
non sarà una chiusura netta. Difatti, al fine di garantire sempre una
risposta agli autori e agli editori, adotteremo un sistema a
"rotazione" per soddisfare le esigenze di tutti.
Dunque, autori e editori possono contattarci regolarmente all'indirizzo: info@bottegaeditoriale.it o telefonare al: 392 9251770.
I bottegai vanno in ferie
Bottega
“stacca la spina” nelle due settimane di Ferragosto. Dunque l'ultimo
giorno di attività è il 6 agosto e il primo giorno di riapertura è il
23 agosto.
In caso di emergenza, autori e editori possono scriverci a: info@bottegaeditoriale.it o telefonare al 392 9251770.
Farà eccezione il
settore delle “Preletture gratuite”. Difatti, al fine di garantire
sempre una risposta celere agli autori, tale comparto non andrà
integralmente in ferie, ma si adotterà il sistema della “rotazione”.
Dunque gli autori possono proseguire a inviare i propri dattiloscritti
inediti, sempre all'indirizzo: info@bottegaeditoriale.it e riceveranno,
come sempre, una pronta risposta.
Il 50° anniversario del “Golpe Borghese”
http://www.bottegaeditoriale.it/primopiano.asp?id=257
50 anni fa il “Golpe Borghese”: un denso saggio di Fulvio Mazza |
Pellegrini editore pubblica la 2a edizione del “Quarto grado di giudizio”. Fra i tristi protagonisti: Andreotti, Gelli, Maletti… |
di Guido Salvini, Giovanni Pellegrino, Guglielmo Colombero e Alessandro Milito |
|
Sul
numero di novembre 2020 di questa nostra rivista abbiamo pubblicato una
corposa recensione di Guglielmo Colombero, praticamente un saggio
breve, al volume Il Golpe Borghese. Quarto grado di giudizio. La leadership di Gelli, il “golpista” Andreotti, i depistaggi della “Dottrina Maletti” (pp. 272, € 16,00), scritto dallo storico Fulvio Mazza, edito da Pellegrini. Nel
marzo 2021 è stata pubblicata la seconda edizione del libro (pp. 304,
€. 16,00) riveduta e ampliata in base all’acquisizione di diverse fonti
inedite emerse in occasione del 50° anniversario stesso. Il titolo è: Il Golpe Borghese. Quarto grado di giudizio. La leadership di Gelli, il golpista Andreotti, i depistaggi della “Dottrina Maletti”. Come si sarà notato, nel titolo della seconda edizione sono cadute le virgolette al termine “golpista” attribuito ad Andreotti.
Su questa seconda edizione, nel giugno dello stesso 2021, sulla rivista Bottegascriptamanent (www.bottegascriptamanent.it/?modulo=Articolo&id=2456) è stata pubblicata un’importante intervista a Giovanni Pellegrino, Presidente della Commissione stragi. La riportiamo qui di seguito, per consentire al lettore una migliore visione d’insieme.
Il Golpe Borghese: la verità giudiziaria e quella storica di Alessandro Milito
Partendo dal libro di Fulvio Mazza, intervistiamo l’avvocato Giovanni Pellegrino, Presidente della Commissione stragi
Intervistare l’avvocato Giovanni Pellegrino, il temuto Presidente della Commissione stragi (che
operò, nella sua seconda fase, dal 1994 al 2001), è, oltre che un
onore, una responsabilità non da poco. Non è semplice. Dialogare con
colui che, insieme a pochissimi altri in Italia, conosce nei
particolari le varie vicende storiche, politiche e giudiziarie che
hanno contraddistinto quegli anni significa toccare molti dei più
delicati punti della nostra storia repubblicana. E il Golpe
Borghese, che fu tentato nella notte fra il 7 e l’8 dicembre 1970,
rientra appieno in questo contesto. Il tentato golpe, sino all’uscita
del volume qui trattato, era avvolto nella nebbia di molti misteri che
ora appaiono invece per gran parte risolti. Non a caso il magistrato
Guido Salvini, autore di fondamentali indagini risultate in altrettanto
fondamentali Sentenze sui fatti di quegli anni, ha scritto che «Il
saggio di Fulvio Mazza […] fornisce, nel cinquantennale del tentativo
di golpe, una risposta ragionata a tutti gli interrogativi posti dagli
avvenimenti del 7-8 dicembre 1970». Ovviamente, non significa che
questo libro abbia detto tutto ciò che c’era da dire in merito e che
quindi non siano necessarie ulteriori ricerche storiche. Vi sono
difatti numerosi aspetti da dover ancora approfondire, ed è il testo
stesso a metterli in evidenza. Un esempio per tutti: il falso
giudiziario contenuto nel terzo “Malloppino” in cui si descriveva una
riunione che si sarebbe svolta in una data che era ancora di là da
venire: una vera e propria preveggenza! Va però evidenziato come il
saggio abbia aggiunto diversi nuovi dati e interpretazioni, grazie
all’utilizzo di fonti inedite o che comunque non erano state
sufficientemente verificate con la giusta attenzione e spirito critico. Ma
torniamo all’avvocato Pellegrino ricordando come, da Presidente della
Commissione stragi, abbia, in numerosi casi, contribuito in maniera
determinante a far luce sui punti più oscuri di quelle vicende. O di
come abbia permesso di produrre documenti fondamentali per gli studiosi
interessati a ricostruire la verità di quegli anni. È questo il caso de Il Golpe Borghese. Quarto grado di giudizio. La leadership di Gelli, il golpista Andreotti, i depistaggi della “Dottrina Maletti” (Pellegrini
editore, seconda edizione, 2021, pp. 304, € 16,00), il cui autore, lo
storico e saggista Fulvio Mazza, si è avvalso, per l’appunto, (anche)
dei materiali della Commissione. È quindi
con la stima che si deve alla personalità dell’avvocato Pellegrino che
ha così tenacemente contribuito a far emergere la verità degli anni
delle stragi che abbiamo condotto quest’intervista, la quale, ci
auguriamo, si rivelerà utile e illuminante per il lettore.
Presidente,
il saggio, sin dal suo titolo, parla della necessità di una sorta di
provocatorio “Quarto grado di giudizio” in quanto la verità
giudiziaria, nel caso del Golpe Borghese, è molto differente rispetto a
quella storica. Lei condivide tale necessità? Non c’è alcun dubbio che sia andata proprio così. D’altra parte la Commissione
parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della
mancata individuazione dei responsabili delle stragi fu
costituita proprio perché la risposta giudiziaria era del tutto
insoddisfacente e quindi era sorta la necessità di far chiarezza sugli
anni delle stragi, della Strategia della tensione, e appunto sul Golpe
Borghese. L’azione depistante e censoria di Maletti e di Andreotti,
come giustamente è evidenziato nel libro, determinò una carenza di
verità che la nostra Commissione era chiamata a risolvere.
Il
libro mette in evidenza come il Golpe Borghese sia stato definito da
più parti un “Golpe da operetta” e, dalla Cassazione, un «complotto di
pensionati sostanzialmente inoffensivi». Il saggio mette invece in
evidenza la pericolosità del Golpe e, in particolare, sottolinea come
Junio Valerio Borghese non fosse uno sprovveduto dal punto di vista
della preparazione militare. Di conseguenza, non si sarebbe mai messo
alla testa di un complotto del genere se non avesse avuto una certa
sicurezza di portarlo vittoriosamente a termine. Alla luce della sua
esperienza di Presidente della Commissione stragi, che conclusioni ha tratto su questo punto? Junio
Valerio Borghese era un “uomo d’arme”, non certo uno sprovveduto.
Ricordo che era un militare di grande esperienza. Non dimentichiamo che
rifondò nella Repubblica sociale italiana la X Mas e che questa fu una
delle strutture militari più efficienti della Rsi. Non era uno
sprovveduto nemmeno in ambito politico. Ricordo che riuscì a mantenere
una posizione di autonomia rispetto ai tedeschi e anche rispetto al
governo di Mussolini stesso, e che riuscì a sottrarsi alla giustizia
partigiana accordandosi con i Servizi segreti angloamericani. Ebbene,
un personaggio del genere non poteva di certo avventurarsi in un Golpe
che non avesse avuto concrete possibilità di successo.
Borghese
morì nell’agosto del 1974, proprio quando stava preparando il suo
ritorno in Italia (tale suo progetto era ben noto) e proprio mentre
Maletti e Andreotti stavano spulciando il rapporto del Sid del 26
giugno precedente per stabilire cosa inserire e cosa censurare nel
testo che avrebbero poi consegnato alla Magistratura il 15 settembre
successivo. In quei giorni, dunque, mentre Maletti e Andreotti
stabilivano cosa far sapere o meno alla Magistratura, Borghese
improvvisamente morì. In tal modo si evitò il rischio che potesse
chiamare in causa, per esempio, le persone salvate proprio da Maletti e
da Andreotti. Non le pare una coincidenza un po’ strana? Il libro
sostiene l’ipotesi che si sia trattato di un assassinio. Lei come la
pensa? Concordo anche su questo punto: in particolare fu Stefano
Delle Chiaie a insistere molto circa la forte probabilità che Borghese
fosse stato ucciso da un caffè avvelenato. In effetti, se fosse tornato
in Italia avrebbe probabilmente scatenato un terremoto
politico-giudiziario spiegando il coinvolgimento di diverse persone nel
Golpe, ivi comprese quelle che, grazie ai depistaggi di Maletti e
Andreotti, erano riuscite a farla franca. Ricordiamo che il 1974 è un
anno cruciale, in quanto è quello della Rivoluzione dei garofani in
Portogallo e della caduta dei colonnelli greci. Se fosse tornato in
Italia, Borghese avrebbe potuto mettere in crisi tutta l’azione
depistante e censoria di Maletti, Andreotti, ecc.
Nel saggio
si racconta di come lei riuscì a fare ammettere a Maletti l’appoggio
sostanziale che i Servizi segreti, e lo Stato in generale, diedero ai
golpisti e il perché di un tale sostegno. Questa tesi, nel libro, viene
definita “Dottrina Maletti”. Condivide tale neologismo storico-politico? Sì,
possiamo chiamarla “Dottrina Maletti”. Ma, al di là delle
denominazioni, è stato importante sentire da Maletti la conferma
dell’ipotesi che si era andata delineando.
Ci può descrivere tale “Dottrina”? Certamente. Lo faccio riportando lo stesso brano presente nel libro che riporta quanto dissi allora e quanto ribadisco adesso: «Ora,
quando abbiamo sentito il generale Maletti, io ho formulato al generale
un’ipotesi […] che in realtà l’origine dello stragismo va individuata
nell’esistenza in Italia di una serie di reti operative, alcune
ufficiali, come era il Sid, altre semiufficiali, come poteva essere
Gladio, e altre reti; che queste reti avevano come terminale periferico
uomini dell’estremismo di destra, io dico della destra radicale, che
con ogni probabilità sono questi a commettere le stragi e lo fanno,
però, non per aver ricevuto un input dall’alto ma probabilmente anche
per logiche di attivismo autonomo o per deviazioni da piani concordati. L’ipotesi
si completa nella valutazione che queste persone sono state coperte – e
quindi per queste ragioni i colpevoli dello stragismo non sono stati
individuati – non perché in se stesse meritassero protezione, ma perché
si volevano coprire le responsabilità istituzionali e politiche del
rapporto anteriore che queste persone avevano avuto con queste reti
ufficiali o clandestine […]. Devo dire che il generale Maletti ha
asseverato questa ricostruzione».
In che contesto avvennero tali ammissioni di Maletti? Queste affermazioni furono fatte da Maletti a Johannesburg, in Sudafrica, quando ci recammo con la Commissione stragi nel 1997. Fu
una visita molto dibattuta perché ci accusarono di essere scesi a patti
con un latitante, ma sono ben soddisfatto di questa scelta, sia perché
emersero questi e altri dati fondamentali sugli anni delle stragi, sia
perché facemmo da apripista per una sorta di pellegrinaggio giudiziario
che caratterizzò altre visite a Maletti da parte di diversi inquirenti
italiani.
Le grandi censure al “Malloppo originario” delle
indagini scaturite dall’infiltrazione del capitano del Sid Labruna
all’interno del mondo golpista (e da qualche altro sparuto atto
procurato da ulteriori agenti del Sid) furono attuate da Maletti nei
primi mesi del 1974, tanto che il documento del 26 giugno di quello
stesso anno contiene molto meno materiale rispetto a quanto
originariamente era stato presentato allo stesso Maletti. Per fare un
esempio, potremmo evidenziare la censura che salvò l’ammiraglio Torrisi
e come, nel suddetto documento del 26 giugno, non ci fosse alcun
riferimento al ruolo di Licio Gelli in generale e, in particolare, al
progetto di rapimento del presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Il
libro cambia le denominazioni date ai documenti dai giornalisti e
acriticamente recepite dagli storici. Ciò avviene in quanto sinora il
documento del 26 giugno veniva definito il “Malloppone”, mentre nel
libro viene chiamato “Malloppastro” per specificare come fu un testo
tagliato e denaturato che, dunque, non può definirsi logicamente
“Malloppone” poiché quest’ultimo termine dà piuttosto l’idea di un
testo molto corposo. Volendo mettere in ordine anche le
terminologie, concorda dunque nella differenziazione in “Malloppo
originario” per indicare la grande quantità di documenti inizialmente
prodotti da Labruna e altri, in “Malloppastro” per identificare il
testo che scaturì dalle prime censure di Maletti, e a confermare la
denominazione di “Malloppini” per definire i documenti esili che alla
fine furono consegnati, dopo le ulteriori censure di Maletti (e di
Andreotti) il 15 settembre 1974 alla Magistratura? In effetti
definire “Malloppone” quel testo che era nato monco a causa dei tagli
che Maletti aveva fatto al rapporto di Labruna e altri è un po’ un
controsenso, il termine “Malloppastro” si confà di più. Ma, al di là
delle denominazioni, il libro ha fatto bene a mettere in evidenza che
il corposo rapporto di Labruna (corroborato da qualche documento di
altri agenti) può essere denominato “Malloppo originario”, perché è il
punto di partenza che si concluderà, censura dopo censura, nei tre
esili fascicoli giustamente definiti i “Malloppini”.
La Storia si fa con i “se”. Se così non fosse, sarebbe una pura cronologia. I “se” sono necessari a interpretare. In
virtù di ciò, se Maletti e Andreotti non avessero bloccato la
trasmissione alla Magistratura dei documenti provenienti dal “Malloppo
originario”, e se la Corte di Cassazione non avesse tolto le indagini
ai magistrati di Padova e di Torino (designando il “Porto delle nebbie”
di Roma come unica Procura competente), non pensa che si sarebbe giunti
con una certa facilità a individuare le trame del Golpe Borghese? Non
pensa che si sarebbero bloccate sul nascere anche quelle cospirazioni
successive che nel libro vengono definite lo “sciame golpista” degli
anni 1971-74? Non pensa che in questo modo l’Italia si sarebbe risparmiata stragi, decine e decine di morti, sangue e violenze? Sì,
è ben probabile che senza i depistaggi e le censure, e senza la
determinazione della Cassazione che lei ha citato, molte stragi,
attentati, omicidi e molto sangue innocente sarebbero stati risparmiati.
Nel
libro emerge la figura del capitano Antonio Labruna in modo differente
da come è stato solitamente disegnato. Emerge come un uomo coraggioso e
caparbio che, rischiando la pelle in prima persona, si infiltrò fra i
golpisti, ne denunciò le trame e divenne una sorta di vittima
sacrificale dovuta alla vendetta dei neofascisti. Pur non esentandolo
da critiche, emerge anche come un uomo ligio agli ordini che, come
scrisse il giudice Salvini, nessuno volle difendere e perciò finì per
diventare un “capro espiatorio” di tutte le malefatte del Sid.
Condivide questa sorta di riabilitazione? Sì, Labruna fu una
vittima inconsapevole di questo meccanismo. Fece il suo dovere
infiltrandosi negli ambienti fascisti e traendo informazioni
importanti, però poi fu abbandonato alla prima difficoltà. Anche perché
era andato a toccare ambienti e nomi che il Sid, e in generale il
potere costituito di allora, non voleva assolutamente fossero toccati.
Labruna ha subito una damnatio memoriae che va contrastata.
Nel libro si mette in evidenza come la sinistra, per i generali dell’Esercito italiano, fosse il nemico. Condivide questa tesi? Purtroppo era così. Ricordo in particolare due audizioni della nostra Commissione. Ricordo
come il Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica (e poi della Difesa),
il generale Mario Arpino, spiegò che ancora nel 1980 un terzo del
Parlamento italiano era per i militari considerato “il nemico” e come
Maletti evidenziò che, fino al 1974, nessuno gli aveva mai detto che il
compito degli apparati di sicurezza era anche quello di tutelare la
Costituzione. Siamo negli anni che Cossiga definì di “Guerra mondiale a
bassa intensità”. Per capire gli avvenimenti di allora dobbiamo tenere
presente questi fattori e anche, in particolare, il fatto che
l’equilibrio politico in Italia era in quegli anni basato su di un
patto di indicibilità e in qualche modo di reciproca ipocrisia:
ciascuno sapeva dei legami illegali dell’altro, ma non li denunciava
apertamente. Le due parti si attaccavano vicendevolmente senza
esagerare. Il governo era perfettamente a conoscenza dei finanziamenti
che pervenivano dall’Urss al Pci; così le sinistre sapevano delle
illegalità istituzionali commesse dagli apparati di sicurezza e
avallate da uomini di vertice della Dc. Questo era il clima e il
sistema della Costituzione materiale di allora.
Come va inquadrato il ruolo di Andreotti? Andreotti
è uno dei politici che ha più e meglio rappresentato questo quadro
storico-istituzionale. La sua connivenza, e probabilmente anche
complicità verso il Golpe, non mi meraviglia affatto.
Stesso
dicasi dunque per il Pci, partito estremamente cauto nella denuncia del
Golpe pur avendo avuto informazioni immediate e dirette circa il Golpe
stesso e che invece fece filtrare la notizia solo dopo tre mesi? Sostanzialmente
sì: attaccò fortemente il governo ma senza esagerare. Ed evitò di
personalizzare gli attacchi contro Andreotti con il quale ebbe sempre
un filo di particolare dialogo.
Parliamo del “Contrordine”
che fu emanato da Borghese dopo aver ricevuto una misteriosa
telefonata. Alcune attendibili piste documentarie e testimoniali
portano a concludere che a chiamare il Comandante fu Licio Gelli. Altre
fonti, ugualmente attendibili e sempre documentarie e testimoniali,
accreditano invece la tesi che fu Giulio Andreotti. Nel libro viene
evidenziato che non si tratta necessariamente di due piste alternative
ma che potrebbero essere convergenti in quanto entrambi i personaggi
erano portatori di istanze similari. Lei condivide questa ipotesi? Andreotti
e Gelli erano personaggi diversissimi l’uno dall’altro ma, nella
sostanza, si mostrarono spesso portatori di interessi convergenti.
Nulla di più probabile, dunque, che – una volta constatata la defezione
dei Carabinieri e degli Usa – si siano coordinati fra di loro per
ingiungere a Borghese l’emanazione del famoso “Contrordine”.
Alessandro Milito
(www.bottegascriptamanent.it, anno XV, n. 165, giugno 2021)
------------- Analogamente,
dopo l’intervista e prima della recensione di Colombero, riportiamo un
altro assai interessante contributo sull’argomento: una recensione
stilata da Guido Salvini che, come è noto, è stato uno dei magistrati
che ha più e meglio indagato e sentenziato sull’argomento e sulle sue
gravi interconnessioni con le stragi di quegli anni (Piazza Fontana in primis). La recensione, pubblicata su Bottega Scriptamanent (www.bottegascriptamanent.it/?modulo=Articolo&id=2449&ricerca=) viene qui riprodotta al fine di consentire al lettore una migliore visione d’insieme.
Il Golpe Borghese fu un pericolo vero di Guido Salvini
La seconda edizione del libro evidenzia, tra l’altro, il coinvolgimento di Andreotti e Gelli e i depistaggi del Sid Il saggio di Fulvio Mazza, «Il Golpe Borghese. Quarto grado di giudizio. La leadership di
Gelli, il golpista Andreotti, i depistaggi della “Dottrina Maletti”»,
fornisce, nel cinquantennale del tentativo di golpe, una risposta
ragionata a tutti gli interrogativi posti dagli avvenimenti del 7-8
dicembre 1970. Innanzitutto la gestione politica (e giudiziaria)
viene nel libro messa a nudo con il racconto in presa diretta della
costituzione nel 1968 del Fronte Nazionale di Junio Valerio Borghese e
della perfetta conoscenza che il SID aveva dei suoi progetti, tramite
soprattutto l’azione del cap. Labruna che dal 1973 era riuscito far
parlare alcuni congiurati, a partire dal costruttore Remo Orlandini,
fingendo la piena adesione sua e dei suoi superiori al piano. I
congiurati gli avevano raccontato in dettaglio non solo quanto era
avvenuto la notte del 7 dicembre 1970 ma i nuovi piani golpistici che
ancora sino all’estate del 1974 venivano coltivati nel progetto
denominato “Rosa dei Venti”. La gestione di questa massa di notizie da parte del SID era stata un filtraggio molto accorto. Nell’impossibilità
di nascondere alla magistratura tutto quello di cui era venuto a
conoscenza, non dimentichiamo che l’indagine sulla “Rosa dei Venti”
condotta a Padova del giudice Giovanni Tamburino stava giungendo al
cuore dei progetti eversivi, prima il gen. Maletti e poi l’on.
Andreotti, allora Ministro della Difesa, avevano selezionato e depurato
le informazioni raccolte dal cap. Labruna. Così l’originario
“malloppo” documentario si era trasformato in un “malloppo” più piccolo
(che è passato alla storia con la denominazione di “malloppone”, ma che
– ad onta del nome – era in effetti una documentazione smagrita), per
opera del gen. Maletti e poi, di concerto con il Ministro alla Difesa,
in tre esili malloppini che erano stati consegnati nel settembre 1974
alla Procura di Roma, certo meno “pericolosa” rispetto al magistrato
padovano. Così era sparito dall’organigramma dei progetti eversivi
il ruolo di alti ufficiali, tra di essi l’amm. Giovanni Torrisi
destinato poi a diventare capo di Stato Maggiore della Difesa, il ruolo
di Licio Gelli che nel progetto del 7-8 dicembre aveva il compito di
neutralizzare il Presidente della Repubblica, il ruolo della struttura
occulta di Avanguardia Nazionale diretta da Stefano Delle Chiaie e
l’appoggio ai piani eversivi delle più importanti famiglie della
’ndrangheta calabrese. In più era scomparso ogni riferimento allo
stesso Direttore del SID gen. Vito Miceli, contiguo ai golpisti e di
cui guardava con benevolenza i progetti tanto da essere arrestato
nell’ottobre 1974 proprio dal giudice Tamburino.
Sappiamo tutto
questo e con certezza perché quasi vent’anni dopo, il 7 novembre 1991,
il cap. Labruna aveva portato al mio ufficio, l’Ufficio Istruzione, una
vecchia borsa impolverata che conteneva i nastri, grosse bobine
magnetiche di quel tempo, con la registrazione dei molti suoi colloqui
con i congiurati che gli avevano rivelato tutto. Erano i nastri
originali che Labruna aveva conservato per tanti anni, non quelli
sottoposti alla potatura dalla direzione del SID e dall’autorità
politica per salvare gli aspiranti golpisti che andavano protetti. Li
abbiamo fatti trascrivere e in quelle conversazioni, con tanto di ruoli
e di circostanze, emergevano i nomi, alcuni li ho indicati, tutti li
troviamo nel saggio, di coloro che, ai più alti livelli, erano stati
salvati dall’incriminazione. Bisogna riconoscere che l’azione di
infiltrazione del cap. Labruna era stata brillante sul piano
investigativo e psicologicamente intelligente. Non si può ritenere che
egli fosse complice dei golpisti, al contrario, e lo ricorda bene e
forse per la prima volta Fulvio Mazza, il capitano fu tradito dai suoi
superiori e alla fine pagò per tutti con i processi e la degradazione.
Così, rendendo pubblici quei nastri il cap. Labruna, pochi anni prima
di morire, ha riabilitato pubblicamente la sua figura.
Parlando
della risposta giudiziaria, l’assoluzione da parte della Corte di
Assise di Roma di tutti gli imputati accusati di insurrezione armata
contro i poteri dello Stato era stata poi in piena consonanza con la
presentazione riduttiva del progetto eversivo da parte del SID, e anche
oltre visto che erano stati assolti anche gli imputati rei confessi.
Quanto
al possibile appoggio degli americani l’autore evidenzia, come
confermano anche le carte desecretate pochi anni fa negli USA, che
Borghese aveva preso ripetuti contatti con l’ambasciata americana a
Roma e che i nostri alleati atlantici sapevano tutto di quanto si stava
progettando. Tuttavia la risposta statunitense era stata più che
scettica. Al più gli Stati Uniti potevano dare il loro appoggio ad un
intervento più limitato con la costituzione di un governo forte
presieduto da un esponente DC di loro fiducia, con la prospettiva di
indire nuove elezioni dalle quali magari fossero escluse le liste
comuniste. Ma non condividevano il progetto di un golpe vero e proprio
e questo per la mancanza di una vera leadership militare italiana in
grado di governare. In sostanza non era possibile fare in Italia come
ad Atene nell’aprile 1967. La mancanza di un appoggio atlantico è stata
con ogni probabilità la ragione profonda del fallimento
dell’operazione. Fine giunta, alle prime ore dell’8 dicembre, con il
“contrordine” sia esso attribuibile, come scrive Mazza, a Gelli o a
Andreotti. Non è escluso però, aggiungiamo noi, che un messaggio in tal
senso possa essere giunto anche dai Comandi dei Carabinieri annunciando
la loro defezione dall’operazione.
Tra le altre vicende
affrontate nel saggio c’è la morte del comandante Borghese in Spagna il
26 agosto 1974. Una scomparsa avvenuta in circostanze mai del tutto
chiarite ma comunque provvidenziale perché proprio in quelle settimane
il SID con il gen. Maletti si apprestava a far pervenire alla
magistratura le sue informative sui progetti di golpe dal 1970 al 1974,
il cd “malloppino” depurato dai nomi più imbarazzanti ed un paventato
ritorno del comandante Borghese in Italia avrebbe potuto rivelarsi
assai scomodo per gli alti militari e i nomi più importanti che erano
stati salvati da un possibile intervento della magistratura.
Fulvio Mazza ricorda anche la scomparsa del giornalista de L’Ora di
Palermo Mauro de Mauro, avvenuta il 16 settembre 1970, appena tre mesi
prima del tentativo del 7 dicembre. De Mauro, per i suoi trascorsi
giovanili proprio nella X MAS di Borghese, probabilmente aveva raccolto
informazioni su quanto si stava preparando e il suo lavoro poteva
essere quindi pericoloso per i progetti golpisti.
Inoltre
l’atteggiamento e la scelta del PCI che molto probabilmente aveva avuto
notizia di quanto stava avvenendo in tempo reale e comunque ben prima
dello scoop di Paese Sera del
17 marzo 1971. Il partito, con una precisa scelta politica, aveva
tuttavia deciso di far comprendere all’esterno di essere al corrente
del pericolo corso solo con qualche articolo volutamente criptico sul
quotidiano l’Unità e aveva
nel contempo aumentato la “vigilanza” dei suoi militanti. Questo per
non provocare subito una reazione dei settori filo-golpisti delle Forze
armate che, di fronte all’esplosione del caso, avrebbero potuto
intraprendere una reazione violenta e ancor più pericolosa.
Il
saggio è corredato dalla riproduzione delle più importanti relazioni
del SID concernenti la preparazione del golpe, difficilmente
accessibili ed in parte inedite, e da una dettagliata cronologia degli
avvenimenti di quei giorni, dalle prime ore del 7 dicembre 1970 sino al
contrordine, giunto intorno alle ore 1.40 dell’8 dicembre, e alla
ritirata dei congiurati. Infine Fulvio Mazza, sulla base dei dati
disponibili dopo lunghi anni di ricerche e di indagini giudiziarie,
stima l’entità dei militari, anche di alto grado, e dei civili che
furono coinvolti nel complotto in 20.000-40.000 persone. Una forza per
niente disprezzabile. Tutt’altro, in conclusione, che un golpe da
“operetta” progettato da “quattro generali in pensione” ma un capitolo
della storia italiana da non dimenticare perché ha ancora non poco da
insegnarci.
Insomma: un libro decisamente buono e ben documentato.
Guido Salvini Magistrato
Fulvio Mazza, «Il Golpe Borghese. Quarto grado di giudizio. La leadership di
Gelli, il golpista Andreotti, i depistaggi della “Dottrina Maletti”»
(Pellegrini editore, seconda edizione, 2021, pp. 304, € 16,00). (www.bottegascriptamanent.it, anno XV, n. 164, maggio 2021)
Qui di seguito, si può leggere la recensione del critico letterario Guglielmo Colombero alla prima edizione del volume stesso.
50 anni fa il “Golpe Borghese”: un denso saggio di Fulvio Mazza Per Pellegrini editore una sorta di provocatorio “Quarto grado di giudizio”. Fra i tristi protagonisti, Andreotti, Gelli, Maletti…
di Guglielmo Colombero Nel saggio Il Golpe Borghese. Quarto grado di giudizio. La leadership di Gelli, il “golpista” Andreotti, i depistaggi della “Dottrina Maletti” (Pellegrini
editore, pp. 272, € 16,00) viene affrontato, con grintoso spirito
giornalistico, un argomento particolarmente delicato e spinoso: la
ricostruzione di quanto accadde nella notte fra il 7 e l’8 dicembre
1970, quando le istituzioni democratiche del nostro paese rischiarono
di essere violentemente sovvertite dai neofascisti guidati dall’ex
comandante della X Mas, Junio Valerio Borghese, e manovrati nell’ombra
dal “Gran Maestro” della loggia massonica deviata P2 Licio Gelli. Il
tutto con la probabile (la documentazione è credibile, ma non è
sufficiente per dare una parola definitiva) complicità di Giulio
Andreotti.
L’autore è il nostro direttore Fulvio Mazza, che non
avrebbe bisogno di ulteriori presentazioni, ma del quale evidenziamo
comunque come sia un affermato storico contemporaneista, con, al suo
attivo, numerosi saggi editi, fra gli altri, da: Esi, Franco Angeli,
Istituto della Enciclopedia italiana (“Treccani”), Laterza, Pellegrini,
Rubbettino (cfr. https://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib;jsessionid=87A71733BAE715CDFC7E06D37869B2D3).
Il
saggio nasce e si verifica anche e soprattutto tramite la
documentazione, spesso inedita, proveniente da varie fonti:
innanzitutto il Sid, la Commissione parlamentare P2 e la Commissione
parlamentare stragi. Una documentazione che viene anche riportata per
alcuni atti più qualificanti.
La demonizzazione dei “rossi” come “Antefatto” e pretesto del “Golpe” Il primo dei quattro capitoli si occupa di esaminare i fatti, la cui trattazione è approfondita in dieci paragrafi. Nel primo paragrafo, Il
contesto politico: per le Forze armate il Pci e la sinistra sono i
nemici e la Dc non riesce più a garantire l’ordine costituito.
L’influenza delle vicine dittature, l’autore analizza i presupposti
della cospirazione: la pulsione golpista fermenta all’interno di una
«classe arrogante che avvertiva come prossimo il termine del proprio
potere di casta». Il teorema è suggestivo quanto verosimile: il “Golpe
Borghese” come ultimo colpo di coda di un’oligarchia agonizzante, che,
non potendo più contare sulla prevalenza degli elementi più
conservatori all’interno della Democrazia cristiana dopo la caduta del
governo Tambroni, punta a riprodurre in Italia una situazione analoga a
quella della Grecia dei colonnelli, dove tre anni prima, con il
pretesto di una (inesistente) minaccia comunista, una cricca di
militari corrotti (finanziati dietro le quinte dai ricchi armatori come
Onassis e Niarchos: i corrispettivi dei nostri Calvi e Sindona) si era
impadronita dello Stato, gettando in carcere migliaia di oppositori.
Mazza sottolinea come nel corso degli anni ’60, dopo la prima
esperienza del centrosinistra, la Dc sia diventata un «marasma
correntizio sempre più oscillante fra il conservatorismo, che la
permeava fortemente, e le nuove istanze progressiste che vedevano
crescere i consensi tra le sue fasce giovanili, intellettuali e fra
quelle legate al mondo del solidarismo cattolico e del sindacalismo
cislino». Dal canto suo, l’opposizione di sinistra, egemonizzata dal
Pci ancora legato ideologicamente all’Urss, è maggioritaria all’interno
del sindacato più rappresentativo, la Cgil, e l’“Autunno caldo” ha
dimostrato come le istanze della classe lavoratrice siano state in
grado di ottenere una conquista fondamentale come lo Statuto dei
lavoratori, che ha eroso notevolmente lo strapotere dei “padroni delle
ferriere” italiani.
Una sentenza di assoluzione che rimette in circolo le tossine eversive Nel secondo paragrafo, Un
“Quarto grado di giudizio” che fissa la “verità storica”: i golpisti
vengono assolti solo grazie ai depistaggi dei vertici del Sid e di
quelli dello Stato, l’autore puntualizza, tenendo in debita
considerazione la cosiddetta “Sentenza Golpe Borghese”, la differenza
fra “verità storica” e “verità giudiziaria”: tre mesi dopo il fallito
“Golpe”, uno scoop di Paese Sera scoperchia
il vaso di Pandora ma il processo celebrato tre anni dopo si conclude
con una generale assoluzione. La Cassazione, il 25 marzo 1986,
sentenziò l’assoluzione di tutti gli imputati. Vennero paradossalmente
assolti anche i rei confessi. Mazza elabora così un immaginario “Quarto
grado di giudizio” ed emette un’ipotetica “sentenza storica”.
L’espediente letterario escogitato dall’autore scavalca lo steccato
della pura e semplice indagine documentale, e si spinge oltre, entrando
in una dimensione per così dire “metafisica” del Potere: Mazza si
addentra in un labirinto di intrighi, depistaggi e complotti, si
districa in una ragnatela di silenzi e di complicità, ma il volto del
Tessitore resta sempre nascosto in qualche cono d’ombra, in qualche
nicchia segreta, negli scantinati più sordidi della politica di casa
nostra. Un’atmosfera che ricorda la machiavellica e malsana atmosfera di Todo modo,
il romanzo di Leonardo Sciascia portato sullo schermo da Elio Petri:
mandanti occulti, strategie ricattatorie, misteri irrisolti.
“Malloppo originario”, “Malloppone/Malloppastro” e “Malloppini” Nel terzo paragrafo, Gli
importanti elementi innovativi: la doppia censura ai tre (e non due)
“Malloppi”, l’isolamento all’interno del Sid, del capitano Labruna, la
“Dottrina Maletti”, Mazza architetta il dispositivo del suo “Quarto
grado di giudizio”: il “Malloppo originario” è la cospicua stesura,
appunto originaria, delle indagini condotte dal capitano Antonio
Labruna; il “Malloppastro” (termine introdotto proprio dall’autore per
evidenziare le clamorose manipolazioni effettuate dal superiore diretto
di Labruna, generale Gian Adelio Maletti, anche su suggerimento
dell’allora ministro della Difesa Giulio Andreotti) è la versione
epurata; i “Malloppini” sono quanto resta dopo due successive ondate di
tagli e censure. In altri termini, i “Malloppini” sono paragonabili a
una costata alla fiorentina più volte mordicchiata finché non rimane
qualche brandello di carne ancora attaccata all’osso. Le identità dei
partecipanti a questo banchetto restano oscure nella maggior parte dei
casi, immerse in una foschia torbida su cui si tenta faticosamente di
proiettare un fascio di luce: «Il confine fra il lecito e l’illecito
era assai labile e spesso fu infranto per ragioni assai poco nobili»,
così sintetizza l’autore per quanto riguarda l’operato del Sid, il
Servizio informazioni della difesa. Dall’indagine di Labruna scaturisce
un complesso mosaico sulla cosiddetta “Strategia della tensione”,
inaugurata dalla bomba di piazza Fontana (che, nel piano originario dei
golpisti, pare dovesse sincronizzarsi con il “Golpe dell’Immacolata
Concezione”) e culminata con l’occupazione, anche se non integrale, del
Viminale; ma, lungo l’itinerario che porterà al processo, Maletti e
Andreotti si dedicano a una sistematica sottrazione di tasselli,
vanificando il paziente lavoro del loro subordinato, anzi, spingendosi
fino a un vero e proprio scempio della sua opera. Maletti, in
particolare, è fautore di una strategia occultatrice che l’autore
battezza come “Dottrina Maletti”. Il teorema machiavellico elaborato da
Maletti giustifica la copertura offerta ai neofascisti con l’esigenza
di non infangare la reputazione degli apparati di sicurezza nazionali.
Un cinismo che mette i brividi al pensiero che il Sid è comunque un
organismo finanziato dai contribuenti…
Macchinazioni massoniche, connivenze nixoniane, triangolazioni repressive Il quarto paragrafo, Le
undici ipotesi riformate e confermate: dal sostegno degli Usa con
Giulio Andreotti capo del governo, al ruolo di Licio Gelli, al “Piano
antinsurrezionale”, mette in rilievo gli ambigui intrecci fra
funzionari ministeriali, esponenti della destra eversiva e “amici degli
amici” in odore di mafia. In particolare emerge l’appoggio che ricercò
(anche in prima persona, attraverso viaggi in Calabria) e che poi
effettivamente ebbe appieno, con la ’ndrangheta. Aspetti sui quali
Labruna aveva indagato a fondo, ma delle sue deduzioni nei
“Malloppini”, a causa delle ripetute censure messe in campo da
Andreotti e Maletti, non è rimasta traccia: notte e nebbia.Aspetti sui
quali Labruna aveva indagato a fondo, ma delle sue deduzioni nei
“Malloppini” non è rimasta traccia: notte e nebbia. Il tramite delle
connessioni fra cospiratori, neofascisti e mafiosi è ampiamente
ipotizzabile nella massoneria deviata, vale a dire la famigerata loggia
Propaganda 2 creata dalla “primula nera” Licio Gelli: va sottolineato
anche l’atteggiamento fortemente ambiguo dell’ambasciata statunitense,
che durante gli anni fangosi dell’amministrazione Nixon non mancava mai
di esercitare pressioni anticomuniste. Inoltre vi è qualche sospetto
che all’interno sia dell’Arma dei Carabinieri che dei vertici
dell’Esercito si annidasse qualche fautore di una esasperazione in
senso repressivo (leggi: antimarxista) di un certo “Piano
antinsurrezionale” (già ampiamente collaudato all’epoca dell’attentato
a Togliatti e sporadicamente durante i moti di piazza contro il governo
Tambroni) denominato “Esigenza Triangolo”.
Dall’analisi di documenti riservati emerge la mefistofelica ambiguità del “Divo Belzebù” Da
due fonti significative (più attendibile quella proveniente dagli
archivi diplomatico-militari Usa, discussa l’altra estratta dal
“Testamento politico” di Borghese) emerge un particolare alquanto
inquietante della cospirazione golpista: il ruolo assegnato a Giulio
Andreotti come premier dell’esecutivo
“di salute pubblica” consequenziale alla svolta autoritaria (ed è
questo il comune denominatore di entrambi i documenti). Nel
“Testamento” di Borghese compare anche il nome di un elemento di
raccordo fra Andreotti e i golpisti: un fido collaboratore di
Andreotti, Gilberto Bernabei. Secondo Borghese, il vero autore della
telefonata che lo indusse a mandare all’aria il “Golpe” sarebbe stato
proprio Bernabei su ordine di Andreotti, e non di Gelli. Sottolinea
l’autore che comunque, al di là della paternità della telefonata, sia
Andreotti che Gelli «avevano in quel frangente (come in altri…) una
visione comune», e che inoltre, «Dalle carte Usa emerge un
atteggiamento dell’amministrazione Nixon perplesso ma sostanzialmente
disposto ad appoggiare il “Golpe”». In definitiva, si può
tranquillamente congetturare (dato che prove certe, purtroppo, non ne
esistono, e se mai ne fossero esistite sono state abilmente fatte
sparire) che personaggi di grosso calibro come l’ambasciatore
statunitense a Roma Graham Martin, il responsabile della Cia in Italia
Hugh Fendwich e, dulcis in fundo, addirittura
l’ex ufficiale nazista Otto Skorzeny, il sedicente liberatore di
Mussolini, fossero tendenzialmente favorevoli al complotto ma solo nel
caso in cui questo fosse andato in porto grazie all’appoggio
determinante dell’Arma dei Carabinieri, elevando alla guida del governo
un democristiano conservatore gradito all’amministrazione nixoniana
come Andreotti, in funzione anticomunista, antisovietica e
filoatlantista. Un atteggiamento analogo a quello dell’amministrazione
Johnson che, tre anni prima, aveva avallato il brutale colpo di Stato
dei colonnelli in Grecia senza mai stigmatizzare le sistematiche
violazioni dei diritti umani perpetrate dalla giunta militare di
Papadopoulos. Nel quinto paragrafo, Le altre
conferme: le relazioni con il conservatorismo politico e sociale, da
Pacciardi a Sogno. I rapporti con massoneria e Msi; la “Strategia della
tensione”, l’autore, preso atto della sostanziale estraneità della
massoneria al progettato “Golpe” (solo la loggia P2 di Gelli ne era al
corrente), sottolinea il ruolo sostanzialmente marginale del Msi di
Almirante, sicuramente ben disposto verso un’eventuale svolta
autoritaria ma titubante nel procedere decisamente alla mobilitazione
dei suoi militanti in appoggio al “Golpe”. Come l’ambasciata Usa, la
Confindustria e il Vaticano, anche gli eredi del fascismo non si
espongono più di tanto, timorosi di finire intrappolati da un eventuale
fallimento del “Golpe”. Anche esponenti conservatori con un passato
antifascista come Edgardo Sogno e Randolfo Pacciardi (la Resistenza per
il primo, la Guerra di Spagna per il secondo) risultano invischiati
nelle trame golpiste più che altro per l’ingenua aspirazione di
rivestire ruoli di primo piano in un eventuale esecutivo a guida
Andreotti.
Gli uomini che sapevano troppo: una scomparsa irrisolta e una morte sospetta Nel sesto paragrafo, I sette punti oscuri: il sospetto assassinio di Borghese, il Dossier sulle Forze armate, la scomparsa di De Mauro, il falso sul terzo “Malloppino”, il “contrordine”,
l’autore riflette sulla scomparsa del giornalista De Mauro,
notoriamente di sinistra ma con radici nell’estrema destra: fu decisa
perché avrebbe potuto sprigionare rivelazioni scottanti sui rapporti
fra mafia e golpisti? Potrebbe fare il paio con la morte improvvisa in
circostanze mai chiarite del tutto – Mazza adombra esplicitamente
l’assassinio – dello stesso Borghese in Spagna? Il provvidenziale
attacco di pancreatite che uccide Borghese a Cadice nell’estate del
1974 avviene in compagnia di una donna: secondo la testimonianza di un
noto terrorista nero, Vincenzo Vinciguerra, la partner sessuale
del principe al momento del decesso non era altro che una agente del
Sid… Tutto da dimostrare, ma che i servizi segreti di ogni paese si
servano spesso e volentieri di avvenenti quanto letali creature
femminili non è una novità… Ancora più inquietante e intricata la
vicenda della scomparsa di De Mauro, ex legionario della X Mas di
Borghese (al quale era talmente devoto da battezzare sua figlia con il
nome Junia), rapito e sicuramente eliminato dalla mafia tre mesi prima
del “Golpe”: cosa sapeva? E chi decise di commissionare la sua
eliminazione alla mafia? Quanto a due poteri forti che in Italia
contavano parecchio, la Confindustria e il Vaticano, l’autore
sottolinea che pare assai improbabile una loro totale estraneità alla
vicenda golpista. Non va dimenticato che gli industriali italiani
(destinatari fra il 1940 e il 1943 di sostanziose commesse belliche)
iniziarono a sganciarsi da Mussolini solo quando cominciarono a piovere
le bombe angloamericane sulle loro fabbriche. Altrettanto ambiguo
l’atteggiamento di un papa storicamente importante come Pio XII: non
solo salutò con esultanza l’ingresso del generalissimo Franco a Madrid
ma durante l’ultimo conflitto, pur di evitare rappresaglie
anticattoliche da parte di Hitler, tacque per anni prima sulla politica
antisemita del Terzo Reich e poi sull’Olocausto. Un silenzio rimasto
impenetrabile nonostante numerose informative riservate in proposito
anche da parte di esponenti antinazisti del clero polacco. Un
dettaglio, quello della triade ambasciata Usa-Confindustria-Vaticano
che, più o meno tacitamente, sta alla finestra in attesa degli eventi
(per poi magari saltare repentinamente sul carro del vincitore)
scarsamente preso in considerazione dalla memorialistica sul “Golpe
Borghese”, e che invece varrebbe assolutamente la pena di approfondire. In
questo stesso paragrafo si parla del falso giudiziario che caratterizzò
il terzo “Malloppino”. Questo fu consegnato da Andreotti al procuratore
della Repubblica di Roma, Elio Siotto, il 15 settembre 1974. E, fin
qui, nessun problema. Il fatto è – evidenzia Mazza – che «nel documento
si descrive anche l’avvenuto svolgimento di due riunioni che “si
terranno/si tennero” il 23 e il 29 settembre 1974. Una vera e propria
preveggenza! Come è stato possibile che un documento potesse contenere
informazioni afferenti a fatti accaduti dieci giorni dopo la sua
consegna? La gravità dell’episodio – conclude Mazza – è acuita dal
fatto che, mentre gli altri documenti che abbiamo visto erano “solo”
atti del Sid, i “Malloppini” erano anche e soprattutto atti giudiziari».
Qualcuno molto in alto allunga il piede per far inciampare Labruna… Il settimo paragrafo, Le
indagini di Labruna colgono nel segno. I neogolpisti organizzano la
vendetta e vengono baciati dalla fortuna. Riemerge prepotentemente la
“Dottrina Maletti”, esplora le inquietanti connivenze fra apparati di intelligence e
vere e proprie mine vaganti neofasciste. Secondo l’autore, che cita il
presidente della Commissione stragi, Giovanni Pellegrino (che, a sua
volta, cita lo stesso Maletti), appare chiaro che i vertici del Sid
abbiano deliberatamente offerto copertura al terrorismo neofascista in
cambio di un sostanziale appoggio in quella che viene definita come
“Guerra fredda interna”. Il discredito vendicativo gettato dagli ex
golpisti sulla figura di Labruna, che viene addirittura accusato di
connivenza con l’eversione neofascista che lui tentava di smascherare,
annichilisce definitivamente il suo sforzo investigativo, e sul fallito
“Golpe Borghese” cala una saracinesca di impenetrabile omertà.
Un dossier incandescente raffreddato e sterilizzato per renderlo innocuo L’ottavo paragrafo, I
documenti vengono finalmente mandati alla Procura. Ma prima si epurano
i nomi imbarazzanti e quelli degli “amici”: Cangioli, Gelli, Paglia e
Torrisi, per esempio, esamina l’epurazione del “Malloppone” e la
sua metamorfosi nel “Malloppastro”, poi ulteriormente spezzettato nei
tre “Malloppini”. Sembra una gara a eliminazione in stile “Grande
Fratello” televisivo: uno dopo l’altro i partecipanti svaniscono come
spettri dal Dossier originario
di Labruna. In primo luogo il “Gran Maestro” Gelli, poi l’ammiraglio
Torrisi seguiti da vari esponenti della destra eversiva coinvolti nelle
“trame nere”. Una volta sottoposto all’attenzione del ministro
Andreotti, lo scarnificato “Malloppastro” subisce ulteriori
mutilazioni; voraci come squali, i suoi manipolatori continuano a
sbranarlo, pezzo dopo pezzo. Evaporano così altri dettagli
fondamentali: la mappa della capillare rete territoriale della
pericolosa organizzazione paramilitare neofascista denominata Fronte
nazionale, i suoi inquietanti legami internazionali con la Cia
nixoniana, il ruolo cospirativo dell’ex capo partigiano monarchico
Edgardo Sogno. Insomma, una sciarada che fa impallidire la memoria
storica delle mistificazioni eseguite sulle prove accusatorie da parte
dei vertici militari francesi all’epoca del caso Dreyfus, con Labruna
costretto suo malgrado a recitare un secolo dopo un ruolo analogo a
quello dell’onesto maggiore Picquart…
La sconcertante indulgenza della magistratura nei confronti dei golpisti Nel nono paragrafo, Il flop del
processo: l’accusa minimizza, le prove vere sono state tagliate e
quando riemergono è troppo tardi! La Cassazione sentenzia: il “Golpe”
non è mai avvenuto, emerge la pesante ingerenza di Andreotti sui
già epurati “Malloppini” allo scopo di sminuirli e disinnescarli
ulteriormente. In soccorso del presunto “Divo Belzebù” interviene anche
la Cassazione, che amalgama le tre indagini in un unico pastone,
dirottato a Roma dove all’epoca il rapporto fra il pubblico ministero
Claudio Vitalone e Andreotti era paragonabile a quello fra l’unghia e
il dito: il processo si conclude con una generale assoluzione. «Se
l’unico vero investigatore era stato ostacolato, isolato e screditato;
se l’accusa era sostenuta da chi era in stretta sintonia con Andreotti
che, in ogni occasione, minimizzava e screditava l’inchiesta stessa,
cosa ci si poteva attendere di più?» conclude l’autore. Lo strascico
finale risale al 1991, quando Labruna, dopo un «acuto e lungo travaglio
interiore», decide consapevolmente di infrangere il segreto d’ufficio e
consegna al giudice Salvini la copia originale dell’intera
documentazione investigativa sul “Golpe Borghese”: la magistratura
potrà quindi vedere anche i numerosi atti censurati da Andreotti e
Maletti, ma l’oblio della prescrizione impedisce ogni ulteriore
procedimento penale.
L’ombra inquietante del grande Burattinaio Il decimo paragrafo, Il
ruolo centrale di Gelli nel “Golpe” è acclarato. Fu sempre lui a
indurre Borghese al “contrordine”? O fu Andreotti, capo designato del
governo golpista?, affronta quello che potremmo definire, come
scriverebbe Jorge Luis Borges, «un enigma che racchiude un mistero in
cui è nascosto un segreto». L’enigma è il seguente: Licio Gelli era
oppure no l’eminenza grigia del “Golpe Borghese”, vale a dire
l’artefice occulto della cospirazione? Un punto è certo: un commando golpista
capitanato da Gelli stesso aveva fatto irruzione nel Quirinale per
rapire il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Infine, il
segreto: fu Gelli a emanare il “contrordine” che arrestò il meccanismo
già avviato del “Golpe”, oppure fu Bernabei per conto di Andreotti? Ed
ecco le tre ipotesi più attendibili. Primo, Gelli era effettivamente il
numero uno del complotto, dato che godeva di libero accesso al
Quirinale grazie a un lasciapassare fornitogli (sembra) da Miceli. Il
che, al di là del fallimento o meno del “Golpe”, è già di per sé
piuttosto allarmante. Secondo, il rapimento di Saragat fu mandato
all’aria perché, all’ultimo momento, Gelli venne a sapere che l’Arma
dei Carabinieri non avrebbe messo in atto il “Piano antinsurrezionale”,
l’“Esigenza Triangolo”, in supporto al colpo di Stato (o, per rimanere
nei termini spagnoleggianti con i quali è passato alla Storia, del
“Golpe di Stato”). Terzo, diversi testimoni provenienti da ambienti
neofascisti hanno concordemente affermato che fu una telefonata di
Gelli a indurre Borghese a impartire il “contrordine” una volta
appurato che l’amministrazione Nixon non avrebbe legittimato il “Golpe”
(come invece accadde in Cile contro Allende tre anni dopo), e tantomeno
avrebbe ordinato ai militari presenti nelle basi Nato in Italia di
fornire sostegno logistico ai golpisti, principalmente sul versante
delle telecomunicazioni. In sintesi, l’autore perviene a questa
conclusione: dalla documentazione di matrice Usa emerge, riferendosi ad
Andreotti, «un’ipotesi del leader democristiano
quale elemento di contatto di vertice fra i golpisti e
l’amministrazione Nixon. Un ruolo che collima con quello che emerge dal
“Testamento politico” di Borghese. Una documentazione, quest’ultima,
che va sempre presa con le pinze perché, come abbiamo accennato, la sua
attendibilità è dubbia, ma non si può ignorare d’emblée.
Ciò vale ancor di più perché ci restituisce una figura di Andreotti che
risulta perfettamente compatibile con questa degli archivi federali
statunitensi».
Gli altri tre capitoli Il secondo
capitolo consiste in una Cronologia annotata delle giornate del
“”Golpe”. Nel terzo e nel quarto contributo vengono pubblicati alcuni
assai interessanti documenti sull’argomento, quasi tutti inediti e
quasi tutti provenienti dal Sid, che costituiscono una delle basi
dell’analisi di Mazza.
Guglielmo Colombero
(direfarescrivere, anno XVI, n. 178, novembre 2020)
|
In occasione dei cinquant’anni del tentato Golpe Borghese (7-8 dicembre 1970) proponiamo un saggio sul “Golpe” stesso.
L’autore è Fulvio Mazza, direttore dell’agenzia letteraria Bottega
editoriale, nonché storico contemporaneista. Oltre che per la
Pellegrini, ha scritto, negli anni, per Esi, Franco Angeli, Laterza,
Rubbettino, Treccani.
Grazie alla documentazione utilizzata (spesso inedita, prevalentemente
proveniente dal Sid) emergerà il ruolo centrale di Licio Gelli e
quello, ambiguo, di Giulio Andreotti. Riguardo a Gelli, affiorerà il
fatto di aver ricoperto il più importante ruolo operativo: quello di
guidare il commando che avrebbe dovuto rapire il presidente della
Repubblica, Giuseppe Saragat. Relativamente ad Andreotti, invece,
emergerà come questi fosse il premier in pectore, designato dagli Usa,
del governo golpista.
Il tutto si fermò, però, in seguito a una telefonata che Andreotti o
Gelli, o entrambi (in ogni caso con finalità convergenti), fecero a
Borghese inducendolo a diramare il “contrordine” che, nel pieno
svolgimento dell’azione golpista, bloccò tutto.
Grazie alla documentazione rinvenuta risulterà altresì come il generale
Gian Adelio Maletti e lo stesso ministro Andreotti minimizzarono e
censurarono importanti parti dell’inchiesta portata avanti dal capitano
Antonio Labruna.
In particolare si delineerà la “Dottrina Maletti”, ovvero le
motivazioni che indussero i vertici istituzionali a salvare molti
golpisti legati agli apparati dello Stato. Da qui il fallimento
processuale, al quale diede un fondamentale apporto anche l’azione
minimizzatrice svolta dal più andreottiano di tutti i magistrati
italiani: Claudio Vitalone.
Per verificare i depistaggi, si è fatta chiarezza sui vari “Malloppi”
documentari, iniziando dalla loro stessa denominazione in “Malloppo
originario”, “Malloppastro” (e non “Malloppone”) e “Malloppini”.
Fra gli altri aspetti di particolare interesse, si evidenzierà uno dei
punti più delicati della storia degli anni Sessanta-Ottanta: la
“Strategia della tensione”, la cui esistenza, per molti anni, è stata
messa in dubbio da chi riteneva che gli attentati e le stragi fossero
stati opera di iniziative personali o, comunque, di coordinamento
breve. Emergerà invece chiaramente, grazie a una relazione inedita del
Sid, come dietro ai diversi attacchi ci fosse un disegno preordinato.
Emblematici, in tal senso, saranno i riferimenti al pestaggio dei
marinai spezzini attuato dai neofascisti e fatto attribuire alla
sinistra.
Dal libro emergeranno inoltre diversi punti ancora oscuri: primo fra
tutti quello del probabile assassinio dello stesso Borghese, il cui
imminente rientro in Italia dall’esilio spagnolo dava preoccupazioni a
molti militari e politici italiani.
Fra gli altri elementi enigmatici si indicheranno le connessioni con la
scomparsa di Mauro De Mauro (ex legionario della X Mas), il falso
giudiziario relativo alla denuncia fatta dal Sid in Procura, il ruolo
di finanziatore svolto da Michele Sindona, il funzionamento del “Piano
antinsurrezionale” e tanto altro.
La Cassazione, però, mandò tutti assolti e, in questo senso, il libro si pone come un provocatorio “Quarto grado di giudizio”.
Fra i nomi citati, oltre a Junio Valerio Borghese: Giulio Andreotti,
Tina Anselmi, Federico Umberto D’Amato, Stefano Delle Chiaie, Licio
Gelli, Guido Giannettini, Antonio Labruna, Giovanni Leone, Gian Adelio
Maletti, Vito Miceli, Richard Nixon, Remo Orlandini, Randolfo
Pacciardi, Mino Pecorelli, Giovanni Pellegrino, Mariano Rumor, Guido
Salvini, Giuseppe Saragat, Edgardo Sogno, Paolo Emilio Taviani, Angelo
Vicari, Luciano Violante, Claudio Vitalone…
Per
consultare i documenti relativi al “Golpe Borghese” inviare una email
a: direttore@bottegaeditoriale.it specificando il documento richiesto.
I bottegai vanno in ferie
Bottega
"stacca la spina" nelle due settimane di Ferragosto. Dunque l'ultimo
giorno di attività è il 7 agosto e il primo giorno di riapertura è il
24 agosto.
In caso di emergenza, autori e editori possono scriverci a: info@bottegaeditoriale.it o telefonare al 392 9251770.
Farà
eccezione il settore delle "Preletture gratuite". Difatti, al fine di
garantire sempre una risposta celere agli autori, tale comparto non
andrà integralmente in ferie, ma si adotterà il sistema della
"rotazione". Dunque gli autori possono proseguire a inviare i propri
dattiloscritti inediti, sempre all'indirizzo: info@bottegaeditoriale.it
e riceveranno, come sempre, una pronta risposta.
Un saggio storico sul "Golpe Borghese".
In
occasione dei cinquant'anni dal tentato "Golpe Borghese" (7-8 dicembre
1970) l'agenzia letteraria "Bottega editoriale" sta pubblicando, presso
una casa editrice che ancora non si può rendere nota, un saggio sul
"Golpe" stesso. Il libro avrà come titolo: Il
"Golpe Borghese" cinquant'anni dopo. I documenti. Dal contrordine
emanato probabilmente da Gelli, alle censure di Andreotti e Maletti che
annientano le indagini di Labruna".
L'autore è Fulvio Mazza, direttore dell'Agenzia letteraria.
Roma, 14 luglio 2020
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COMUNICATO STAMPA (08/12/2019)
Due nuove fasi dei Convegni promossi dall’Agenzia letteraria
Bottega editoriale
su:
Nuove tendenze della
Letteratura italiana contemporanea
Pubblico durante la presentazione
La terza fase si è tenuta giovedì 5 dicembre 2019, dalle ore 18,30 alle ore 19,30, presso la sala Venere della Fiera del Libro “Più libri più liberi” (Roma Eur, Complesso “La Nuvola”, Viale Asia, 40)
I protagonisti di questo nuovo incontro sono stati:
Fabio Bacile di Castiglione con Non ho un sogno, Emersioni editore
Alfio Giuffrida con Odore di sujo, il Seme Bianco editore
Dopo gli interventi di saluto dell’Editore di Emersioni/il Seme Bianco, Michele Caccamo, le relazioni sono state tenute da Annibale Bertola, Psicologo
I lavori sono stati moderati dal Direttore dell’Agenzia letteraria Bottega editoriale, Fulvio Mazza
La quarta fase si è tenuta sabato 7 dicembre 2019, dalle ore 12,30 alle ore 13,30, presso la sala Nettuno della Fiera del Libro “Più libri più liberi” (Roma Eur, Complesso “La Nuvola”, Viale Asia, 40)
I protagonisti di questo nuovo incontro sono stati:
Romano Ferrari con Camici Bianchi. Intrigo all'ombra della Mole, Sovera/Armando editore
Alessandro Giraudi con La visione universale del mondo. Per la rivoluzione inclusiva, Armando editore
Marco Regolini con Ai confini della realtà. Attenzione a non scivolare: la matematica si arrende, Armando editore
Dopo gli interventi di saluto dell’Editore di Sovera/Armando, Andrea Iacometti, le relazioni sono state tenute da Annibale Bertola, Psicologo
I lavori sono stati moderati dal Direttore dell’Agenzia letteraria Bottega editoriale, Fulvio Mazza
Alleghiamo qui di seguito le sinossi dei cinque libri:
Fabio Bacile di Castiglione, Non ho un sogno (Romanzo – Emersioni editore):
Strutturato per lo più sotto forma di dialogo, Non ho un sogno è un romanzo «istintivamente “filosofico”»: così lo definisce nella Prefazione il
critico letterario Renato Minore. La trama racconta il tentativo di
esistenza di Diego, appena diplomatosi e in cerca della sua strada.
Quasi nulla viene narrato: sono i pensieri e le parole del protagonista
e degli altri personaggi a fare evolvere la storia.
Come
per un cammino iniziatico, le difficoltà di comunicazione con la
famiglia, l’idealizzazione del padre con la conseguente uccisione del
suo mito, le amicizie sbagliate e l’angoscia per il proprio futuro
porteranno il giovane a rifugiarsi nell’alcol e nella droga, rifuggendo
la vita; ma l’amore, la bellezza e la saggezza di un misterioso
personaggio lo condurranno verso la rinascita.
Romano Ferrari, Camici bianchi. Intrigo all'ombra della Mole (Romanzo – Sovera/Armando editore):
Si tratta di un giallo redato sotto forma di diario che vede la propria
storia svolgersi durante gli anni Novanta, in un ambito – quello medico
– che sembrerebbe, o quanto meno dovrebbe essere, completamente privo
di corruzione e malvagità.
Tra i protagonisti indiscussi della trama vi è l’apprezzato, seppur
temuto, dottor Roberto De Angelis, che si troverà dinanzi ad
avvenimenti che appaiono a lui estranei: un furto, uno strano omicidio
e un passato difficile da dimenticare. L’unica soluzione, dunque, è
quella di appellarsi all’acume del commissario Pugliesi.
L’accuratezza dei dettagli e l’architettura della trama non possono far
altro che coinvolgere il lettore in quest’atipica, ma intrigante,
avventura.
Alessandro Giraudi, La visione universale del mondo. Per la rivoluzione inclusiva (Saggio – Armando editore):
Si tratta di un saggio permeato da una ricca conoscenza filosofica, con
cui ci si addentra in una non facile disputa. L’opera, infatti, è una
riflessione filosofica che verte su tre temi fondamentali strettamente
intrecciati: la realtà (il mondo reale), Dio e il divenire delle cose
(problema quest’ultimo correlato alla questione del nichilismo).
La Prefazione è affidata alle parole di Marco Gatto, docente universitario di Teoria della Letteratura.
Egli riassume in maniera esplicativa l’opera in questione, collegandosi
a grandi pensatori del passato come Cartesio, Spinoza e Gramsci
affermando che «quanto per ribadire, come Giraudi fa, che compito del
pensare sia quello di non permanere in forme tranquillizzanti di
non-senso o in modalità del tutto adattive, ma di riscattare una
riflessione sul divenire che apra all’impensato».
Alfio Giuffrida, Odore di sujo (Romanzo-saggio – il Seme Bianco editore):
L’opera è lo spunto per una riflessione sul Sessantotto, per capire se
è stato uno straordinario momento di crescita civile oppure il trionfo
della stupidità generalizzata. Da alcuni decenni, infatti, la moralità
si è perduta: il sujo è appunto la puzza della corruzione, che circonda soprattutto la classe politica.
La vicenda narrata è quella di Jennifer che, nata in una famiglia
dell’alta borghesia, è cresciuta nella convinzione della superiorità
morale della propria classe rispetto alla plebe. Il mondo dei politici,
in sintonia con quella dei magistrati, le sembrava al di sopra di ogni
sospetto. Ma gli eventi, dopo averla ridotta alle luride favelas di Rio
de Janeiro, le faranno cambiare prospettiva…
Come sottolineato dal critico letterario Renato Minore nella Prefazione, un «giallo che racconta e insieme ragiona su ciò che va narrando».
Marco Regolini, Ai confini della realtà. Attenzione a non scivolare: la matematica si arrende (Saggio – Armando editore):
Il saggio, con un pizzico di ironia e qualche gradevole digressione, affronta temi di grandissimo rilievo.
L’autore passa dall’aritmetica all’analisi matematica, chiamando in
causa i concetti più disparati, anche di natura filosofica. Infatti lo
scritto non si esaurisce con la sola matematica, da subito viene
introdotto un parallelismo che funge da filo conduttore per l’intera
trattazione: il paragone tra il cervello umano e il computer.
Sebbene, infatti, nelle prime pagine sembra che ci si soffermi
principalmente sui numeri, si comprende a poco a poco che a interessare
l’autore è soprattutto l’essere umano e la sua capacità di percepire il
reale, di comprenderlo. L’opera si pregia inoltre della Prefazione di
Annibale Bertola, psicologo e ricercatore di Antropologia culturale
presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, che afferma
«Ritengo il contributo dell’Autore prezioso (stavo per dire
irrinunciabile) per chi voglia aggiornarci sugli orizzonti conoscitivi
dell’uomo».
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COMUNICATO STAMPA (23/11/2019)
Dall'Anpi un esempio di maschilismo.
Nel
giorno in cui le donne scendono in piazza contro il sessismo, chiediamo
all’Anpi il ritiro di un suo libro con impostazione equivoca
Il
contesto culturale italiano è venato da ampi segni di maschilismo. In
esso cresce la cultura della prevaricazione antifemminile che poi
sfocia anche nei femminicidi.
Tale cultura maschilista appare anche in ambito progressista, proprio dove meno ti aspettavi potesse emergere.
È il caso, recentissimo, dell’Anpi che in un suo libro, “21 madri
costituenti”, nelle biografie che ha redatto, ha messo in evidenza
un’impostazione equivoca di sottinteso maschilismo ha sempre messo
il nome del marito accanto a quello della moglie, così denotando un
evidente, benché latente, maschilismo.
Inoltre, nelle note biografiche che ha redatto su una delle più
importanti Costituenti, Rita Montagnara, l’Anpi ha sacrificato
importanti parti della sua attività politica per scrivere che questa fu
“lasciata” (che termine orrendo!) da Palmiro Togliatti per l’altra
Costituente, Nilde Iotti.
Con tutti i dati politici che c’erano da dire su Montagnara, era
proprio necessario mettere questo elemento così “pettegolezzaro”? Ed
era proprio opportuno far apparire Montagnara come una povera vittima
che fu “lasciata” da Togliatti? Montagnara, come ben sappiamo era una
dirigente politica di primo livello, indipendentemente da Togliatti.
Un
esempio di maschilismo da evitare e per via del quale Bottega
editoriale chiede all’Anpi di ritirare il libro e di ripubblicarlo con
una riscrittura rispettosa del ruolo della donna.
Così rilanciato dall’Ansa:
Nella
giornata in cui le donne scendono in piazza contro il sessismo, e in
prossimità della Giornata Internazionale per l’eliminazione della
violenza contro le donne del 25 novembre, a finire sotto accusa è
l’Anpi. Il direttore di Bottega Editoriale Fulvio Mazza chiede all’Anpi
Roma di ritirare un libro accusato di sessismo. Si
tratta del testo “21 madri costituenti” che presenta storie e
personalità delle donne che hanno gettato le fondamenta della
Repubblica Italiana. Il libro è stato pubblicato
dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia di Roma, come
contributo in atti di un convegno tenutosi nel 2017 alla Camera dei
Deputati. L’agenzia letteraria romana mette al centro del j’accuse un’impostazione
equivoca rispetto all’approccio biografico in questione. Ad esempio,
nelle note redatte su Rita Montagnana, dirigente politica di notevole
spessore, l’Anpi avrebbe sacrificato, secondo la prospettiva di Mazza,
capitoli importanti relativi alla sua attività politica, mentre è
ampiamente riportata la vicenda sentimentale che coinvolse Palmiro
Togliatti, nella fattispecie la rottura tra i due a causa della
successiva relazione dello storico leader del Pci con Nilde Iotti,
un’altra celebre costituente. “Con tutti i dati politici che c’erano da dire sulla Montagnana era proprio necessario inserire quest’elemento di gossip? Era davvero opportuno far apparire la Montagnana come una povera vittima abbandonata da Togliatti?
Il contesto culturale italiano è cosparso di ampi segni di sessismo. In
esso cresce la cultura della prevaricazione antifemminile che poi
sfocia nei femminicidi. Tale cultura appare anche in ambito
progressista, dove meno si pensava potesse emergere. Chiediamo pertanto di ritirarlo e ripubblicarlo con una scrittura che tuteli la dignità del ruolo della donna” ha chiosato il direttore di Bottega Editoriale Fulvio Mazza.
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COMUNICATO STAMPA (17/11/2019)
Una nuova fase dei Convegni promossi dall’Agenzia letteraria Bottega editoriale
su:
Nuove tendenze della
Letteratura italiana contemporanea
si è svolta Roma, sabato 16 novembre 2019, presso la sala convegni della Federazione unitaria italiana scrittori
Dopo
gli interventi di saluto del Presidente della Fuis, Natale Antonio
Rossi, le relazioni di base sono state tenute dal Critico letterario
Guglielmo Colombero.
I lavori sono stati moderati dal Direttore dell’Agenzia letteraria Bottega editoriale, Fulvio Mazza.
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Edito da Bottega editoriale
Il profondo dolore di una perdita: la poesia esiste per combattere
Da un progetto di Bottega editoriale la silloge di Carlo Morabito dedicata alla dolorosa morte della figlia. Prefato da Gianfranco Neri
Dicono
che uno dei dolori più grandi sia la perdita di qualcuno di amato.
Ancora di più se si tratta di un figlio, un evento a cui nessun
genitore è preparato perché innaturale, fuori dall’ordine delle cose.
Nonostante tutto molto spesso accade e non ci sono modi per affrontare
a pieno questo lutto. Un metodo per esorcizzare questo lutto può essere
quello della scrittura, come dimostra Pianto antico di
Giosuè Carducci, un classico della poesia italiana che dimostra come
anche dal dolore possano scaturire emozioni meravigliose, da
condividere con il mondo.
Su questa scia si colloca l’opera di Carlo Morabito Valeria e io (Bottega editoriale, pp. 80, € 10,00), una silloge di poesie dedicate alla figlia scomparsa prematuramente. Di seguito la Prefazione al testo curata da Gianfranco Neri, che esprime perfettamente le sensazioni che lascia la lettura di quest’opera.
Se
dovessi dire, in estrema sintesi, di questo libro di Carlo Morabito,
direi che esso è – tra le molte cose che si scopriranno leggendolo – il
modo in cui il linguaggio poetico stesso, la sua sacra capacità
di ordinare il mondo attraverso le parole, viene accettato proprio per
poter essere contemporaneamente e con veemenza negato. Oppure, potrei
dire che esso è un consapevole omaggio e un abbandonarsi alla forza
delle parole-immagini di cui si nutre, con lo scopo di ricondurre
quell’universo apparente che esse descrivono in quel limite incerto
dove il senso si scompagina. Ci mostra il caos dal quale noi stessi
veniamo e dove possiamo ricominciare, e rintracciare pazientemente il
principio, anche se tenue e provvisorio, per ricostruire e comprendere
le ragioni della nostra presenza in esso.
Perché, qual è il potere che l’immagine ha su di noi?
È quello di rivelarci la presenza sconvolgente del mondo da cui essa
proviene e al tempo stesso di placare quella stessa visione pensandola
come se fosse realtà, illudendoci di dominarla.
Essa, come dice Maurice Blanchot, è quella «brillante menzogna» che le
dà modo di attivare «una delle sue funzioni che è quella di placare, di
umanizzare l’informe nulla, che il residuo ineliminabile dell’essere
spinge verso di noi […] e ci permette di credere, nel profondo di un
sogno felice che l’arte troppo spesso autorizza, che in disparte dal
reale e immediatamente dietro ad esso noi troviamo, quale una pura
felicità e una superba soddisfazione, l’eternità trasparente
dell’irreale».
Perché ci sconvolgono questi splendidi, misteriosi, terribili e straordinari componimenti poetici di Carlo?
Perché essi ci fanno affacciare sul bordo di un abisso in cui il tempo
si rovescia, svelando l’ingiustizia più profonda e feroce che la Vita
nasconde, e la falsa promessa che essa ci fa: che siano sempre i padri
(e le madri) ad anticipare i figli, a illuminare loro la strada per
quel mondo verso il quale dovranno poi seguirli. E quando ciò non
accade, ecco il rovesciarsi dell’universo e del tempo, e il padre
diventa inopinatamente figlio: con le sue fragilità, le paure, le
incertezze, la forza cieca e la bellezza di quell’istinto inconsapevole
che la vita dà alla giovinezza e alle umane speranze.
Le parole svelano e placano l’orrore: arte disperata è una
contraddizione in termini, anche questo dicono quelle di Carlo. E le
sue parole scavano la nostra anima per cercare in essa i primi suoni
con cui accordare insieme il piano di un linguaggio che in una
miracolosa assonanza, in un tentativo estremo di incontro, possa
raggiungere e ridimensionare il vuoto in cui essa esiste.
Mi lega a Carlo, e credo lui a me, anche un rapporto diretto con
l’arte, con la manipolazione delle materie (e delle immagini)
attraverso le quali tentiamo talora di stanarla, tendendole imboscate.
Tentativi, come si sa, troppo spesso infruttuosi, poiché l’arte è una
pratica rara e crudele di violazione dell’universo del linguaggio e,
come sostiene Octavio Paz, «se l’universo è un linguaggio [l’arte,
proprio quando è realmente tale], ci mostra il rovescio del linguaggio:
l’altra faccia, il volto vuoto dell’universo [generando] opere in cerca
di significato». Un volto meraviglioso e terrificante, una nube
luminosa, vastissima e densa e che acceca prossima a un vuoto.
Caro Carlo / è proprio in questo grande vuoto / che ci incontriamo /
e che tu hai scavato / per noi dolorosamente / generoso / grattando con
le dita ormai / ferite / per dividerlo / con le tue parole / così
vitali e incapaci nel loro essere / di essere desolanti / perché esse
sempre sono / speranza / consolazione / futuro / anche quando il futuro
retrocede / dissolvendosi / negli istanti in cui non ci siamo accorti /
distratti dalla vita / che mentre vivevamo / di essa eravamo
inconsapevoli // Caro Carlo / quanta fatica e quanto dolore a dar forma
all’assenza.
Questo libro è il diario di un padre ridiventato figlio attraverso la
Figlia, involontaria artefice di questa dolente metamorfosi, dove essa
riscopre l’amo-re che soltanto un padre può dare.
Gianfranco Neri
_____________________
COMUNICATO STAMPA (19/10/2019)
Il libro Rosso è il colore delle foglie a novembre di Pietro Rizzo (Città del sole edizioni, 2019)
ha ricevuto la Menzione d’onore da parte della Giuria del Premio letterario “Le parole arrivano a noi dal passato”
Ecco un estratto della relazione del Presidente di giuria, Rolando Perri, per il Premio indetto dall’Associazione RinnovaMenti:
«La
voce narrante dispiega il raccontato, con tecnica dell’analessi, di una
famiglia del profondo Sud nell’arco di tempo di circa un secolo – il
Novecento – nell’interazione costante col Mondo attorno osservato da
più angolazioni.
Visioni sociali e familiari in chiaroscuro, le quali attraversano la
Storia della Nazione, determinano il destino della maggioranza delle
persone e incidono sulla evoluzione della vita dei singoli.
Si stacca, in primo piano, la figura materna nella sua inscalfibile e venerabile grandezza a far da stella-cometa nel vissuto formativo del figlio e degli altri componenti, il nucleo familiare. Emerge l’Amore nelle sue variopinte sfumature cromatiche con una preferenza per il rosso di cui si colorano le foglie e novembre.
Testo poliedrico, nel quale convergono e si fondono, sotto il segno di una ibridazione feconda
e ponderata, più generi letterari in uno stile raffinato ed elegante a
conferma della particolare versatilità dell’Autore nell’arte dello
scrivere.»
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COMUNICATO STAMPA (16/10/2019)
Il romanzo Odore di sujo, dello scrittore catanese Alfio Giuffrida, edito da il Seme Bianco,
ha raggiunto la settimana scorsa un bel piazzamento nazionale
Il
libro, facente parte della “Scuderia letteraria” dell’Agenzia Bottega
editoriale, è entrato difatti nella classifica Amazon dei primi 200
libri venduti all’interno della sua categoria letteraria.
Il successo è probabilmente scaturito dalla concomitanza di alcune
importanti recensioni che hanno prodotto il “passa parola” vincente.
Ne
siamo veramente felici anche perché, classifica o non classifica, il
romanzo lo merita veramente. Parola del critico letterario Renato
Minore, che del libro ha scritto la Prefazione mettendo in rilievo, tra
l’altro, come Giuffrida abbia creato una nuova corrente letteraria,
quella del “Verismo interattivo” che coniuga la realtà concreta con la
fantasia propria della migliore Letteratura.
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COMUNICATO STAMPA (15/10/2019)_
Lo scorso 11 ottobre, a Roma, presso la libreria Feltrinelli di via Eritrea, si è tenuta la presentazione di La Contessa di Michele Valentini, edito Armando.
Si tratta di un testo, della nostra “Scuderia Letteraria”, che
vede protagonista un ingegnere in pensione, costretto a trasferirsi in
una residenza per anziani in seguito alla scomparsa di sua moglie, vero
asse portante della sua vita.
Sebbene
abbia un passato lungo e denso di emozioni, l’uomo non si rassegna
all’inevitabilità degli eventi e si mette così alla ricerca di un
motivo per vivere.
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COMUNICATO STAMPA (22/07/2019)_
Giovedì
25 Luglio, alle ore 19.00, presso la Villa Comunale di Crotone, nella
area alta, si terrà la presentazione del Libro DO UT DES Delitti e suicidi, imposte e tasse, sesso e corruzione di Vincenzo Lista, cittadino crotonese già dirigente di una società di riscossione delle imposte e delle tasse.
Alla presentazione saranno presenti, oltre all’autore, Fulvio Mazza,
Direttore dell’Agenzia Letteraria Bottega editoriale che modererà la
discussione, e Antonio Oliverio, editor di Bottega editoriale.
È previsto, inoltre, un intervento di Fabio Riganello.
Vi aspettiamo.
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Criticare Camilleri: si può?
Non si può chiudere un occhio sul suo antifemminismo
Parlare male di Garibaldi, come è noto, non si può. E adesso emerge che non si puo’ parlare male nemmeno di Camilleri.
Ma, come diciamo che Garibaldi sbagliò, e fortemente, a Bronte
ci sia permesso di dire che Camilleri, grande narratore dalla forma
impeccabile, aveva, nella sostanza un taglio antifemminile (o
antifemminista, fate voi) da evidenziare a caratteri netti.
Un atteggiamento antifemminile che grave lo è sempre, ma che è
ancor più quando proviene da un fine intellettuale qual era, senza
alcun dubbio, Camilleri.
Quali erano le donne protagoniste dei suoi romanzi? Quasi
sempre e quasi solo donne “bbbone”, provocanti tutte tette, culi e
labbra grosse con poco o nulla cervello (si salva un pochino la sola
Livia).
Quanti sono i questori donne che appaiono nei romanzi? Non ne
ricordiamo alcuno. E quarti commissari donna colleghi di Montalbano?
Idem. Come anche non si vedono prefetti donne o medici legali.
Anche nel medio commissariato di Montalbano non ci sono praticamente donne, nemmeno nei gradi inferiori!
La grandezza letteraria di Camilleri è alta.
Ma la sua grettezza antifemminile pure.
Fulvio Mazza – direttore Bottega editoriale
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Edito da Bottega editoriale
Ricordi molto alternativi: libri sulla propria vita
Un nuovo progetto di Bottega editoriale che vede ognuno di noi vero “protagonista” della sua storia
Quando
viviamo eventi memorabili, che ci hanno particolarmente arricchito o
reso felici, ci piace poterne serbare un ricordo tangibile e duraturo,
che non resti solo confinato all’interno della nostra mente. Alcuni
traducono l’esperienza in parole, stendendo per esempio una pagina di
diario; altri decidono di immortalarla in una serie di fotografie, da
raccogliere poi in un album.
Ma se ci venisse offerta l’opportunità di tramutare il ricordo che ci sta a cuore in un vero e proprio libro?
Fidanzamenti, lauree, matrimoni, nascite o altri avvenimenti focali,
pure quelli meno felici (come anche la scomparsa di un congiunto) della
vita: perché non renderli a fumetti e stamparli in volume?
Non sono meglio dei bei libretti invece delle vetuste bomboniere o degli stantii album fotografici?
Questa l’originale e, se i lettori ci permetteranno il termine molto
sentimentale, carinissima idea sorta a Bottega editoriale, che ha già
provveduto a concretizzarla realizzando il simpatico libretto dal
titolo Chiara e Simone a Roma (Bottega editoriale, pp. 16, € 5,00).
Una gita diventa racconto illustrato
Per
dei bambini, trascorrere una giornata all’aria aperta è sempre
entusiasmante, tanto più se passata al mare o a visitare i monumenti
storici della Capitale. Chiara e Simone ‒ questi i nomi dei ragazzini
dell’avventura romana ‒ hanno desiderato ricavarne un racconto,
corredato di splendide illustrazioni a colori che li ritraggono nelle
vesti di piccoli protagonisti. Così, ogni volta che ne avranno voglia,
prenderanno in mano il libro e sfogliandolo, pagina dopo pagina,
potranno rivivere con piacere i momenti salienti di quella gita: il
castello di sabbia modellato sulla battigia, l’immenso Colosseo
contemplato con ammirato stupore dal parco antistante, la
manifestazione per la pace alla quale hanno assistito in compagnia
della mamma Aline, del papà Christian, della zia Paola, dello zio
Marco, della nonna Pina, del nonno Flavio e, a distanza, della Nonna
Nella.
Il volume soddisfa pienamente i requisiti dei libri per l’infanzia: la
narrazione procede fluida con frasi semplici e chiare, dalla struttura
paratattica; immagini coloratissime e a tutta pagina raffigurano il
contenuto testuale in modo vivace e icastico.
Un libro personale a tutti gli effetti
Indicativo
il titolo scelto per la collana, Il nostro libro. L’idea centrale è
infatti quella di realizzare libri personalizzati per chiunque voglia
dare forma concreta a un ricordo a sé caro (una festa di compleanno,
una gita, un giorno speciale e chi ne ha più ne metta!).
Bottega editoriale si occuperà di organizzare e gestire direttamente
tutti gli aspetti del volume: dal testo, alle illustrazioni,
all’impaginazione finale.
Si tratta certamente di un progetto innovativo e divertente, pensato
soprattutto per i più piccoli, al fine di avvicinarli e farli
familiarizzare con il meraviglioso mondo della lettura. Il libro,
infatti, non dev’essere concepito come qualcosa di estraneo o distante,
non deve necessariamente narrare storie vissute da altri; può, invece,
essere concepito anche come “nostro”, raccontando di noi e della nostra
esistenza, certo ricca di particolari prezioni e divertenti come
potrebbe essere stata quella di Huckleberry Finn!
Il tutto anche (e soprattutto) grazie ai testi, simpatici e diretti di
Antonella Napoli, e alle graziosissime illustrazioni di Anselmo
Sangiovanni.
Michela Mascarello
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Edito da Bottega editoriale
L’eros: un mix di sesso e unione con cui si genera una spiritualità.
Gli studiosi cosa ne pensano?
Diversi e qualificati commenti al Breviario di Comunicazione erotica di Emanuela Cangemi
Il
libro che stiamo qui a recensire è un libro del tutto anomalo e
particolare. Non è una normale pubblicazione ma “un libro su un libro”.
Come potrà vedere il lettore che ci seguirà in questo articolo di
presentazione, Riflessioni su “Breviario” di Comunicazione erotica (Bottega
editoriale, pp. 40, € 5,00) è, difatti, una pubblicazione, di autori
vari, che prende spunto dal libro di Emanuela Cangemi, “Breviario” di Comunicazione erotica. Romanzo psicologico in chiave musicoterapica (Falco
editore, pp. 114, € 13,00), un libro della “Scuderia letteraria” di
Bottega editoriale che, in una formula cara a questa autrice, quella
del romanzo/saggio, tratta, con coraggio intellettuale, la materia
della Comunicazione erotica.
Un testo che ha subito numerose censure e che ha spinto diversi
intellettuali a dire la loro per iscritto. Ne sono scaturiti testi di
vario approfondimento e di differenziato taglio ma tutti di interesse
estremo. Da qui la decisione di Cangemi di raccoglierli, appunto, in
una pubblicazione autonoma.
Il punto di partenza: un romanzo psicologico
In
primis conviene ricordare che il testo di Cangemi è, appunto, un
romanzo psicologico in cui, attraverso le ricerche di due studiosi,
Aurora e Filippo (che durante il loro rapporto di lavoro si
innamoreranno), si scopre che una soluzione possibile per mantenere
intatto l’eros tra due persone è quella della comunicazione in generale
e, particolarmente, della musicoterapia intesa come possibile tecnica
riabilitativa di coppia. Dunque non è un romanzo sul sesso materiale,
ma sulla sfera dell’eros in senso lato. Da queste concezioni si
sviluppano riflessioni di diversi esperti, in forma di interventi brevi
ma efficaci.
Le Riflessioni prendono vita con una Premessa dell’autrice
della pubblicazione esaminata, Emanuela Cangemi, in cui si ribadisce
l’intento del suo saggio/romanzo, rivolto, per utilizzare le sue
parole, «a tutte quelle persone in grado ancora di chiedere
spiegazioni: “Perché ti comporti così?” “Che cosa ti ho fatto?” “Perché
non percepisco più quello che un tempo sentivo per te?” “Dove abbiamo
sbagliato?” Ricordando, però, che “ognuno” è un altro “me” da
rispettare».
L’autrice in questo frangente utilizza uno stile e un linguaggio molto
musicale, proprio per determinare la sensibilità di ognuno che è un io
diverso dal proprio: ma, ripensando alle proteste e alle censure, da
qui parte una riflessione. Infatti come dichiara poco più in là, crede
di aver peccato, nell’utilizzo di tale semplicità, di presunzione: «le
pulsioni sono cose semplici da attivare, ma le emozioni possono essere
capite, quindi spiegate, sentite, quindi comprese».
Da qui, appunto, la volontà di far nascere tale raccolta, che, firmata
da gente “autorevole” sulla carta, può fornire ancora più scientificità
al saggio da cui trae spunto.
Effettueremo, quindi, una rapida carrellata su ciascuno dei saggi che costituiscono le Riflessioni.
L’avvocato matrimonialista, la musicista…
Il
primo fra questi è quello dell’avvocato matrimonialista Rossella
Altomare, dal titolo: Il fascino discreto della musicoterapia di
coppia, che traccia un quadro del rapporto di coppia nella storia del
nostro ordinamento giuridico. Altomare ricorda inoltre che: «Emanuela
Cangemi, da terapeuta qual è, ha saputo spiegare ed evidenziare
chiaramente nel suo saggio che, nella vita di coppia, la comunicazione
senza veli è necessaria, importante, meglio, fondamentale», dove per
«comunicazione senza veli» possiamo intendere i rapporti sessuali, e il
clima armonico e musicale che tra due si genera. In seguito si ricorda
la sottomissione, anche dal punto di vista giuridico, che la donna
aveva verso l’uomo, fino a qualche decennio fa. Oggi invece non è
fortunatamente più così. Un problema sempre più impellente nella
società moderna, le coppie e la loro armonia. Ormai i litigi ne portano
tante, giovani e non, a chiedere il divorzio. Ci si trova dinanzi a una
fragilità incredibile dei rapporti sentimentali, causata anche da un
vuoto generale dei sentimenti dei nostri tempi. Viviamo in una società
nella quale ormai predomina più l’apparire sull’essere, e quindi,
dinanzi a serie tematiche, spesso non si riescono a risolvere i
problemi. Le coppie, conclude, affinché durino, è bene che mantengano
la loro alchimia primordiale, attraverso la chiave della sensualità.
Particolare è anche l’intervento della musicista Antonella Barbarossa
nel suo intervento dal titolo: Il mistero delle chat e del piacere
confuso, nel quale si parla della connessione tra musica e anima, e
successivamente del nesso “musicale” di coppia, mediante un excursus
storico su come gli antichi intendessero l’influenza della musica
sull’anima: dai greci fino all’età moderna. Inoltre, si fa notare come
per Aurora la musica sia vista come una forma di evasione dal
quotidiano.
Uno sguardo vale più di mille parole
Nel
suo saggio dal titolo: Gli aspetti erotico-comunicativi della coppia,
Massimiliano Bruno, professore di Scienze motorie, sostiene come la
comunicazione non verbale sia essenziale nei rapporti umani, in una
riflessione che va dall’analisi anatomica del sistema limbico,
responsabile della gestione delle pulsioni e della libido, studiata da
Freud e Jung, fino alla necessità di ascoltare di più il proprio corpo
e quello del partner rispetto alle parole, che possono essere
portatrici di menzogna. Inoltre, per teorizzare uno dei modi mediante
cui si può avere un buon risultato sul piano relazione, dichiara: «Più
riusciamo ad aprire la nostra mente e a manifestare le nostre pulsioni,
al fine di esporre le nostre idee, più il nostro corpo sarà accomodante
e più facilmente gestibile anche in situazioni che di per sé potrebbero
sembrare o risultare effettivamente imbarazzanti».
Abbiamo poi il parere di un altro musicista, il pianista Dario Candela,
che si focalizza nel suo breve ma intenso intervento su significato di
armonia, termine che può essere utilizzato sia nel concetto della
musica che in quello di una relazione e che porta a riflettere come la
musica «(non quella moderna perché soggetta più al mercenario che
all’ispirazione) può essere l’arte più libera e comprendere tutto: il
poetico, il divino, l’osceno e il diabolico, senza freni e senza
inibizioni, senza timore di censure e auto-censure».
Segue l’intervento del docente di Sociologia della comunicazione e
Metodologia della didattica Dario Liguori che in primo luogo inquadra
il libro in una cornice letteraria, ma poi aggiunge la sua opinione
personale, svolgendo quindi una sorta di recensione, come si evidenzia
dal testo qui tratto in cui anche lui riprende, come la Barbarossa, il
tema della comunicazione virtuale: «La cornice scelta per la
descrizione della trama non è di per sé nuova, non è l’elemento
prioritario, tuttavia, la modalità adottata nell’uso della chat
richiama il problema della comunicazione sociale ormai imperante e
tanto invadente negli ultimi anni; e lo scambio di opinioni e di
pensieri tra i due personaggi, apparentemente così distanti,
rappresenta con grande dinamicità e realismo il clima d’intimità che
piano piano stabilisce nuove gerarchie nelle vite di Aurora e di
Filippo».
Abbiamo poi Rolando Proietti Mancini, musicoterapista clinico, nel suo
intervento dal titolo Analisi musicoterapica del breviario di
comunicazione erotica in cui insiste sugli effetti clinico-fisiologici
che ha la musica sull’organismo umano. Dopo aver citato la definizione
di Galimberti data al termine emozione – che inizia con «reazione
affettiva intensa con insorgenza acuta e di breve durata, determinata
da uno stimolo ambientale» – parla degli effetti della musica
sull’animo e sull’organismo umano, e dunque non solo sotto una sfera di
natura psicologica, riuscendo infine a ricreare e descrivere quella che
viene chiamata «“mappa sensoriale” che costituisce la base per la
conoscenza completa».
Singolari e sulla stessa linea due interventi, entrambi provenienti dal
settore medico: il primo di Michele Miceli, anestesista, che parla del
nesso tra chimica e natura come la base dell’amore sensuale. In fondo,
ogni cosa nel mondo è fondata su formule chimiche: così sono l’amore e
l’eros, intesi come un insieme di ormoni ed elementi. Curiosa, quanto
seria, è l’argomentazione di Anna Rita Palucci, medico veterinario.
Parla della sfera della sessualità nel mondo animale, più naturale,
rispetto a quella dell’uomo. Sempre nell’ambito medico, nel suo breve
intervento il dermatologo Antonio Ponti invece parla dell’alchimia e
della complicità nella comunicazione erotica. Afferma infatti: «Mi
sembra pertanto che il Breviario voglia dire che non esiste “breviario
di comunicazione”, o meglio non esistono artifici in questo scambio, ma
che la comunicazione tra individui e a maggior ragione quella erotica,
esiste, a dispetto di ogni condizionamento, solo quando gli individui,
nel loro intimo, sentono di volerla».
Il mistero dell’eros e il suo significato
Successivamente
sono riportati diversi interventi di scrittori e docenti. La scrittrice
Margherita Salvador nel suo intervento L’importanza delle percezioni
sensibili nella comunicazione erotica parla di quelle che sono la
letteratura e, appunto, la comunicazione nella relazione di coppia. In
modo particolare parla di come sono tratteggiate le due figure di
Aurora e Filippo, descrivendoli quasi come due forze che si completano
a vicenda, poiché all’aspetto maschile «fortemente legato all’azione,
alla fisicità e agli aspetti più impulsivi, si aggiunge anche quello
femminile, più legato all’amore, ai sensi e ai sentimenti».
Questo, inoltre, è un libro che consente di comprendere l’eros in una
chiave non solo sessuale. Su questa linea si collocano due docenti. La
professoressa di Letteratura italiana e storia Maria Scornaienchi
sostiene che questo libro può essere, se guidato, un valido strumento
per conoscere la sfera dell’erotismo. Spesso i giovani di oggi
intendono il sesso in chiave materiale, mentre questo libro spiega
l’eros, toccando un argomento spesso censurato a scuola, ma che desta
ovviamente molta curiosità. Invece la docente di Storia Rossana Sicilia
pone la questione in chiave esegetico-filosofia. Dice infatti: «La
Cangemi, tramite l’elaborazione di questo suo lavoro, è riuscita, con
profonde capacità, a compiere una costruzione lessicale chiara e
concreta, a stimolare la riflessione e ad accompagnare il lettore verso
un percorso contornato da una serie di interrogativi, dilemmi e dubbi
che riguardano l’eros.
È riuscita a proporre, attraverso un intenso interscambio verbale
incastonato nella sfera psicologica, due posizioni contrastanti che
richiamano e ripropongono le specificità femminili e maschili».
In conclusione possiamo affermare come queste Riflessioni effettuate
da parte di professionisti di vari settori affini alle discipline
trattate nel testo di Emanuela Cangemi siano state utili e pungenti
“armi” per rispondere all’ostracismo, quasi una censura in piena
regola, che ha colpito il Breviario e, nello stesso tempo, si siano
dimostrate molto utili a capire quello che è il sale della vita: l’eros
e l’alchimia di coppia.
Giuseppe Chielli
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COMUNICATO STAMPA (07/05/2019)__
L’agenzia letteraria Bottega editoriale
parteciperà regolarmente al Salone del Libro di Torino
L’agenzia
letteraria Bottega editoriale parteciperà regolarmente al Salone del
Libro di Torino. Ha in programma un Convegno sulla
Letteratura contemporanea che si terrà presso lo Stand della
Fuis (Federazione Unitaria Italiana degli Scrittori).
Parteciperà
non per scarsa sensibilità antifascista, anzi (si ricorda che il
direttore dell’agenzia stessa, Fulvio Mazza, è stato il primo direttore
in Calabria dell’Istituto per la Storia dell’antifascismo), ma per
rispetto alle norme democratiche e, come tali, antifasciste.
Il Salone
d’altronde a che titolo potrebbe vietare la presenza della casa
editrice che ha pubblicato il libro di Salvini? Perché avrebbe infranto
le norme della legge Scelba o della legge Mancino? Se così è: che
intervenga subito la Digos per denunciare alla Magistratura inquirente
tale indizi di reato. E che quest’ultima prenda immediati provvedimenti
sequestrando i materiali apologetici del fascismo e imbastisca un
procedimento penale chiedendo alla Magistratura giudicante la condanna
dei rei.
Ma, nelle
more di tali interventi giudiziari, il Salone che posizione dovrebbe
assumere? Forse organizzare una commissione di censura per analizzare
la produzione libraria delle varie case editrici e bloccare la
partecipazione, oltre che a quella di Salvini, anche di altri editori
che pubblicano libri favorevoli al fascismo? Magari escludendo anche la
Mondadori con i suoi testi in catalogo di Giordano Bruno Guerri? O
forse no, perché del fascismo l’autore ne parla bene ma anche un po’
male. Già, il bilancino non pende in modo netto; ma chi
gestisce il bilancino?
L’Italia
democratica e antifascista rimanga ancorata ai principi di libertà
d’espressione; a reprimere i conati di apologia del fascismo è deputata
la Magistratura, non altri. Ma che si sbrighi, la Magistratura, perché
altrimenti si darà spago a chi, anche in ambito democratico, vuole
farsi giustizia da sé.
Roma, 7 maggio 2019
Bottega editoriale
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Edito da Bottega editoriale
Ronzii e scherzi dell’inconscio: thriller in una strana Bergamo
Gian Corrado Stucchi scrive di morti irrealistiche, con disorientamento e uno stile originale
«È
morto Flamini, il famoso faccendiere! L’hanno trovato stecchito nella
sua casa di Città Alta. In un primo momento si era pensato al solito
infarto, ma l’autopsia ha stabilito che si tratta di un decesso
innaturale: aveva il cervello sciolto, come se gli avessero iniettato
in testa un acido corrosivo che non lascia traccia».
In
alcuni casi è difficile classificare un romanzo perché si corre il
rischio di sminuire in qualche modo l’opera stessa, di appiattirne la
tridimensionalità o di affievolirne le peculiarità. Ci si trova davanti
a delle opere talmente complesse, con talmente tante sfaccettature,
sfumature, fisionomie che si rischia di restare spiazzati.
La città di Bergamo quale scenario degli avvenimenti
Anche
se non esplicitamente dichiarato, il contesto nel quale si svolgono gli
avvenimenti è quello di Bergamo, come bergamasco è l’autore: Gian
Corrado Stucchi.
Parliamo di un romanzo, La puntura del bombo,
(Bottega editoriale, pp. 148, € 15,00) che disorienta, già
dall’incipit. Nelle sue intense pagine si entra in contatto con tante
storie diverse che si intrecciano, con personaggi dal carattere forte e
dalla personalità estremamente marcata e verosimile, conseguenza di un
passato più o meno difficile che l’autore ha strutturato con estrema
aderenza alla realtà, al punto che ognuno di essi diventa un compagno
di viaggio, un vicino che si impara a conoscere riga dopo riga e anche
ad amare, nonostante tutto. Nonostante le fragilità, gli errori,
l’umana condizione. Perché ciò che risalta subito in questo romanzo è
l’estrema umanità di ogni attore. Ognuno, a suo modo, è qualcuno che
domani, varcando la soglia di casa, potremmo, desidereremmo o non
vorremmo mai incontrare.
Tra ricordi semantici, strampalati ricercatori e killer quantici
Numerosi
sono i colpi di scena. Anzi, si potrebbe tranquillamente dire che è
un’opera, questa, non certo adatta ai deboli di cuore. Il merito va
tutto a una prosa scorrevole, semplice, senza troppi artifici, di
un’immediatezza, quasi al cardiopalma, tale da catapultare il lettore
direttamente in medias res, facendolo trovare nel bel mezzo di
intrighi, morti inspiegabili e raccapriccianti, vicende sentimentali,
viaggi dall’altra parte del mondo e misteri, tanti, che vengono svelati
solo dopo numerose vicissitudini e, come da manuale, con un finale
assolutamente inaspettato, senza abbandonare la disinvoltura con la
quale si passa da un argomento complesso come la meccanica quantistica
alla descrizione dei vizi e delle stranezze di alcuni personaggi
chiave, quali psichiatri, ricercatori e luminari.
E allora si fa la conoscenza di Gianni Lazzari, giornalista con delle
ali tanto grandi quanto basso è il volo che è costretto a seguire
all'interno di una piccola redazione di provincia. Solo, insoddisfatto,
svogliato, con delle velleità letterarie mai pienamente sfruttate,
annoiato ma la cui grigia esistenza, in perfetto pendant con la fredda
atmosfera della città in cui vive, comincia a colorarsi quando, suo
malgrado, incontra Laura Flamini. Giovane, bella, sportiva,
equilibrata, onesta, ricca, è un personaggio chiave, essendo la figlia
di quel Flamini faccendiere, morto nelle circostanze tanto misteriose
quanto raccapriccianti descritte in apertura. Già dal loro primo
incontro è tangibile la tensione emotiva per la quale, qualche pagina
più tardi, al lettore sembrerà la cosa più naturale del mondo seguirne
le vicende come coppia.
Personaggi ambigui ma affascinanti nel loro cinismo sfacciato,
deontologicamente e politicamente scorretti, come lo sprezzante
professor Poppi, piombano sulla scena all’improvviso e apparentemente
senza un nesso con le altre vicende, ma poi il cerchio si chiude e
tutto torna. Il puzzle si completa, regalando un quadro del tutto
inaspettato.
Paradigma di cultura
Un
romanzo di questo tipo può poggiare solo su una base culturale solida.
E, infatti, un altro aspetto che colpisce immediatamente il lettore è
l’erudizione dell’autore, capace di spaziare con disinvoltura tra i
meandri della neuroscienza, senza per questo perdere di vista
l’intreccio incalzante in cui si muovono i vari personaggi, senza
annoiare, senza perdere mai l’attenzione del lettore. Anzi, al
contrario, pagina dopo pagina, la fame del lettore cresce. Fame di
trovare il bandolo della matassa; di ricercare un senso alle morti
apparentemente inspiegabili; di capire cosa, nel passato di Gianni, lo
ha reso l’uomo che è. E, alla fine, come in ogni thriller che si
rispetti, il finale a sorpresa non delude: cadranno maschere, si
risolveranno enigmi. O forse no, ma una cosa è certa: non delude
nemmeno una delle aspettative che, fin dalle prime pagine e attraverso
un tacito patto fra autore e lettore, vengono create. È come essere
presi per mano per farsi condurre, a piccoli passi prima e sempre più a
capofitto poi, attraverso i meandri della mente umana, attraverso
quelle piccole manifestazioni dell’inconscio apparentemente prive di
senso ma con le quali, una volta svelati i meccanismi, si entra in
contatto e confidenza e il tutto diventa logico.
L’autore: un bergamasco amante del mondo
Gian
Corrado Stucchi è nato a Muggiò e risiede a Bergamo. Ha lavorato per
una società di ingegneria con incarichi in diversi paesi come Libia,
Marocco, Arabia Saudita, Nigeria, India, Regno Unito e Svizzera.
Ha già pubblicato i romanzi Deywoss (edito da Kimerik, di prossima
uscita anche in Francia per la casa editrice Laborintus, 2017); Nero
Opaco (Kimerik, 2017) e I dialoghi della quercia (il Seme Bianco, 2018).
Adriana Colagiacomo
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Bottega editoriale alla Fiera nazionale della Piccola e Media editoria
Anche per quest'anno "Bottegai alla riscossa"!
Anche quest’anno, come ormai da tradizione, la nota Fiera del Libro “Più libri più liberi” (https://plpl.it/),
che si svolge a Roma dal 5 al 9 dicembre, vedrà noi “Bottegai” in prima
linea per presentare agli editori i nostri inediti e per partecipare
alle numerose iniziative culturali che si svolgeranno durante la kermesse.
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Siae: anche i non iscritti indaghino sui soldi che accreditano
Bottega editoriale festeggia dieci anni di attività
Gli esordi del progetto, le novità per il futuro.
Inauguriamo il nuovo decennio aiutando gli autori a recuperare dalla Siae i loro diritti sui libri fotocopiati.
Attenzione: vale per tutti, anche per i non iscritti alla Siae stessa!
Bottega editoriale compie 10 anni. È nata difatti il 17 giugno 2008.
Per
essere più precisi c’era stata una sorta di anteprima di un paio di
anni, ma la nostra, la vostra, “Bottega”, brinda proprio adesso al suo
decimo compleanno.
Pontieri e Rossi, Rutigliano e Marrapodi, Napoli e…
Ricordando
l’impegno dei soci fondatori Annalisa Pontieri e Luciana Rossi, ma
anche di Angela Potente e di Francesca Rinaldi, cogliamo l’occasione
per ringraziare pubblicamente e con particolare forza anche i
coordinatori della redazione, Cecilia Rutigliano, prima, e Ilenia
Marrapodi, dopo, senza il cui apporto ben difficilmente avremmo potuto
raggiungere i traguardi odierni.
Se
oggi siamo un’Agenzia letteraria nazionale riconosciuta e stimata come
tale, lo dobbiamo anche, e sensibilmente, a loro. Come lo dobbiamo a
Germana Luisi che ebbe l’intuizione iniziale di fondare un’agenzia
letteraria, al grafico Fabio De Marco, che ci ha affiancato sin
dall’inizio, e a Rino Tripodi che, dall’esterno, è stato sempre vicino
alle nostre attività.
Il
testimone sta passando ad una giovane generazione, rappresentata
soprattutto, ma non solo, da Antonella Napoli, che saprà fare di più e
di meglio.
In
tutti i casi il percorso fatto insieme è stato denso. In qualche caso
anche assai lungo. Poi, seguendo i vari rivoli che la corrente del
fiume ci crea, c’è chi si è accorto di avere maggior interesse
per altre attività (la scuola, soprattutto), chi ha deciso di
intraprendere altre strade, personali e professionali, e chi ha deciso
di fondare un’agenzia letteraria, ponendosi così in diretta concorrenza
con noi. È il caso di Cecilia Rutigliano e della sua Edillia con la
quale collaboriamo spesso e volentieri e che, lungi dal farci sentire
offesi per la concorrenza (anche perché del tutto leale, in quanto
effettuata e concordata alla luce del sole) ci inorgoglisce,
confermando la positività delle nostre impostazioni imprenditoriali.
Solo servizi agli autori
Bottega
editoriale festeggia il suo primo decennio compiendo una svolta
importante. Abbandona il settore dei “Servizi alle case editrici” e ai
poteri forti editoriali per concentrarsi esclusivamente verso quello
degli autori.
No,
non vogliamo rivestirci di bianco con la lancia in resta, non
pretendiamo né l’aureola né la corona d’alloro. Non lo facciamo per
beneficenza: il nostro è un lavoro, non è volontariato.
La
scelta che facciamo è dunque di carattere strettamente professionale:
ci siamo resi conto che – pur in un quadro generale di competenze
multiple – bisogna specializzarsi. E noi lo facciamo, appunto,
guardando solo agli autori.
La Siae dia agli autori i diritti che spettano loro
È anche in questo senso che Bottega editoriale rincara la dose nella sua battaglia versus la
Siae. E come nella lotta tra Davide e Golia, Bottega editoriale passa
dalla pubblica denuncia all’azione concreta, mettendosi così a
disposizione degli autori, bistrattati dal famoso gigante, facendo leva
sulle proprie piccole, ma (speriamo!) efficaci forze.
Prima
di entrare nel merito evidenziamo che per riscuotere i diritti dovuti,
gli autori non necessitano l’iscrizione alla Siae: i diritti che
maturano a loro favore sui libri che vengono fotocopiati prescindono
dall’iscrizione o meno alla Siae stessa, in quanto provengono da una
legge.
Dunque: come si potrà leggere dal sotto indicato link: www.bottegaeditoriale.it/questionidieditoria.asp?id=172 molti
devono ricevere i propri diritti d’autore dalla Siae che nicchia a
darli loro. Il motivo risiede, dice, nel non riuscire a trovarli.
Abbiamo molti dubbi in proposito perché, da un lato, notiamo che fra i
“non trovati” ci sarebbero tante persone notissime e, dall’altro, ci
domandiamo quanta voglia possa avere la Siae di ricercare gli autori a
cui dare i soldi loro spettanti, visto che, qualora non fossero
reperibili, incamererebbe quanto avrebbe dovuto dare loro.
Riguardo
alla percentuale economica che la Siae deve corrispondere agli autori
dei libri oggetto di fotocopie, auspichiamo che questa intraprenda la
via più veloce ed efficace: rivolgersi agli editori dei libri e farsi
dare i recapiti degli autori in questione. E, per far ciò,
necessita che ci sia una norma di legge o regolamentare che obblighi
Siae ed editori ad agire in tal senso e a farlo subito e bene.
Ma,
finché la Siae e gli editori tergiversano, bisogna far sì che questi
soldi non si perdano nelle tasche della Siae stessa. Abbiamo deciso di
aprire perciò un settore apposito della nostra agenzia per tutelare i
diritti degli scrittori, ponendo costi bassi per l’espletamento di tale
servizio.
Invitiamo dunque tutti gli autori di libri, di qualsiasi genere, a contattarci all’indirizzo info@bottegaeditoriale.it .
Risponderemo entro 48 ore specificando se spettano loro o meno soldi
dalla Siae e, nel caso positivo, indicheremo la procedura da effettuare
e li assisteremo in tal senso. Per i particolari cfr.: www.bottegaeditoriale.it/bottega/p2.asp .Il
tutto, lo ripetiamo, fino a quando la situazione non si risolverà nel
modo auspicato, con la Siae obbligata a comunicare agli editori i
nominativi degli aventi diritto e con gli editori obbligati a fare da
tramite.
Bottega editoriale
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Edito da Bottega editoriale
Il mondo è bello perché è vario?
Lasciamolo imparare ai bambini!
Gloria Colombo firma (e disegna) un delicato albo per l’infanzia
che insegna la diversità
«I
bambini sanno qualcosa che la maggior parte della gente ha dimenticato»
scriveva Keith Haring e non possiamo certo dargli torto: il mondo
dell’infanzia, data la sua immersione totale nell’innocenza e il suo
punto di vista privo di pregiudizi, è sempre pronto a imparare e
apprezzare le caratteristiche più belle del vivere insieme; qualcosa
che alcuni adulti, per orgoglio o, appunto, per smemoratezza, non
riescono più a fare.
Fortunatamente non tutti sono della stessa
pasta, altrimenti chi potrebbe insegnare ai bambini a distinguere cosa
è giusto da ciò che è sbagliato? A rappresentazione di chi non lo ha
dimenticato c’è Gloria Colombo e il suo Questione di piume (pp. 32, € 10,00), libro pubblicato a marchio Bottega editoriale, dalla cui “scuderia letteraria” è stato “sfornato”.
L’autrice, in questo albo scritto e
illustrato interamente da lei, espone “a prova di bambino” un problema
assolutamente attuale e di non facile risoluzione nemmeno per il più
saggio degli adulti: la discriminazione e l’accettazione dell’altro.
La foresta e le sue mille specie
Come
in tutte le storie per bambini che si rispettino, l’ambientazione è una
foresta in cui convivono serenamente tanti animali, di specie
differenti uno dall’altro; tale armonia viene spezzata un giorno da
un’improvvisa riunione indetta da Leo il Topo, ormai insofferente per
l’atmosfera di superiorità che regna incontrastata nel luogo. Infatti
ognuno pensa di essere il migliore del variopinto gruppo, grazie alle
caratteristiche che Madre Natura gli ha donato; il Gatto per il suo
passo felpato, il Topo stesso per la sua velocità, l’Elefante per la
sua maestosità… persino Formiche e Farfalle vogliono rivendicare il
loro primato di animale «più bravo e importante di tutti». Ovviamente
nessuno perde l’occasione di rinnegare l’altro nel lodare se stesso,
generando il caos.
Solo l’intervento del saggio Millepiedi,
apparentemente il più semplice e basso degli animali, riuscirà a
riportare la pace e a insegnare a tutti una massima importante: che
ognuno porta una diversità nel mondo, senza per questo essere migliore
o più importante degli altri, ma, semplicemente, «fa bello l’Universo».
Disegni e parole
L’importanza
della morale, fondamentale e da ricordare a ogni età (non soltanto da
bambini, dunque!), è raccontata in maniera leggera e divertente,
mediante piccole filastrocche che possono essere lette non solo tutte
d’un fiato ma anche a più riprese, prolungandone così la durata in
varie «ore della buonanotte» e che potranno diventare un trampolino di
lancio per i lettori ancora in erba.
I disegni che accompagnano e illustrano i
vari momenti della storia sono molto semplici e dal sapore infantile ma
l’impegno dell’autrice nel realizzarli personalmente è assolutamente
impagabile e confermato dall’originalità di ricreare con i colori
alcune delle rime più divertenti, come il «Topino con la faccia da
tacchino» e «Gedeone […] giallo come un limone», capaci di strappare
una risata anche al più capriccioso dei bambini.
Maria Chiara Paone
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Edito da Bottega editoriale
Un attuale romanzo di Vincenzo Lista,
che fra il thriller e il giallo svela le trame di un mondo corrotto.
Un
romanzo nella sezione che va tra il thriller e il giallo, decisamente
attuale, che si serve del genere investigativo per allontanarsi dalla
finzione della scrittura e costruire una riflessione incredibilmente
aderente ai nostri tempi, in merito ai meccanismi della corruzione e ai
rapporti che essa intrattiene con le istituzioni. Si parla
dell’imprevedibile e coinvolgente libro Do ut des. Delitti e suicidi, imposte e tasse, sesso e corruzione di Vincenzo Lista (pp. 160, € 10,00) edito da Bottega editoriale.
Un mondo corrotto
Il
protagonista è Adamo, responsabile dell'ufficio di una società che si
occupa della riscossione delle tasse e delle imposte statali. La sua è
una vita calma e tranquilla, senza grandi pretese o ambizioni che viene
presto trasformata e sconvolta dall'omicidio della sua migliore amica.
A ogni passo avanti nelle ricerche e nelle indagini l'uomo sembra
collezionare delusioni e una sconfitta dopo l’altra. Rimane
completamente senza parole, gli crolla il mondo addosso e scopre che
tutta la sua vita è stata fino a quel momento una menzogna, tutta
apparenza, relazioni opportunistiche.
I
successi sul lavoro, i colleghi, il capo, la donna che amava: niente di
tutto questo era reale. Il testo è molto fluido, scorrevole e molto
intenso è il contrasto tra la quotidianità decorosa, innocente,
impeccabile, ligia al dovere di Adamo e i comportamenti scandalosi e
immorali di tutti coloro i quali lo circondano. Una pecora bianca fra
tante pecore nere. I crimini sono come le scatole cinesi e lentamente
vengono alla luce. Questi sono studiati e costruiti clamorosamente
bene, si concatenano e se ne scopre uno nell’altro, e fanno in modo che
il romanzo, oltre a raccontare un crimine, ne sveli sempre un altro e
tenga sempre alta l’attenzione del lettore.
Realtà o finzione?
Una
storia immaginaria o accaduta, chi lo sa! I fatti nel modo in cui sono
stati rappresentati potrebbero essere possibili e reali. Un libro
attuale specie nell’epoca in cui viviamo dove questi esposti sono
argomenti di tutti i giorni. Il mercimonio del sesso, lo scambio di
favori, la noncuranza verso i propri doveri, l’indifferenza nei
confronti della società civile, il perseguimento del proprio tornaconto
a discapito del cittadino. Tutta la trama si rifà a commenti, ad
articoli di giornali, a trasmissioni televisive. La moralità, la
correttezza, il fare bene senza avere nulla in cambio, il compimento
del proprio dovere non è stato e non sarà mai di moda. Nel nostro
avvincente romanzo le azioni sono razionalmente collocate. Non è
importante sapere chi sia stato a compiere il misfatto o l’omicidio, ma
far conoscere, sia sul piano morale che legale, la condotta senza
scrupoli, disonesta, che intercorre nei rapporti tra istituzioni e
cittadini, tra istituzioni e privati. Per combattere la corruzione
bisogna non avere paura, non cedere alle relazioni di compromesso, è
necessario andare a fondo, ragionare d’astuzia e anteporre il buon
esempio con coraggio.
La
storia è davvero allettante, per gli amanti del genere, ma anche per
chi mette a disposizione la propria vita per sventare le azioni di chi
alimenta questo sistema e per chi non lo concepisce e lotta piuttosto
che adagiarsi. Il romanzo è una sorta di riscatto per tutte quelle
persone che sono vittime di abusi e atti di corruzione, il libro è un
mezzo di buon auspicio capace di farci immaginare l’alternativa
migliore.
Un
interessante e avvincente giallo che ci fa scorgere la polvere sotto il
tappeto e vedere la realtà per quella che è senza edonismi. La suspense
crea trepidazione, sospensione emotiva, che catturano il lettore e lo
aiutano a calarsi nella travolgente vicenda. Funzionale è
l’atteggiamento che il narratore assume nei confronti dei fatti, come
fa scoprire i personaggi e i luoghi. Il testo rispetta le
caratteristiche del thriller in cui compare un linguaggio “legale” e le
procedure di legge sono fedelmente riprodotte, ma anche del giallo
psicologico e soprattutto del poliziesco in cui ritroviamo descrizioni
particolareggiate di procedure che la polizia applica nelle indagini e
i protagonisti si muovono negli ambienti tipici del genere, ma si pone
anche una particolare attenzione alle relazioni psichiche fra i
personaggi. Magistrale la penna del nostro autore che ha saputo fondere
i generi, mescolare gli elementi, inserire enigmi da risolvere, le
indagini intricate da cui emerge il messaggio che etica e morale sono
due valori che non si svendono, e la scoperta delle verità con
competenza e originalità, ed è riuscito a mettere nel calderone con
assoluta professionalità tanta roba con stile ed eleganza. Un romanzo,
tuttavia, distensivo, perché con la tensione rallenta il ritmo della
narrazione ma poi va a equilibrare bene con l’entusiasmo della
scrittura. Davvero un racconto molto emozionante, travolgente,
incredibile per la fantasia poetica che trabocca dalla mente dello
scrittore e che paradossalmente però risulta assolutamente credibile. È
consigliato per chiunque, soprattutto per chi vorrebbe un mondo più
giusto e più equanime. Buona lettura!
Gilda Pucci
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COMUNICATO STAMPA (31/05/2018)
Il Tar condanna ancora la Regione Calabria per il proprio comportamento non trasparente
in relazione al Salone del libro di Torino edizione 2015
In
relazione alla (opaca) gestione che il Dipartimento Turismo e Cultura
ha effettuato rispetto alla partecipazione calabrese al Salone
interazionale del Libro di Torino edizione 2015, è scattata una nuova
sentenza di condanna della Regione da parte del Tar.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1153 del 2017, proposto da
Bottega
Editoriale S.r.l. Unipersonale, in persona del legale rappresentante
pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Andrea Caristi, con
domicilio eletto presso lo studio Giovanna Diaco in Catanzaro, via
Padre A. Da Olivadi 15;
contro
Regione Calabria - Dip. n. 10 Turismo, Beni Culturali Istruzione e Cultura non costituita in giudizio;
Per l’ottemperanza
del giudicato formatosi sulla sentenza TAR Catanzaro, I sez., 2 novembre 2016, n. 2054 adottata ex art. 116 c.p.a.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore
nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2018 la dott.ssa Germana
Lo Sapio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con
sentenza n. 2054/2016 depositata in data 2 novembre 2016, il TAR
Catanzaro ha accolto il ricorso recante n. R.G. 583/16, introdotto
dalla odierna società ex art. 116 c.p.a., ordinando alla Regione
Calabria di consentire l’accesso ai documenti indicati nell’istanza
presentata dalla società in data 10 marzo 2016 (documentazione inerente
l’allestimento dello stand rappresentativo della Regione presso il
“Salone internazionale del libro di Torino”, edizione 2015) disponendo
altresì, ai sensi dell’art. 1 coma 32 bis l. 6 novembre 2012 n. 190, la
comunicazione della sentenza all’Autorità Nazionale Anticorruzione.
Con
la medesima sentenza, il Tribunale ha anche condannato la soccombente
alla “rifusione in favore della società ricorrente, delle spese e
competenze di lite” liquidate in euro 1.200,00 oltre accessori per
I.V.A. e C.P.A., come per legge, e contributo unificato di euro 300,00
oltre ad euro 27,00 di contributo forfettario.
Sul
presupposto che la Regione Calabria avesse non esattamente ottemperato
al giudicato formatosi sulla predetta sentenza, avendo consentendo solo
un accesso parziale alla documentazione di interesse della ricorrente,
quest’ultima ha agito in ottemperanza, deducendo, in particolare, che
che l’accesso non era stato consentito per “le comunicazioni ed email inviate dalla medesima ricorrente (inviate il 3.2.15 alla
dott.ssa Sonia Tallarico, il 19.2.15 al dott. Armando Pagliaro, il
30.4.15 al medesimo dott. Pagliaro, il 7.5.15 al dott. Pasquale Anastasi”; nonché per quelle del
9.4.15, del 13.4.15 (Pec) e del 24.4.15 (Pec) con cui la società aveva
proposto alla Regione la gestione dello stand a costo zero per la
Regione; per quella della stessa Regione Calabria di convocazione della
riunione degli operatori editoriali calabresi del 6.5.15 a firma del
Dirigente regionale dott. Pasquale Anastasi”.
L’azione
di ottemperanza ex art. 112 co. 2 lett a) c.p.a. è stata spiegata
inoltre anche con riguardo alla statuizione di condanna alle spese,
anch’essa rimasta ineseguita.
Avendo
la ricorrente chiesto l’ottemperanza sul presupposto che l’accesso non
era stato consentito anche in relazione ad altra documentazione
inerente medesima vicenda (con particolare riferimento “ai lavori di
progettazione, realizzazione e gestione dello stand e l’arrivo del
preventivo stesso” e alle conseguenti trattative intercorse tra la
Regione e l’ente responsabile dell’organizzazione del “Salone del
libro”), alla camera di consiglio del 23 marzo 2018, il giudizio è
stato rinviato per consentire la precisazione della domanda anche con
riguardo a tale documentazione.
In
data 15 aprile 2018, la ricorrente ha depositato memoria scritta con
cui vengono indicati i documenti oggetto di originaria istanza di
accesso, non resi disponibili alla visione e/o copia anche all’esito
della sentenza di accoglimento del ricorso.
Alla luce di tali precisazioni e dell’assolvimento dell’onere della
prova dell’inadempimento, per la parte posta a carico della odierna
ricorrente, vittoriosa nel giudizio di cognizione ex art. 116 c.p.a.,
risulta dimostrata l’ottemperanza solo parziale – e quindi inesatta -
al giudicato e deve pertanto accogliersi la domanda ex art. 112 c.p.a.
e per l’effetto:
-
assegnare alla Regione Calabria termine di trenta giorni, decorrenti
dalla comunicazione di questa decisione, per consentire l’accesso ai
documenti indicati nella memoria del 15 aprile 2018 di parte ricorrente
e per il pagamento delle somme oggetto di condanna contenuta nella
medesima sentenza TAR Catanzaro 2054/2016;
-
nominare, in caso di inottemperanza, un commissario ad acta nella
persona del Prefetto di Catanzaro o di un suo delegato che, entro i
successivi 15 giorni, si sostituisca all’amministrazione inadempiente e
ottemperi alla sentenza sopra citata, anche mediante reperimento
materiale della documentazione presso gli uffici regionali;
All’accoglimento
del ricorso, consegue la condanna al pagamento delle spese di lite,
secondo il principio di soccombenza, con liquidazione contenuta nel
dispositivo.
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima),
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo
accoglie nei termini di cui in motivazione.
Condanna
la Regione al pagamento delle spese di lite in favore della ricorrente
che liquida in complessivi euro 1.000 oltre accessori come per legge e
refusione del contributo unificato, se versato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 18 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Salamone, Presidente
Francesco Tallaro, Primo Referendario
Germana Lo Sapio, Primo Referendario, Estensore
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Due gli appuntamenti a cura dell’agenzia letteraria Bottega editoriale
durante il Salone internazionale del libro di Torino
Anche quest'anno noi bottegai parteciperemo alla celebre kermesse torinese, giunta ormai alla sua 31° edizione.
In particolare, giovedì 10 alle ore 14.30 e venerdì 11 alle ore 16.00 nello
spazio dedicato alle “chiacchiere” tra autori, editori e agenti
letterari saranno presentati due testi del fitto Porfolio di Bottega editoriale.
Si partirà con il fantasy di Federico Carro Il re della luce. L’ordine degli dèi oscuri , edito da Sovera edizioni e si proseguirà con il giallo di Massimiliano Bellavista L’ombra del caso, edito da Il seme bianco.
A discuterne insieme agli autori, il critico letterario Guglielmo Colombero e il direttore Fulvio Mazza.
Vi aspettiamo numerosi al Padiglione 3 stand U101!
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Il ricordo di Bottega editoriale su Luigi Pellegrini
La
Calabria perde il suo precursore dell’editoria. Un uomo intelligente,
sensibile, innovatore, sognatore, rivoluzionario; un patrimonio per la
Calabria e per i calabresi. Tutto questo era Luigi Pellegrini; ma era
soprattutto un Signore ove la S maiuscola non è di certo un’esagerazione.
Il
fondatore dell’omonima casa editrice era nato nel 1924 a Cleto –
piccolo paese in provincia di Cosenza – da una famiglia di umili
origini e si era appassionato, fin dall’adolescenza, alla lettura e
alla scrittura.
Divenne educatore e giornalista per mestiere, ma ancor più per passione civile.
Dotato
di grande personalità e coraggio riuscì, neanche trentenne, a tracciare
un sentiero in una Calabria uscita provata dal Secondo conflitto
mondiale, un contesto nel quale era alquanto complicato realizzarsi
intellettualmente e professionalmente, soprattutto per chi, come lui,
nutriva idee socialiste.
Amava le sfide Luigi Pellegrini.
Ed
è con questa tenacia che nel 1952, a Cleto, ha dato dunque vita alla
casa editrice – prima vera realtà editoriale in Calabria – che ancora
oggi porta il suo nome, diventando, nel giro di pochi anni il
principale punto di riferimento di giovani autori, calabresi e non.
La
sua spiccata abilità imprenditoriale lo ha portato costantemente alla
ricerca del “nuovo”; sempre attento ai mutamenti sociali, in continuo
sviluppo. In tal modo è riuscito ad ampliare continuamente l’offerta
editoriale, rendendo la propria casa editrice esaustiva in relazione ai
generi letterari.
Una
vita tra i libri e per i libri, promuovendo cultura, custodendo idee,
il tutto con la dovuta passione, abnegazione e fiducia e, soprattutto,
sempre con il sorriso, il garbo, la cortesia, come enfatizzano coloro i
quali hanno avuto il piacere di lavorare con lui.
Un
“privilegio” che anche il nostro direttore Fulvio Mazza può vantare,
avendo pubblicato con lui il suo primo libro, e che noi tutti di
Bottega editoriale possiamo analogamente vantare, grazie alle
proficue collaborazioni editoriali instauratesi nel corso degli anni.
La
casa editrice Pellegrini, oggi, è assai diversa da quella di Luigi
Pellegrini: il figlio Walter e i nipoti, fra cui particolarmente Marta,
hanno impresso un ritmo imprenditoriale moderno innestando nuova linfa
nel ceppo originario.
E l’aver favorito questa innovazione è stato forse l’ultimo grande merito di Luigi Pellegrini.
Bottega editoriale
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COMUNICATO STAMPA (12/04/2018)
Franceschini cerchiobottista nella risposta ai Cinquestelle
Smentisce la Siae sulla procedura relativa alla ricerca degli autori dei libri fotocopiati.
Ma glissa sul fatto che la stessa Siae, dicendo di non riuscire a trovare gli autori (che invece sono spesso conosciutissimi),
intasca i loro soldi
Dario Franceschini, ministro uscente (che faccia subito le valigie, ci
viene spontaneo da dire!) non vede, non sente e, per il parlare,
balbetta sì e no. Questo è quanto emerge dalla risposta che il suo
Ufficio stampa ha diffuso in merito all’Interrogazione parlamentare che
il senatore del Movimento Cinquestelle, Nicola Morra, ha posto riguardo
alla (voluta?) inefficienza che la Siae e i suoi accoliti mostrano
quando devono pagare gli autori dei libri fotocopiati.
Ricapitoliamo per capire meglio: la Siae incassa un certo importo dai
negozi che fotocopiano i libri con il compito di trasmetterli poi agli
autori dei libri fotocopiati. Ma in migliaia di casi la Siae sostiene
di non riuscire a trovare gli aventi diritto. In un elenco che compare,
molto difficilmente rintracciabile, sul sito della stessa Siae,
troviamo che la medesima Siae dichiara di non riuscire a rintracciare
neanche persone che rispondono al nome di Gad Lerner, Enrico Letta,
Matteo Renzi, Roberto Saviano, Eugenio Scalfari, Gian Antonio Stella,
ecc.
Che la Siae non sia riuscita a trovarli è veramente incredibile. Con
danno evidente non tanto per gli autori menzionati (che di risorse
proprie ne hanno già), quanto delle migliaia di poveri cristi ai quali
farebbe assai bene recuperare un po’ di “diritti” economici. Gli
importi non versati sono nell’ordine dei milioni di euro.
Oggi il ministero guidato da Franceschini sostanzialmente avalla questa
(involontaria?) inefficienza della Siae e, dato che fra gli sconosciuti
c’è Matteo Renzi allora si può dedurre che Franceschini lo abbia
veramente rinnegato. Ma, dato che nell’elenco degli sconosciuti c’è
anche Enrico Letta, allora deve trattarsi solamente (che ciò sia meglio
o peggio è difficile a dirsi) di pura inefficienza, con qualche
sospetto di malafede.
Ma andiamo a vedere cosa dice esattamente la risposta che il
sottosegretario Antimo Cesaro, a nome del ministero, ha fornito al
senatore Morra.
Con fare cerchiobottista smentisce sostanzialmente la Siae nel punto
base: la Siae diceva che tutta la procedura da essa adottata per la
ricerca degli autori “ha la preventiva approvazione della Direzione
generale dei Beni librari del Ministero dei Beni e delle Attività
Culturali”. Mentre il ministero dice che questi “non svolge alcuna
funzione, né tantomeno approva gli accordi sottoscritti tra la Siae e
le Associazioni di categoria per le riproduzioni effettuate negli altri
ambiti previsti dalla legge. L’attività di reprografia è regolata,
quindi, dagli accordi intercorsi tra la Siae e le Associazioni di
categoria interessate (Aie, Confartigianato, Crui, Unioncamere ed
altre)”.
La smentita, benché ovattata dal gergo burocratico è netta.
La parte rimanente della risposta ministeriale è costituta da
generalgenerichegenericità poste attorno, però, ad un punto equivoco:
va dunque tutto bene così, Madamalamarchesa?
Secondo il ministero di Franceschini, dunque, il fatto che la Siae non
riesca a trovare nemmeno personaggi del calibro di quelli dei quali
abbiamo fatto esempio, non è un problema. E non lo è nemmeno il fatto
che, dopo soli 5 anni di (falsa?) ricerca, la Siae – per sua stessa
ammissione – incameri i soldi degli autori che dice di non riuscire a
trovare! La destinazione dichiarata di tali fondi è per fare
beneficienza regalando libri per iniziative sociali. Non viene però
evidenziato con quale criterio vengono acquistati tali libri e ben
forte rimane il sospetto che vengano privilegiati gli acquisti a
beneficio dei grandi editori egemoni dell’Aie stessa. Ma l’obiezione è
soprattutto un’altra: non sarebbe meglio che la Siae facesse
beneficienza con i soldi propri e non invece con quelli degli scrittori
privati dai propri diritti d’autore?
Ma quali sono queste efficienti associazioni che, guidate
dall’efficientissima Siae non riescono nemmeno a trovare autori così
noti?
Straniti da ciò abbiamo ripetutamente chiesto lumi all’Ufficio stampa
del citato Ministero di Franceschini che però ha preferito tacere.
Una novità è invece emersa dalla stessa Siae. Il suo Ufficio stampa ci
ha dichiarato che l’Aie e le varie associazioni degli scrittori (tutte
più teoriche che reali, fra le quali ne emerge una particolarmente
virtuale, “l’associazione Reprò”) – hanno unanimemente affidato
all’Ediser l’incarico di cercare gli autori aventi diritto ai proventi
della reprografia. Col il pieno avallo della Siae, ovviamente.
Al che ci siamo ovviamente rivolti all’Ediser e all’Associazione
italiana editori (che è la proprietaria dell’Ediser) per capire come
mai non riescono a trovare gli autori da pagare, in particolare, quale
fosse la proporzione fra gli autori trovati e quelli non trovati. Ma
hanno preferito tacere.
Rimane, in estrema sintesi, il problema base enunciato all’inizio:
migliaia di autori non hanno percepito i diritti sulle fotocopie dei
propri libri in quanto la Siae, l’Aie e le associazioni la cui
rappresentatività è assai virtuale hanno incaricato l’Ediser-Aie (in
palese conflitto d’interessi, dunque) a svolgere tale servizio. Lo
svolgono così male che i soldi degli autori vengono incamerati dalla
Siae stessa che li utilizza per sue iniziative con beneficio suo e,
molto probabilmente, dell’Aie medesima.
Vorrà, il nuovo ministro per i Beni culturali, bloccare questa
scandalosa situazione e far sì che i milioni di euro oggi avviati verso
la Siae vadano invece agli autori aventi diritto?
Fulvio Mazza - Bottega editoriale
06 2447469 / 0984 838217 / 392 9251770
Roma/Rende, 12.4.2018
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Presidente della Regione Calabria faccia pagare ai dirigenti del Dipartimento Cultura/Turismo
i loro errori e lasci che i fondi pubblici rimangano a disposizione
della Cultura e del Turismo regionale.
Lettera aperta al Presidente della Regione, Mario Oliverio
Egregio Presidente,
come
saprà, dai fondi destinati alla Cultura e al Turismo regionale sono
stati prelevati nei giorni scorsi oltre 2.000 euro, poi bonificati a
favore della scrivente Agenzia letteraria Bottega editoriale.
Il
motivo, anche se crediamo già lo conosca, risiede nel fatto che il Tar
ha condannato, la Regione Calabria, con sentenza (di più di un anno
fa!!!) passata in giudicato, a pagare tale cifra per aver ostacolato,
tramite i dirigenti regionali del Dipartimento, l’Accesso agli Atti
chiesto dalla medesima Bottega editoriale alla Regione stessa.
Una
sentenza che si manifesta particolarmente importante anche per un altro
aspetto che, potrebbe risultare secondario, ma al contrario non è: il
Tar, intravedendo evidentemente sospetti di corruzione, ha fatto
inviare la documentazione all’attenzione dell’Autorità Nazionale
Anticorruzione guidata da Raffaele Cantone.
La
richiesta di Accesso agli Atti era relativa alla gestione (se legittima
o meno lo stabiliranno i giudici) dello stand calabrese nell’edizione
2015 del Salone internazionale del libro di Torino.
Quel
che le poniamo con questa lettera aperta (così come in precedenza
abbiamo fatto per una ragione analoga rispetto al Sindaco di Lamezia
Terme ed al Sistema bibliotecario Lametino) è il seguente quesito: è
giusto che tale danno economico venga pagato con i fondi pubblici?
Non sarebbe più corretto che i fautori del danno pagassero di tasca propria?
In
tal senso, egregio Presidente, la invitiamo formalmente ad avviare un
procedimento di rivalsa contro i citati dirigenti della Regione stessa.
Alleghiamo, per sua praticità, la citata sentenza del Tar.
Distinti saluti,
Fulvio Mazza – Bottega editoriale
N. 02054/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00583/2016 REG.RIC
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 583 del 2016, proposto da:
Società Bottega Editoriale S.r.l. – Unipersonale, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dall'avvocato Andrea Caristi, elettivamente
domiciliata presso lo Studio dell’avv. Giovanna Diaco, in Catanzaro,
alla via Padre Antonio da Olivadi, n. 15;
contro
Regione Calabria, in persona del suo Presidente in carica, non costituita in giudizio;
nei confronti di
GL Events Italia S.p.a., La Fondazione per il Libro, la Cultura e per la Musica, non costituiti in giudizio;
per l'accertamento della
illegittimità del silenzio-diniego serbato dalla Regione
Calabria in ordine all’istanza di accesso agli atti presenta dalla
società ricorrente in data 10 marzo 2016.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore
nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2016 il dott. Francesco
Tallaro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Rilevato che:
1) la
ricorrente Bottega Editoriale S.r.l. – Unipersonale ha formulato, in
data 26 ottobre 2015, istanza di accesso agli atti relativi alla
procedura di affidamento della realizzazione dello stand della Regione Calabria al Salone Internazionale del libro;
2) l’amministrazione,
dopo un primo riscontro con la quale rappresentava di non ravvisare un
interesse diretto, concreto e attuale della ricorrente, in data 13
gennaio 2016 ha autorizzato l’accesso agli atti;
3) la
Società Bottega Editoriale S.r.l. – Unipersonale, ritenendo che la
documentazione non fosse esaustiva, in data 10 marzo 2016 ha formulato
nuova istanza di accesso agli atti e, trascorsi i termini di cui
all’art. 116, comma 1 c.p.a., si è rivolta a questo Tribunale
Amministrativo Regionale affinché accerti l’illegittimità del silenzio
serbato dal Regione Calabria sulla richiesta e assicuri l’accesso
ai documenti richiesti;
4) la Regione Calabria, cui il ricorso è stato regolarmente notificato, non si è costituita in giudizio;
5) il ricorso è stato trattato alla camera di consiglio del 12 ottobre 2016;
Ritenuto che:
6) la Bottega Editoriale S.r.l. – Unipersonale, quale affidataria – per altre annualità – della realizzazione dello stand della
Regione Calabria al Salone Internazionle del Libro, ha una
posizione differenziata rispetto agli altri consociati e ha l’interesse
concreto e attuale all’ostensione dei documenti richiesti, al fine
della tutela dei propri interessi;
7) che
i documenti, di cui pure non sono noti gli estremi, sono
sufficientemente determinati e di essi si può presumere l’esistenza in
ragione del contenuto dei documenti ai quali è già stato garantito
l’accesso;
8) il ricorso, pertanto, deve essere accolto;
9) la disciplina delle spese deve seguire la regola della soccombenza;
10) i
fatti, così come illustrati, denotano un difetto di trasparenza da
parte dell’amministrazione, cosicché occorre disporre che la presente
sentenza sia comunicata, a cura della Segreteria, all’Autorità
Nazionale Anticorruzione, ai sensi dell’art. 1, comma 32-bis l. 6 novembre 2012, n. 190.
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione
Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe
proposto, lo accoglie e, per l’effetto, ordina alla Regione
Calabria di consentire alla Bottega Editoriale S.r.l.-
Unipersonale l’accesso ai documenti indicati nell’istanza presentata in
data 10 marzo 2016.
Condanna
la Regione Calabria, in persona del su Presidente in carica, alla
rifusione, in favore della società ricorrente, delle spese e competenze
di lite, che liquida in € 1.200,00, oltre al rimborso del contributo
unificato e delle spese generali, nonché oltre a IVA e CPA come per
legge.
Dispone
che la presente sentenza sia comunicata, a cura della Segreteria,
all’Autorità Nazionale Anticorruzione, ai sensi dell’art. 1, comma 32-bis l. 6 novembre 2012, n. 190.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2016 con l'intervento dei magistrati:
Vincenzo Salamone, Presidente
Francesco Tallaro, Referendario, Estensore
Raffaele Tuccillo, Referendario
__________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
COMUNICATO STAMPA (07/02/2018)
Abolire la disoccupazione
in Italia: si può
Un libro-Vademecum ci indica come fare:
sterilizzare il Debito Pubblico
e investire le somme risparmiate.
Con Prefazione di Domenico De Masi
e Posfazione di Tonino Perna.
Edito da Simple in collaborazione con Bottega editoriale
In libreria un saggio con la ricetta per rispondere ai bisogni dei tanti disoccupati italiani: Vademecum per dare un Lavoro a tutti e mettere in sicurezza il Debito Pubblico, edito da Simple in collaborazione con l’agenzia letteraria Bottega editoriale.
Lo scopo del libro è giungere, anche con il contributo dei lettori, alla costruzione di un Progetto bipartisan che dia soluzione al problema della mancanza di lavoro.
Il
Progetto, nel rispetto dei Trattati europei, tende a conciliare due
fattori che, in un sistema neoliberista, appaiono inconciliabili:
· la flessibilità del mercato del lavoro, che le imprese richiedono
e
· la garanzia, per tutti i cittadini, di avere sempre e comunque un lavoro.
Il Progetto si propone di creare una Zattera Salvagente per i disoccupati, in attesa che si decida da che parte andare:
·
se continuare, con maggiori garanzie per i cittadini, a percorrere la
strada neoliberista
oppure
· intraprendere una nuova strada, dopo aver messo al sicuro il Debito Pubblico.
Gli
autori, di idee politiche diverse, si sono proficuamente confrontati e
hanno scritto il Progetto ispirandosi alla Costituzione italiana, alle
parole del Capo dello Stato, che ha affermato: occorre «creare
occasioni di occupazione a sufficienza affinché la cittadinanza sia
piena e non sia mutilata» e alle parole di Papa Francesco che ha
affermato: «occorre reperire nuovi modi per coniugare la flessibilità
del mercato con le necessità di stabilità e certezza delle prospettive
lavorative, indispensabili per lo sviluppo umano dei lavoratori».
Il saggio si pregia di due imprimatur di qualità scritti da due dei maggiori esperti italiani del settore: la Prefazione del sociologo Domenico De Masi e la Postfazione del socioeconomista Tonino Perna.
Il
saggio si propone quindi come un Progetto che, come scrivono gli
autori, prevede la totale eliminazione della disoccupazione in generale
e di quella giovanile in particolare. Progetto ambizioso, ma
realizzabile.
Più
specificatamente ciò avverrebbe tramite la creazione di un’Azienda dei
Cittadini, che viene indicata con l’acronimo: Adeci. «L’Azienda –
leggiamo dal saggio – sarà di proprietà dei cittadini che ne
eleggeranno gli amministratori». E ancora: «Tutti coloro che desiderano
lavorare saranno assunti dall’Adeci, che darà loro un Lavoro Minimo
Garantito per 4 ore al giorno corrispondendo un compenso di 700 euro
mensili e provvederà, se necessario, a riqualificarli. […] L’Azienda
dei cittadini sarà quindi un Paracadute per chi perde il lavoro e un
Trampolino di lancio per chi ha capacità ma non ha soldi a
disposizione».
Lavoro produttivo, quindi: non assistenzialismo.
La
copertura finanziaria verrà assicurata dalla sterilizzazione del Debito
Pubblico. Operazione che, nel pieno rispetto delle norme giuridiche ed
economiche italiane e comunitarie (questo è un particolare che viene
ribadito più volte), verrà effettuata tramite l’emissione di una sorta
di moneta complementare denominata Eurocertificati.
Domenico De Masi, professore di Sociologia del lavoro presso l’Università “La Sapienza” di Roma, nella Prefazione giudica
il libro «[…] prezioso sia per il metodo che per il contenuto. Il
metodo implica una lunga meditazione corale sulla disoccupazione, cioè
su uno dei massimi problemi del nostro tempo. Il contenuto, a
differenza di tante altre proposte che si accontentano di attenuare gli
effetti della disoccupazione senza eliminarla radicalmente, mira dritto
a una coraggiosa soluzione completa e ne indica le tappe».
Aggiunge De Masi: «Questo Vademecum coraggioso
azzarda una soluzione radicale e pone i governi di fronte a scelte
drastiche, che non lasciano spazio alla furbizia e all’ignoranza».
Non mancano nel saggio le critiche – sempre costruttive – alle attuali posizioni neoliberiste dell’Unione Europea, alla sua governance,
al mondo delle banche e l’indicazione di un percorso per la creazione
di una nuova Unione Europea effettivamente democratica e solidale, come
auspicato nella Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950.
Nella sua Postfazione Tonino Perna,
professore di Sociologia economica presso l’Università di Messina,
scrive che «[…] se il denaro non ha più nessun supporto materiale, se è
solo “spirito” come scriveva profeticamente Simmel, se dipende solo
dalla volontà politica allora perché dobbiamo continuare a essere
schiavi di un Debito che ci costa ogni anno dai 60 agli 80 miliardi di
euro?». Ponendo l’accento sul punto cardine del libro, il prof. Perna
sottolinea che «Sterilizzare il Debito, dunque, diventa una priorità
per salvare il nostro Paese e permettere di avere un futuro alle nuove
generazioni». Perna continua esaminando le proposte degli autori
di Vademecum per dare un Lavoro a tutti e mettere in sicurezza il Debito Pubblico:
«Da qui muove l’idea degli Eurocertificati, che si va ad aggiungere ad
altre proposte nate in questi ultimi anni, come quella della moneta
fiscale sostenuta da noti economisti e studiosi, o delle monete locali
complementari di cui abbiamo tante esperienze in Europa e nel mondo».
Ma, al di là degli autorevoli imprimatur dei
due docenti – che ovviamente non vanno “tirati per la giacchetta”, che
altrettanto ovviamente hanno posizioni proprie, e che dunque non vanno
confuse con quelle degli autori, a cui per intero va riconosciuta la
paternità dell’opera – l’importanza del saggio risiede in un dato
dall’evidenza cristallina: si può e si deve sterilizzare il Debito
Pubblico e con i 76 miliardi annualmente risparmiati, si può e si deve
creare occupazione per i giovani e per tutti coloro che ne hanno
bisogno.
Gli autori precisano: sterilizzare il Debito non significa non pagarlo; l’Italia è un Paese serio, e paga i suoi debiti.
Sterilizzare il Debito significa invece renderlo inoffensivo senza danni per i cittadini.
La
sterilizzazione del Debito, è utile non solo ai cittadini, ma anche
allo Stato che non sarà più costretto a prendere ordini dalla finanza
speculativa che, oggi, è in grado di dare direttive ai governi e di
farli cadere se non obbediscono.
Il tutto, lo ribadiamo, nel pieno rispetto della normativa giuridica ed economica italiana e comunitaria.
Altra caratteristica del libro è quella di essere un work in progress.
La pubblicazione si apre con un appello che coinvolge tutti: gli autori
chiedono infatti non soltanto di agire, ma soprattutto di informarsi,
leggere il Vademecum, porre domande, sollevare dubbi
concreti e dare suggerimenti al fine di arrivare a proporre un progetto
definitivo “senza se e senza ma”. Per questo mettono a disposizione dei
contatti email dedicati ai lettori che intendono contribuire a
perfezionare il Progetto. Una caratteristica particolare del volume è
l’articolazione dei testi in domande e risposte, le c.d. Faq, gradite
ai giovani, che facilitano la comprensione dei testi e una veloce
individuazione degli argomenti di maggiore interesse.
Per
consentire la massima diffusione e per sottolineare lo spirito di pura
solidarietà li ha animati, gli autori hanno consentito a un gruppo di
giovani di offrire il Vademecum gratuitamente online sul sito www.disoccupatiunitevi.it
Il libro, ovviamente, è presente nelle migliori librerie italiane.
Bottega editoriale
Sede principale
via Alessandro Volta, 16
87030 Rende (Cs)
Tel: +39 0984 838217
Sede sussidiaria
via Amedeo Cencelli, 63
00177 Roma
Tel: +39 06 24417469
Cell: +39 392 9251770
Skype: labottega.editoriale
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COMUNICATO STAMPA (01/02/2018)
A Tropea la Summer school di editoria libraria e giornalistica
Un fitto e variegato programma per accedere al mondo editoriale
Una
scuola estiva volta all’acquisizione di nozioni teoriche e pratiche per
chi vuole lavorare nel campo editoriale, sia librario sia giornalistico.
Una full immersion in
due moduli, ciascuno della durata di 18 ore, che si svolgerà da lunedì
28 maggio a sabato 9 giugno in una suggestiva location di Tropea.
La scuola – organizzata in partenariato con l’agenzia letteraria
Bottega editoriale (la quale ha già all’attivo numerosi altri corsi di
formazione), la casa editrice Meligrana (www.meligranaeditore.com) ed il centro di lingua e cultura italiana “Studio italiano Tropea” (www.studioitaliano.it) – è alla sua prima edizione, ma è già in cantiere la seconda che prenderà il via a settembre.
L’iniziativa didattica tropeana di Bottega editoriale si affianca
all’ormai consolidata “Scuola di Redattore di casa editrice” (www.scuoladiredattore.it) la cui XIII edizione si svolgerà dal prossimo marzo fino a maggio a Rende e Roma (e ovunque tramite collegamento Skype).
Logistica della Scuola
Gli
appuntamenti formativi si terranno dal lunedì al venerdì dalle 18,30
alle 20,30 nelle aule del centro di lingua e cultura, nel cuore di
Tropea, a pochi passi dalle suggestive spiagge bianche. Per ogni
lezione vi saranno docenti specializzati della materia che
affronteranno gli argomenti offrendo ai corsisti il necessario supporto
alla didattica (dispense, libri, ecc.).
Durante lo stesso percorso sarà possibile partecipare, dove richiesto
dai corsisti stessi, ad una serie di attività extrascolastiche: visite
guidate alle case editrici, librerie e altri agenti del mondo
editoriale, o ancora escursioni nelle vicine zone vacanziere. Sarà
inoltre possibile usufruire di pacchetti vacanza appositamente
predisposti.
Accesso alla Scuola
La candidatura potrà essere presentata entro il 14 maggio 2018. Dovrà essere inviata un’email all’indirizzo info@bottegaeditoriale.it nella
quale ogni aspirante corsista dovrà indicare i propri riferimenti
personali (nome, cognome, indirizzo email, telefono) e una breve
descrizione delle proprie esperienze formative, seguite dalle
motivazioni di partecipazione.
La Scuola, a numero chiuso, accoglierà un massimo di 25 partecipanti
per ciascun corso. Verranno dunque ammessi i primi candidati che entro
il 14 maggio avranno perfezionato la loro iscrizione.
Ogni candidato potrà scegliere se iscriversi ad un modulo o ad
entrambi. Il costo del singolo modulo è di 690 euro + Iva. Per chi
vorrà seguire entrambi verrà applicata una percentuale di sconto, per
cui la somma da corrispondere sarà di 990 euro + Iva.
I docenti della Scuola
I
docenti che terranno le varie lezioni saranno direttori di collane
librarie, direttori e responsabili di redazione di testate
giornalistico-culturali, docenti universitari, editori, redattori di
opere librarie, riviste e saggi. Inoltre, saranno presenti tutors che
seguiranno direttamente i corsisti nelle esercitazioni e, più in
generale, nei diversi settori didattico-organizzativi previsti dalla
programmazione.
A ciascun corsista sarà consegnato in dotazione, all’inizio della
Scuola, un “corredo” consistente in libri specialistici sulle attività
redazionali editoriali e/o giornalistiche e altro materiale didattico e
di cancelleria necessario per sostenere il corso. Inoltre, ad ogni
lezione, verranno fornite le dispense e/o il diverso materiale che
occorrerà per seguire adeguatamente la lezione successiva.
Crediti universitari
L’intera
Scuola potrà essere riconosciuta in termini di crediti universitari
(Cfu). Ogni ateneo stabilirà, in base ai propri criteri, in che numero
assegnarli.
Dopo la Scuola: stages
Al
termine della Scuola i corsisti otterranno un attestato di
partecipazione e saranno privilegiati nella possibilità di accedere ad
uno stage da svolgere all’interno della casa editrice Meligrana o dell’agenzia letteraria Bottega editoriale.
Bottega editoriale
Sede principale
via Alessandro Volta, 16
87030 Rende (Cs)
Tel: +39 0984 838217
Sede sussidiaria
via Amedeo Cencelli, 63
00177 Roma
Tel: +39 06 24417469
Cell: +39 392 9251770
Skype: labottega.editoriale